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Autore: Riley Bee    06/02/2016    4 recensioni
Castiel fa lo scrittore e passa le sue notti alla ricerca di idee mentre, nella casa affianco, un ragazzo di nome Dean con la passione per la cucina è sveglio tanto quanto lui intento a preparare dei dolci. Il primo abita lì da anni, ma la metà della cittadina non sa che esista, il secondo, appena trasferitosi, aspetta l'arrivo del fratello approfittandone per cucinare nelle sue uniche ore libere. Si incontrano (sbadatamente) nelle loro notti in bianco a discutere degli argomenti più vari.
Castiel, freddo e scostante, si ritrova a non capire cosa gli sta accadendo. Come nella canzone dei Led Zeppelin, "the Rain Song", sente il ghiaccio del suo cuore sciogliersi sempre di più all'aumentare degli incontri notturni con Dean, senza capire cosa gli causa realmente questa sensazione.
(AU, Castiel scrittore, Dean cuoco)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Nota dell'autore:

Salve a tutti. Prima di tutto voglio farmi perdonare per essere così in ritardo con i capitoli. Non sono stata troppo bene e ho avuto diversi esami universitari da recuperare e zero tempo da dedicare decentemente alla scrittura. In ogni caso; spero di non essermi troppo arrugginita in questo mese e mezzo di attesa e di essere stata in grado di scrivere qualcosa di più-o-meno decente.
Spero apprezziate questo capitolo e, se ne avrete voglia, potete andare a vedere il regalino che vi ho lasciato a fondo pagina. :)
Grazie per tutto il vostro supporto e la vostra dolcezza. 

-Riley


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Settima Parte:

 

Quella mattina la quiete invernale avvolgeva l'intero salotto. Le finestre erano appannate, la polvere, ferma, svolazzava di qua e di là e accompagnava i suoni di respiri addormentati ed il ticchettio di un orologio in lontananza.

Dean, apriti lentamente gli occhi, vide per prima cosa le varie torrette di libri disseminate in giro, le pareti blu ed un batuffolo di capelli neri e spettinati chino sul divano vicino a lui. Le labbra gli si allungarono in un sorriso divertito, misto a stupore e stranezza. Facendo attenzione a non svegliarlo posò il libro che aveva ancora addosso e si alzò dal divano. Senza pensarci troppo si inginocchiò di fianco allo strano ragazzo conosciuto pochi giorni prima e, rigidamente, si appoggiò con entrambi i palmi sulle proprie ginocchia. Guardò il viso calmo di Castiel ed i suoi occhi assopiti e sentì la propria testa svuotarsi ed alleggerirsi come mai prima. Le preoccupazioni del giorno, gli impegni e i doveri, con Castiel, assumevano un valore secondario, meno pesante e più sopportabile. Sentiva che con lui avrebbe potuto parlare di ogni cosa.

Si ritrovò di nuovo a sorridere e, passando una mano tra i morbidi capelli di Castiel, sfiorò con il pollice la sua fronte, anch'essa fredda quanto le mani. Il suo comportamento fu istintivo e a dir poco fulmineo. Si alzò e, sollevando con fatica Castiel, lo fece sdraiare sul divano. Gli stese una coperta sopra e lo infagottò come un bambino assicurandosi che fosse coperto del tutto.

 

- a che cazzo stavi pensando ieri sera? - lo svegliò la voce nella sua testa – vuoi forse farti fregare di nuovo? -

 

Veloce si spostò verso la cucina, lontano da Castiel, cercando il più possibile di rifuggire dai suoi pensieri. Qualcosa, dentro di lui, lo frustrava. Stava realizzando qualcosa che avrebbe preferito non realizzare o dimenticare del tutto. Si appoggiò sul piccolo tavolo della cucina pieno di piattini di plastica e tazze di tè impilate una sopra l'altra in una strana torretta traballante di ceramica. Si passò nuovamente la mano tra i capelli nervosamente.

 

« Voglio saperlo. Che cosa cazzo stavi facendo? » disse in un sussurro velato a se stesso passandosi le dita sulle tempie.

 

La furia di Dean che stava crescendo evaporò in un istante alla vista delle due tazze del giorno prima, appoggiate in un momento imprecisato della notte sul bancone e accuratamente separate dalle altre invece abbandonate sul tavolo davanti a se.

Fa male.

 

Si mise diritto sulla sedia e sputò una risata amara, roca, distante. « Pff. Non importa » si ripetè - non era niente di niente – pensò mentre chiuse gli occhi in un sospiro sommesso – hai solo bisogno di alcool e di una buona scopata. Nient'altro -

 

Un rumore nella stanza accanto lo svegliò dai suoi pensieri. In cucina, ricoperto da un plaid rosso e blu, entrarono un paio di occhi blu stanchi, dei capelli corvini che avevano assunto una forma improbabile e delle mani bianche e affusolate che uscivano dal plaid tenendolo per i bordi.

