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Autore: Frasca94    06/02/2016    5 recensioni
“Lucius… non andare” lo pregò lei, avvicinandosi a lui.
“Devo. Forse hanno scoperto dove sono i Potter” spiegò senza voltarsi, per non cedere alle sue richieste.
“No!” gridò lei, abbracciandolo da dietro, pur di fermarlo. Il gesto lo costrinse a voltarsi.
“Sai benissimo che non posso sottrarmi” esclamò con voce dura, senza soffermarsi troppo sui suoi occhi lucidi.
“Rimani con me… Rimani con noi” lo pregò ancora lei, incapace di lasciarlo andare senza sapere se sarebbe tornato.
Lucius la abbracciò e la baciò. Narcissa rispose al bacio con l’urgenza e con il timore che potesse essere l’ultimo.
“Tornerò Cissy… è una promessa” le disse, prima di staccarsi da lei e di uscire per smaterializzarsi.
Questa storia partecipa al "Contest dei Premi Speciali" indetto da L@dyriddle sul forum di EFP
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dobby, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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~~

Il suo mondo perfetto

 

 

 

Narcissa sorrideva.
Non riusciva a trattenersi, quando teneva il suo più grande tesoro tra le braccia: il suo Draco finalmente si era addormentato.
E lei, nella quiete del salotto affacciato sul parco, in quel giorno d’estate, cercò di pensare che tutto sarebbe andato per il meglio.
Accarezzò dolcemente i capelli quasi bianchi del suo bambino, così simili a quelli del padre e reclinò il capo, per appoggiarsi all’alto schienale della poltrona, contenta di poter godere di un momento come quello. Rimase sorpresa di sentire una mano sui capelli, così come lei stava facendo con Draco. Sorrise ancora e alzò lo sguardo, intercettando il volto di Lucius.
“Si è appena addormentato” sussurrò Narcissa, mentre suo marito avvicinava un’altra poltrona con un veloce movimento della bacchetta e si sedeva proprio di fronte a loro con un libro tra le mani: Genealogie Magiche.
Per fortuna, i suoi genitori avevano sborsato un’ingente cifra di galeoni per non far comparire il matrimonio di sua sorella Andromeda con quel Tonks. Ciò avrebbe rovinato il suo libro preferito. E ricordò con affetto, quando aveva rivelato a Lucius il segreto per individuare le famiglie che cercavano di nascondere parentele con Babbani e Mezzosangue nell’albero genealogico.
Poi tornò a concentrarsi sul fagottino tra le sue braccia: era proprio un piccolo Lucius; anche gli occhi, che ora erano chiusi, erano di quel grigio che aveva imparato ad amare.
Riportò lo sguardo sul marito e lo sorprese, di nuovo, impegnato ad osservarla, invece di leggere.
Così si alzò, facendo attenzione che Draco non si svegliasse, e si avvicinò a lui, porgendogli suo figlio.
“Lo sai che non sono bravo in queste cose” ammise nervoso, appoggiando però il libro sul bracciolo.
“È solo perché non ti eserciti abbastanza” decretò lei ridacchiando, mentre faceva scivolare il bambino tra le sue braccia.
Lucius guardò Draco con apprensione, rimanendo immobile.
“Guarda che non morde” gli sussurrò sua moglie, mettendogli le mani sulle spalle per farlo rilassare.
L’uomo sorrise nervoso, prima di dire: “Ho paura di fargli male”.
“Sei suo padre. Non potrai mai fargli del male” lo rassicurò lei, accarezzando i suoi capelli lisci.
Draco emise un versetto compiaciuto, ma Lucius si tranquillizzò solo quando vide il volto felice e sereno di Narcissa.
“Non è difficile, no?”
“No, è stato molto più difficile conquistare te” commentò lui con un ghigno, ricevendo un buffetto da parte di sua moglie.
“Potrei anche abituarmi a… ah!” si lamentò Lucius con una smorfia di dolore, mentre il piccolo Draco si svegliava all’improvviso, piangendo.
Sua madre lo tolse subito dalle braccia di suo marito, cercando di calmarlo.
Lucius, nel frattempo, si era alzato in fretta dalla poltrona, facendo cadere con un tonfo sordo il libro.
Narcissa preoccupata lo guardò camminare per la stanza, massaggiarsi l’avanbraccio sinistro e uscire poi dalla stanza.
“Dobby!” chiamò la padrona di casa, mentre adagiava suo figlio nella culla poco lontano dalla finestra.
L’elfo domestico apparve subito al suo fianco, inchinandosi fino a toccare il pavimento con il lungo naso.
“La Signora ha chiamato?” squittì impaurito, tornando diritto e stringendo i lembi della sporca federa che indossava.
“Controlla Draco” gli ordinò senza nemmeno guardarlo, prima di uscire a sua volta dalla camera. Attraversò il grande salone d’ingresso, dove trovò suo marito che le dava le spalle e si allacciava il mantello nero.
 “Lucius… non andare” lo pregò lei, avvicinandosi a lui.
“Devo. Forse hanno scoperto dove sono i Potter” spiegò senza voltarsi, per non cedere alle sue richieste.
“No!” gridò lei, abbracciandolo da dietro, pur di fermarlo. Il gesto lo costrinse a voltarsi.
 “Sai benissimo che non posso sottrarmi” esclamò con voce dura, senza soffermarsi troppo sui suoi occhi lucidi.
“Rimani con me… Rimani con noi” lo pregò ancora lei, incapace di lasciarlo andare senza sapere se sarebbe tornato.
Lucius la abbracciò e la baciò. Narcissa rispose al bacio con l’urgenza e con il timore che potesse essere l’ultimo.
“Tornerò Cissy… è una promessa” le disse, prima di staccarsi da lei e di uscire per smaterializzarsi.

