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Autore: SagaFrirry    01/02/2016    2 recensioni
Esattamente come per il numero 2, il 3 non era previsto ma alla fine la follia ha avuto la meglio. Il tempo è trascorso e Apollo, colui che ha preso il posto del defunto padre Zeus sulla cima dell'Olimpo, vuole finalmente mettere a tacere le voci che lo definiscono "inadeguato a quel ruolo". Per farlo, seguirà il consiglio della gemella Artemide ed organizzerà una grande sfida fra Dei e loro Campioni. In tutto questo ovviamente verranno coinvolte vecchie conoscenze, nuovi arrivi e personaggi ormai già noti. Una corsa per raggiungere e conquistare la cima del Monte più ambito del mondo Greco, per svelare inganni e sotterfugi e scoprire che l'Olimpo fa gola a molte più persone del previsto! E voi per chi fate il tifo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XIV

IMPERITURO

 

“Keros..tu e papà avrete dei bambini?” domandò Azlan, pasticciando con latte e biscotti.

L’intera compagnia si era appena destata e stava facendo colazione. Il piccolo, con questa domanda, aveva rotto il silenzio assonnato che si era creato.

 “C..come?!” farfugliò Keros, convinto di non aver ben capito.

 “Una volta ho chiesto a mamma come nascono i bambini e lei mi ha detto che quando due persone si vogliono tanto ma tanto bene..poi i bambini arrivano! E visto che tu vuoi tanto ma tanto bene al mio papà, e gli dai i bacini come fa la mamma, allora avrete dei bambini. No?”.

“Hem..ecco..”.

Keros si guardò attorno, in cerca di un qualche aiuto da parte dei presenti, che però non sapevano bene che dire.

“Azlan!” riuscì finalmente a parlare Arles “Non funziona proprio così. Vedi..ha ragione la mamma, ma per fare bambini ci vuole il maschietto e la femminuccia. Capisci?”.

“Ah. Quindi Keros potrebbe fare i bambini con la mamma!”.

“Oh santo me stesso..hem..ne riparliamo dopo il torneo, ok?”.

“E tu e Keros vi sposerete?” domandò invece Faram.

“Hem..”.

“Il principe sposa sempre la principessa di cui è innamorato. Se siete innamorati, vi dovete sposare. Tu e la mamma siete sposati ma tu e Keros no. È perché ami più la mamma di Keros?”.

“Non faccio questi paragoni, bambina mia. Sarebbe come chiedermi chi fra di voi, figli miei, preferisco. E non posso sceglierne uno, voglio bene a tutti allo stesso modo”.

“Quindi sposerai Keros? Così io potrò vestirmi da principessa? E fare da damigella?”.

Il Dio ed il mezzo demone si lanciarono uno sguardo lievemente preoccupato: la conversazione stava degenerando.

“Papà..” continuò sempre Faram “..ma io dovrò aspettare il mio principe o la mia principessa?”.

“Beh..intanto: non aspettare. L’amore arriva quando meno te lo immagini e stare ad aspettare è del tutto inutile. E poi..che differenza fa? Che sia principe, principessa, demone, angelo, bianco, nero, fuxia, verde, alieno..che differenza fa? Mi auguro che tu possa provare l’amore che ho avuto la fortuna di provare io. Non importa verso chi questo amore verrà rivolto. Se sarai felice, e innamorata, bambina mia..tutto il resto non conterà”.

“Voglio proprio vedere” ironizzò Deathmask “Oh sì, non vedo l’ora di vederti al suo primo appuntamento..”.

“Keros, non vuoi sposare il mio papà?” insistette Azlan.

“Io..sono un demone. I demoni non si sposano”.

“Ma sei anche un angelo”.

“Mi risulta che manco gli angeli si sposino..”.

“Hai paura di stufarti?” suppose Iravat, con un ghigno quasi malefico “Dopotutto, sia tu che mio padre vivrete ancora dei millenni, se non vi fate ammazzare. Ed un legame come il matrimonio..durerebbe troppo a lungo?”.

“Se io potessi firmare un contratto in cui mi si dice che dovrò restare qui altri 6000 anni, o più, lo firmerei all’istante. Non è il tempo che mi spaventa. È il semplice fatto che..tuo padre è il marito di Eleonore. Io sono il suo demone, il suo angelo, il suo servo..sono tante cose..ma per il mio modo di vedere il mondo, per come sono stato cresciuto, non serve di certo che qualcuno mi dichiari in eterno legato a lui, perché lo sono già”.