 

« Buongiorno raggio di sole! » disse Dean sarcastico e con un tono più vivace che gradevole a sopprimere i suoi pensieri.

 

« Mmmmmmunf » gli rispose sbuffando.

 

« Tè? »

 

Castiel annuì e, senza aggiungere altro, si sedette al tavolo. Fu solo dopo svariati minuti di silenzio riempiti dal singolo suono dell'acqua messa a bollire da Dean che Castiel aprì bocca.

 

« Non sono un mattiniero. Che ore sono? » disse con la voce più roca e stanca del solito.

 

« Ho notato amico. Sembri un morto che cammina » disse ridendo guardando l'orologio « Sono le dieci »

 

Castiel strabuzzò gli occhi, si alzò di scatto dalla sedia e disse « Io vado a letto. Non è un orario umano per me » e si avviò come un razzo verso la porta della cucina.

 

Dean lo afferrò per il morbido plaid e lo guardò gentilmente « Bevi il tè con me e poi potrai andare a dormire ». Si fissarono per qualche secondo quando Castiel in silenzio si rimise a sedere avvolgendosi la coperta ancora più addosso.

 

« E non addormentarti così. Hai dormito 7 ore, tu avrai un lavoro e io ho un fratellino da andare a prendere, quindi: in piedi » disse con il tono apprensivo di chi si stava trasformando in una nonnetta dispensa consigli.

 

« Io lavoro in casa. Scrivo romanzi » disse Castiel portandosi le ginocchia davanti e avvolgendo anch'esse tra la stoffa calda « Non che mi piaccia davvero scrivere ».

 

« Fammi capire bene » disse alzando un sopracciglio « Tu fai lo scrittore ma non ti piace scrivere?»

 

« E' complicato » disse alzando gli occhi al cielo « Una volta mi piaceva. Prima che mi affibbiassero romanzetti idioti e prima che... » Castiel si fermò di colpo « Nulla »

 

« Ehi, se vuoi puoi parlarne. Mi conosci da qualche giorno e ti ho spiato dalla finestra. Potrei essere un maniaco e quando ti ricapiterebbe di poterti confidare con un maniaco?» disse muovendo la testa a destra e sinistra con tono scherzoso. Gli occhi blu di Castiel gli sorrisero e lo sfiorarono leggeri come piume.

Si sistemò sulla sedia e si tolse le ginocchia da davanti. Pensò qualche secondo a cosa dire e Dean non cercò di insistere. « Non adesso » gli disse alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il lavandino della cucina. Lavò diligentemente le tazze e, dopo averle asciugate, preparò gli infusori e versò l'acqua calda. Passò a Dean la tazza con le foglie rosse mentre prese per se quella dai fiori blu. Si sedette, mescolò qualche volta con il cucchiaino e riprese « Potremmo dire che, quando ho iniziato questa carriera, ero giovane e piuttosto sicuro di me » disse inclinando la testa e guardando la calda tazza tra le sue mani « Ma i miei libri non vendevano. “Poco interessanti” li hanno definiti quelli che potremmo chiamare “critici” ma che erano, a mio avviso, solo una massa di intellettualoidi interessati solo a fare soldi. “Freddi, distaccati e senza sostanza” mi dissero anche » il suo tono era calmo, distaccato come al solito dalle cose che raccontava « Queste erano le critiche ai libri che io ho sempre considerato miei. Poi quando arrivarono i problemi finanziari ho dovuto accettare delle trame predefinite, classiche e banali per dei romanzetti facilmente vendibili sul mercato. Avevo guadagnato abbastanza per non dover scrivere più cose del genere e per potermi dedicare ai miei veri libri ma... » Castiel prese un sorso di tè e riprese il discorso « Si potrebbe dire che ho perso la voglia o un vero motivo per scrivere. Ho passato così tanti anni a scrivere le cose che volevano che io scrivessi, senza voglia e senza troppi sforzi di immaginazione, che ho dimenticato come si facesse. A scrivere sul serio ».

Ma quello che Castiel non volle aggiungere alla sua spiegazione, forse per orgoglio o per paura di quello che Dean avrebbe potuto pensare, fu che, in coincidenza con il suo arrivo, la voglia di scrivere gli era tornata. Quella notte aveva capito il motivo. Aveva realizzato qualcosa. Quel qualcosa che non aveva mai capito e di cui aveva paura di parlare.

