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Autore: Gaia_dc    01/02/2016    2 recensioni
~Tratto dal 1º capitolo~ "Sentì die rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare, o avrebbe svegliato la sua bambina"
Sono passati quasi due anni da quell'addio che ancora rappresenta un punto interrogativo per Tony. Perché gli ha chiesto di venire per poi nascondersi? Purtroppo non riceverà mai una risposta perché lei non tornerà mai più a DC. Ma tutto cambierà quando una bambina verrà rapita nella notte, e Ziva potrà chiedere aiuto solo all'NCIS.
Una nuova storia in cui ho immaginato un altro aspetto del carattere di Ziva più materno, nei confronti di una figlia avuta durante una relazione di cui si pentiva... O almeno così credeva.
Spero di aver suscitato la vostra curiosità... Che aspettate allora? Correte a leggere!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ziva David
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Fu una notte di distruzione, disperazione, di lacrime amare che scendevano imperscrutabili. Una notte di urla disperate, di suppliche e di preghiere. Una notte che pochi sanno cosa significhi vivere, una notte che cambia la vita in modo irreversibile, durante la quale, inizia quel lento e logorante processo di sgretolamento dell’anima.
 
Entrambi erano ancora abbracciati al piccolo corpo freddo che ormai aveva perso tutto il suo calore. Non riuscivano a realizzare che quella che stavano abbracciando, non era più una bambina, ma un maledetto cadavere.
Ariel. Non avrebbero mai dimenticato quel nome, il nome di un angelo sceso in terra solo per compiere il destino, arrivato per miracolo, scomparso per sciagura.
Eppure, avrebbero preferito entrambi la solitudine a quel disastro. Ma non erano loro a poter scegliere, e qualcun altro ha scandito il ritmo della loro vita, qualcuno che può uccidere anche da morto, qualcuno che continua ad esistere nella mente di chi lo ha visto in tutta la sua crudeltà ed ha provato ad andare avanti. Saleem e suo fratello.
 
Tony, Tony che nella vita aveva pianto davanti a qualcuno solo una volta, non per paura, non per la morte, ma per un addio… Adesso versava le sue lacrime amare, come fossero acqua traboccante da un vaso. Non riusciva a ragionare, ma capiva che quella situazione si sarebbe rivelata ancora più catastrofica di quello che poteva immaginare. Adesso non aveva più nulla per cui lottare, nulla che amasse a tal punto da perdonare e capire ogni errore, nulla che lo legasse alla persona che amava. Non aveva più nulla, era solo.
 
Quando alzò la testa dal cuscino ormai completamente zuppo delle sue lacrime, si accorse di stringere ancora il corpo inerme di sua figlia, e la stessa cosa stava facendo Ziva dall’altro lato del letto.
Non aveva avuto modo di dimostrare a sua figlia tutto l’amore che provava per lei, eppure sembrava che la piccola l’avesse sempre saputo. Come se il destino avesse voluto tendergli una trappola. Legarsi ancora a una persona con tutte le forze, per vederla poi andare via. Per sempre.
Quando si accorse di Ziva, ed i suoi occhi tornarono a vedere quello che realmente aveva davanti, vide una ragazza diversa da quella che aveva imparato a conoscere in 10 anni e in quelle settimane.
Piangeva senza tregua, un pianto silenzioso, intervallato da singhiozzi. Solo disperazione. Quella notte era solo pura disperazione.
 
Stringeva gli occhi, forte, come a non lasciar andare l’immagine di sua figlia ancora viva. Ma doveva accettare la sua assenza. Ora non c’era più. Aveva lottato per farla nascere, aveva lottato contro tutto e tutti, completamente sola, ma ci era riuscita. Aveva permesso a sua figlia di aprire gli occhi e vedere la vastità del mondo, vedere i colori, i fiori, il cielo, le nuvole, il sole. Erano ormai indivisibili. Ziva e Ariel, mamma e figlia, il demone e l’angelo, una coppia improbabile con un legame indissolubile, oltre i confini dello spazio, del tempo, dell’universo.
Ed ora Ziva si ritrovava da sola, completamene sola, a combattere la sua guerra, una battaglia senza uno scopo preciso, perché ormai la sua vita non aveva più senso. Non aveva più uno scopo.
 
