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Autore: dark tears    06/02/2016    3 recensioni
Durante uno dei loro soliti scontri all’ultimo sangue, Batman colpisce Joker per errore, ferendolo gravemente e lasciandolo privo di sensi e di energie. Attanagliato dal rimorso e dal senso di colpa, l’eroe raccoglie l’altro uomo dal pavimento e lo trasporta alla batcaverna, deciso a prestargli tutte le cure necessarie per salvargli la vita. Riuscirà Batman a strappare la sua eterna nemesi dalle braccia della morte o fallirà, trasformandosi nell’oscuro mostro che ha sempre temuto di diventare?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman, Joker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV
La ragione è dei folli

 
 
A quasi un mese dalla notte del fatale incidente e del ricovero di Joker, le visite di Bruce si erano ormai trasformate in vere e proprie veglie passate al capezzale del malato, silenziose o animate da sommessi monologhi in cui l’eroe si rivolgeva al criminale sperando che potesse sentirlo. Le raccomandazioni e le ramanzine di Alfred non avevano alcun effetto, e nulla più riusciva a distogliere il giustiziere dal suo intento, nemmeno le preghiere degli amici più fedeli che pian piano cominciavano a prendere le distanze da lui. Bruce appariva in uno stato alquanto preoccupante; ormai non provava interesse per nulla all’infuori delle ronde notturne e dell’uomo che lui stesso aveva ridotto in coma. Joker era diventata una vera e propria ossessione; non passava giorno che Bruce non prestasse fede all’impegno che si prefissato di fargli compagnia e, anche quando era lontano da casa, il volto del criminale gli fluttuava davanti agli occhi e nella mente, costantemente, come se fosse un fantasma persecutore o un’immagine impressa nella retina. La consapevolezza del giovane eroe era maturata giorno dopo giorno, alla luce fredda delle lampade a neon, corroborata dai ronzii dei macchinari ospedalieri e da quella costante visione di fragilità e precarietà. Il viso del pagliaccio appariva fermo e immutabile, con la pelle bianca che lo contraddistingueva e le cicatrici a proseguimento della bocca, un tempo sorridente e beffarda, ora ridotta ad una linea piatta ed inespressiva.
Un pensiero si era radicato nella mente di Bruce facendosi strada fra la paura ed il rimorso, una domanda assillante che mai avrebbe immaginato potesse formulare: se Joker muore, che ne sarà di Batman? Questa domanda assurda e scomoda lo metteva profondamente a disagio, sia per il tormento intrinseco che essa comportava, sia perché andava a smantellare ogni solida certezza avuta fino a quel momento. Quante volte Joker aveva millantato la loro affinità, il fatto di essere due anime opposte e perciò complementari! E quante altrettante volte lui si era rifiutato di credergli, perfino di starlo a sentire, fieramente convinto che fra loro non ci fosse alcun possibile legame.. Dio, come si era sbagliato! Quel clown criminale, pur nella sua delirante follia era sempre riuscito a vedere le cose per come stavano, nella loro nuda e cruda verità, fermamente convinto di qualcosa che sembrava esistere solo nella sua testa e che invece adesso si rivelava reale e tangibile anche agli occhi del giustiziere. Joker aveva perfettamente ragione: lui e Batman erano complementari, due forze contrapposte in costante e pericolosa attrazione, lo yin e lo yang di quella marcia e caotica città d’America. Batman era il pallino nero nella metà bianca, Joker il pallino bianco nella metà nera. Le loro esistenze erano in qualche modo incastrate, coese, l’uno poteva agire se l’altro agiva; erano fatti per respingersi e rincorrersi in eterno, come in un loop infinito dove, ad un certo punto, si sarebbero fusi e confusi l’un l’altro.