« Ecco. Dean... » disse in un sussurro impercepibile di certezza e incertezza mescolate insieme. Castiel era incastrato in quello stupido e consumante pensiero che lo aveva colpito la sera precedente. - Credo di essere innamorato di te – dice sussurrandolo nella propria testa, quasi lo dice. Quelle parole lo solleticano, lì, sotto la lingua, mentre pregano di essere fatte uscire. Più lo osservava in silenzio, guardarlo, con la tazza di tè tra le mani e i suoi occhi verdi dritti nei suoi. Il suo sorriso storto e sarcastico e la costellazione di lentiggini che gli ricoprivano le guance. Più lo guardava, più gli parlava, più voleva farglielo sapere.

Ma non può. Non lo farà. E' insicuro. E' nuovo a questo mondo sospeso tra aspettative e realtà che è l'amore, non sa cosa potrebbe accadere e soprattutto non sa cosa pensi il ragazzo davanti a se. Castiel si sente come perso in un mondo sconosciuto.

 

Dean non fece domande, aspettò qualche secondo e disse, interrompendo i suoi pensieri, « Quei critici sono dei cani, ma sarebbe un'offesa ai cani. Non ho letto niente di tuo, è vero. Ma, se tu scrivi bene la metà di come ieri sera mi hai spiegato Auden, allora si. Sono dei cani » concluse.

 

Castiel non riuscì ad evitare di sorridergli e sentire l'amarezza soffocargli il cuore. Quelle parole continuare a spingerlo e a ucciderlo pian piano. Lo sguardo rallegrato si trasformò in atterrimento e autocommiserazione nascosti alla vista.

Non aggiunsero altro. Entrambi finirono il loro tè accompagnati dal rumore delle tazze di quando le appoggiavano sul tavolo, quella di Dean più rumorosa di quella di Castiel, e quello dei cucchiaini che mescolavano lo zucchero che ancora non si era sciolto del tutto. La tensione di Castiel andava ad allentarsi più osservava Dean a suo agio nella ristretta cucina e che, ad un certo punto, si mise ad intonare le note di “over the hills and far away” sorridendogli come se tutto questo fosse semplice quotidianità.

« Mellow is the man who knows what he's been missing. Many many men can't see the open road» continuava così, piano. Ogni tanto imitando il suono della chitarra mentre Castiel, man mano, si aggiungeva alla sua voce. Si dimenticò momentaneamente delle preoccupazione e gli sorrise con le guance piene di gioia e una canzone nella testa.

 

 

°

 

 

Dean era ormai tornato a casa. Aveva salutato Castiel pacatamente, fatto qualche battuta idiota per allentare la tensione che gli pesava sulle spalle come un macigno e si era avviato verso casa con le mani in tasca, il viso basso, continuando a canticchiare nella propria testa e facendo finta di nulla.

Forse per quello che stava sentendo e che avrebbe preferito rimandare a mai più, o forse più per il fatto che iniziasse a capire di non potersi più nascondere dentro una smorfia e una risata.

Ma Dean non ha tempo per queste cose. Dean non è il tipo di persona che si ferma a riflettere o a ragionare sui propri “sentimenti”. Dean non lo fa, lui scappa. Pensa ad altro, cerca di pensare ad altro e scappa da questo genere di cose andando in un bar, bevendo una pinta di birra o prendendo in giro suo fratello. Preferisce ubriacarsi, perdersi in altre mille occupazioni piuttosto di pensare a quello che è se stesso. Allora beve, lavora, si da da fare per pagare gli studi a suo fratello, fa sesso con donne sconosciute quando ha tempo e, nei momenti in cui è felice, quando finalmente riesce a dimenticarsi totalmente di quelle sensazioni eliminandole del tutto dalla propria testa, cucina. Prende una terrina, libera il bancone dagli ingombri, prende i vari ingredienti (che sa a memoria per ricetta) e cucina.

Un giorno sono dei cupcakes, un altro sono delle pie e un altro ancora sono dei biscotti, magari. In quelle frazioni di tempo libero in cui potrebbe cadere nella tentazione di pensare alle cose brutte, fastidiose che impregnano la sua mente e la sua vita e da cui è abituato a scappare, preferisce occuparle con la cucina. Più è allegro più i dolci risultano buoni. Se non era troppo allegro prima di iniziare a cucinare lo diventava dopo.

Quando era da solo a casa era solito mettere su qualche disco di musica e ballare o cantare mentre aspettava che un dolce cuocesse in forno o che un altro lievitasse. Potevi trovarlo canticchiare mentre, con la frusta, mescolava burro, zucchero e uova, o usare un cucchiaio di legno sporco di impasto come microfono improvvisato. Altre volte preferiva cucinare in silenzio e godersi la quiete che portava la casa vuota o addormentata. Lasciarsi andare ai gesti, per lui così abituali, della cucina, mentre slittava dal lavandino al bancone, o per tutta la stanza, in movimenti fluidi e rilassati.

