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Autore: alaskha    31/01/2016    3 recensioni
Luke, Calum e Corinne sono diversi da Lydia, Brian, Nina e Ashton, completamente. Loro hanno tatuaggi, piercing, una sigaretta sempre tra le labbra e Michael Clifford ogni fine settimana gli procura l’erba migliore di Manhattan. I gemelli Payton e i loro amici invece hanno famiglie alla moda, un futuro strutturato alla perfezione e alle feste bevono solo e rigorosamente champagne.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.


Brian Payton non è mai stato come sua sorella Lydia, la sua migliore amica Nina, il playmakers dei Lizards Ashton Irwin e, soprattutto, non è mai stato come, lo ripete, quel coglione di Joe Witcher. Brian è un tweener, anche nella vita. L’Upper East Side è solo il luogo in cui vive, non è il suo biglietto da visita. Si è sempre sentito diverso e fino a due anni fa, poteva anche dirsi felice di ciò, quando insieme a lui c’era il suo inseparabile migliore amico: Thomas Butler.
Thomas era il fratellino più piccolo di Corinne: 17 anni, bello da fare male, Diana rosse sempre nella tasca dei jeans a vita bassa che amava portare ed allegria negli occhi blu. Thomas sorrideva alla vita, era la cosa che gli riusciva meglio in assoluto. Lui e sua sorella Corinne vivevano in serenità, in una comune villa dell’Upper East Side, con i loro genitori: erano la classica famiglia felice. Fino a quel giorno, che cambiò le vite di tutti quanti. Della famiglia Butler e, forse non di più, ma sicuramente in maniera più brutale, di Brian Payton.
“Mi manca, Luke”
Corinne Butler è sdraiata sul suo letto, con le lenzuola bianche e fresche. Luke Hemmings è affianco a lei, con le dita che delicate le accarezzano i fianchi, sotto il lembo del suo top blu scuro.
“Lo so, piccola”
La ragazza gli si stringe addosso ancora di più, ‘che Luke, da quando Thomas è morto, è diventato la sua più totale ancora di salvezza. Non le importano tutti quei pettegolezzi che le ragazzine amano dire in giro, Luke per lei è importante e non lo molla, non di certo per qualche stupida voce di corridoio.
“Ieri, al locale, vedere quella scritta, non so.. Io.. non me lo aspettavo, tutto qui” balbetta Corinne.
“Aspetta – fa Luke – quale scritta? Di che parli Corinne?”
Il ragazzo si alza con il busto, costringendo così anche la sua migliore amica a seguire i suoi movimenti. Corinne sbuffa ed incontra i suoi occhi azzurri, confusi.
“Lydia Payton è venuta a “trovarmi”, diciamo così – comincia, virgolettando il termine – Brian l’ha chiamata e sul suo blackberry lampeggiava la scritta “Lil bro”, capisci?”
“Capisco – dice poi Luke, annuendo, piano – non ne hai mai parlato con lei, nemmeno con Brian, non gli rivolgi parola dal funerale”
“E di cosa dovremmo parlare? – domanda Corinne, sull’orlo della rabbia – Lydia pensa che io dia la colpa a suo fratello, della morte di Thomas”
“Questo non lo puoi sapere” ribatte Luke, prontamente.
“Ma perché la difendi? – sbotta, alzandosi dal letto – lo sanno tutti che la pensa così”
“Tu non hai mai fatto nulla per smentire queste voci, però”
“Perché non me ne frega niente, delle voci”
“Non si direbbe”
Luke la sta guardando in quel modo che Corinne un po’ odia e un po’ adora: lo odia perché la fa sentire vulnerabile e fragile, ma lo adora perché si vede, che ci tiene da morire, quando la guarda così.
“Io non do la colpa a nessuno – sostiene poi – è successo e basta”
Thomas Butler e Brian Payton amavano viaggiare e vedere posti nuovi, come quel giorno che volevano andare in Canada, per vedere le cascate del Niagara. I Payton possiedono tutt’oggi un jet privato e Brian ebbe quella tragica idea di prenderlo, di nascosto, per raggiungere il Canada. Thomas, che aveva uno spirito avventuriero all’esatto livello del suo migliore amico, non aveva esitato neanche per un momento. Il pilota aveva creduto ai ragazzi, quando gli avevano detto che le loro famiglie erano d’accordo con quel viaggio lampo ma, purtroppo, ci fu un problema. Brian si salvò, Thomas no.
“Lo so, Corinne, non c’è bisogno che tu lo dica a me – comincia Luke, avvicinandosi alla sua amica – forse dovresti dirlo a lei”
“Non m’importa, io sono consapevole di ciò che penso, se lei vuole continuare ad odiarmi per una sua totale invenzione, è libera di farlo”
“Questa guerra che c’è tra di voi è una stronzata” le fa notare, sedendosi affianco alla finestra, per accendersi una sigaretta.
“Si può sapere perché t’importa così tanto della Payton?” si fa curiosa Corinne.
Si siede affianco a lui, sul pavimento, mentre mette mano alla sua scorta di erba, nel secondo cassetto del comodino accanto al letto.
“Non lo so – comincia Luke, scuotendo la testa, fissando il fumo che esce dalle sue labbra – non credo sia come vuole far credere a tutti”
“E quindi?”
“E quindi lo trovo interessante”.
 