“E se lui dovesse morire? Rimarresti qui con noi?”.

“Non lo so. Preferisco non farmi domande del genere”.

“Possiamo fare colazione e pensare ad altro?!” interruppe Arles “L’arena ci aspetta! È già tardi! E cosa cazzo è questo suono fastidiosissimo?!”.

“Papà ha detto: cazzo!” si indignò Azlan.

“Parli di questo?” sorrise Aiolia, mostrando un ciondolo che terminava con un campanellino “Me lo ha regalato Marin. Dice che porti fortuna”.

“Ha un suono che ti trapana il cervello!”.

“Non esagerare!” rise Eleonore “A me piace. E non dire le parolacce davanti ai bambini!”.

“Ma è vero! È tremendo!”.

“In effetti..” convenne Keros, concedendosi l’ultimo biscotto “..anche a me da un certo fastidio”.

“Mi ha detto che serve a tener vicino a me l’angelo custode” spiegò ancora il Leone.

“È un fottuto chiama angeli!” sibilò Arles.

“Papà ha detto: fottuto!” rise Faram.

“Ary!” si accigliò Eleonore “Dovrei lavarti la lingua con il sapone!”.

“Sì, è un chiama angeli” alzò un sopracciglio Aiolia “Che problema c’è?”.

“Hai presente i fischietti per cani? Tu lo usi e odi solo un fischietto normale, un cane sente una specie di rottura di coglioni che gli martella le tempie. E sì, papà ha detto: coglioni!”.

I bambini risero ed Eleonore colpì il marito dietro lo nuca con un cucchiaio di legno, minacciandolo.

“Perciò se non lo agiti troppo, ci fai un favore” concluse Keros, mentre Arles veniva colpito di nuovo.

“Capito” rise il Leone.

 

All’arena, come sempre, c’era un gran baccano. Apollo stava per annunciare gli scontri successivi ed erano tutti curiosi ed impazienti. Arles ed i gold, in particolare, attendevano di sapere cosa gli aspettava. Il Dio organizzatore delle sfide si era alzato, e si apprestava a parlare, quando una risata familiare interruppe il discorso sul nascere. Il terreno vibrò e, assieme ad un incessante rumore di catene, un uomo altissimo comparve all’anfiteatro. Aveva l’aria anziana e la sua pelle era scura. Immediatamente, molti Dei o riconobbero e la risata si ripeté.

“Fratellino” parlò una voce, il cui proprietario comparve poco dopo “Posso far partecipare un amico ai giochi?”.

“Ares!” ringhiò Apollo “Lo sapevo che eri un coglione, ma da qui a liberare Cronos e condurlo qui..”.

“Non mi ringraziare” ghignò il Dio della guerra “Vi aiuto a superare le vostre fobie. So bene che cosa temono gli Dei, più di ogni altra cosa: il tempo che corre. La vecchiaia. È per questo che l’ambrosia ve la trincate come non ci fosse un domani”.

“Che cosa vuoi? Perché devi portare scompiglio in una tale situazione? Dove riusciamo ad agire in pace e con il rispetto reciproco?”.

“Patetico idiota. Non distingui la realtà dalla finzione, la lealtà dall’inganno. Siete forse incapaci di combattere sul serio, senza di me? Ad ogni modo..il qui presente Cronos vorrebbe sfidarvi. Se c’è qualcuno con le palle che accetta la sua sfida. In caso contrario..che succede? Vince lui? Diviene re dell’Olimpo?”.

Gli Dei si scambiarono degli sguardi preoccupati. Non volevano che l’ancestrale Cronos vincesse, ma nessuno di loro aveva il coraggio di raccogliere la sfida. Sapevano che, con il minimo errore, rischiavano di divenire polvere nella clessidra del tempo. Un vociare sommesso e lievemente spaventato correva fra le scalinate. Il Dio delle illusioni non comprendeva del tutto ma ricordava bene come i suoi figli, Tolomeo ed Ipazia, avessero perso preziosi anni della loro gioventù per colpa di quella creatura. Non ci teneva di certo ad invecchiare e morire, ma..

Inaspettatamente, Hermes si alzò in piedi e puntò il suo bastone contro Cronos.

“Io raccolgo la tua sfida” esclamò “Non ho paura di te. Il tempo corre, è vero, però io..corro più veloce di lui!”.

“Hermes, fratellino!” si allarmò Artemide “Sei sicuro di quello che fai?”.