Ma suo fratello sarebbe arrivato, doveva montare dei mobili e non aveva davvero tempo per mettersi a cucinare ma, di certo, l'arrivo di Sam lo avrebbe aiutato a mettere da parte quei sentimenti che gli andavano a soffocare il cuore.

 

« Dov'eri finito? » disse la voce del fratellino, apprensiva e irritata allo stesso tempo. Era appoggiato al furgone di Bobby parcheggiato alla bel e meglio sul ristretto marciapiede davanti a casa. Indossava una camicia da boscaiolo rossa e marroncina sotto un giaccone verdone e dei jeans chiari non troppo larghi. « Siamo arrivati da un'ora Dean. » continuò allargando le braccia verso di lui.

 

« Ehi Samantha, dov'è finita la tua ascia e l'alce che hai catturato durante la tua gita nei boschi? » rispose cercando di evitare di parlare di dove avesse passato la notte « Nessun souvenir dal campo delle giovani marmotte? ».

 

« Idiota »

 

« Puttana » rispose in un ghigno « Perchè. Sei. Sempre. Più. Alto? » gli disse avvicinandosi ad abbracciarlo mentre, entrambi, soffocarono un piccolo sorriso dopo tanto tempo che non si vedevano.

 

« Quindi... siete una coppia? » disse una voce squillante dietro di loro. Entrambi si girarono per incontrare due occhi color miele e un lecca lecca rosso brillante. Gabriel sbatté gli occhietti un paio di volte mentre continuava a fissarli divertito.

 

Dean alzò gli occhi al cielo – ancora il nanerottolo ficcanaso fan di terminator – e portò una mano sulla spalla di Sam.

 

« Sam questo è Gabriel, Gabriel questo è Sam, io vado a parlare con Bobby, okay amore? » disse sbattendo gli occhi e, dopo avergli dato una pacca sul sedere, si avviò dietro il furgone. Sam si girò e tentennò un paio di volte avanti e indietro verso di lui per poi, sospirando visibilmente, concentrarsi nuovamente su Gabriel

 

« Perchè la gente pensa sempre che siamo gay? »

 

« Mmmh. Il tuo amico fa sempre il duro » disse Gabriel togliendosi il lecca lecca di bocca « Sembra stia compensando per qualcosa » disse piano, portandosi il palmo della mano a lato della bocca e ridacchiando tra se e se. « E poi è da un po' che gira intorno al signor Milton. Ho investigato sai? »

 

Sam lo guardò alzando un sopracciglio « Signor Milton? »

 

« E' il vampiro vostro vicino di casa » continuò euforico senza smettere di sghignazzare.

 

« Me ne aveva parlato » rispose non nascondendo un'espressione incuriosita.

 

« Se non vuoi che il vostro matrimonio si rompa intervieni subito » disse in tono plateale Gabriel indicandolo con l'indice.

 

« Amico, siamo fratelli »

 

« Forse volevo una conferma. Io sono Gabriel, 18 anni, fan degli Asia e del cibo spazzatura, investigatore professionista. Tu? »

 

Sam non fece altro che alzare un sopracciglio e, con aria confusa, assecondarlo come meglio poteva con la sua classica gentilezza da gigante buono « Io sono Sam e ho 19 anni, piacere di conoscerti » disse sorridendo.

 

I due continuarono a discutere per un po' mentre, dall'altro lato del furgone Dean aiutava il vecchio Bobby, che assolutamente non voleva essere chiamato così, a trasportare le prime scatole dentro casa. Robert Steven “Bobby” Singer era un uomo di media statura e con il classico viso da zio buono con tanto di barba e baffi chiari. Portava sempre un cappellino con visiera ed un largo gilet di cotone spesso sopra le camicie che era solito usare. Tutto del suo modo di fare ricordava Clint Eastwood in “Gran Torino”. Dalla mania per le macchine d'epoca alle minacce da vecchio scorbutico rivolte ai vicini di casa. Dean gli voleva bene.

 

« Eccoci qua » disse, appoggiato l'ultimo scatolone in salotto « Sembra un bel quartiere »

 

« Si lo è » disse Dean trattenendo un sorriso e avviandosi al mini frigo nell'angolo della cucina.

 

« Accompagnando qui Sam non ho sentito ne visto tuo padre, ma non credo sappia il vostro nuovo indirizzo » continuò sfregandosi la fronte a spostare leggermente il cappellino « Ma nell'attesa di sue notizie puoi sempre venire da me a lavorare, giù in città. Riapro questo lunedì » disse afferrando la bottiglia stappata che gli passò il ragazzo. Dean fece saltare il tappo della propria con uno scatto preciso ed entrambi presero un sorso.

