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Autore: DAlessiana    04/02/2016    2 recensioni
“Cosa ti porta a Washington?” chiese, una volta incamminatosi con lei “Il BAU. Vorrei entrare nella squadra e, per miracolo, ho ottenuto un colloquio con l'agente Aaron Hotchner, che è a capo dell'unità. Devo sostenere il colloquio e se andrà bene e le mie preghiere verranno esaudite, lavorerò con la migliore squadra mai vista in campo!”
PRIMO CAPITOLO MODIFICATO!
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aaron Hotchner, Jennifer JJ Jareau, Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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L'abbraccio che li univa sembrava infinito. Spencer l'aveva accolta tra le sue braccia e non l'aveva lasciata neppure in auto, quando Morgan li aveva accompagnati in ospedale. Nessuno proferì parola, l'unico rumore che si udiva erano i loro respiri l'uno sull'altro.
“Dieci anni...” sussurrò Aurora, ancora appoggiata al petto di Reid. Erano in piedi davanti alla camera dove Roberto era stato ricoverato ed Aurora lo guardava come se volesse vegliarlo da tutto, come se si sentisse in colpa di ciò che era successo...William voleva lei e ci sarebbe dovuta essere lei distesa su quel letto non Roberto. Non la persona che veniva prima di chiunque altro, perché un fratello viene prima di tutto.
Spencer, dal canto suo, restò in silenzio e non osò chiedere il perché di quel sussurro. C'erano voluti dieci anni prima di scoprire la verità ed ora non potevano nemmeno abbracciarsi liberi da ogni dubbio. Dovevano aspettare ancora per essere felici ed Aurora stava male, avrebbe voluto piangere ma non voleva mostrarsi fragile.
“Io vado a prendermi un caffè. Tu ne vuoi uno?” le chiese baciandole i capelli, Aurora si staccò dal suo petto e i loro occhi si incrociarono per la prima volta dopo il bacio che aveva scombussolato il cuore di entrambi.
“No, grazie. Voglio solo stargli accanto, parlare con lui...” la carezza di lui sul viso la zittì, l'attrazione era forte e le loro labbra erano come due poli opposti che per legge fisica si attraggono a vicenda, ma Spencer, prima di baciarla ancora, doveva chiarirsi le idee perché l'ultima cosa che voleva era causarle altre sofferenze.
Così distolse lo sguardo e andò via, lasciandola sola e col cuore tremante.
Aurora presa dalla voglia di stringere la mano del fratello, varcò la soglia della stanza e si sedette vicino al letto, incurante del divieto assoluto di vederlo che i medici le avevano dato. Doveva parlare con lui, perché nessuno poteva sostituire Roberto, lui la conosceva e Aurora sapeva che, pur incosciente, poteva sentirla.
“Non so che cosa credere, molti dicono che le persone nello stato in cui ti trovi adesso riescono a sentire, altri dicono di no, ma non mi importa, perché io ho bisogno di te, Roberto. Ho bisogno di parlarti...” iniziò e strinse la sua mano, con l'altra gli accarezzò il viso piegando le labbra in un amaro sorriso.
“Guarda che cosa ti ho fatto, è colpa mia se ti trovi disteso su questo letto. E' colpa mia se Kate e Ellie sono in sala d'attesa e non hanno intenzione di muoversi da lì. Se solo avessi saputo che diventare un agente ti avrebbe portato a questo, magari ti avrei dato ascolto. Perdonami, Roberto, per tutto. Ti chiedo infinitamente scusa, perché la colpa è solo mia se il nostro rapporto si è incrinato, prima che scoprissi della mia decisione di diventare un agente di polizia era tutto perfetto per quanto la nostra vita ce lo permettesse. Solo ora mi rendo conto del male che ti ho fatto e dei pericoli a cui ti ho esposto. Non lasciarmi, ti prego, non abbandonarmi anche tu...” il groppo in gola stava diventando sempre più fastidioso e le parole erano spezzate da alcuni singhiozzi.