Narcissa rimase per un attimo immobile davanti al portone, osservandolo mentre abbandonava lei e il piccolo Draco per costruire un mondo migliore per tutti i Purosangue, distruggendo però il suo mondo perfetto.
Tornò quasi subito dentro, poiché non si fidava a lasciare suo figlio tanto a lungo con gli elfi domestici. Lo trovò, purtroppo, ancora intento a piangere.
Cacciò Dobby, prese in braccio il bambino e cercò di calmarlo, mentre, fuori dalla finestra, nuvole grigie oscuravano il cielo che fino a un attimo prima era stato sereno.
“Non piangere, papà tornerà presto” sussurrò senza sapere se lo diceva più a se stessa che a lui. Tenendo più stretto a sé Draco, si piegò e raccolse il libro abbandonato sul pavimento di marmo. Lesse il titolo dorato, stampato con bella grafia sulla copertina blu e si chiese se il Signore Oscuro sarebbe, veramente, riuscito a rendere reale il suo progetto.
Sarebbe stata d’accordo, se solo il prezzo non fosse perdere Lucius e, forse un giorno, Draco.
Perché doveva sacrificare la loro tranquillità per i suoi piani?
Il lamento dell’erede della casata dei Malfoy catturò, però, l’attenzione di sua madre, che appoggiò Genealogie Magiche sul bracciolo della poltrona di Lucius, sperando che da lì a poco, sarebbe tornato per andare avanti nella sua lettura.
“No, non fare così. Tornerà da noi” lo tranquillizzò lei, portandolo nell’unico posto che riusciva a calmarlo.
Aprì la porta dello studio di Lucius, lasciandola aperta per sentire il rumore del portone d’ingresso e raggiunse la scrivania intarsiata che dava le spalle alla finestra.
“Dobby!” chiamò di nuovo, mentre cullava il piccolo che non aveva alcuna intenzione di smettere di piangere. Domandandosi che fine avesse fatto, si sedette insieme a Draco sulla poltrona di pelle di drago dietro la scrivania.
L’elfo arrivò di corsa e con il fiatone.
“Ai suoi ordini, padrona”.
“Perché ci hai messo tanto? Porta del tè” ordinò Narcissa, impegnata a porre fine al tormento di suo figlio.
Dobby si inchinò ed uscì in fretta dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
“La porta, stupido elfo!” sbottò, aprendola con un elegante movimento della bacchetta.
Poi la appoggiò sulla scrivania e iniziò a preoccuparsi per il pianto senza fine di Draco.
“Hai capito che c’è qualcosa che non va, non è vero?” gli parlò lentamente, stringendolo più forte al petto. “Ma adesso tornerà, vedrai” sussurrò, accarezzandogli la schiena lentamente, mentre il bambino singhiozzava un po’ più piano.
Un tuono si fece sentire fuori dalla finestra, ricordando a Narcissa che, forse, non era vero ciò che aveva appena detto a suo figlio.
Continuò ad accarezzarlo, mentre il suo sguardo vagava sui vari ripiani della libreria in mezzo ai molti recipienti per le Arti Oscure: Severus avrebbe dovuto smetterla di regalare a Lucius tutte quelle boccette di pozioni e veleni. Continuò con lo sguardo l’esplorazione dello studio di suo marito, spostando l’attenzione sulla scrivania ricoperta di carte di ogni genere.
Provò a leggere alcune righe degli atti più vicini. Ma, smise subito, vedendo entrare Dobby con il tè che gli aveva chiesto.
Gli fece segno di far silenzio, per permettere a Draco di riaddormentarsi e lo fulminò con lo sguardo, quando appoggiò il vassoio, facendo tintinnare la tazza e il cucchiaino.
L’elfo fece un inchino veloce e uscì quasi di corsa per non essere punito.
Narcissa ringraziò che suo figlio non si fosse rimesso a piangere, ormai il suo respiro si stava facendo più pesante.
Bevve un lungo sorso caldo che le diede un po’ di conforto e rimase in ascolto, sperando di sentire tornare Lucius. Sapeva che era inutile, dato che, di solito, queste “missioni” potevano durare molte ore, ma non riusciva a farne a meno: tutto attorno a lei era immobile e in silenzio.
Doveva distrarsi.
Si guardò di nuovo attorno in cerca di qualcosa da fare per aspettare ancora un attimo che Draco si addormentasse.
E la sua attenzione si pose sui cassetti sul lato destro della scrivania.
La sua curiosità le fece aprire il primo: pieno di altri documenti e carte.
Delusa dal contenuto, lo chiuse senza far rumore e la sua mano corse al secondo. Al suo interno, c’era solamente un diario con la copertina in pelle nera.
Narcissa rimase sorpresa da quella scoperta e si chiese se quello potesse essere un diario personale di Lucius.
Così lo prese in mano: sembrava molto vecchio e usato. Tuttavia le pagine gialline erano intonse: non una sola annotazione.
Spinta dal desiderio di far passare il tempo, prese la costosa penna d’aquila che aveva ragalato a Lucius, la intinse nell’inchiostro e vergò con un’elegante grafia poche parole sulla prima pagina:

Lucius, ti penso

Guardò per un attimo il pensiero che aveva espresso, ma saltò sulla sedia quando sentì all’improvviso Draco scoppiare di nuovo a piangere.
Forse si era spaventato per i tuoni.
Ripose nel cassetto lo strano libretto senza notare che le sue parole erano scomparse, troppo agitata dal comportamento di suo figlio.
Si alzò, tenendolo in braccio e cercando di calmarlo. Attraversò la stanza e tornò nell’atrio ad osservare la porta.
“Stai tranquillo” sussurrò al suo bambino, mentre pregava che si aprisse sotto al suo sguardo. Non ce la faceva più ad aspettare senza sapere.
Tornò in salotto e vide il cielo sempre più nero avanzare verso di loro.
“Non piangere. Ti prego” chiese a Draco, ripetendolo anche a se stessa.
Passando sopra al tappeto per allontanarsi dalla finestra, le venne in mente di rintanarsi nella camera segreta sotto al pavimento insieme a Draco ed aspettare lì il ritorno di Lucius.
Tuttavia ci ripensò: voleva vederlo subito quando sarebbe tornato a casa; perché lui sarebbe tornato. L’aveva promesso.
Ma il faccino corrucciato e rosso di Draco la convinse a portarlo nel suo lettino. Forse lì si sarebbe tranquillizzato.
 Diede le spalle al portone a malincuore e salì le scale che portavano al piano di sopra, facendo saltellare suo figlio ad ogni gradino per divertirlo, finché non arrivò nella cameretta tutta verde smeraldo. Era stato Lucius a volerla così, come segno di buon auspicio per il suo futuro inserimento ad Hogwarts.
Narcissa depose il bambino, sfinito per i lunghi pianti, nel suo lettino verde e si sedette accanto a lui, aspettando che si calmasse.
Si avvicinò al bordo e fece stringere l’indice alla sua manina.
“Sai che hai gli occhi di tuo padre?” gli chiese, guardando attentamente i suoi occhioni sonnolenti.
Sorrise allo sbadiglio che fece in risposta.
Appoggiò anche il mento sul lettino e, vinta dalla stanchezza, causata dall’ansia e dalla paura, si addormentò insieme a Draco.

