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Autore: ChiaraSerafin22    04/02/2016    1 recensioni
Elvin è uno straniero, un immigrato in un'Italia ostile. La sua vita è scandita tra la casa, la scuola, il lavoro che non si trova. E in tutto questo, la sua amica Alice rappresenta l'unico raggio di sole.
E' un racconto fatto di silenzi, di amicizia, di occasioni, di solitudine, di sorrisi rubati.
> 2° posto Premio Nazionale Leoncini 2010
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Deve esserci qualcosa che si può fare, Elvin!” Alice lo scuoteva con impazienza.
Già, doveva esserci, ma lui non sapeva dove sbattere la testa.
Erano le cinque del pomeriggio, e l’aria era umida e fredda.
Kodran era tornato a casa, era in libertà vigilata e aspettava ansioso e collerico la denuncia da parte dell’aggredito. Il proprietario della grossa macchina lesa era andato al pronto soccorso e non si era ancora fatto sentire. Elvin aveva il suo nome e l’indirizzo appuntati sul cellulare, glieli aveva segnalati l’avvocato. Ricordava ancora quanto fosse irritante il suo sorriso.
“Mi stai ascoltando?”
Si voltò verso di lei. Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Sembrava essere più sconvolta di lui. “No, Alice, scusami” ammise.
La ragazza allontanò le mani dalle sue spalle e abbassò lo sguardo, addolorata: “Elvin, guarda che le vedo.”
Si scosse. “Cosa?”
“Le tue lacrime. Anche se sono invisibili, riesco a vederle, credimi.”
Elvin era appoggiato al muro della scuola, le mani in tasca e il cappuccio sulla testa, che a stento conteneva i capelli neri e ispidi. Un ragazzo che si sentiva troppo solo, nonostante lei gli fosse accanto.
Alice seguì la direzione dei suoi occhi, che vagavano verso il cielo, poi sospirò: “Non azzardarti a sentirti in colpa per ciò che è successo. So come sei fatto, tu.”
Anche stavolta, non la stava a sentire. Gli prese il mento fra le mani e lo costrinse a guardarla: “Senti, dove abita questo tizio?”
“Chi, Giovanni Da Re? Quello della macchina?”
“E chi sennò?” sbuffò, esasperata, “Ce l’hai, l’indirizzo?”
“Sì, ma…”
“Allora adesso andiamo a fargli una visita e lo preghiamo di non denunciare Kodran.”
Elvin sgranò gli occhi: “Alice, cosa ti salta in mente? Quello se mi vede è capace di chiamare la polizia!”
“No invece. Perché tu sarai molto convincente” risolse lei.
Emise un risolino amareggiato: “Tu sei matta.”
Lei era serissima. “Elvin” disse “Cosa capiterà alla tua famiglia se tuo fratello non solo andrà in carcere, ma sarà costretto a pagare ulteriori multe?”
Gli mancò il fiato. “Questo è un colpo basso, Ali.”
“Io mi limito a dire le cose come stanno. Vuoi provarci o no?” gli domandò, con una sicurezza esasperante. Abbandonando finalmente quell’aria grave, il suo viso cominciò a sciogliersi in dolcezza: “Forza. Non sarai da solo.”
Il ragazzo non osò sperarci troppo, ma lasciò che lo prendesse per mano e lo conducesse via da quel muretto, lontano dal dolore.
E sia, proviamo anche questa.
“Andiamo, tira fuori l’indirizzo. Prenderemo un autobus” lo rincuorò, sorridendo. “E poi, il cavaliere solitario che affronta da solo i problemi è passato di moda, credimi.”
   
 
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