 
 
Il professor Wilson entra in classe con qualche minuto di ritardo, ma ai suoi studenti della classe di chimica non dispiace affatto. Lydia ripone il suo blackberry nella Stella McCartney, sempre quella blu cobalto, sbuffando sonoramente. Sta per prestare attenzione a quello che di lì a poco dirà il signor Wilson, ma la porta dell’aula si spalanca ed una cascata di riccioli neri, fanno capolino dall’uscio.
“Mi scusi, professore” dice, la voce di Corinne Butler.
“Non ti preoccupare Corinne, siediti”
La mora cammina verso l’unico posto rimasto, quello accanto a Lydia, che lei aveva scelto proprio per non condividere il banco con nessuno. Corinne le lancia un’occhiata che la bionda non sa decifrare, non è la solita occhiata di fuoco, ma non vuole darci peso.
“Okay ragazzi – inizia il professore, battendo le mani con un gesto secco – questa settimana movimentiamo le cose: progetto di chimica a coppie!”
Si leva un coretto ironico, che fa sorridere il signor Wilson.
“Su, forza, credo che vi divertirete – continua – si tratta di reazioni chimiche, ed ora vi comunicherò i gruppi di lavoro”
Lydia si guarda le unghie, smaltate di nero, mentre affianco a lei, Corinne, le sembra davvero troppo pensierosa. Di solito la Butler scarabocchia sui fogli, o si fa una sigaretta o ancora scrive a Luke o Calum, di certo non se ne sta lì a pensare.
“Payton e Butler, siete la terza coppia”
Lydia smette di pensare quando sente la voce del professore comunicare quella notizia. Sbatte un paio di volte le palpebre, lentamente, ma il signor Wilson sta già elencando gli altri gruppi di lavoro. Corinne si volta verso di lei e: “Fantastico, lavoreremo insieme”.
“Così sembra” ribatte.
Le due ragazze rimangono a guardarsi per qualche istante, dopodiché Corinne sbotta e: “Beh? Ci fissiamo ancora o iniziamo?”.
“Prima mi dici che hai, sei diversa dal solito – dice Lydia – non che tu sia sempre così allegra e spumeggiante, ma oggi sei più spenta e ricurva sul banco del solito e non mi hai ancora insultata”
Corinne inarca le sopracciglia, quasi divertita.
“Stai cercando di farmi confidare con te? – domanda la Butler, stranita – Payton, non siamo amiche e queste stronzate da ragazze le odio, davvero, quindi piantala”
“Butler, per l’amor del cielo, cosa ti fa pensare che io voglia esserti amica? – chiede retorica Lydia – voglio solo che il tuo umore non intralci il nostro lavoro”
Corinne la guarda, non è convinta, Lydia vuole solo sapere cos’abbia per spettegolare e sapere tutto di tutti quelli che la circondano, lei lo sa bene com’è fatta.
“Fatti i cazzi tuoi”
Lydia sbuffa, davvero infastidita. Raccoglie tutte le sue forze e cerca di non essere scortese.
“Senti, Corinne – si sforza anche di chiamarla per nome – io volevo davvero chiederti.. insomma, io volevo.. sai..”
“Payton? Stai per chiedermi di sposarti? Non credevo professassi il libero amore, Witcher che ne pensa?”
“Sei davvero impossibile, Butler! – sbotta – volevo solo chiederti come stavi, quel pomeriggio al Club Soho mi sembravi abbastanza scossa e non ho avuto modo di parlarti, in questi giorni”
Corinne è davvero sorpresa, sa che a Lydia quello sforzo è costato molto, che alla fine quelle due hanno in comune molto più di quello che sono disposte ad ammettere.
“Sto bene – dice poi Corinne – grazie per avermelo chiesto”