Joker aveva ragione, aveva sempre avuto ragione.. E Bruce ormai non era più nemmeno spaventato o sconcertato per la cosa, semplicemente aveva imparato ad accettarla. Aveva raggiunto la consapevolezza e, con essa, in qualche modo aveva trovato un equilibrio interiore che riusciva a infondergli un minimo di serenità. Ma, al tempo stesso, questa nuova presa di coscienza gli pesava sulle spalle come un macigno proprio perché temeva di perdere il Joker ora che finalmente aveva compreso quanto fosse importante nella vita di Batman e, forse, anche in quella di Bruce Wayne.  

 
* * *
 
Come ogni pomeriggio dopo pranzo, Bruce si era recato a far visita al Joker, annullando un impegno di lavoro ed un appuntamento con un’attraente dottoressa. Era già da parecchi minuti che il ragazzo fissava imperterrito il viso altrettanto immobile del criminale, sospirando di tanto in tanto e mantenendo una postura rigida e composta. Ad un certo punto l’eroe cambiò espressione e sul suo volto comparve un cipiglio severo e insofferente
< Svegliati dannazione! > esclamò brusco rivolgendosi al pagliaccio < Apri gli occhi e svegliati. Non faccio altro che vegliare e preoccuparmi per te da quasi un mese, questo me lo devi! >. Tacque, sentendosi improvvisamente stupido e patetico. Sospirò e fece un passo in avanti, a tesa china, posando una mano sulla fredda sponda metallica del letto e aggrappandovisi come se fosse un’ancora di salvezza.
< Perché mi stai facendo questo, Joker? > prese a dire con voce bassa, sconfortata < Vuoi punirmi, non è vero? Punirmi per averti quasi ferito a morte, per averti fatto male sul serio questa volta.. >.
Un nuovo sospiro uscì dalle labbra corrucciate dell’eroe, mentre spostava faticosamente le iridi blu sul volto addormentato e inerte del criminale. Scosse lentamente la testa facendo un sorriso amaro, come se si sentisse realmente preso in giro e sbeffeggiato da quell’uomo evidentemente intenzionato a fargli perdere la ragione.
Un rumore lento e familiare strappò improvvisamente Bruce alle sue riflessioni. La porta alle sue spalle si aprì, lasciando passare il fedele maggiordomo che lo raggiunse ponendosi al suo fianco. L’uomo anziano scorse attentamente – e di sottecchi –  il volto del più giovane prima di prendere la parola
< Padron Bruce, sono ore che sta qui sotto. Deve salire a mangiare qualcosa o non avrà le forze per affrontare la ronda notturna >.
A quelle parole Bruce aggrottò la fronte e si voltò lentamente verso l’uomo
< Cosa?.. Perché, è già ora di cena? >
Domandò con lo stesso sguardo interrogativo, andando poi alla ricerca dell’orologio appeso alla parete di fronte che però era fermo da diversi giorni. Alfred sospirò, annuendo gravemente
< In realtà l’ora di cena è passata da una mezzora abbondante.. > ci tenne a puntualizzare < Non può andarsene in giro per Gotham City tutta la notte a saltare da un palazzo all’altro e a pestare criminali senza prima mettere qualcosa nello stomaco >.
Bruce sorrise tenuemente, poi scrollò le spalle con noncuranza, affrettandosi a rassicurare il suo paterno maggiordomo
< Sta tranquillo Alfred, non ho intenzione di digiunare. Fra poco salgo >.
Quella risposta tuttavia non convinse l’uomo, che dopo una breve pausa di silenzio tornò subito all’attacco
< Senta Padron Bruce, è da un po’ che volevo dirglielo.. > si interruppe di colpo, indeciso se proseguire o ingoiare il rospo per l’ennesima volta.
Bruce si voltò a guardarlo, scrutandolo per un lungo momento per poi incoraggiarlo a proseguire
< Vai, continua >
< Forse non le piacerà quello che ho da dire.. >
< Non importa. Vai avanti, ti ascolto >
< Ecco, è solo che.. Insomma, se ne sta qui a vegliare su questo.. Questo criminale tutto il giorno, senza vedere anima viva né dare spiegazioni ai suoi amici > strinse le labbra, prendendo coraggio < Mi spiace dirlo, ma non è così che ci si comporta con le persone care, con chi le è sempre stato vicino.. Io, io penso che meritino un po’ più di rispetto e di considerazione >.
