Ginny odiava piangere.
Lo odiava con ogni briciola del suo corpo e della sua anima.
Forse perchè, sempre attorniata dai suoi fratelli, aveva imparato che il pianto è sinonimo di un animo debole, l'animo di una femminuccia.
E lei non lo era di certo.
Odiava piangere perchè era sicura che niente valesse la pena di versare lacrime, se non la morte o la precaria salute di una persona cara.
Ma per un uomo? Non lo avrebbe mai fatto.
Perchè l'orgoglio leonino che le scuoteva le membra non aveva alcuna intenzione di ammettere che qualcosa potesse sconvolgerla a tal punto.
Eppure...
Eppure eccole scorrere.
Una era scivolata solitaria, ma un'altra traditrice l'aveva seguita solerte.
Poi una terza lacrima abbracciata alla quarta.
E Ginny perse il conto, tirando rabbiosa un pugno al muro.
Maledetto Harry, maledetto lui e se stessa, che non riusciva a scacciarselo dalla testa.
Quando era fra le braccia di un altro era sempre presa dall'illusione di esserci riuscita, di averlo finalmente cancellato dalla sua mente e dal suo cuore.
Ma ogni volta che i suoi occhi lo incrociavano, si aggrappavano al suo viso, le sue certezze tornavano polvere, che il vento si occupava di trascinare via.
E con uno sguardo sconsolato Ginny pregò che si portasse via anche le sue lacrime.