Febbraio.
Era la sera del 14
febbraio e a Storybrooke regnava un clima festivo.
Questo era dovuto principalmente a due fattori:
il primo, che aveva a che fare con una certa festa di carnevale organizzata in
casa di Regina Mills da Charming
e Snow anche in onore di San Valentino, e il secondo
consisteva nel fatto che per quell’anno, e
lì si tocchi ferro immediatamente onde evitare il malaugurio, non era
ancora stata lanciata alcun tipo di maledizione in quella cittadina un tantino sfigata
sfortunata.
Erano le 20:30 esatte quando Emma ed Hook decisero finalmente di uscire di casa
per dirigersi in casa di quella che era diventata quasi una loro amica insieme al resto della maggior
parte dei cittadini di Storybrooke.
I due avevano già una buona mezz’ora di ritardo sull’orario di marcia, ma nulla
aveva distratto il pirata e la bionda a bisticciare su quale costume avrebbe
dovuto indossare quest’ultima.
Infatti, nonostante ella si trovasse piuttosto bene negli abiti da piratessa che le aveva diligentemente portato Killian quella stessa mattina, non voleva far intristire
Mary Margaret e David per non aver indossato i suoi abiti da principessa, non
soprattutto dopo che erano stati così gentili da accompagnarla nell’Underworld.
Insomma, un po’ di riconoscimento se lo meritavano quei due, soprattutto
partendo dalle piccole cose come quella s’intendeva.
«Suvvia tesoro, i tuoi potranno vederti in abiti da principessa tutte le volte
che vorranno, considerato che adesso sei potente abbastanza da aprire portali a
tuo piacimento verso la Foresta Incantata ed andare a zonzo per quel castello
che avete insieme alla tua allegra famigliuola.»,
cercò di convincerla lui. «Io quante opportunità ho di vederti nei panni di una
sexy..», continuò, cambiando però quasi immediatamene
l’ultima parola con un’altra, notando l’occhiataccia di lei. «..stupenda piratessa?»
E fu così che Emma uscì di casa con un cappello tre volte la sua testa, una
maglia bianca larga calata sulle spalle con sopra un panciotto di cuoio nero,
una gonna che andava dall’essere corta davanti a moderatamente lunga dietro del
medesimo colore del panciotto e degli stivali
con un gambale piuttosto largo del medesimo colore del cappello, ossia
marrone scuro. Il tutto coronato da una spada che Hook le aveva gentilmente
offerto ed un trucco piuttosto scuro ed eleborato
sugli occhi, sotto consiglio dell’amica Ruby, alla quale aveva chiesto
consiglio non appena fu totalmente convinta di quel costume.
«Stai un incanto.», le disse infatti il pirata gongolandosi un po’ con un
sorrisetto felice dovuto al fatto di aver convinto la sua donna ad essere una piratessa
come lui per una sera (nonostante il suo comportamento non esprimesse mai il
suo effettivo ruolo di principessa, ma al contrario, quella di una vera e
propria farabutta, come lo era stata in passato.)
«Che sia chiaro, Jones,», lo avvertì,
«questa è l’ultima volta che mi convinci.»
«Aye.», rispose continuando a sorridere lui,
scoccandole un veloce bacio sulle labbra a sorpresa.
Il tragitto in macchina fu piuttosto silenzioso, ma non per questo teso o
quant’altro. I due preferivano infatti la quiete piuttosto che parlare a
vanvera quando non se ne aveva veramente voglia.
Una volta arrivati Emma posteggiò vicino alla casa del sindaco e si incamminò
insieme al suo accompagnatore verso l’entrata.
«Ricordati del piano.», gli disse. «Alle 22.30 massimo fuga per il Super Bowl.»
«Va bene Swan, non hai fatto altro che ricordarmelo
per l’intera settimana.», le ricordò lui. «Cercando oserei dire quasi inutilmente di distogliere la mia
attenzione sulla strana festa di stasera. Com’è che si chiamava? San Cupido?»
«Cupido ha ben poco di santo considerato il modo in cui mi si è approcciato
nella vita, Hook. E’ San Valentino. E sai come la penso,», aggiunse dopo
una breve pausa dovuta al fatto che aveva citofonato, «trovo inutile dover
festeggiare l’amore solo per questo giorno, quando invece dovrebbe essere voluto e realmente espresso nel quotidiano.»
«E così vuoi ulteriori effusioni quotidiane, eh?», disse con tono allusivo Killian. «Sai, potremmo direttamente tornarcene a casa a
fare le nostre cose, sai..», cercò di convincerla attirandola improvvisamente a
sé, quando Regina aprì la porta.
«Vi fate già gli occhi dolci e non siete ancora entrati.», decretò
quest’ultima. «Una specie di record, praticamente.»
«Regina.», la salutò cordiale e con un inchino sarcastico lui.
«Captain eyeliner.», rispose lei. «Entrate, su, che i
tuoi stanno già dando spettacolo. Sai, non voler essere costretta a
rinchiuderli in cantina dopo appena mezz’ora dall’inizio della festa.»,
continuò rivolgendosi poi ad Emma.
Dentro regnava il caos. Henry
inseguiva la piccola Grace facendola ridere, Robin cercava di star dietro a
Roland, Ruby aveva accalappiato qualcuno, molti ballavano e Snow e Charming..
«Oh, non ci posso credere.», esclamò Emma sconvolta. «Non lo stanno facendo davvero.»
«Beh, a meno che non abbiamo le visioni in due, stanno veramente cantando a
quel coso.. com’è che lo chiamate voi?», chiese Hook voltandosi verso di lei.
«Karaoke, Killian. Karaoke.», disse lei. «Stanno
veramente cantando Bad Romance al karaoke mascherati da Lady Gaga e Charlie Chaplin. Mi rifiuto di crederci.»
Dopo quella singola visione, Emma decise di prender la palla al balzo e di
sparire.
Letteralmente.
Prese per mano il pirata che le stava affianco, per poi chiedergli: «Super Bowl, cioccolata calda e divano?»
«Non aspettavo altro, milady.», disse lui.
E con un gesto di mano di Emma i due sparirono in una lieve nube bianca, dovuta
all’utilizzo di magia di lei.
Sarebbero passati a prendere la macchina la mattina seguente, ma di sicuro non
sarebbero rimasti un minuto in più in quella marmaglia.
Non che a Hook (e piuttosto segretamente ad Emma) dispiacesse, passare una
serata da soli senza eventuali intrusioni, ma non fece a meno di farle notare
che il tempo che aveva passato a rendersi così splendida –non che non lo fosse già di per sé, ovviamente– era andato brutalmente sprecato in mezzo
secondo.
«Oh, sta zitto.», ribatté però lei una volta arrivati nel salotto di casa loro
attirandolo bruscamente a sé e baciandolo, proprio come aveva fatto per la
prima volta nell’ Isola Che Non C’è.
«Non ho nulla da ribattere per stavolta, tesoro.»,
sussurrò lui con voce roca. «Tranquilla.»