Si svegliò di soprassalto senza sapere quanto tempo fosse passato. E vide vicino a lei Dobby. Doveva essere stato lui a svegliarla.
“Signora è arrivato…” provò a spiegarle l’elfo.
Narcissa si alzò in fretta, si assicurò che suo figlio dormisse tranquillo e corse fuori dalla stanza e giù per le scale, ignorando l’elfo domestico.
“Lucius!” chiamò, prima di vedere il portone spalancato: fuori era buio e diluviava.
Ma dov’era suo marito?
Attraversò l’atrio e finalmente sentì dei passi veloci venire dal salotto. Si affrettò, ma rimase delusa e spaventata nel vedere sulla soglia una figura scura, fatta su nel mantello nero.
Alzò in fretta la bacchetta, ma la abbassò altrettanto velocemente quando egli si tolse il cappuccio.
“Narcissa…”
“Severus! Dov’è Lucius?” quasi gridò, avvicinandosi a lui senza riuscire a trattenere le lacrime.
“È qui, ma…” iniziò a spiegarle lui, allungando una mano verso di lei.
Malgrado la debole luce, vide che la sua mano era piena di macchie rosse. Non attese un attimo di più, superò Piton, che cercò di trattenerla e finalmente lo vide, adagiato immobile sul divano.
“È vivo, ma è molto debole”.
Le parole di Severus la colpirono, proprio quando, inginocchiatasi vicino a lui, vide il suo volto pallido, i capelli bagnati e la sua veste insanguinata.
“Co-cosa possiamo fare?” balbettò, stringendo la mano fredda di suo marito.
“Ho fatto tutto ciò che potevo. Ho usato le mie preparazioni che erano nello studio” le spiegò con il suo solito tono privo di emozioni.
“Grazie, Severus” riuscì a dirgli senza guardarlo, mentre cercava di nascondere le lacrime, che le appannavano la vista.
L’aveva riportato a casa.
L’aveva portato da lei.
Molti altri Mangiamorte avrebbero lasciato morire Lucius per prendere il suo posto nella cerchia dei fedelissimi.
Sentì l’uomo spostarsi e pensò che se ne stesse andando; ma, poi, una mano si posò sulla sua spalla.
Da quel poco che sapeva di Severus Piton era che preferiva i fatti alle parole. E quel contatto riuscì a calmarla più di mille parole di conforto.
“Ti faccio portare qualcosa da bere o…” provò a ritornare in sé la padrona di casa, facendo per alzarsi, ma l’altro la fermò.
“Stai qui. Vado io” sentenziò Piton, prima di sparire dal salotto.
Narcissa strinse più forte la mano di Lucius e ricordò solo in quel momento quanto era fredda; così con un movimento veloce della bacchetta, senza chiamare Dobby, accese il camino dietro di lei.
Gli tolse alcune ciocche di capelli bagnati, appiccicati sul suo volto, e lo accarezzò come aveva fatto lui con lei molte ore prima. Sembrava così lontano quel pomeriggio.
Il suo purissimo sangue ricopriva le vesti ricamate.
“Mi avevi promesso che saresti tornato” gli ricordò, mentre altre calde lacrime le bagnavano le guance, costringendola ad abbassare lo sguardo.
“Io… mantengo sempre… le promesse”.
Narcissa alzò in fretta la testa e incontrò gli occhi grigi che tanto amava. Sorrideva e piangeva allo stesso tempo. Gli baciò la mano che continuava a tenere stretta nella sua.
Era vivo.
Era a casa.
Era tornato da lei e da Draco.
Finalmente tirò un sospiro di sollievo.
“Chi…” provò a chiedere Lucius, guardandosi attorno sorpreso.
“Severus”.
Disse solo questo in risposta, facendogli capire tutto con uno sguardo.
Lucius sorrise e si voltò verso la porta.
Narcissa fece lo stesso e vide colui che aveva salvato l’uomo che amava, fermo sulla soglia del salotto con due bicchierini di Whiskey Incendiario in mano.
Suo marito le strinse la mano. E lei capì che voleva essere lasciato solo con lui.
“Severus, vieni. Io vado a prendere Draco” lo invitò ad avvicinarsi Narcissa, mentre si alzava e si dirigeva verso l’ingresso.
L’uomo avanzò, appoggiò i bicchieri su un tavolino lì vicino e si fermò davanti a Lucius.
La donna li osservò un attimo, per poi appoggiarsi contro la parete al di là della porta, chiudendo gli occhi e tirando un sospiro di sollievo.
“Grazie, amico mio…”
Sentì la voce, ora, un po’ più forte di suo marito, rispetto a quando aveva parlato con lei.
Narcissa si sporse oltre lo stipite e vide i due che si stringevano la mano.
“Non so come ringraziarti, Severus” ammise ancora, lasciando la presa, mentre l’altro rimaneva, comunque, in silenzio.
“Ti ricompenserò in qualche modo… Ma… ti chiedo ancora una promessa…” cercò di spiegarsi Lucius.
Narcissa tese le orecchie per cogliere le sue parole, sembrava che quel discorso lo mettesse in difficoltà: i suoi occhi brillavano, illuminati dalle fiamme del camino.
“Severus… Promettimi che, se dovesse succedermi qualcosa, ti prenderai cura di Narcissa e di Draco” gli chiese con sguardo fermo.
“Non ti capiterà niente, Lucius” provò a convincerlo Severus, rimanendo, però, immobile davanti a lui.
“Promettimelo!” ripeté l’altro, come se non l’avesse sentito.
“Te lo prometto” disse semplicemente Severus, stringendo di nuovo la sua mano.