“Ma certo, sorella. Tranquilla. E tu, Ares, preparati: perché dopo toccherà a te!”.

Il Dio della guerra rise di nuovo. Arles lo osservava attentamente, cercando di capire la verità. Il Dio alzò lo sguardo e gli sorrise.

“Sei ancora vivo, ragazzo. Complimenti” commentò “Ridammi l’elmo, per favore. A te non serve. E non temere: una volta archiviata questa piccola sfida, la sistemo la faccenda con te ed il tuo amichetto impiccione. Solo che questa volta vi stacco la testa dal collo!”.

“Quello non è mio padre!” disse Eros, girandosi verso Apollo, che però era impegnato ad osservare i movimenti del fratello minore.

Hermes, a passo fiero, aveva lasciato la sua postazione e si era portato al centro dell’arena. Con un gesto di sfida, invitò Cronos a fare altrettanto.

 

“Padre, chi è?” domandò Sadalta.

“Cronos” gli spiegò Camus “Una divinità estremamente antica, che molti confondono con il titano Crono. È legato al tempo ma..credevo che gli Dei lo avessero imprigionato tanto tempo fa. Non pensavo che Ares avesse la forza necessaria per liberarlo!”.

“Il potere di Ares è terribile” commentò Kiki “Anche se non comprendo i suoi intenti”.

“Non possiamo fermarlo?” domandò Aiolia “Mentre si svolge lo scontro fra Cronos ed Efesto, lo possiamo bloccare!”.

“Non penso sia una mossa saggia” rispose Aiolos.

“Saggia o non saggia, ora vado là!” ringhiò Milo “E lo prendo a ceffoni finché non mi dice dov’è Mirina!”.

“Milo! Calmati!” lo fermò Camus “Si tratta pur sempre di un Dio! Rischi di scatenare su di te le ire del resto della famiglia”.

“E sai quanto me ne frega?!”.

“Papà!” sospirò Sargas.

“Ares!” sbraitò Milo, alzandosi “Dov’è mia moglie?!”.

“A lavorare. Assieme a quella gran bagascia di sua madre” ghignò il Dio della guerra.

Lo Scorpione scattò in avanti, furioso, ma subito fu ricacciato indietro dal vento provocato da Hermes: lo scontro era iniziato, e non permetteva interferenze.

 

“Apollo!” chiamò Arikien, girandosi verso il trono che aveva alle spalle “Devo raggiungere mio padre. Voglio capire!”.

“Calmati! Ho dato ordine che non gli sia data la possibilità di lasciare l’arena. Appena lo scontro sarà terminato, lo spingeremo al centro dell’anfiteatro e dovrà parlare. Saremo tutti uniti questa volta, te lo prometto”.

“Pensi davvero che sia veramente Ares a fare tutto questo!?”.

“No, non poteva liberare Cronos da solo. Ma non fa differenza. Che sia lui da solo o se qualcuno lo aiuta, o lo manovra, lo fermeremo e..”.

“Lascia che ci parli io. Lasciami avvicinare”.

“Dopo quello che ha fatto l’ultima volta?!”.

“Fidati. Devo avvicinarmi”.

“Va bene. Ma se sguainerà la spada, darò ordine di ucciderlo”.

“Bene..”.

 

Con i sandali alati, Hermes fluttuava in aria. Cronos lo osservava, senza espressione. Con un gesto, fra le mani della divinità ancestrale comparve della sabbia. Lentamente, avvicinò le mani alle labbra e soffiò. La sottile polvere si sparse, arricciandosi e volando, prendendo la forma di migliaia di farfalle. L’arena rimase affascinata dinnanzi a quello spettacolo.

“Questa cagata dovrebbe far paura?” alzò un sopracciglio Lucifero, fissando una delle farfalle che si avvicinava.

Anche Mihael pareva perplesso. Le farfalle, volando, lasciavano dietro di sé una sottile polvere che risplendeva d’oro. Con il sole, questa polvere lanciava riflessi per tutto l’anfiteatro.

“Magnifico!” sorrise Afrodite.

“Non toccatele!” ordinò Arles ma ormai era tardi: molti dei presenti avevano già quella sabbia fra le mani.