A quelle parole – uscite con estrema difficoltà dalla bocca di Alfred che detestava rimproverare il suo padrone – Bruce sgranò per un secondo gli occhi chiari, come se fosse rimasto sorpreso, ma poi abbassò lo sguardo e si limitò ad annuire stringendo le labbra carnose
< Lo so Alfred, hai perfettamente ragione > ammise con onestà < Sei deluso, non è vero? >.
Gli occhi velati di tristezza del giovane eroe incontrarono quelli scuri dell’altro uomo che scosse prontamente la testa
< No, solo molto preoccupato. Come tutti i suoi amici del resto >
< Non devi esserlo, non per me almeno >.
Le sopracciglia del maggiordomo si sollevarono in un’espressione vagamente sdegnata, e immancabilmente lo sguardo andò a cadere sul criminale disteso nel letto. Sospirò, distogliendo lo sguardo e cercando di riprendere le redini del discorso che tanto gli premeva fare
< Cerchi di ragionare padron Bruce, stare qui ore ed ore non migliorerà certo le cose. Quel clown non si sveglierà all’improvviso solo perché lei lo sta a fissare >
Asserì con un pizzico in più di veemenza, ottenendo per tutta risposta un’occhiataccia dal suo giovane padrone
< E cosa dovrei fare allora, fregarmene e lasciarlo qui a marcire!? >
La mano che stingeva la sponda metallica si serrò maggiormente intorno ad essa.
< Non ho detto questo > replicò Alfred estremamente pacato, quasi con dolcezza < Qui il Joker ha tutto quello che gli occorre: farmaci, appositi macchinari, assistenza da parte del sottoscritto a intervalli regolari. La sua presenza assidua e costante non è affatto necessaria >.
Bruce scosse vigorosamente la testa e serrò le labbra, come a voler reprimere un fiotto di dolore che sentiva trafiggergli il petto; tacque per un lungo momento, replicando alle parole di Alfred solo dopo aver preso un profondo respiro
< Voglio rimanere qui con lui, fine della discussione. Voglio esserci quando si sveglierà o quando.. > esitò per un istante, ma subito le sue labbra ripresero a muoversi < ..O quando le sue funzioni vitali si azzereranno e quel bip da intermittente diverrà continuo. Io voglio esserci >
E detto questo sollevò il mento e la testa quasi con fierezza, determinato e sicuro di quella sua ferrea volontà. Lo sguardo velato di tristezza, ma pur sempre caparbio si spostò brevemente sul viso del Joker e sul suo corpo magro che quasi si confondeva con le lenzuola del letto.
Dopo aver concesso al suo padrone quella pausa di rispettoso silenzio, Alfred tornò a parlare, schiarendosi debolmente la voce e fissando il profilo duro e mascolino del giovane
< ..Ha valutato la terza ipotesi? >
Domandò con quanto più garbo e tatto gli fossero possibili
< Quale? >
Chiese a sua volta Bruce con tono secco, conoscendo già la risposta.. Alfred si fece coraggio e proseguì, le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo alla ricerca di quello del giovane
< Potrebbe non svegliarsi più.. > disse con un filo di voce, quasi un sussurro, salvo poi aggiungere con maggior decisione < Se Joker dovesse restare in coma per il resto della vita, ha intenzione di sprecare anche la sua per stare qui a fargli compagnia? >.