 

« Ci sarò senz'altro. Ho bisogno di lavorare »

 

« Immaginavo ragazzo mio. C'è sempre un posto libero per te in officina » disse sorridendogli dolcemente « Andiamo a recuperare quel gigante di tuo fratello prima che me ne vada » continuò dirigendosi verso l'uscita. Ma, appena varcata la soglia, i suoi occhi si incontrarono con un Gabriel, seduto allegramente sull'alto cofano del camion mentre, con le gambe all'aria, parlava divertito a Sam.

 

« Scendi subito da lì prima che ti spari così tanto sale da farti cagare Margarita! » sbottò di colpo Bobby avvicinandosi minacciosamente al ragazzino che, continuando a sghignazzare, saltò giù dal camion e, portando un dito retto davanti a se, rispose « Credo di aver afferrato il concetto ».

 

« Ci scommetto che lo hai afferrato » continuò tentando di calmarsi.

 

« Ah, Dean.» continuò invece spostando la propria attenzione al ragazzo appena arrivato « Ho parlato a tuo fratello delle tue “compagnie notturne”, spero non ti dispiaccia » disse ridendo il ragazzino mentre, salutava con una mano un Dean che cercava di mantenere una faccia semi sorpresa agli occhi del fratello.

 

« Gabriel qui ha finito, bye bye » disse infine correndo verso casa e lasciando due dei presenti sorpresi e uno a metà tra la voglia di ucciderlo e quella di sprofondare.

 

« Non so proprio di cosa stesse parlando » intervenne subito Dean mentre sentiva gli occhi di Bobby e Sam studiarlo approfonditamente mentre sorrideva loro nel vano tentativo di risultare innocente « Vado a montare i mobili » disse infine correndo verso casa e lasciando perdere inutili giustificazioni.

 

« Noi due ci vediamo in officina ragazzo! Intanto porto Sam a vedere la nuova scuola » gli urlò dietro Bobby lasciandolo perdere totalmente, non era il tipo da farsi gli affari altrui ma Sam, al contrario, non smise un secondo di guardarlo con la sua faccia da puttanella scaltra che non era altro. Dean la conosceva bene.

 

« Perfetto! » urlò di rimando Dean mostrandogli il pollice della mano destra alzato verso l'alto mentre saliva i gradini della veranda in una fuga mal studiata - Gabriel, moccioso. Spero ti vada di traverso qualcuna delle tue fottute caramelle -.

Chiudendosi la porta alle spalle si tolse la giacca e attaccò i pacchi dei mobili per concentrarsi su qualcosa che non gli ricordasse lo strano individuo che abitava i suoi pensieri da giorni. A quanto pare però, l'universo, aveva altri piani in testa per lui. Alla porta si sentì bussare ed il cuore di Dean fece un sussulto.

 

 

°

 

 

Dieci minuti prima il telefono di Castiel aveva suonato a vuoto (precisamente da sotto il divano) per venti minuti buoni. Quando rispose pacatamente una voce squillante gli trapanò l'orecchio come mai prima. « Abbiamo ritrovato il telefono, evviva me! » disse la vocina di Balthazar dall'altro capo della cornetta. Castiel bofonchiò qualcosa di incomprensibile prima che lui ricominciasse a parlare.

 

« Okay, prima di tutto ho una buona, ma che dico, buonissima notizia per te: ho convinto i “grandi capi” a darti carta bianca. Quel triste romanzetto dall'audience media composta da fan di 50 sfumature di grigio puoi anche buttarlo nel cesso caro mio. »

 

Castiel riusciva a percepire il diabolico ghigno di Balthazar mentre diceva tuttò ciò completamente preso da se stesso e dal suo “incredibile genio”. « E come diavolo avresti fatto a... » non fece neanche in tempo a dimostrare la propria incredulità che lo interrompette in un attimo.

 

« Ma è naturale. Sono uno squisito essere umano » altro ghigno diabolico.

 

« Okay, farò finta di nulla e ti asseconderò. E perchè lo avresti fatto? » rispose Castiel sospirando.

 

« Mi hai detto che ti è tornata la voglia di scrivere no? Bene. Scrivi quello che vuoi scrivere. Hai campo libero e totale » continuò con fare divertito Balthazar.

 

Castiel ancora non riusciva a metabolizzare la cosa. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, boccheggiando senza sapere esattamente cosa dire.

 

« Non devi ringraziarmi. Presentami quel tuo “amico” e siamo pari » Castiel riuscì a sentire perfettamente l'intonazione che sottolineava la parola “amico”.