“Sai non sarei dovuta entrare a salvare te e Spencer, sono andata contro gli ordini del mio detective e non dovrei neanche essere qui, perché i medici ci hanno proibito di vederti e Kate è molto più ragionevole di me. Lo è sempre stata e anche tu, io sono la testarda della famiglia, come mi ripeteva sempre la mamma. Lei dovrebbe essere qui, ho proprio bisogno di un suo abbraccio in questo momento, perché ho paura. Ci vorrebbe la mamma con quel sorriso, lei era la sola che riusciva a farti credere che sarebbe andato tutto bene. Mi manca ogni giorno e non è vero che il tempo guarisce tutto, perché io mi sento morire ogni volta che penso a lei o a papà. Dovrebbero essere qui, insieme a noi, dovremmo essere tutti seduti intorno al tavolo per il pranzo domenicale a raccontarci com'è andata la settimana. Invece no, non è così, perché loro non ci sono e tu sei qui, in questo letto, a lottare. Lotta, non smettere mai, fallo per Kate che ha bisogno di suo marito, per Ellie che ha bisogno di un padre e per me che ho bisogno di te più di tutte.” smise di parlare, perché le lacrime presero il sopravento e, dopo avergli lasciato un bacio sulla fronte se ne andò, prima che potesse entrare qualcuno. Corse in bagno e lì, accasciata a terra, pianse tutte le sue lacrime.
***
Reid stringeva il caffè tra le mani da quasi cinque minuti, sorseggiandolo solo pochissime volte. La sua mente era rivolta a tutt'altro e la paura di aver sbagliato tutto lo stava impossessando pian piano.
“Finalmente Aurora ti ha mollato!” scherzò Morgan mentre si prendeva un caffè anche lui, dopo quel caso infinito ne aveva veramente bisogno.
“Questo caffè è orrendo! Capisco perché non lo hai bevuto!” esclamò dopo averne bevuto un sorso, lo fissò attentamente negli occhi e allora capì che l'approccio scherzoso non era andato a buon fine.
“Come stai?” chiese, infine, mentre con un braccio lo accompagnava sulla sedia per parlare più tranquillamente.
“Bene, almeno fisicamente, perché per il resto mi scoppia la testa. Perché le relazioni umane sono così complicate?” rispose Spencer, cercando in Morgan una risposta ai suoi interrogativi.
“Ragazzo, è l'amore che è complicato. Di cosa hai paura?” domandò l'amico e il dottore si ritrovò spaesato perché non seppe dare una risposta logica.
“Non lo so. Ho paura di rovinare tutto con Aurora. Lei abita qui a Toronto, mentre io sono sempre in viaggio, come potrà mai funzionare, Morgan?” per l'ennesima volta si ritrovò a rispondere con una domanda e il timore che quell'amore, come lo aveva chiamato Derek, fosse impossibile iniziava a farsi strada prepotentemente.
“Se ciò che provate è veramente forte allora funzionerà, devi solo crederci e lottare.” lo rassicurò l'amico.
“Lei ha lottato per così tanto tempo come posso pretendere che lo faccia anche per me?” chiese Reid e abbassò lo sguardo improvvisamente attratto dal pavimento immacolato.
“Non sei tu che glielo devi chiedere, ma sta a lei decidere se ne vale la pena.” rispose Morgan, dandogli una pacca sulla spalla.
“Spero che per lei ne valga la pena” sussurrò, passandosi una mano sul volto e nei capelli. Con la coda dell'occhio Spencer vide Hotch avvicinarsi e pregò mentalmente che non gli volesse parlare proprio adesso, perché non lo avrebbe retto.
“Siete qui. Come va la testa?” domandò l'uomo a Reid, ottenendo l'attenzione di entrambi i suoi agenti.
“Bene, è solo un graffio.” rispose Spencer cercando il più possibile di non incrociare il suo sguardo, cosa che tentò di fare anche Morgan.
“Come sta Roberto?” domandò di nuovo Hotch, con la stessa voce ferma di prima.
“E' stabile, ma ancora incosciente ed Aurora è a pezzi. L'ho lasciata poco fa davanti alla sua stanza e non credo che si sia mossa di lì” rispose il dottore e si alzò per gettare il contenitore del caffè, ormai vuoto. Hotch li fissò per un'ultima volta con sguardo duro, prima di voltarsi e andare via.
“Dobbiamo per forza tornare a lavoro con lui? No, perché non vorrei essere l'attrazione principale al mio funerale.” esclamò Morgan verso Reid e quest'ultimo si mise a ridere.
