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Autore: agatha    02/02/2016    6 recensioni
L’idea di base di questa storia è una trilogia, che approfondisce il personaggio di Loki sotto diversi aspetti. Il primo è la figura di Loki in qualità di “figlio”, dove ho cercato di dare spazio al suo rapporto con Frigga. La storia inizia dopo gli eventi di “Thor 2: The Dark World” anche se ci saranno dei piccoli cambiamenti rispetto ai film Marvel. A causa di una promessa, Loki si ritrova su Midgard contro il suo volere, vittima dello stessa situazione in cui aveva incastrato suo fratello Thor tempo prima. Ho cercato di mantenere, come nei film Marvel, un po’ di drammaticità ma anche di momenti ironici.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina arrivò fin troppo presto. Almeno questo è quello che aveva pensato Loki quando si era svegliato, alle prime luci dell’alba. Senza muoversi notò che la mortale era ancora nella stessa posizione, stretta a lui e respirava per fortuna. Con delicatezza cercò di staccarla da sé perché l’ultima cosa che voleva era che scoprisse che avevano passato la notte così, come se questo gesto equivalesse a farlo apparire debole. Piano piano riuscì nel proprio intento e si alzò in piedi, stiracchiando i muscoli indolenziti dalla posizione in cui erano stati costretti sul divano.
Guardò la mortale, che dormiva con espressione rilassata. Sembrava così fragile, così debole ai suoi occhi, però non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. Stava cercando di capire come aveva fatto quella notte a convincerlo a parlare, a raccontare così tanto di sé, come non faceva da anni, da quando si confidava con sua madre.
Frigga.
Di nuovo quel dolore dentro al petto si fece sentire più forte che mai. Aveva così tante domande da rivolgerle, soprattutto voleva sapere perché aveva convinto Odino a mandarlo sulla Terra. Perché sua madre pensava fosse la soluzione migliore? Cos’aveva visto nel suo futuro? La consorte di Odino oltre a saper usare la magia, dote che gli aveva insegnato con amore quand’era piccolo, aveva anche quello della preveggenza. Era una buona custode di tale dono perché non ne abusava mai, cercava di indirizzare le persone per aiutarle solo quando lo riteneva importante. Si rammaricò della correttezza di sua madre, forse avrebbe potuto far qualcosa contro Malekith ed evitare di essere ferita gravemente, come invece era successo e, se lei fosse stata bene, il suo piano non sarebbe andato a monte. Strinse le mani a pugno, con la voglia di spaccare qualcosa ma, senza poteri, l’unico sfogo che aveva era di conficcarsi le unghie nei palmi delle mani e nutrirsi di quel dolore che assorbiva la sua rabbia. Aveva studiato così bene quel piano…
 

Thor, il suo perfetto fratello sempre in grado di risolvere tutto senza aver mai bisogno di qualcuno, così da prendersi tutto il merito, aveva chiesto il suo aiuto. Anzi, senza di lui, non poteva fare nulla. In quel momento aveva provato una profonda soddisfazione come se, finalmente, gli venisse riconosciuto il merito che aspettava da una vita. Ma era stata solo una sensazione durata lo spazio di qualche secondo perché la rabbia per quanto successo a sua madre aveva spazzato via persino il suo momento di trionfo. L’idea gli era nata dopo aver attraversato il passaggio segreto che da Asgard portava su Svartalfaheimr mentre discutevano sul modo in cui convincere Malekith ad estrarre l’Aether dal corpo di Jane. Sapeva che, se tutto fosse andato come previsto, lui avrebbe dovuto tornare ad Asgard e passare il resto della vita in prigione, Odino non avrebbe tenuto conto della sconfitta degli Elfi Oscuri, si sarebbe adirato perché i suoi ordini non erano stati rispettati ed evitando così di essere in debito con qualcuno o di dover addirittura dire un “grazie”. Questa era la sua unica chance di evitare quel destino misero e crudele.
 