 

« Balthazar. E' un amico »

 

« E io vengo dal convento di nostra signora del dolore perpetuo. Andiamo Cassie-boy! »

 

«... Okay » Castiel sentì un terzo ghigno malvagio rispondergli.

 

« Perfetto allora. Ora devo proprio andare ma fammi sapere i dettagli » continuò euforico.

 

« Sicuro » disse infine per poi chiudere la chiamata.

 

Lanciò il telefono sul divano e si trascinò in cucina. Mangiò una mini-torta e si abbandonò ai suoi pensieri totalmente. Osservò le ultime due tortine disposte una affianco all'altra sul vassoio bianco ormai ricoperto da piccole briciole. Pensò a quando sarebbero finite. Pensò se avrebbe avuto occasione di mangiarne altre e se lo avrebbe osservato ancora, in cucina. Pensa alle tazze riposte nel lavello da lavare e a come, poco prima, vi stesse bevendo del tè conversando con lui. Pensa alla musica cantata lentamente mentre il vapore dell'acqua calda nelle tazze si sollevava in aria tra di loro. Pensa alla sua risata e alle sue lentiggini che si sollevano leggermente quando parla e sorride. Pensa ad i raggi del sole che lo scaldano entrando dalla finestra ma che non lo riscaldano minimamente quanto il calore e la dolcezza di Dean. Il sole colpiva i suoi occhi ma non ci fece troppo caso. Inclinò leggermente la testa in avanti e spostò gli occhi di lato ad osservare il vuoto con un fievole sorriso. In quel momento, l'unica cosa che gli passò per la mente, fu quanto cazzo amasse Dean Winchester.

 

Allora si alzò, indosso l'over coat, aprì la porta di casa e percorse quei pochi metri che li separavano. Voleva scrivere e l'unica cosa che lo avrebbe portato a farlo stava dietro ad una porta scura, in una cucina calda e accogliente, con le mani sporche di farina.

 

 

°

 

 

Entrambi si guardarono in silenzio. Castiel non cercò di trovare neanche una scusa decente per giustificare la sua presenza e Dean non gliene chiese il motivo. Il nervosismo di entrambi li portò a continui e sfuggevoli sguardi. Mentre il primo spostava il proprio peso da un piede all'altro rigidamente, il secondo teneva le braccia incrociate e ogni tanto si grattava la testa compulsivamente.

 

« Entra pure. Sono appena arrivati i mobili da montare e c'è un po' di casino » disse infine Dean,

 

« Grazie » rispose il ragazzo, composto e rigido. Entrò in casa alleggerito dal peso delle convenzioni sociali e si mise ad osservare. I soffitti erano piuttosto bassi rispetto a quelli della propria casa e le pareti erano bianche e pulite, riverniciate da poco suppose Castiel. Le lampade consistevano principalmente in dei faretti sopra il bancone della cucina e altri due vicino al camino mentre, una singola lampada da tavolo, stava al centro del piccolo tavolo da pranzo dietro il divano. Sugli scatoloni impilati tra il divano e il tavolo riuscì a scorgere le immagini illustrative di una scrivania, due letti matrimoniali (le cui doghe stavano, già montate, riposte in corridoio), una libreria e delle mensole. Le altre scatole avevano soltanto delle grandi scritte a pennarello nero che indicavano “stoviglie”, “libri”, “documenti” e “abiti”. Di fianco al divano verde stava un'enorme valigia marrone con le rotelle.

 

« E' arrivato mio fratello, Sam. Il trasferimento è praticamente completato » disse sorridendogli mentre di dirigeva in cucina in silenzio. Si allungò verso il pianale su cui era appoggiata una vecchia radio e fece partire un disco abbassando leggermente il volume, spostò la sedia mettendo lo schienale davanti a se e si sedette appoggiandoci le braccia. « è da tanto che non ci vediamo » disse scherzoso il ragazzo.

 

« Sono venuto per chiederti un favore » iniziò Castiel calmo, ascoltando le note di “Sweet Home Alabama” dei Lynyrd Skynyrd « Voglio... ti andrebbe di cucinare qualcos'altro per me? »

 

Dean strabuzzò gli occhi in un semi imbarazzo senza rispondere.

 

« Ho visto che le mini.. » si interrompette « i cupcakes sono quasi finiti. Eh. Ecco. Nient'altro » disse in modo confuso e titubante.

 

Dean gli sorrise dolcemente e si alzò da una sedia, senza pensare troppo agli eventi del giorno prima o alle possibili conseguenze, come suo solito « Mi va bene se vuoi » disse infine « Ma io scelgo la musica e tu chiudi la bocca » disse indicandolo e alzando un angolo della bocca in un ghigno divertito « E tu mi darai una mano ».