“Scusa se ho coinvolto anche te in questo guaio” disse Spencer e Derek scrollò le spalle, continuando a sorseggiare il suo caffè orrendo.
***
Aurora era appena rientrata a casa, quando vide suo fratello in cucina con le braccia conserte e sguardo truce.
“Sì, lo so ho fatto tardi per la cena, ma appena vedrai cosa ho fatto comprare a Kate mi ringrazierai!” esclamò la ragazza mentre si toglieva guanti e sciarpa.
“Mi spieghi che cos'è questa?” domandò Roberto in tono freddo, con la mano indicò una busta intestata a lei sul tavolo. Aurora si avvicinò piano e, una volta presa in mano, ne lesse il contenuto. Rimase pietrificata, era la lettera che le confermava il suo ingresso nell'accademia di polizia, alla quale aveva fatto domanda qualche settimana addietro. Ovviamente il fratello ne era completamente allo scuro, perché Aurora riteneva che fosse stato inutile litigare con lui prima ancora di avere la certezza di essere stata ammessa.
“Te lo avrei detto non appena avessi avuto una risposta di conferma. Non volevo litigare con te” parlò con tono dispiaciuto, ma nonostante questa scelta l'avesse portata contro il fratello ne era convinta. Voleva diventare un agente della polizia di Toronto.
“E non hai pensato a consultarmi? Ero sicuro che volessi fare la giornalista!” replicò Roberto sempre con tono distaccato e freddo.
“Lo sai che non scrivo da quella notte” ribatté Aurora e chiuse gli occhi per bloccare una lacrima che stava per scendere.
“Proprio per quello che è successo quella notte non voglio che rischi la vita ogni giorno!” stavolta non riuscì a contenersi e quella frase la urlò.
“Io non pretendo che tu capisca, Roberto. Quello di cui ho bisogno è solo il tuo appoggio. Non cambierò la mia scelta solo per una tua imposizione, perché tu non hai nessuna autorità su di me, non più. Questo è ciò che voglio essere, voglio evitare agli altri le sofferenze che abbiamo dovuto subire noi.” la sorella non reagì con un tono di voce alto, ma calmo e pacato. L'ultima cosa che voleva era peggiorare la situazione e iniziare una gara a chi urlava più forte.
“Abbiamo già perso tanto, Aurora. Non voglio perdere anche te, non lo sopporterei” disse Roberto e si avvicinò alla sorella, le sfiorò il viso delicatamente con la mano.
“Tu non mi perderai, Roberto. Voglio solo il tuo appoggio e che tu sia orgoglioso di me e della mia scelta. Chiedo tanto?” replicò lei, stringendo la mano con la quale il fratello le aveva accarezzato il volto.
“Non posso, mi dispiace. Non potrò mai essere orgoglioso del fatto che tu voglia mettere in pericolo la tua vita ogni giorno. Non volevo questo, io mi sono ripromesso di proteggerti e tu stai rovinando tutto. Se potessi te lo impedirei e lo sai benissimo, quindi non ti aspettare che ti applauda.” nonostante il tono di voce pacato, aveva parlato con rabbia e delusione, come se Aurora lo avesse pugnalato alle spalle. Rimase a fissarla negli occhi, concedendole la possibilità di replicare, ma la sorella non lo fece perché quelle parole l'avevano ferita nel profondo. Così se ne andò nella sua stanza portandosi con sé il suo dolore, lasciando Aurora sola con il suo.
Entrambi classificarono l'accaduto come la prima crepa nel loro rapporto.


Aurora ricordò quella scena con estremo dolore, lo sguardo ferito del fratello, la crudeltà nelle sue parole. Sono cose che difficilmente avrebbe dimenticato e nessuno dei due era tornato indietro su i suoi passi. Aurora era diventata un agente contando sulle sue sole forze e Roberto non aveva preso parte nemmeno alla cerimonia di diploma per quanto Aurora sapesse. Quello di cui non era a conoscenza era che Roberto non si sarebbe perso per nulla al mondo quel momento e che aveva assistito in disparte con il cuore colmo di gioia nel vedere il sorriso fiero della sorella, ma entrambi erano troppo orgogliosi per fare il primo passo.
***
L'attesa in quel maledetto ospedale la stava facendo soffocare, così Aurora decise di andare a prendere una boccata d'aria. Fu lì che trovò Spencer seduto su una panchina a fissare il vuoto.