Con addosso quella polverina, gli occupanti dell’arena iniziarono a scorgere delle immagini. Ognuno di loro poteva vedere qualcosa riguardante il proprio passato, presente o futuro. Questo risvegliò la paura. Quel che rivedevano erano momenti tremendi, infelici, spaventosi. C’era chi ricordava persone care che perdevano la vita, chi imperdonabili errori commessi e chi vedeva materializzarsi i peggiori incubi per il futuro. Il Dio delle illusioni in principio fu avvolto da ricordi legati al santuario. La sua vita da Gran Sacerdote, l’angoscia ed il senso di colpa. Tentò di non perdersi in quelle immagini, che già diverse volte aveva rivissuto nella testa. Sfruttando il suo potere, riuscì ad allungare lo sguardo ed andare oltre. Era circondato dagli altri occupanti dell’arena, che a loro volta erano circondati da visioni poco piacevoli. Ma qualcos’altro attirava la sua attenzione. Alle spalle di ogni singola creatura presente, iniziò a scorgere delle ombre, che divennero sempre più nitide. Il primo che riconobbe fu Shion. Alle spalle di Mur e Kiki, l’antico Sacerdote e cavaliere dell’Ariete osservava con tenerezza i suoi successori. Accanto a lui, altre armature d’oro. Arles non ne conosceva i nomi, salvo qualche raro caso, ma intuì che coloro che vedeva dovevano essere tutti i cavalieri passati. Erano sempre di più. Anche dietro alle divinità erano comparse altre persone: Dei del passato, a cui avevano rubato il posto, o reincarnazioni di varie epoche. Accanto a Lucifero e Mihael riusciva a vedere come erano prima della guerra del cielo, quando il demone era ancora uno degli angeli. Riusciva a vederlo, mentre probabilmente lui rivedeva la propria caduta e la separazione da Sophia. E poi vedeva tutte le creature da cui avevano acquisito degli aspetti, che ormai l’uomo aveva dimenticato. Le creature si moltiplicavano, divenendo uno sciame che si allungava all’infinito. Creando due file, che si attorcigliavano in cielo in spire sempre più sottili, Dei e mortali si intersecavano. Come due serpenti, uno di fronte all’altro, le file si intrecciavano. Avvinghiati in un corpo quasi unico, il Dio vide emergere due figure, il cui corpo era in buona parte composto da quella moltitudine di esseri del passato e del presente. Le due figure si osservavano e parevano danzare, in un imperituro movimento cosmico. Poi si fermarono di colpo, quando una terza figura comparve dinnanzi a loro che, avvolta da luce oro, spalancò le ali, le braccia e tutti e quattro gli occhi.

“Phanes..” mormorò Arles “Ma..che cosa significa? Che cosa sto guardando?”.

E perché quella specie di angelo pareva impedire a Keros di intervenire e reagire?

 

L’unico che non era stato colpito dalla polvere, e che quindi aveva mantenuto una certa lucidità, era stato Hermes. Grazie alla sua velocità ed alle sue ali, non si era fatto coinvolgere in quell’attacco. Ignaro di quanto i suoi colleghi vedessero, continuava a cercare di colpire Cronos.

“Irritante” sbottò Cronos, con voce inquietante “Non si può sfuggire al tempo che scorre, sai?”.

“Ci sono riuscito fin ora, cosa ti fa credere che mi fermi adesso?” ridacchiò Hermes, schivando un altro attacco con la sabbia.

“Sei un illuso”.

“Può darsi. Ma visto che tieni sotto controllo tutti i miei fratelli, è compito mio sconfiggerti per liberarli”.

“Non potrai mai farlo. Il destino è dalla mia parte”.

 

Ares si voltò, osservando suo figlio. Non era sotto l’influsso delle visioni come gli altri, stava vedendo qualcosa di diverso. Ma che cosa? Cosa passava per la testa a quello strano essere? Ebbe un lieve sussulto quando notò che il Dio delle illusioni si era alzato ed aveva girato gli occhi, lo stava fissando. Lo sguardo che gli rivolse lo fece rabbrividire per qualche secondo. Poi il Dio della guerra sorrise, mentre i suoi occhi mutarono.

“Mi hai trovato..” commento.

 

Hermes era stanco di correre, volare e fuggire. Sapeva di non poterlo fare all’infinito, ma Cronos si era avvolto nella sabbia e lanciava soffi verso il più giovane dei figli di Zeus. Con un poderoso battito delle ali dei suoi sandali, si avvicinò il necessario per riuscire finalmente a colpire Cronos con un poderoso pugno.

“Lascia che ti mostri perché sono il Dio degli atleti!” sbottò, schivando il contrattacco dell’anziana divinità molto più grossa di lui.