Stringeva la piccola così forte, che poteva anche sgretolarla, non riusciva più a immaginare una vita senza di lei. I singhiozzi divennero più insistenti, tanto da destare Tony dai suoi pensieri. Il ragazzo a fatica si alzò dal letto, per passare dall’altro lato, ed abbracciare quell’unico appiglio di speranza che gli rimaneva, per la quale Ziva non se ne sarebbe andata ancora, e lui avrebbe potuto proteggerla. Loro, sarebbero potuti rimanere insieme, farsi forza l’uno con l’altro.
 
Quando Ziva senti le mani di Tony accarezzarle la schiena curvata verso la figlia, non riuscì più a trattenersi, affondò il viso nel suo petto, il suo rifugio sicuro, iniziò a piangere senza più riuscire a fermarsi. Un urlo disperato uscì dalla sua bocca, un urlo che chiedeva di tornare indietro e di cancellare quello che era stato. Tony la strinse più forte a sé, mentre le lacrime gli rigavano tutte le guance.
 
I minuti passavano, senza che loro se ne accorgessero. Il loro pianti e la loro disperazione non accennava a placarsi. Ed entrambi iniziavano ad attribuirsi colpe non proprie, a giudicarsi per l’assenza o per la distrazione, quando invece, gli unici colpevoli erano i fratelli Ulman.
 
Quando dopo 10 minuti, forse 20… forse un’ora, riuscirono a calmarsi, Ziva alzò lentamente il capo, rivelando i suoi occhi rossi e gonfi, colmi di tristezza e senso di colpa, incrociando quelli di Tony, altrettanto gonfi, ma che le infondevano tranquillità, nonostante la situazione.
“Mi dispiace… Sarei dovuto essere più attento…” si liberò Tony, del suo rimpianto.
“Non è colpa tua…” rispose immediatamente, divenendo improvvisamente gelida. Si voltò verso la figlia, e crollando nuovamente in quel momento di fragilità, si lasciò scappare un sospiro, mentre le lacrime riprendevano a scendere copiose dal suo viso.
“Sembra che dorma serena come un angelo…”
“Quello che desiderava era una famiglia… E se n’è andata tra le nostre braccia…” disse Tony di rimando.
 
In quel momento si sentì morire dentro. Non che fino ad allora si fosse sentita bene, ma adesso sentiva il peso della morte di sua figlia aggiungersi a quello di tutte le altre morti che lei stessa aveva causato.
Non riuscendo più a trattenersi, si sentì così stupida, ma aveva bisogno di affetto, di qualcuno che la comprendesse, e se anche Tony non potesse nemmeno immaginare il legame che in due anni si era creato tra mamma e figlia, era l’unico al quale potesse chiedere aiuto, e cercò ancora con le braccia, il suo petto, come una bambina che si allunga per un abbraccio… Forse l’ultimo, prima di cadere nelle spire della morte, prima di cadere nell’oscurità più totale, la disperazione di aver perso la propria vita: Ariel.
 
Tony istintivamente tornò ad abbracciarla, e a sussurrarle che l’avrebbero superata insieme, benché sapesse perfettamente che una cosa del genere non si supera, ma si impara a convivere con la sua perdita, si impara a convivere con quel dolore, si impara a vivere con l’ombra di un fantasma, finché nel proprio cuore quel fantasma, non ritorna ad essere l’angelo che era quando era in vita, la luce, la brillantezza, l’angelo che ha permesso la riunione di due anime gemelle, e che se n’è andato, abbandonando una terra così arida di amore, con la consapevolezza di essere riuscito nel suo intento, e che forse tanto arida non è, perché un amore come quello che legava, e che lega tutt’ora Tony e Ziva, è qualcosa di ultraterreno.
 
La allontanò da sé, solo per un attimo, il tempo di guardarla negli occhi e continuare a infondere la serenità che si prova quando ci si trova in una prato verde smeraldo, come i suoi occhi.
“Dobbiamo avvisare gli altri…”
Ziva fece cenno di si con la testa, poi andò in bagno a sciacquarsi il volto, mentre Tony parlava al telefono.
Erano quasi le 5 di mattina, e Gibbs era in una fase di dormiveglia, quando sentì il cellulare squillare insistentemente.
Non fece caso al nome che comparve sullo schermo e rispose.
“Capo…”
“DiNozzo…”
Silenzio dall’altro capo del telefono.
“DiNozzo vuoi un invito scritto? Che succede?” Gibbs si svegliò completamente, e mentre attendeva una risposta da Tony, si catapultò in macchina.
“Capo… Si tratta di…”
Gibbs sentì la voce di Tony rompersi
“Sto arrivando!” concluse prima di chiudere la telefonata.
 