Stranamente Bruce non si sentì ferito né adirato per quelle parole che, infondo, erano sagge e comprensibili. Sospirò senza degnare il maggiordomo di uno sguardo – non per ripicca, ma semplicemente perché i suoi occhi restavano incollati al viso di Joker – e finalmente lasciò la presa sulla sponda del letto, sollevando la mano destra e passandosela lentamente sul viso e poi fra i capelli
< Tu non capisci, Alfred.. >
Disse con voce bassa e cavernosa, un tono afflitto che contrastava col mezzo sorriso – del tutto amaro – stampato sulle sue labbra. Alfred aggrottò la fronte, perplesso ed esasperato, e, non riuscendo più a trattenere la rabbia che sentiva dentro, sbottò con veemenza:
< Cosa c’è da capire?! È stato un incidente, non deve addossarsi una colpa che non ha! Lasci andare quest’ennesimo fardello o rischierà di rimanervi schiacciato >.
Quelle parole burbere, pronunciate con lo stesso ardore severo ed apprensivo che userebbe un padre, erano più che sensate e logiche e Bruce lo sapeva, ma ugualmente non riusciva a farne tesoro come avrebbe dovuto e forse voluto. Semplicemente gli scivolavano addosso senza lasciargli nulla in cambio, sterili e vane parole che per lui non avevano alcun senso. Nessuno poteva comprendere il suo stato d’animo, nessuno poteva sentire ciò che lui sentiva in quel momento, nemmeno Alfred che era sempre stata la persona più vicina al giovane eroe, colui capace di comprenderlo e consigliarlo sempre per il meglio. Ma non questa volta. Questa volta davvero Alfred non capiva e, del resto, come avrebbe potuto? Il fedele maggiordomo ignorava che ormai a tormentare Bruce non vi era solo il senso di colpa, ma c’era ben altro. Nessuno avrebbe mai sospettato che fra il giustiziere mascherato di Gotham City ed il vile e spietato criminale chiamato Joker fosse nato un legame, una sorta di fragile filo del colore del sangue, intessuto di silenzio, ossessione, paura e devozione.
Lentamente Bruce tornò a voltarsi verso Alfred, dedicandogli un mezzo sorriso
< Non devi stare in pensiero per me Alfred, sul serio > disse con il tono più convincente che gli era possibile, tentando di rassicurarlo anche attraverso lo sguardo < Dammi solo altri cinque minuti e salgo su a mettere qualcosa sotto i denti >
< Come desidera, Padron Bruce >
Alfred accennò un piccolo inchino, quindi si ritirò silenziosamente, dando le spalle al ragazzo e defilandosi rapido e discreto come uno spettro.
Rimasto nuovamente da solo col malato, Bruce si lasciò andare ad un sospiro pesante e liberatorio, crollando pesantemente sulla sedia come se il suo corpo fosse improvvisamente diventato una massa di panni zuppi d’acqua. Rialzò la testa con uno sforzo notevole e ancora una volta le sue iridi blu andarono a posarsi sul viso pallido del criminale addormentato. Restò in silenzio a fissarlo per diversi minuti poi, sentendo la necessità impellente di sfogare tutto il dolore e la preoccupazione che aveva dentro, iniziò un lungo e accorato monologo
< Joker, ti prego svegliati.. > le sue labbra tremavano, ma la voce era ferma e sicura < Ho bisogno di te.. Ho bisogno di saperti vivo e pronto a darmi filo da torcere. Lo so, sono un pessimo eroe a desiderare una cosa del genere > piegò la bocca in un sorrisetto amaro < Ma non posso farne a meno.. Tutti gli innocenti che sono morti per tua mano e che non sono riuscito a salvare mi stanno maledicendo dalle loro tombe in questo momento, ed hanno ragione. Ma se tu non ci fossi temo che l’esistenza di Batman avrebbe meno senso e, forse, anche la mia.. > quella confessione gli stava prosciugando energie più di un combattimento all’ultimo respiro, ma non intendeva lasciarla a metà < Per quanti criminali, delinquenti, pazzi ed assassini possa affrontare, nessun altro potrà essere la mia nemesi. Quel ruolo spetta a te, è stato così fin dal principio e sempre lo sarà.. Se muori, Batman non avrà più la sua nemesi. Ed un supereroe ha estremo bisogno di averne una > trasse un profondo sospiro e si apprestò alla conclusione < Avevi ragione tu, hai sempre avuto ragione tu su questo: noi due ci completiamo, c’è un legame profondo che ci unisce, nel bene e nel male, che mi piaccia o no >.