Narcissa si ritrasse velocemente prima che potessero vederla e con gli occhi lucidi corse su per le scale fino alla cameretta di Draco.
Il bambino dormiva beato senza conoscere, per fortuna, il rischio che aveva corso il mondo perfetto della sua mamma.
Si asciugò in fretta gli occhi e prese in braccio suo figlio.
Lo strinse al petto e scese piano piano le scale per non svegliarlo, mentre ripensava alle parole che aveva udito un attimo prima.
Arrivò in salotto e, quando sentirono il lieve rumore dei suoi passi, girarono entrambi la testa.
Regalò a entrambi un sorriso tremolante.
Severus teneva in mano uno dei due bicchierini. Bevve l’ultimo sorso con un “Alla tua, Lucius”, facendo comparire un ghigno sul volto dell’amico.
“Ora devo andare” si congedò, tirandosi su il cappuccio e avviandosi verso l’atrio.
Narcissa adagiò vicino a suo marito il piccolo Draco ancora addormentato e lo raggiunse al portone.
L’uomo stava già uscendo, quando si girò, sentendola arrivare.
Narcissa si avvicinò, gli pose una mano sul braccio e disse: “Grazie, Severus. Grazie per tutto”.
Egli la guardò intensamente per un attimo, per poi buttarsi sotto la pioggia battente.
Sperò con tutto il cuore che Severus avesse capito quanto gli era grata, ma allo stesso tempo, pregò che non dovesse mai portare a termine la promessa.
Chiuse il portone con i soliti incantesimi e sospirò, prima di tornare in salotto dove trovò Lucius e Draco con gli occhi chiusi.
Si accovacciò di nuovo vicino a loro e appoggiò il capo sul petto di suo marito, che ora le sorrideva.
Il suo mondo era di nuovo perfetto…
“Draco era preoccupato per te” commentò, mentre Lucius le accarezzava i capelli.
Ma fino a quanto sarebbe durato?
Scacciò in fretta quel pensiero e alzò la testa, per guardare i suoi occhi grigi.
Aveva deciso che anche Lucius doveva mantenere una promessa: “Promettimi che tornerai sempre da noi”.
“Te lo prometto, Cissy”.

 

  
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