Ziva era ancora in bagno. Si era sciacquata il viso più di una volta per cancellare ogni traccia del suo pianto, ma senza ottimi risultati. Ripensava a tutto quello che erano riuscite e superare insieme, da sole, a quello che Ariel aveva significato per lei, e che non avrebbe mai più avuto.
Quando uscì dal bagno, Gibbs parlava con Tony sul divano. Sapeva cosa significasse per un padre perdere una figlia… Ma non per una madre… Non per una madre che ha lottato da sola per quella figlia, non per una madre che ha visto l’unica voglia di vivere in quella figlia, non per una madre he per nove mesi ha tenuto in grembo quella figlia, col terrore che qualcuno gliela potesse strappare.
Questi pensieri le facevano male, più di un colpo di pistola, più di una pugnalata.
Si appoggiò allo stipite della porta, annaspando aria che non riusciva a mandare nei polmoni.
Scivolò a terra, con le mani che le coprivano il volto, che le coprivano quegli occhi tumefatti dal dolore.
In un momento di rabbia, sbatté un pugno per terra, e fu allora che Gibbs la vide, e si alzò dal divano per confortarla.
 
Tony si sentiva impotente. Non poteva fare nulla per rendere felice Ziva, e ancora meno per riportare in vita la sua sirenetta.
Gibbs si era seduto per terra accanto a Ziva e la stava abbracciando come farebbe un padre, mentre le sussurrava parole dolci.
 
Erano circa le 8:30. La sveglia di McGee suonava all’impazzata da ore, ma lui non riusciva svegliarsi.
D’un tratto si rese conto del tempo che era passato, ed in fretta e furia, si era messo la giacca per correre all’NCIS.
Con sua grande sorpresa, però, quando arrivò, non trovò nessuno nello squadroom, ma prima che avesse il tempo di togliersi la giacca, una mano lo afferrò da dietro e lo trascinò nel bagno degli uomini.
Quando la testa smise di vorticare, e McGee riprese a vedere con razionalità, si accorse che in bagno erano presenti Abby, Ellie e Jimmy.
“Cosa sai?” chiesero in coro.
“So che il capo sarà molto arrabbiato quando entrando non troverà nessuno della squadra alla sua scrivania!”
“Potrò metterci una buona parola io!”
Una voce da dietro lo fece sussultare.
“Direttore… Ma che sta succedendo?” chiese confuso.
“Tony e Ziva non rispondono al cellulare, e Gibbs è in ritardo… E Gibbs non è mai in ritardo!” spiegò Abby frettolosamente.
“Io vi giuro che non so niente…”
Non ebbe il tempo di finire la frase, che la porta del bagno si aprì nuovamente, facendo entrare Ducky.
“Dimmi tutto signor Palmer… Oh… Una riunione… Di gabinetto?” chiese ironico, notando l’affollamento nella stanza, e la presenza di donne in spazi riservati agli uomini.
“Che sta succedendo a Tony, Ziva e Gibbs?” chiese Ellie impaziente e preoccupata.
“Nulla che io sappia…” e mentre Ducky stava per concludere la frase, il suo telefono prese a trillare.
“Pronto Jethro… Dove ti sei cacciato?... Ma che stai dicendo” il suo voltò cambiò colorito in pochi secondi “Ed io che dovrei fare?... D’accordo Jethro… Di’ a Tony e Ziva che stiamo arrivando!” chiuse la telefonata e si voltò a guardare i suoi compagni, uno per uno. Vance, Abby, Ellie, Palmer, McGee, persino Parsons che davvero non capiva cosa ci facesse ancora all’NCIS…
Si era trovato solo un’altra volta in una situazione simile, e si era sentito così male a procurare tanta sofferenza ai suoi colleghi!
“Dottor Mallard…” lo rassicurò Jimmy.
“Ariel…” rispose in un soffio all’implicita domanda.
Abby si portò istintivamente le mani alla bocca, Vance ebbe un cambiamento quasi impercettibile nel suo sguardo, Jimmy rimase a bocca aperta, mentre Parsons abbracciò Ellie.
McGee non riuscì a reggere tutto questo. Si trattava dei suoi compagni di squadra, della loro bambina.
Uscì da quel bagno come una furia, prese le sue cose e si avviò verso l’ascensore, quando il direttore lo prese per il braccio.
“Tu non andrai da nessuna parte, McGee…”
“Ma direttore…” provò a obiettare il ragazzo.
“Non senza il resto della famiglia!” specificò Abby.
 