Così dicendo si sollevò dalla sedia e si avvicinò di un passo al capezzale di Joker, facendosi più vicino alla sua magra figura distesa
< Solo adesso ho iniziato a capirlo, ad accettarlo. Tu invece lo hai sempre saputo >
La mano destra di Bruce si sollevò piano e, lentamente, raggiunse il viso scavato del Joker, posandovi sopra una carezza leggera fatta col dorso, pelle contro pelle, nocche ruvide e ferite sulla guancia fredda e pallida. Gli occhi azzurri del giustiziere seguirono il movimento adagio della sua stessa mano, sorridendo senza rendersene conto, quasi rincuorato da quel gesto che gli era venuto spontaneo e che sentiva come una cosa naturale, per nulla ambigua o fuori luogo. Bruce sospirò e con un lento e fluido movimento si allontanò dal letto del malato, voltandogli le spalle qualche momento dopo. Aveva esaurito le parole e quell’ennesimo lungo monologo gli era costato talmente tanta fatica che ora si sentiva come spossato e svuotato da ogni energia. Doveva dar retta ad Alfred e salire a mangiare qualcosa, altrimenti non si sarebbe retto in piedi durante la ronda notturna. Uscì senza voltarsi, timoroso di tornare sui propri passi qualora avesse nuovamente posato lo sguardo su Joker.

 
* * *
 
Quella notte fu più tranquilla del solito. Gotham City sembrava stranamente rigare dritto e Batman dovette intervenire solo per un paio di reati comuni, delinquenti da quattro soldi che ebbero la sfortuna di agire in una delle rare notti in cui i pesci grossi se ne stavano in disparte attirando su di essi tutta l’attenzione del vigilante mascherato.
Bruce parcheggiò la batmobile con una piccola frenata, quindi emerse con un agile balzo dalla vettura, facendo frusciare il lungo mantello nero contro la carrozzeria del medesimo colore. Era ormai l’alba, ma nella batcaverna come sempre regnava sovrana l’oscurità delle profondità della terra che rendeva uguale ogni cosa di giorno come di notte. Il giovane eroe non ebbe tempo di togliersi la maschera, che Alfred gli corse incontro con passo svelto ed espressione trafelata. A quella vista, immediatamente Bruce si accigliò e, anziché avanzare verso il proprio maggiordomo, piantò i piedi a terra con straordinaria tenacia. Alfred agitò una mano in sua direzione
< Signorino Bruce! Presto, venga! >.
In una frazione di secondo il sangue gli si gelò nelle vene ed il suo cuore forte e vigoroso mancò un battito, come una vecchia pendola che inizia a perder colpi. Sentì un acuto ronzio nelle orecchie ed uno strano calore accendergli il volto sotto la maschera; serrò i pugni e fissò con espressione attonita l’uomo sempre più vicino. La mente gli si annebbiò ed un solo pensiero riuscì ad emergere con intensa ed arrogante forza: era successo qualcosa a Joker. Doveva per forza trattarsi di questo, altrimenti non si sarebbe spiegata l’agitazione di Alfred ed il suo tono concitato. No, non poteva essere.. Improvvisamente Bruce si sentì vulnerabile e impaurito come non gli capitava da molto tempo, attanagliato da un’angoscia talmente potente che avrebbe avuto l’istinto di ignorare totalmente Alfred, voltandogli le spalle e rituffandosi nell’abitacolo sicuro e confortante della sua auto. Ma lui era Batman, dannazione! Non poteva cedere alla paura, né a qualsiasi altra sensazione che gli impedisse di tirar fuori il suo coraggio.
Racimolò ogni brandello di forza e, con gli occhi fisso come d’innanzi ad uno spettro, avanzò a passi lenti e pesanti verso Alfred, riuscendo ad articolare le parole fra labbra tremanti
< Che succede?? >.
  
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