Era andato tutto bene. Erano riusciti a sconfiggere Malekith impedendogli di andare via ed attuare il suo crudele piano. Si erano battuti insieme, fianco a fianco come non era mai successo in passato, questa volta erano davvero sullo stesso piano e si spalleggiavano. Infine lui aveva manipolato la realtà creando quel finto Elfo Oscuro che, a tradimento, l’aveva trafitto a morte. Thor aveva pianto mentre lo teneva tra le braccia, cercando di consolarlo e poi aveva urlato quando era rimasto inerme e freddo tra le sue braccia. Non pensava che suo fratello sarebbe stato così male e aveva solleticato il suo amor proprio vedere la disperazione in quegli occhi azzurri e sentire le lacrime che gli erano cadute addosso, sul viso. Dopodiché aveva fatto credere che il suo corpo si fosse cristallizzato e poi sbriciolato in mille frammenti, così che non avessero un cadavere da dover riportare ad Asgard per dargli una degna sepoltura. Quando l’avevano lasciato solo si era rimesso in piedi, con le sembianze modificate così da sembrare una semplice guardia.
 
Il suo piano era semplice ma estremamente efficace perché nessuno l’avrebbe mai più cercato, ritenendolo morto, doveva solo trovare un posto dove vivere, lontano da Asgard. Con le sue capacità sarebbe stato facile diventare presto popolare e importante, un punto di riferimento per gli abitanti nei dintorni. Avrebbe dovuto sacrificare il suo aspetto ma era un prezzo irrilevante per la libertà assoluta. Però non poteva cominciare una nuova vita senza sincerarsi delle condizioni di Frigga, o semplicemente aveva bisogno di vederla un ultima volta prima di dirle addio, forse rivelarle persino che era vivo perché non soffrisse in eterno per la sua morte. Non sapeva bene quali sentimenti l’avessero spinto ad entrare nel palazzo di nascosto né cosa avrebbe detto a sua madre. E non l’avrebbe mai saputo dato che era stato scoperto da una guaritrice che, insospettita dal fatto che si era seduto al capezzale della regina, aveva dato l’allarme, facendolo arrestare. Quella era stata la sua unica debolezza che aveva rovinato un piano praticamente perfetto.
 
Odino non si era lasciato ingannare, intuendo subito chi aveva davanti. Il Padre degli Dei l’aveva guardato a lungo, impassibile e Loki poteva leggergli in visto la delusione, la stessa con cui l’aveva giudicato in passato, quand’era bambino. Certe cose purtroppo non cambiavano mai anche se, a differenza del passato, quando lui timidamente chinava il viso sentendosi in colpa per non essere all’altezza della aspettative di suo padre, adesso teneva il mento rialzato in chiaro segno di sfida. Dopo quel momento di scontro silenzio Odino aveva ordinato subito alle guardie di rinchiuderlo in prigione e lui non aveva reagito. In quel momento erano in troppi e cercare di lottare lo avrebbe portato solo ad un’ulteriore umiliazione. Era stato condotto nei sotterranei e chiuso in una di quelle che venivano chiamate “prigioni reali” per chi commetteva reato ma non era un comune nemico.
Fece una camminata intorno alla stanza, osservando il letto, il tavolino e poi fermandosi davanti alla griglia dorata, all’apparenza semplice ma in realtà dotata quasi della stessa potenza di un fulmine, capace di stordire o anche uccidere chiunque tentasse di attraversarla.
 
Era passata solo una mezz’ora quando aveva sentito sbattere una porta e il rumore veloce di alcuni passi era risuonato nel lungo corridoio. Thor, appena rientrato dopo aver riportato Jane sulla Terra sana e salva, aveva appreso la notizia dell’arresto di suo fratello, che lui credeva morto e perso per sempre. Non riusciva a credere a quanto gli era stato detto ed era corso subito giù, nelle prigioni, perché aveva bisogno di vedere con i propri occhi che Loki era vivo. Nel cuore e nella mente aveva ancora il ricordo doloroso di suo fratello che moriva tra le sue braccia, di quegli occhi verdi che si erano spenti fino ad essere vacui e fissi. Si fermò davanti alla cella e lui era lì. Gli voltava le spalle, fissando il muro e aveva le mani intrecciate dietro la schiena.
“Mi chiedevo quando saresti venuto” commentò Loki, senza muoversi.
“Credevo di dover piangere la morte di mio fratello e invece era tutto un inganno, ancora una volta” fu la risposta in tono amaro di Thor.
“Ora puoi essere sollevato quindi”
Thor aveva stretto i pugni, avvicinandosi alla griglia della prigione, reprimendo l’istinto di romperla ed entrare a scuotere suo fratello.
“Perché?” chiese con rabbia.
Il dio degli inganni non gli rispose.
 