Arrivarono a casa di Tony in pochi minuti. 7 persone in una mini… O meglio… La mini! Quella che Ziva aveva regalato a McGee in seguito alla morte di Bodnar.
Citofonarono al campanello, e quando Tony aprì, capirono subito quanta tristezza aleggiava nell’aria. Il Tony che conoscevano, avrebbe fatto una battuta per tutta la gente che gli si era presentata alla porta, o magari avrebbe citato un film… Ma neanche una parola.
Quando entrarono, trovarono Ziva ancora a terra fra le braccia di Gibbs, ed un velo bianco steso sul letto.
McGee guardò istintivamente Tony, quasi a domandargli come stesse
“È morta! E io non ho potuto fare niente!” rispose in modo alterato, uscendo di casa, ma venendo seguito dall’agente.
“Pivello… Non ho potuto fare niente! Niente per proteggere la mia famiglia! Non ho fatto niente per proteggere Ariel e non sto facendo niente ora per aiutare Ziva!” disse sedendosi sui gradini della notte prima.
“Puoi rimediare ora, se vuoi!”
“Oh scusami se non ci ho pensato! Ora vado da David Copperfield a chiedergli di far resuscitare mia figlia!”
“Puoi aiutare Ziva ora! Stupido!” stava pe tirargli uno scappellotto, ma venne fulminato dallo sguardo dell’agente e  preferì rimettere la mano a posto.
“Assicura6le che ci sarai sempre per lei, e che Ariel non è stato solo un periodo da dimenticare, ma quello che vi ha spinti a riunirvi”
“McPoeta, a volte mi chiedo se non hai ripreso a scrivere quel tuo libro…”
 
Rientrando, notarono che Ducky e Palmer stavano facendo gli ultimi controlli al corpo esanime della bambina, mentre Abby e Gibbs cercavano di tranquillizzare Ziva… Per quanto possibile.
 
Intanto, Ellie stava parlando con Vance, sostenuta da Parsons. Quello che si era creato tra loro era uno strano rapporto di amore e odio, che non riuscivano a decifrare. Più volte il ragazzo aveva provato ad entrare nel cuore di Ellie, ma aveva sempre trovato la strada semichiusa… Doveva solo trovare il modo di schiuderla definitivamente.
“Direttore, credo che dopo tutto questo, Ziva abbia bisogno di tranquillità, di certezze… E so bene che adesso è sola se non fosse per l’NCIS, ragion per cui…”
“Agente Bishop… So bene quanto lei ci tenga al suo lavoro, e so anche quanto sta faticando per ottenere la fiducia di Ziva… Ma mi creda, non è questo il modo… E poi… L’agente David ha dato conferma delle sue dimissioni! E dubito che vorrà tornare sui suoi passi per una seconda volta. Se l’ha fatto in precedenza, è stato solo per… Per Ariel!” spiegò il direttore nel più pacato dei modi.
“Non riguarda solo questo! Direttore, io mi sento di troppo, ma non vorrei essere riassegnata in un’altra base o in un’altra squadra. Con Gibbs mi sono trovata bene, e credo che non riuscirei a trovare colleghi migliori… Ma vedo l’affiatamento della vecchia squadra di Gibbs, e per quanto ci possa provare, non potrei mai prendere il posto di Ziva! Le sto chiedendo di ricevere altre mansioni, e di lavorare per la sezione dell’MTAC relativa al terrorismo. In fondo è per questo che ho studiato, è per il terrorismo che combatto!”
Vance era stato davvero colpito dalle sue parole, ma già una volta aveva sottratto degli agenti a Gibbs, ed la sua reazione non fu propriamente controllata, così prese la sua decisione.
“Avrà una settimana di tempo per decidere se questo è veramente quello che vuole e per parlarne col resto della squadra” poi aggiunse “E per quanto riguarda lei…” Spostò lo sguardo su Parsons “Perché è ancora qui?”
 