Poggiò uno dei sandali sul petto dell’avversario, rigirandosi e riuscendo a colpirlo di nuovo, questa volta con un calcio. Era estremamente veloce ma questo non scoraggiò Cronos, che lanciò di nuovo la sua sabbia. Questa volta non era in forma di meravigliosa farfalla ma acuminata freccia, che colpì il braccio di Hermes. Subito il proprietario lo sentì molto più pesante e rigido. Guardandolo, vide che era come appassito, invecchiato, per colpa di quella freccia. Non si perse d’animo e contrattaccò immediatamente, con una raffica di calci che spedì a terra Cronos. Hermes ne approfittò per creare un piccolo vortice d’aria, nel tentativo di dissolvere parte della sabbia. Ora che parte di essa era svanita, poteva scorgerla chiaramente: la clessidra! La clessidra, simbolo e fonte del potere del suo avversario, si mostrava accanto a Cronos. Non molto sicuro di fare la cosa giusta, ma del tutto incapace di pensare ad altro, corse verso di essa. Il suo sfidante tentò di afferrarlo e fermarlo, ma non ci riuscì. Concentrando l’energia nel braccio sano, Hermes si lanciò contro quell’oggetto e riuscì ad infrangerlo. La sabbia lo avvolse e dovette fare uno sforzo immane per volar via.

“Pazzo! Non sai che..?” iniziò Cronos, ma un gesto di Ares lo zittì.

Hermes si stupì. Da quando il Dio della guerra poteva controllare il tempo? Notò con un certo sollievo che gli altri presenti all’arena si stavano riprendendo. Molti erano turbati e spaventati.

“Ha vinto?” si stupì Apollo “Il mio fratellino ha vinto contro il tempo?”.

Hermes rispose con un lieve inchino, sentendosi molto stanco. Il contatto con la sabbia lo aveva fatto invecchiare un po’, anche se non abbastanza da renderlo irriconoscibile. Si udì un sibilo, e la clessidra si ricompose. Ares, ridendo, applaudì e si alzò. Nell’arena scese il silenzio, mentre Arles non distoglieva lo sguardo dal Dio della guerra.

“Chi sei?” gli domandò, infine.

“Chi sono io?” ghignò Ares “Me lo chiedi?”.

“Sì, perché io non ti conosco. Chi sei, donna?”.

“Mi vedi? Ma che bravo..”.

L’anfiteatro borbottò. Donna? Quale donna? Il Dio delle illusioni scese i pochi scalini che lo separavano dall’arena, vedendo che Ares faceva lo stesso. Keros trattenne il fiato. Alle sue spalle, un’invisibile Phanes lo tratteneva dall’intervenire.

“Chi sei?” ripeté ancora Arles “E perché hai scatenato il tempo contro di noi? L’altra volta, quando sono stato trafitto dalla spada, non c’eri. O meglio..non eri dentro a mio padre. Probabilmente lo controllavi a distanza ma, essendo più potente di me, non sono stato in gradi di scorgerlo. Ora, invece, riesco a capire che non è mio padre colui con cui sto parlando”.

“Io sono certa che lo sai chi sono, Dio delle illusioni” sorrise il corpo di Ares, allungando una mano verso la fronte del figlio e sfiorandolo con due dita.

Arikien spalancò gli occhi, d’un tratto comprendendo. Quel breve tocco gli aveva mostrato il vero aspetto di chi aveva davanti.

“Ananke?” riuscì a dire “Il destino? Il principio primigenio del mondo? La forza contro cui nessuno può nulla?”.

“Mi conosci..”.

Arles si inchinò, gesto che stupì molti dei presenti che non capivano quanto stesse accadendo.

“Vi ho tanto cercata” confessò il Dio delle illusioni.

“Lo so. Ho udito la tua voce. È stata lei a destare me ed il mio compagno, che altrimenti avremmo continuato a riposare. Non so se ringraziarti o punirti. Ma il potere che hai..mi piace. Inoltre, pare che pure mio figlio Phanes sia interessato alla cosa. Perciò non ti distruggerò”.

“Che avete fatto a mio padre? Che sta succedendo?”.

“Voi proprio saperlo? Vieni a vederlo con i tuoi occhi”.

“Come faccio? Dove sono i miei fratelli? E le mie sorelle?”.

“Raggiungimi, nel luogo dove a lungo ho riposato, e lo scoprirai. Ho tante cose da dirti, Arikien delle illusioni”.

“Ma..io non so dove si trova quel luogo!”.