 

« Affare fatto »

 

Dean prese subito ciò che gli serviva che si riassumeva in una terrina azzurra di vetro, una frusta da cucina in metallo, un leccapentole ed una bilancia bianca digitale « Dimmi un ingrediente o un gusto che ti piace e ti farò dei cupcakes di conseguenza. La base ha varie varianti e la crema colorata che vedi sopra anche » spiegò Dean « ci sono infinite possibilità di abbinamento con questo tipo di dolce » gli occhi di Castiel si illuminarono a vederlo spiegare e parlare di cucina in quel suo modo dolce che tende, normalmente, a nascondere agli altri.

Dean sentì il suo sguardo su di lui « Prima regola: non fissare il cuoco » lo rimproverò Dean – Mi distrai -. Poi gli fece segno di lavarsi le mani ed entrambi, a turno, passarono le mani nel lavandino scuro della cucina.

 

« A te piace il tè no? » disse infine Dean « Posso farteli al tè » continuò pensieroso, sfogliando un libro che aveva recuperato da uno degli scatoloni.

 

« Puoi fare un dolce al tè? » disse Castiel sorpreso.

 

« Certo che posso. Ma ragazzino, ti prego. Togliti quel dannato trenchcoat e mettiti comodo. Non riesco a guardarti » disse aprendo il palmo verso di lui con rassegnazione.

 

Castiel si tolse la giacca beige lentamente e, portandosela davanti si guardò intorno alla ricerca di un appendiabiti. Dean gli fece segno di guardare in corridoi dove trovò dei pomelli al muro. Appese così il trench e si tolse il maglione blu rimanendo con una camicia bianca candida, indossata pulita quella stessa mattina.

Ritornò così in cucina dove Dean stava leggendo, seduto su una della alte sedie del bancone, la ricetta adatta per i dolci al tè. Alzò lo sguardo per sorridere a Castiel. Nella ristretta cucina, Dean, portava una maglia grigia scura con su scritto “the doors”, teneva le gambe larghe con un piede appoggiato sotto una di esse. « Avrò bisogno di un po' di Earl Grey moccioso » gli disse sorridendo.

 

Castiel tornò poco dopo con un grosso barattolo di vetro etichettato “Earl Grey” in bella calligrafia. Dean si illuminò e appoggiò il barattolo sul tavolo dove aveva già disposto il resto degli ingredienti. La musica della radio non si era ancora fermata e il disco girava imperterrito.

 

« Per prima cosa accendi il forno a 180°C » disse Dean invano. Castiel osservò i pomelli attentamente e girò la rotella sui 180 ma senza davvero accendere il povero forno. « Cas. Devi accenderlo prima. Quella manovella alla tua sinistra »

 

« Oh » disse soltanto Castiel che con decisione accese il forno e si girò a guardare Dean soddisfatto come un bambino che aveva appena imparato qualcosa di nuovo e spalancava gli occhi con fierezza e ammirazione. Dean trattenne un sobbalzo del cuore, non disse altro e continuò con la propria ricetta. (*)

 

Dean aprì quindi il barattolo del tè e ne tirò fuori un cucchiaio pieno che ripose su un tagliere di legno piano, tagliuzzò le foglie finemente, cosa che fece perdere dieci anni di vita a Castiel per il terrore, mentre li riponeva all'interno della terrina con farina, un pizzico di sale e del lievito.

 

« Le foglie vanno sia all'interno del dolce che lasciate in infusione nel latte caldo. Ma quelle che devo lasciare nell'impasto è meglio che siano fini » gli spiegò il ragazzo mentre mostrava a Castiel il latte caldo che aveva appena scaldato e dentro il quale aveva riposto altro tè in infusione « femminuccia » lo prese in giro il ragazzo divertito. Castiel lo guardò rigidamente mentre mescolava le foglie nel latte caldo con dedicata concentrazione, ma la visione non fece altro che farlo sorridere e lo lasciò perdere, addolcendo di colpo la rigidità mal pervenuta.

 

Dean lasciò a Castiel l'arduo compito di frullare il burro con lo zucchero e le uova. Ma non fece altro che schizzarsi completamente la camicia, le mani e il volto. Castiel vide gli occhi verdi davanti a lui sorridergli divertiti come mai prima. Trattenne inizialmente il riso, tenendosi una mano davanti alla bocca nel tentativo ma, infine, scoppiò comunque in una forte e sentita risata. Castiel, vide Dean piegarsi in due dalle risate e non poté fare a meno di ridere con lui.

 

« Ho fatto un casino » disse mortificato, ma senza interrompere il riso.