“Posso sedermi?” chiese quasi sussurrando, come se non volesse disturbare il filo di pensieri che impossessava la mente del dottore.
“Certo” annuì lui, prese fiato e decise che quello era il momento di chiarire tutto e di far luce su ciò che accadeva nel cuore di entrambi. Si voltò nella direzione della ragazza e si fece coraggio.
“Dobbiamo parlare” disse e la sua voce nascondeva un leggere tremolio, aveva il timore che tutta quella storia non fosse altro che un grosso errore.
“C'è davvero bisogno di farlo?” domandò, di rimando, lei e i loro occhi si incrociarono di nuovo creando una scintilla invisibile che scosse entrambi. I volti si avvicinarono pian piano senza più rispondere ai comandi della mente, ma solo del cuore. L'unico motore di emozione capace di scombussolare la vita a molti. Fu un solo attimo e le loro labbra si unirono per la seconda volta, iniziando una romantica danza.
Si staccarono solo perché avevano la necessità di riprendere fiato, ma restarono a fissarsi come ipnotizzati dallo sguardo dell'altro.
“Che cosa stiamo facendo, dottor Reid?” chiese Aurora confusa come non mai. Che cosa aveva di tanto speciale Spencer? L'unico in grado di farle battere di nuovo il cuore dopo dieci anni.
“Non lo so, agente Bianchi” rispose Spencer senza distogliere lo sguardo. Possibile che uno razionale come lui potesse perdere la testa per Aurora? Che cosa aveva di così importante quella ragazza per farlo sentire come uno stupido ragazzino innamorato?
“Zia!” il grido della piccola Ellie fece sobbalzare i due ed Aurora, prontamente, si alzò in piedi per prenderla in braccio.
“Papà si è svegliato!” esclamò entusiasta la bimba e a quell'affermazione l'agente dimenticò per un attimo tutta la confusione che alloggiava nella sua testa per correre dal fratello.
***
Erano tutti in piedi davanti alla stanza di Roberto in attesa che il medico uscisse. Quando la porta si aprì Kate ed Aurora andarono incontro all'uomo col camice bianco.
“Come sta?” chiese all'unisono e il medico sorrise amaramente pensando che molti suoi pazienti non erano fortunati quanto Roberto che poteva contare sul bene di una vera famiglia. Anteporre gli altri a noi, questo è il significato di famiglia.
“E' tutto sotto controllo. Ha risposto in modo perfetto alle cure e lo stato di incoscienza non ha riportato alcun danno. Posso annunciarvi con sicurezza che, se continua così, tempo qualche giorno e potrebbe anche ritornare a casa.” le parole dell'uomo sollevarono Aurora e Kate dal peso del macigno che giaceva su di loro.
“Se lo avessimo perso non me lo sarei mai perdonato” disse la ragazza verso Kate e quest'ultima, senza pensarci due volte, l'abbracciò tra le lacrime di gioia che le rigavano il volto.
“Chi è tra voi due Aurora?” domandò il medico dopo qualche minuto. Non voleva rovinare l'atmosfera, ma aveva anche altri pazienti di cui occuparsi.
“Sono io. Perché?” chiese l'agente e sciolse l'abbraccio per poter guardare l'uomo negli occhi.
“Il signor Bianchi ha chiesto di lei. Ha detto che è la prima persona a cui vuole parlare” rispose il medico e dopodiché sentì il suo cerca-persone suonare e scusandosi si allontanò.
“Kate se vuoi andare tu...” non terminò la frase perché la donna scosse subito la testa in segno negativo.
“Ha chiesto di te, non di me. Tranquilla io vado da Ellie” replicò Kate e si allontanò per dare l'ottima notizia alla figlia. Aurora la seguì con lo sguardo e poté gioire nel vedere l'abbraccio tra madre e figlia pieno d'amore.
Scacciò via i ricordi prima che questi potessero farla rintristire e, dopo aver preso un grosso respiro, varcò la soglia che la separava dal fratello.
“Ehi..” sussurrò Roberto voltando il capo nella direzione della sorella. Quest'ultima si avvicinò al letto e si sedette sulla sedia accanto ad esso.
“Ben tornato dormiglione!” esclamò buttandola sullo scherzo, mentre pian piano avvicinava la sua mano a quella del fratello.