“Lo saprai. Se mi raggiungerai, non mi vedrete più in questo anfiteatro ad infastidirvi”.

“Io? Perché io?”.

“Perché ho udito la tua voce, non quella di qualcun altro. E tu mi hai visto, fra le sabbie dell’eternità, risalendo fino agli albori del tempo. Accetta il mio invito. Trovami, e tutte le domande che tanto a lungo ti poni troveranno risposta. E rivedrai la tua famiglia, te lo prometto”.

“Cosa avete fatto a mio padre?”.

“Lo rivuoi? E va bene..per dimostrarti che non ti sto ingannando, te lo concedo”.

Il corpo di Ares ebbe un fremito, mentre Ananke lo lasciava. Alle spalle del Dio della guerra, i presenti videro una strana creatura, in parte serpente, che lentamente si dissolse, rivolgendo solo un ultimo “Ti aspetto” al Dio delle Illusioni. Anche Cronos si dissolse, assieme alla sua sabbia, in pochi istanti. Ares invece cadde in avanti, privo di sensi. I lunghi capelli neri erano divenuti candidi, così come bianca era la sua belle ed il suo sguardo, cieco.

“Padre Ares!” lo chiamò Arles “Ma che ti hanno fatto?!”.

 

“Fratello” chiamo Gibrihel, rivolto all’arcangelo che aveva a fianco “Fratello, tutto bene? Che cosa è stato? Cos’erano quelle visioni?”.

“Non ne ho idea” ammise Rahael “Dove Mihael?”.

“Non lo so. Non vedo nemmeno Lucifero”.

“Come sempre quei due si sono allontananti per bisticciare?”.

Poco più in basso, fra i gradini, Asmodeo sollevò lo sguardo e lanciò uno strano sorriso a Rahael, che rispose con un ben poco angelico dito medio.

“Raphy!” mormorò Gibrihel “Comportati bene”.

“Quanto lo odio” sibilò l’arcangelo “Gli spaccherei la faccia in un istante! Quanto mi irrita!”.

“Sì ok ma..ora rilassati. Che è meglio..troviamo Mihael. Noi non dovremmo gironzolare per il mondo così a casaccio”.

“Hai ragione..non devo cedere alle provocazioni di quel demone”.

Rahael parve riprendere il controllo ma non resistette a voltarsi ancora una volta, fissando Asmodeo negli occhi e dedicandogli un “fottiti” con il labiale.

 

Quella sera, poco dopo il tramonto, Keros osservava il suo signore. Aveva lo sguardo distante, concentrato sul fuoco. Apollo aveva visitato il fratello minore Ares, senza comprendere che cosa gli fosse successo. Quel che aveva capito però, era che il Dio della guerra non sarebbe vissuto a lungo. Stava invecchiando e si consumava velocemente, nulla pareva donargli sollievo o giovamento. Afrodite, disperata, continuava a chiedere per quale motivo al suo amato toccava appassire come un bel fiore candido. “Dove sono i tuoi colori e la tua giovinezza, amor mio?” ripeteva, senza che nessuno potesse darle risposta.

“Che cosa pensate di fare?” parlò finalmente il mezzo demone.

“Ti sei cambiato..” si limitò a commentare Arles.

“Il bianco non è il colore più adatto per il luogo che avete in mente”.

“Non sei obbligato a venire con me. So che ti scoccia andare in certi posti”.

“La cosa non mi scoccia. Mi lascia indifferente. Piuttosto..perché ci andiamo? È per via di qualcosa che avete visto prima, con la sabbia di Cronos?”.

“No, direi di no. Tu che cosa hai visto?”.

“Io? La fine di ogni cosa. Voi?”.

“Io il suo inizio”.

 

Eccoci con l'aggiornamento del Lunedì. Ormai è quasi un appuntamento fisso..Lunedì e Giovedì :P 

Sono andata a spulciare figure ancestrali della mitologia greca. Mi sono arrovellata per trovare delle creature che in pochi usano nelle loro storie. Ci sono riuscita?

Preparatevi al prossimo capitolo: si va all’inferno! E, tanto per chiarire, i miei Lucifero ed Asmodeo non sono quei cosi osceni degli OAV di Saint Seiya :P

 

Non so come si carichino le immagini su questo sito perciò vi lascio questo link, nel caso siate curiosi e ancora non abbiate visto il mio primo disegno su Keros https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10205323967527672&set=g.256279363821&type=1&theater

   
 
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