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Autore: HypnosBT    04/02/2016    2 recensioni
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Cronaca di un risveglio: “i mostri non c’erano più e doveva farsene una ragione“.
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Un breve confronto tra Leliana ed Alistair, appena dopo gli eventi di Origins.
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Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alistair Therin, Leliana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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IN MEMORIAM
 
 


 
            Fu un mattino di primavera. I rampicanti congelati incorniciavano la finestra e le braci del camino erano spente. Leliana scostò le coperte pesanti e si vestì in fretta, senza un motivo preciso: il Flagello era finito, non c’era più bisogno di levarsi all’alba. Si rinfrescò il volto sul catino e, pensandoci, slacciò il pugnale dalla cintola e lo depose sul letto. Era insensato armarsi fino ai denti, soprattutto se la prospettiva era un’altra vuota giornata a Palazzo. Avrebbe dovuto farlo notare anche a Oghren, non era educato inchinarsi al Re e rivelare alla corte un’ascia bipenne appuntata sulla schiena. O almeno, non lo sarebbe stato ad Orlais.
   Scostò le tende rivelando una Denerim profondamente ferita. Gli edifici erano anneriti, alcuni riversi su se stessi, e il sangue seguitava a macchiare i ciottoli della piazza. Forse le piogge estive… O forse, si disse, neanche la fine del mondo avrebbe potuto lavare via l’orrore.
   Uscì dalla propria stanza in un sussurro e si avviò verso la biblioteca, rimpiangendo l’invulnerabilità che le avrebbe donato il pugnale; i mostri non c’erano più e doveva farsene una ragione. Il sole era quasi sorto e la luce filtrava nel corridoio vestendo d’oro la pietra grigia. Era un’ingiustizia che il mondo sembrasse più bello di prima, un’ingiustizia avere il tempo di perdersi in un raggio di sole sapendo che Hera non l’avrebbe fatto mai più.
   Una piccola ombra dalle orecchie a punta uscì da una delle stanze. Hera? No, un ragazzino della servitù. La stretta che sentì allo stomaco fu brutale, in bocca l’ennesima delusione. Poteva abituarsi a tutto ma non alla sua morte.
            «Mi s-scusi, mia s-signora… », balbettò sottovoce, «mi è stato chiesto di s-svegliare il Re, ma s-se poteste farlo voi al posto mio… ».
            «Qual è il problema?».
            «Ecco ho pensato che siete sua a-amica, e forse potreste… Oh, vi p-prego, toglietemi questo affanno!».
            Leliana annuì senza ulteriori domande e l’elfo la ringraziò infinitamente, felice di non dover descrivere la situazione. Si dileguò in un istante, e quando Leliana raggiunse la soglia delle Camere Reali capì il suo imbarazzo.
   La stanza di Alistair era enorme e sfarzosa, cosparsa di comodità talmente stravaganti da sconfinare nell’inutile. Tra gli araldi e i soffici tappeti spiccava nettamente il letto a baldacchino, talmente grande da sfidare le proporzioni già innaturali della camera. Il camino sulla destra sembrava volersi mangiare la parete su cui era incastonato, e ai suoi piedi russava un uomo, disteso sul pavimento. Dalla sua posizione Leliana vedeva i piedi nudi di Alistair sporgere da una vecchia coperta logora, i tappeti ripiegati tutt’intorno a lui per lasciare spazio alla nuda pietra. Sospirò, chiedendosi se mai la loro vita sarebbe tornata normale.
            «Maestà», provò a chiamarlo da lontano. Nessuna reazione, fu costretta ad avvicinarsi. Si sentiva una sciocca a trattarlo come una bestia ferita, ma la paura di specchiarsi nel suo primo sguardo era troppo forte.
            «Maestà», chiamò a pochi passi da lui. Nulla.
Aveva sbaragliato orde di prole oscura, attraversato a piedi l’intero Ferelden, piantato centinaia di frecce nel ventre di un maledetto arcidemone e ora aveva paura?
            «Alistair!».
   E finalmente Alistair si svegliò. Aprì gli occhi e li puntò nella sua direzione. Leliana assistette alla trasformazione: lo sguardo limpido e fiducioso tradiva la voglia di affrontare avventure, le labbra piegate in un sorriso dolce sembravano sul punto di pronunciare il suo nome. L’arrivo della consapevolezza dettò un nome diverso e, in pochi secondi, sul volto del Re morì ogni speranza.
            «Leliana», disse con un filo di voce, sbattendo le palpebre. Seguì un momento di lungo silenzio. «Non riuscivo a dormire», si giustificò guardando il letto.
            «Lo so». E lo sapeva davvero. Morrigan, Zevran, Oghren, Wynne, forse persino Sten, tutti lo sapevano. «Arle Eamon ti manda a chiamare».
            Alistair scostò la coperta e fece un respiro profondo, portandosi la testa fra le mani. Leliana si voltò in direzione della porta, il cuore annodato. Quando l’ebbe quasi raggiunta la voce alle sue spalle parlò ancora: «Non volevo tutto questo».
            «Lo so» rispose di nuovo, questa volta con più sforzo. «Era un bel sogno?» chiese con un groppo alla gola.
            «No», disse Alistair, «ma almeno lei era con me».
 
Leliana fece i bagagli la sera stessa. 






 



N.d.A

Torno a scrivere dopo un anno, e per la prima volta pubblico in questa sezione. Sono così entusiasta! 
Giocare ad Inquisition ha attivato connessioni cerebrali che non avrei mai pensato potessero avvenire: in cantiere adesso c'è una raccolta. 
Queste 699 parole sono un esperimento, rendere realisticamente dei personaggi così complessi e farli dialogare senza sfumare nell'OOC è possibile?
Un grazie speciale a tutti, davvero davvero.


B.


 
  
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