“Disse quella che la domenica mattina prima delle undici non usciva dal letto!” ribatté prontamente Roberto e la sua mano strinse immediatamente quella della sorella. Scoppiarono entrambi a ridere come due matti, ma quando la risata scemò il silenzio prese il sopravento.
“Vorrei sapere il perché ho voluto vedere per prima te e non Kate. Semplice: voglio sapere tutto quello che è successo, Aurora e voglia che sia tu a raccontarmelo.” quella richiesta spiazzò l'agente e abbassò lo sguardo sulla loro stretta di mani per prendere il coraggio di cui necessitava.
“Sei proprio sicuro? Okay, ma se vuoi che mi fermi basta che me lo dici.” acconsentì, se era quello che voleva non poteva faro altro che accontentarlo.
“Quando Stephen è stato ucciso dall'agente federale che era con me, tutti credevamo, o meglio, speravamo di aver chiuso il caso, che tutto fosse finito. Dopo alcune ore, però, riceviamo una chiamata che ci avvisa del ritrovamento di un corpo di una ragazza di sedici anni privo di vita, andandolo ad esaminare troviamo una A incisa sulla mano destra. Se avessi visto la foto di quella ragazza...Era uguale a me dieci anni fa, sembravamo sorelle.” fece una brava pausa, aveva bisogno di riprendere fiato.
“Così abbiamo capito che Stephen aveva un complice e l'agente Reid era convinto che fosse William, il fratello maggiore, e che mirava a te, perché voleva distruggermi interiormente. Non avevo prove sufficienti per farti proteggere da una pattuglia, così Reid, che era stato sollevato dal caso, ti stava seguendo, ma William è stato più veloci di lui e vi ha rapito entrambi.” prese fiato un'altra volta, ma stavolta, prima di riprendere il racconto, guardò il fratello negli occhi, tentando di leggere che cosa stesse provando, ma Roberto era sempre stato più bravo di lei a non far trasparire le proprie emozioni.
“Dato che puntava a distruggere me non abbiamo impiegato molto a capire dove vi avesse portati. Vi ha nascosti in casa nostra, Roberto, quella che lo era fino a dieci anni fa. Nella cantina e tu non ricordi niente perché non hai mai ripreso i sensi prima di adesso.” un'altra pausa e, anche solo per un attimo, Aurora vide la vulnerabilità negli occhi del fratello. Stava per arrivare la parte più dura e non sapeva che cosa aspettarsi.
“Sono entrata da sola nonostante gli ordini contrari del detective Brown, senza né pistola né giubbotto. L'unica cosa che mi importava era salvare voi due e poi William voleva me non c'era bisogno di farlo aspettare ancora. Abbiamo parlato e per tutto il tempo aveva una pistola puntata verso di te. L'ho convinto ad abbassare l'arma e l'ho ammanettato con le mie mani, poi ti hanno portato qui e be' non c'è altro da dire.” terminò il racconto e si rese conto che la stretta di mano del fratello, quando gli aveva detto che lei era entrata senza alcuna protezione, si era fatta più forte.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, senza mai lasciare la mano dell'altro, non esistevano parole adatte da dire per poter descrivere ciò che stavano provando, le loro anime erano le uniche capaci di capirsi.
“Ora è meglio che vada. Kate ed Ellie non vedono l'ora di abbracciarti” disse Aurora e, seppur a malincuore, dovette sciogliere la stretta.
“Aurora...” la chiamò il fratello quando stava per aprire la porta, lei si voltò ed entrambi sorrisero, consapevoli che quel sorriso dipendesse dal fatto che avrebbero superato anche questo.
“Sono orgoglioso di te” bastarono queste quattro parole, all'apparenza semplici, dette dal fratello per far scoppiare di gioia il cuore di Aurora.
Adesso sì che avrebbero potuto ricominciare da capo, ora che tutto ciò che li aveva divisi in passato era stato superato, ma non dimenticato.


-Lo so che non ho scusanti e vi chiedo umilmente perdono per aver fatto passare così tanto tempo. Ringrazio chiunque non mi ha abbandonato e la seconda parte del finale arriverà a breve, ve lo prometto!
Spero che questa prima parte vi piaccia! Scusate ancora.
Alla prossima :33 

  
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