 

« Oh amico, non hai fatto nulla. Non ridevo così tanto da... da una vita ormai » gli disse appoggiandogli una mano sulla spalla sinistra. In un gesto naturale e istantaneo Dean spostò la propria mano sulla guancia di Castiel dove tolse, con il pollice, parte dell'impasto con cui si era precedentemente sporcato, senza smettere di ridere. Castiel quasi smise di respirare e fu allora che, nel silenzio che aveva ovattato le sue orecchie per il panico, sentì le note di una canzone sprigionata dalla piccola radio lasciata sul bancone: “But I wish there was somethin' you would do or say to try and make me change my mind and stay, but we never did too much talking anyway

Castiel si lasciò andare, abbandonò la propria rigidità e pensò di fare un eccezione e di provare a capire cosa fosse tutto questo. Cosa pensasse Dean non lo sapeva ma, questa volta, questa singola volta, Castiel avrebbe fatto qualcosa di impulsivo e insensato. Fu la stessa canzone a suggerirgli qualcosa, alla fine “Oh, don't think twice, it's all right” - non pensarci due volte, va tutto bene -.

Castiel appoggiò la mano sulla guancia sporca di farina di Dean e ne spostò qualche granello con il pollice. Le sue dita affusolate andarono a sfiorargli l'orecchio per poi arrivare a solleticargli i corti capelli in una delicata carezza. Dean ancora rideva sotto la gelida mano di Castiel quando si voltò a guardarlo con gli occhi all'insù, le rughette agli angoli della bocca causate dalle sue risate ed una mano a pugno volta a coprirsi. Smise di ridere al tocco della mano di Castiel tra i suoi capelli e, prima che la sua mente potesse effettivamente elaborare, l'altra mano di Castiel gli afferrò dolcemente il polso e, spostandolo, appoggiò le proprie labbra sulle sue.

Castiel sentì il calore pervaderlo.

Dean rimase immobile, con quelle secche labbra appoggiate alle proprie, mentre riceveva il bacio più puro di tutta la sua vita. Era casto, semplice. Così giusto per essere un bacio ricevuto da Castiel.

Ma Dean non ce la fa.

 

« Cas... » gli disse con ancora la sua mano tra i capelli « Noi... noi non possiamo » continuò spostando lo sguardo verso il basso.

 

Castiel corrugò la fronte.

 

« Io non... » e Dean lo guardò in un modo, tra quelle frasi dette a metà, con uno sguardo spezzato tra un cercare di mostrare uno volto truce e incazzato e una preghiera sconnessa di rimorso.

 

Castiel annuì. Lo sapeva dall'inizio del resto, non c'era da stupirsi. Ma ciò non gli impedì di sentirsi freddo, dolorante e con un mattone di ghiaccio in petto che andava a logorarlo da dentro.

 

Qualcuno bussò alla porta e Castiel lasciò di colpo la presa da Dean, lo salutò con un cenno del capo ed uscì dalla porta superando l'alto ragazzo che stava per entrare.

 

- In cosa speravi? - ripeté a se stesso.
 

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Recipe:

* Ricetta Cupcakes al tè di Dean Winchester: (la mia preferita e che consiglio a tutti voi di provare)

  • 2 cucchiai di tè Earl grey sfuso (o il vostro preferito, a scelta libera) (potete anche usare una bustina ed aprirla per trarne il tè sfuso, nel caso non ne foste provviste)
  • 45 gr di latte intero
  • 150 gr di zucchero di canna
  • 150 gr di burro
  • 3 uova
  • Una bustina di vanillina o mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia
  • 170 gr di farina 00
  • 1 cucchiaino di lievito in polvere
  • un pizzico di sale
Per prima cosa fate scaldare in un pentolino il latte e, quando sarà caldo, mettere in infusione 1 cucchiaio di foglie di tè per 4 minuti circa. Nel frattempo potete tagliare il resto delle foglie del tè in modo da renderle fini e metterle da parte. In una terrina grande frullare (o con una frusta o con una frusta elettrica) burro e zucchero fino a renderli morbidi per poi aggiungerci le uova una per volta. Aggiungete quindi il tè tagliuzzato e, subito dopo, setacciati, tutti gli ingredienti secchi (farina, lievito, vanillina) aggiungere quindi il pizzico di sale e il latte che dovrete far passare in un setaccino per eliminare le foglie bagnate. Continuate a mescolare finchè non sarà tutto amalgamato.
Cuocete in dei pirottini (riempiteli per metà circa) a 170° per 25 minuti. La crema sopra potete deciderla voi sia per gusto che per tipo. Su internet viene chiamata frosting se volete cercare una ricetta.

Buon appetito. :)

-Riley
   
 
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