Lydia crede di aver visto un accenno di sorriso, ma la campanella è suonata e le lezioni sono finite. Forse lo scoprirà la prossima volta.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Tesoro, che ne diresti di indossare quel magnifico vestito di Valentino, per la cena di stasera?”
“Quale cena, mamma?”
Lydia sta scarabocchiando qualche numero sul suo quaderno di algebra, in vista del compito del giorno dopo. Sua madre Sally sta bevendo una tazza di caffè, mentre legge un giornale di moda. Suo padre è ancora al lavoro e Brian è agli allenamenti di basket, tutto scorre in perfetta normalità.
“Tuo padre ha organizzato una cena con gli Irwin”
“Oh, forte – fa Lydia – e dove andiamo?”
“Al “Me Encanta”, contenta?”
“Cosa? – sbotta Lydia, che contenta non lo è proprio – ancora? Ma ci siamo stati appena la settimana scorsa!”
“Tesoro, non urlare – le fa presente sua madre, con un sorriso – tuo padre si è così innamorato del figlio di Benjamin Hemmings, ha trovato il vino che ci ha consigliato l’altra sera il migliore che lui abbia mai provato in vita sua!” conclude, felice.
Lydia fa una smorfia, continuando a scrivere, ‘che davvero, non vede l’ora di passare un’altra serata nel ristorante di Hemmings. Semplicemente non ha voglia di vederlo, non ha voglia di parlarci e non ha voglia di far finta che lo adori, solo per suo padre.
“Che bello” borbotta poi.
“Viene alla Dalton, vero?” chiede poi Sally Payton.
“Già”
“E siete amici?”
“Per la pelle” finge Lydia.
Sally rotea gli occhi al cielo, ed un’altra voce maschile si fa largo tra le due donne: “Chi è amico per la pelle di chi?”.
“Nessuno, papà” si affretta a dire Lydia, chiudendo il suo quaderno ed aprendo lo sportello del frigorifero.
Ha bisogno di rigenerarsi, dopo una notizia del genere. Afferra una bottiglietta di succo al mirtillo e torna alla sua postazione, mentre anche Brian fa il suo ingresso in casa Payton.
“Io e Lydia stavamo parlando del figlio di Benjamin Hemmings, Luke mi pare che si chiami, è così?” domanda poi Sally.
“Beh, Luke e Lydia non sono affatto amici per la pelle, anzi – comincia Brian, prendendo profondi sorsi di una bottiglia d’acqua fredda – se Lyd potesse, lo eliminerebbe totalmente dalla faccia della terra”
Sua sorella lo fulmina con lo sguardo, ‘che una cosa del genere avrebbe fatto meglio a non dirla, davanti ai suoi genitori.
“Lydia! – esclama Andrew Payton – Luke è un ragazzo molto a modo e s’intende di vini, cosa dovrei cercare di più in un ragazzo di diciannove anni?”
“Venti – lo corregge lei – ha perso un anno”
“Questi sono dettagli irrilevanti, tesoro” la corregge suo padre.
“Certo, perché si tratta di Luke, se però fosse stato Brian a perdere un anno, non sarebbero di certo stati “dettagli irrilevanti”, ci scommetto”
“Ehi! – s’indigna Brian – perché io? Sono uno studente modello!”
Sally ridacchia, mentre Lydia lo guarda male ed Andrew liquida la faccenda con: “Non vedo l’ora di parlare del campionato di basket, stasera”.
“Ma come? – chiede confuso Brian – quando ne parlo io cambi sempre discorso” gli fa notare.
Andrew guarda suo figlio, e cerca qualcosa da dire ma, ovviamente, Sally è più veloce.
“Tuo padre non vuole sfinirti, tesoro – lo rassicura – con tutte quelle domande, ti darebbe il tormento!” finge una risatina, insieme suo marito.
Lydia nota lo sguardo un po’ affranto di suo fratello e, davvero, non sopporta vedere quegli occhi tristi. Quindi cambia lei, argomento, quella volta.
“Mamma? Intendevi l’abito rosso, di Valentino, prima?”.
 