“Perché l’hai fatto? Ho pianto la tua morte! Ho diritto di sapere perché mi hai ingannato così!”
Ancora silenzio.
“Voltati Loki, guardami in faccia e rispondi alla mia domanda! Non ti è bastato tutto quello che hai combinato, non avevi già soddisfatto la tua fame di potere? La tua vena di follia non si è ancora esaurita?”
Nessuna reazione.
“Cosa volevi ancora?”
Quell’ennesima domanda spezzò l’imperturbabilità di Loki, che si voltò di scattò, avvicinandosi con due passi veloci, fino a sfiorare la griglia dorata, fissando con odio suo fratello.
“Cosa volevo? Ti prego, dimmi che non mi stai davvero facendo quella domanda”
“Invece sì, Loki. E’ impossibile capirti…”
Il dio dell’inganno strinse le labbra, formando una linea sottile sul suo viso.
“Tu non ci hai mai provato fratello, non hai mai cercato di capirmi o metterti nei miei panni. Ti è mai passato per il cervello di domandarti quale sarebbe stato il mio futuro una volta ucciso Malekith? Mi avrebbero imprigionato di nuovo e lasciato qui a marcire per il resto dei miei giorni, senza mai vedere la luce, privandomi di tutto. Avrei dovuto accettare questo senza reagire? Tu cos’avresti fatto?”
Thor rimase in silenzio, mentre rifletteva sul discorso di Loki. Doveva dargli ragione su una cosa, non aveva pensato al fatto che sarebbe tornato in prigione. Sconfiggere Malekith, lottare fianco a fianco con lui gli aveva ricordato i bei tempi da ragazzi, quando erano ancora degli incoscienti spensierati. Si era illuso che le cose si sarebbero sistemate ma aveva commesso un errore.
Nel vedere suo fratello ammutolito, Loki si sentì d’un tratto esausto. Si spostò, andando a sedersi sulla poltrona dentro alla prigione.
“Adesso che ti sei sfogato puoi anche andartene, raccogliere la gloria per aver salvato Asgard e tutti i Nove Mondi, compresa la tua mortale”
“Loki…” mormorò Thor, con espressione triste.
“No, non dire nulla. Vattene e basta. Almeno questo me lo devi” lo minacciò il dio degli inganni, sollevando una mano aperta per dare enfasi a quelle parole.
 
Thor strinse le mani a pugno ma non disse nulla. Inspirò profondamente e si voltò per andarsene, eseguendo la richiesta di suo fratello. Era arrivato al primo scalino quando, assecondando la propria impulsività, si voltò e tornò indietro, davanti alla prigione.
“Nonostante tutto, sono felice che tu sia vivo fratello. La vita sarebbe stata troppo noiosa senza di te” confessò.
Loki rialzò lo sguardo da terra e lo fissò guardingo, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro ma l’espressione di Thor era seria e sincera. Non si aspettava di sentire quelle parole e non sapeva come rispondere. Confessare di essere rimasto spiazzato era fuori discussione, per cui si limitò ad accennare un sorriso, sollevando un angolo della bocca. Thor gli rispose nello stesso modo e in quel momento entrambi ritrovarono parte della sintonia che avevano avuto da bambini, prima ancora dei litigi e delle sfide, quando semplicemente erano “fratelli”.
 
Quel momento, durato una manciata di secondi, aveva cancellato per un attimo tutto il veleno e il male che c’era stato in quegli anni ma, poco dopo, una guardia era scena rompendo l’incanto, facendogli ripiombare alla dura realtà.
“Sua maestà ha richiesto la presenza del prigioniero, il principe Loki” spiegò al dio del tuono mentre altri soldati si riunivano per scortare Loki.
“Dove lo portate?”
“Abbiamo l’ordine di condurlo da Heimdall” spiegò quest’ultimo, mentre gli altri si occupavano di incatenare Loki perché fosse inoffensivo.
Thor aggottò la fronte, stupito dagli ordini di suo padre. Non riusciva a trovare una spiegazione a quella convocazione e temeva non fosse niente di buono per suo fratello.
“Vengo anch’io” si limitò a dire, ben sapendo che nessuna delle guardie si sarebbe mai azzardata a contestare la sua dichiarazione.
 
