Mettere la camicia era già stata un’impresa, ma la cravatta, fu un caso disperato.
Ero nella mia stanza. Chiuso lì dentro da ore ormai, per riuscire a vestirmi completamente.
Mi tremavano le mani! A me! Un vampiro da ormai un secolo e mi tremano le mani!
Davanti allo specchio osservavo la mia figura perfetta, le mani al collo per cercare di annodare quella stupida cravatta.
Qualcuno bussò alla porta. «Avanti!» gracchiai con voce musicale come sempre.
Carlisle entrò con un sorriso divertito sulle labbra.
«Come stai?» mi domandò mentre il suo sguardo guizzava sulla mia gola.
«Bene.» mentii senza troppa convinzione. Lui rise.
«E’ normale essere nervosi, è un giorno speciale.» cercò di consolarmi con poco successo.
Sospirai. Lui si avvicinò e dolcemente tolse le mie mani dal collo e fece lui il nodo. Lo guardai negli occhi, rimanendo in silenzio.
«Figliolo…» cominciò lui quasi sussurrando «Ricordi la prima volta che ho sposato Esme? Ero un bambino alla vigilia di Natale. Ma poi nel momento in cui l’ho vista avvicinarsi, ogni agitazione, ogni dubbio o paura sono svaniti lasciando spazio soltanto all’amore che provo per lei.»
Abbassò lo sguardo e rise sommessamente. Ricordavo bene quel giorno, anche se era successo molte decine di anni prima. Le nostre parti erano invertite, io stavo annodando la sua cravatta perché le sue mani tremavano troppo, come le mie in quel momento. Mi spacciavo ancora per suo fratello, a quell’epoca, ma per me era già un padre.
«Emmett non riuscì neanche ad abbottonare la camicia e fece saltare tre bottoni, al suo primo matrimonio. E non c’era ancora Alice ad aggiustare tutto…» sorrise, rialzando lo sguardo acceso d’oro su di me.
«Non credevo di potermi mai sentire così per nessuna ragione al mondo! Lei è la cosa più importante della mia vita, papà.» anche la mia voce tremava dall’emozione mentre pronunciavo quelle parole.
Qualcuno bussò di nuovo alla porta, uno spiraglio si aprì senza aspettare una risposta. Il viso di Emmett fece capolino nella stanza, con un sorriso bonario.
«E’ ora Edward.» annunciò ed io sussultai a quelle parole.
Carlisle mi aiutò a infilare la giacca, senza che me ne accorgessi e poi appoggiandomi una mano sulla spalla mi accompagnò di sotto.
Tutti gli invitati erano già seduti. I miei fratelli erano in prima fila due lati di Esme, entrambi con uno sguardo colmo di gioia. Esme invece aveva lo sguardo basso e le sussultavano le spalle, immaginai che singhiozzasse. Poco dietro di loro, sorridendo, Tanya, Kate, Carmen ed Eleazar mi lanciavano occhiate e scambiavano qualche parola. In tutta la sala regnava un chiacchiericcio basso, ma se avessi voluto, avrei potuto sentire tutti i discorsi, ma ero troppo ansioso.
Rimasi agitato finché non cominciò la musica. Rosalie suonava il piano bene quanto me. Il mio sguardo si alzò di scatto sulla scala. Alice era magnifica nel suo abito d’argento, ma non riuscii a concentrarmi su di lei. Bella, intimorita ed agitata – lo si notava dai passi incerti e dallo sguardo basso – stava scendendo le scale dietro mia sorella. Dire che fosse splendida non sarebbe stato abbastanza, era tutto il mio mondo. L’agitazione, la paura, il dubbio svanirono, esattamente come aveva detto Carlisle, rimpiazzati da tanto amore che non pensavo di poterlo tenere tutto dentro.
L’avrei amata per l’eternità, qualsiasi cosa fosse successe, qualsiasi cosa mi avesse chiesto.