Il tempo sembrava essere volato, in casa erano rimasti solo Tony, Ziva e Gibbs, che comprendeva la necessità dei suoi ragazzi di avere qualcuno accanto.
Tony e Ziva sentivano ancora la vocina della loro bambina nelle orecchie. Il silenzio aleggiava in quella casa durante la cena, quel silenzio che si crea quando il mondo è appena crollato, ma tutti continuano nella loro ipocrisia a voler far credere che non sia successo nulla. Quel silenzio che si crea quando tutti vorrebbero urlare la stessa frustrazione, ma tacciono, credendo di essere gli unici a sentirsi così.
Ziva odiava quei momenti, eppure nella sua vita, quante volte le era capitato. Quante volte aveva dovuto adeguarsi alla volontà di suo padre e tacere.
 
Suo padre… Le mancava… L’aveva cresciuta come un’assassina, l’aveva sempre considerata uno dei suoi scagnozzi, eppure non lo biasimava per questo. L’unico motivo per cui non riusciva a tollerarlo, era che nona aveva fatto nulla quando era rimasta prigioniera in Somalia, e quella sua inefficienza, le era costata la vita di sua figlia. Per questo, solo per questo, non l’avrebbe mai perdonato.
 
Tony la osservava immersa nei suoi pensieri, e lentamente le appoggiò una mano sul polso. Gibbs notò quel tenero gesto, e rimase quasi di sasso, notando la mano di Tony. Aveva un segno sull’anulare, il segno di un anello che ci era rimasto troppo a lungo, e che finalmente aveva trovato il coraggio di togliersi.
Regola 12… Continuava a pensare… Nessuno aveva mai capito a fondo quella regola. Tutti erano convinti che il capo proibisse gli amori che sbocciano, anche i più sinceri, solo perché si lavora insieme. Ma non era così! E lui lo sapeva bene, perché se così fosse, allora anche lui aveva fatto uno strappo alla regola… Tanti… Tanti anni prima.
Ma ad ogni modo, non era quello il significato della regola 12. Gibbs non proibiva gli amori veri, proibiva di frequentare qualcuno di cui ci si innamora solo per il tempo trascorso assieme. Proibiva gli amori nati dalla disperazione della solitudine… Ma non si sarebbe mai permesso di intralciare il corso del destino della vita dei suoi ragazzi. E lui sapeva bene che per quel che riguardava i due ragazzi che ora si facevano forza a vicenda, i loro destini erano l’uno nell’altro.
 
Capì in quel momento che probabilmente avrebbero preferito un momento di privacy, per potersi confidare, da genitori che hanno perso il loro tesoro.
Senza dire nulla, mentre i due continuavano a scrutarsi silenziosamente negli occhi, si alzò ed uscì da quella gelida casa, in cui tutto l’amore che aleggiava solo il giorno prima era completamente svanito. Nel nulla.









NOTA DELL'AUTRICE
Ciao a tutti... Allora volevo chiedere scusa se non ho potuto aggiornare ieri, e probabilmente vi avrò fatto sudare sette camice per la povera Ariel... Volevo anche scusarmi per non aver risposto alle vostre dolcissime recensioni, ma credetemi non ho avuto proprio il tempo. in più domani è il mio compleanno (Yeee XD) e sinceramente non so nemmeno chi dei miei compagni se lo ricorderà... Ma sorvoliamo XD 
Ad ogni modo, diciamo che l'inizio di questo capitlo mette molta ansia... Lo so... È inquietante... Ma andiamo avanti. Questo era più un capitolo intermediario, nato fondamentalmente per far emergere le emozioni di tutti nei confronti della morte della bambina... Ma il prossimo sarà più incisivo... E potrei anche lasciarvi a bocca aperta... (E giusto per non far crescere false speranze... Non sperate in una resurrezione)
Baci. Gaia.
   
 
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