Arrivati al Bifros  trovarono ad attenderli Heimdall, perfettamente immobile e Odino che camminava inquieto avanti e indietro, impugnando lo scettro mistico* con la mano destra. Si bloccò quando li vide avvicinarsi. Rialzò il mento fissando, con espressione neutrale, i suoi figli, prima Thor e poi Loki. Ripensò a sua moglie e a come tutto era stato più facile in passato, quando erano alle prese con due bambini ingenui e innocenti e, per un attimo, il suo cuore cedette desiderando di poter tornare indietro nel tempo. Ma non era pensieri in cui poteva indulgere un sovrano e, serrando le labbra, spazzò via quelle emozioni, concentrandosi sullo scopo per cui erano lì.
“Tua madre” esordì Odino e Loki, ebbe l’impulso di contraddirlo ma, ricordandosi che era in coma, non disse nulla per non mancarle di rispetto “aveva il dono della preveggenza. Poco dopo il tuo attacco su Midgard, quando sei stato imprigionato, Frigga mi ha fatto promettere che, se fossi scappato di nuovo e poi fossi stato catturato, avrei dovuto esaudire una sua richiesta”
Il Padre degli Dei fece una pausa, lasciando che quella rivelazione facesse effetto. Sia Loki che Thor lo guardavano concentrati senza muovere nemmeno un muscolo.
“Dunque cosa mi aspetta?” domandò alla fine Loki, cercando di mascherare qualsiasi emozione o curiosità.
“Non mi ha rivelato cos’avesse visto nel tuo futuro ma voleva che fossi mandato in esilio, su Midgard. Io sono contrario a questa decisione, la tua follia non conoscerà mai pace e tutti i Nove Mondi sarebbero più tranquilli se restassi imprigionato per sempre, ma lei mi ha fatto promettere, mi ha fatto giurare che avrei esaudito il suo desiderio e ora non posso sottrarmi”
“Padre, non vorrete davvero…” disse Thor, facendosi avanti e guardando alternativamente Odino e Loki.
Quest’ultimo stava ancora assimilando quell’ultima dichiarazione, quella condanna che non si aspettava di dover scontare.
 
Odino ignorò il dio del tuono e ordinò alle guardie di togliere le catene dal prigioniero e portarlo vicino al Bifrost. Quest’ultimo non aveva ancora detto nulla, incredulo che stesse succedendo davvero.
“Andrai su Midgard e sarai privato di ogni potere”
“Non potete farmi questo!” sbottò il dio degli inganni, tornando finalmente in sé.
Il padre degli dei aveva un potere superiore a qualunque essere vivente in tutti i Nove Mondi e lo utilizzava con saggezza solo quando era necessario. Rialzò lo scettro, puntandolo al petto di Loki, all’altezza del cuore e mormorò delle parole in una lingua antica. Per una frazione di secondo brillò un simbolo luminoso sulla pelle del dio dell’inganno, visibile anche attraverso la stoffa della tunica. Odino lo aveva marchiato con una runa che serviva ad inibire qualsiasi potere magico.
“Prego di non dovermi pentire per aver dato retta a mia moglie” mormorò mentre, con un cenno della mano, invitava Heimdall ad aprire il Bifrost.
La runa bruciava sulla sua pelle ma il pensiero dell’esilio e di essere senza poteri sembravano un’umiliazione e un dolore ancora più grande per Loki, che ebbe solo il tempo di guardare un’ultima volta suo fratello prima che la luce bianca lo avvolgesse, portandolo via.
 
 
*  crediti a Virtual Arena Wikia per la descrizione dello scettro di Odino e del suo potere a cui mi sono ispirata, ovvero questa parte nello specifico: “Lo Scettro mistico è un artefatto magico che permette a Odino di incanalare la sua magia per una varietà ancora più ampia di effetti”.
  
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