 
 
 
Lydia Payton quasi non riesce a muoversi, costretta in quell’elegantissimo vestito rosso di brillanti di Valentino. È lungo e con i suoi tacchi vertiginosi ha paura di calpestarne gli orli. Sta scrivendo un messaggino a Nina, l’ennesimo, dato che né lei né Joe le hanno risposto per tutto il giorno. La bionda sbuffa, pensando a dove possano essersi cacciati.
“Lydia, metti via quel telefono!” tuona sua madre.
L’ennesimo sbuffo viene esalato dalle labbra della Payton, mentre anche suo fratello Brian sembra piuttosto annoiato. Gli Irwin sono appena arrivati: Ashton è in forma smagliante, come al solito, e Jennifer e Bart Irwin assomigliano davvero molto ai loro genitori.
“Scusami? – inizia Ashton, avvicinandosi alla sua migliore amica – posso avere il tuo numero? Sei davvero uno schianto!”
“E tu sei davvero un idiota”
“Ah, Lyd, sei tu! - scherza – scusami, non ti avevo riconosciuta, sei ancora più bella del solito”
“Okay, hai recuperato alla grande” dice Lydia, sorridendo.
“Voi due – s’intromette Brian – avete finito di fare finta di flirtare?”
“E chi ti dice che io stia facendo finta, Payton?” chiede Ash.
“I vostri dieci anni e passa di amicizia? – continua Brian – o forse il fatto che Lydia sia venuta a piangere da te, quando la sua prima volta fu un fiasco? O ancora, quando tu hai chiesto a tutte le ragazze del Boulevard se avessero un assorbente, quando mia sorella ne era sprovvista e stava andando nel panico? Scegli tu il motivo, per il quale la vostra amicizia non potrà mai trasformarsi in nient’altro”
Sua sorella ed il capitano dei Lizards lo guardano un po’ sconcertati, ma poi Ashton scuote la testa e: “Sei acido, stasera, Payton”, conviene.
“Già – aggiunge Lydia – o forse sei geloso, fratellino?”
Brian sorride falsamente, ma non fa in tempo a dire nulla, che la figura di Luke Hemmings si palesa davanti a loro.
“Buonasera signori Payton, signori Irwin – inizia, con un cenno del capo alla famiglia di Ashton – mio padre è felice di avervi ancora come suoi ospiti, volete seguirmi al vostro solito tavolo?”
“Siamo venuti qui solo due volte ed abbiamo anche un nostro solito tavolo?” commenta Lydia malignamente, rivolta a suo fratello ed il suo migliore amico.
“Mio padre è solito trattare molto bene dei clienti generosi come i tuoi genitori, ceneretola” si affretta a dire Luke, dopo averla sentita, ma senza guardarla.
Lydia si blocca, mentre Brian ride sotto i baffi. Luke l’affianca, alzando un braccio nella sua direzione e: “Posso accompagnarti al tavolo?”.
“Posso arrivarci anche da sola”
“Avanti, Payton, non fare la stronza”
Lydia strabuzza gli occhi, sconvolta da quella risposta che non si sarebbe mai aspettata.
“Mio padre crede che tu sia un ragazzo molto a modo – inizia, accettando il braccio di Luke – cosa direbbe se sapesse che mi hai appena chiamata in quel modo?”
“Come? Stronza? – chiede, ingenuamente – che problema avete voi snob con le parolacce?”
“Io non sono snob”
“Ah no?”
Lydia rotea gli occhi al cielo, una volta arrivati al tavolo.
“Il punto non è questo” gli fa notare, lei.
“E qual è?”
Luke ha assunto un’espressione compiaciuta ed arrogante, e Lydia odia da morire quell’espressione. Si sta mordendo il labbro inferiore, perché quando lavora nel ristorante di suo padre non lo indossa il piercing.
“Mio padre non ama particolarmente chi insulta sua figlia”
“Ma se sapesse che quell’insulto è assolutamente meritato, forse sarebbe d’accordo con me, che ne dici?”
“Io non credo”
Lydia cerca di tenergli testa, quando Andrew si schiarisce la voce. La bionda si volta di scatto nella sua direzione e, con suo grande stupore, si accorge che sono tutti seduti. Allora Luke sorride e scosta la sedia di Lydia, facendo sì che possa accomodarsi anche lei, tra Brian ed Ashton.
“Volete la lista dei vini?” chiede Luke, cortese.
“In realtà sarei curioso di provare il Malbec argentino – fa Bart Irwin – Andrew me ne ha parlato molto bene e so che gli è stato consigliato proprio da te, dico bene?”
Luke annuisce, sorridendo quasi compiaciuto. Si vede che non gli piace fare quel lavoro, ma lo fa bene comunque. Probabilmente per suo padre o forse perché in fondo è un perfezionista, Lydia non lo sa, ma si scopre molto curiosa di volerlo sapere.
“Sì, signore”
“Luke ha un gusto impeccabile” conviene il signor Payton.
Il biondo intercetta lo sguardo di Lydia e, con un sorriso sghembo, prima di allontanarsi, non si fa scrupoli a dire: “Ci può giurare, signor Payton”.
 
 
La cena prosegue tranquillamente, gli uomini stanno parlando di basket, adesso, e Brian non potrebbe essere più scocciato di così.
“Allora, playmaker, lo vinciamo il campionato quest’anno?” chiede Andrew, prendendo un sorso di vino.
Ashton si pulisce la bocca con il tovagliolo bianco e sfodera un grande sorriso.
“Spero di sì, signor Payton, anche se le aspettative sono davvero molto alte, quest’anno”
Andrew sorride, soddisfatto. Ha sempre avuto un occhio di riguardo per Ashton Irwin, playmaker e capitano della squadra di basket del liceo, dei Lizards. Ai suoi tempi anche lui aveva rivestito esattamente quel ruolo e, non lo ammetterà mai, ma avrebbe voluto che spettasse a suo figlio. E Brian se n’è sempre accorto, ma non ha mai voluto dire nulla, a lui non importa niente del basket.
“E con Joe? – chiede poi Jenny Irwin, a Lydia – come vanno le cose?”
Sul viso di Lydia compare un bel sorriso e: “Va tutto a gonfie vele, Joe è fantastico e lo scorso weekend è stato chiamato dalla Berkley, per una visita preliminare del campus”.
Ashton si volta verso la sua migliore amica, un po’ stranito.
“Davvero?”
“Certo, perché? – chiede Lydia – non ti ha detto nulla?”
“In realtà no”
“Beh, se ne sarà dimenticato”
“No, Lyd – sostiene Ash – la Berkley non offre nessun servizio di questo tipo, se no avrebbero chiamato anche me, non credi? Anche io voglio frequentare quell’università ed io e Joe abbiamo gli stessi voti”
Lydia adesso è più confusa di lui. Aggrotta le sopracciglia e boccheggia per un po’, chiedendosi perché Joe, il suo fidanzato perfetto Joe, avrebbe dovuto dirle una bugia.
“Ma non può essere..” dice, più a se stessa che a qualcuno.
Ashton non sa che dire, e Lydia sta iniziando a sentire davvero troppi occhi su di lei. Così fa strisciare la sedia sul pavimento e, mascherandosi di un sorriso, si sistema le pieghe del vestito.
“Scusatemi solo un secondo, vado a prendere una boccata d’aria”
“Lyd? – la ferma Brian, per il polso – vuoi che venga con te?”
“No, sto bene”
Si divincola dalla presa di suo fratello e, socchiudendo per un secondo gli occhi, si dirige verso l’uscita del ristorante. Spalanca la porta e si appoggia con la schiena al muro del “Me Encanta”, prendendo un lungo respiro.
“Tutto apposto, cenerentola?”
Si stava riprendendo, quando quella voce le entra nelle orecchie. Si volta impercettibilmente nella sua direzione, alzando lo sguardo nei suoi occhi azzurri.
“Sì” biascica.
“Non si direbbe – replica, Luke, buttando la sigaretta ormai finita sulla strada davanti a lui – sembri parecchio sconvolta”
“Allora lasciami in pace, no?”
Lydia fa per andarsene, ma si ferma, quando sente le dita di Luke sul suo polso. Si volta nuovamente verso di lui, tenendo lo sguardo fisso sulla mano di lui a contatto con la sua pelle. Luke non la lascia, l’avvicina di più a sé.
“Devo parlarti, Lydia, seriamente”
Luke Hemmings Gaviria la chiama raramente con il suo nome di battesimo, ma davvero, in quel momento non ha voglia di ascoltare nessuno. Tanto meno lui.
“Ma io no”.

 
 




 
#thebeginning
rieccomi con il quarto capitolo
questa storia non sta avendo il successo che avrei voluto, ma sia chiaro, non mi sto lamentando o altro. solo avrei preferito più recensioni per sapere cosa ne pensate, ma non importa, il motivo principale per cui sto aggiornando è perchè qualcuno aspettava impaziente questo capitolo.
quindi sì, 
itslukeshat (twitter), questo capitolo lo dedico interamente a te.
e nulla, spero vi piaccia.
baci
  
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