Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Glowen    18/03/2005    15 recensioni
Bellatrix e Rodolphus, uttimi attimi di scuola, primi attimi del loro amore. {Versione molto personale e molto particolare}
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una Bella-Rod un po’ diversa dal solito…

Nota dell’autrice: allora…per quanto adori la Bellatrix/Sirius, mi sono sempre immaginata l’amore tra lei e Rodolphus come una romantica storia che rompe la monotonia di due vite oscure;

un amore vero.

Me lo sono immaginata in tanti modi e questo non è che uno di questi, ispiratomi da un bellissimo libro e dalla mente malata di mio cugino ( e da tre ore filate di poesia).

E questo è quanto.

In Join Memory of a Virgin Girl

Perchè a cambiare le persone, è l’amore.

Lestrange.

Per lei quel moro ragazzo era sempre stato Lestrange.

Lestrange il cretino;

Lestrange il gasato;

Lestrange il galletto;

Lestrange lo sborone e Lestrange l’impulsivo.

Lestrange il maledettamente bello.

Esisteva forse una sola Slytherin che non l’aveva sognato almeno una volta?

Che non desiderava di trovarselo nel letto?

Si; Lei.

E infondo era sempre stata orgogliosa di essere diversa da quella massa di gente;

o almeno fino a tre giorni prima;

era un giorno freddo e il sole stava tramontando quando si era accorta che gli occhi del suo compagno non erano neri, ma di un blu splendente.

L’aveva osservato e si era accorta che quando non era in giro per la scuola riponeva l’aria da – guardate quanto sono bello, bravo e intelligente – e diventava un ragazzo tranquillo e straordinariamente misterioso;

Smetteva di fare il cascamorto con ogni ragazza che arrivasse abbastanza vicino alla sua mano sempre pronta e soprattutto smetteva di rivolgere un’occhiata da –non osare guardarmi, oh mortale!- e chiunque avesse l’audacia di alzare il proprio sguardo su di lui.

Bellatrix l’aveva seguito con lo sguardo per molto tempo e con sorpresa aveva visto che nella Common Room stava sempre a parlare tranquillo con Trevis o a giocare con qualche altro suo amico;

ma ancora più spesso si rannicchiava in un angolo ed era così desideroso di non farsi trovare che nessuno lo notava;

si sedeva lì, illuminato da qualche fievole lampada e scriveva per ore e ore su un enorme blocco che non lasciava mai da solo;

Bellatrix credeva di star fissando il vuoto mentre pensava a queste cose ma si accorse di star fissando proprio lui, il cretino, il gasato, il galletto, lo sborone e l’impulsivo, seduto nell’angolo più buio accompagnato dal suo immancabile blocco e da una penna bianca;

per sfortuna Bellatrix non fece in tempo a distogliere lo sguardo perché si era accorta di stare guardandolo proprio quando lui aveva alzato i suoi occhi blu dal foglio e l’aveva fissata dolcemente;

Bellatrix si scoprì incapace di reagire e quando lui si alzò e le andò incontro, non si mosse;

lui le si sedette in parte e le sorrise;

un sorriso dolce, diverso da quello arrogante che sfoggiava di solito;

Bellatrix capì che quello era il suo saluto e che ora era il suo di turno e si schiarì la voce.

<< Cosa scrivi tutte le sere? >> chiese, la voce echeggiante nella silenziosa sala.

<< Questo? >> fece lui con aria vaga, alzando il blocco, che rinascose prima che lei avesse il tempo di sbirciare. Scrollò le spalle;

<< Nulla di importante >>

<< E allora perché ci sprechi così tanto tempo? >>

lui sorrise; questo era uno dei pochi pregi che Bellatrix aveva sempre saputo che aveva;

quando non sapeva cosa dire, quando si trovava irrimediabilmente contraddetto o quando aveva finito gli argomenti, non prendeva la faccia ebete come fanno molte persone;

davanti a una situazione inaspettata la sua prima reazione era il sorriso.

<< Sai, ragazzina, questa è una bella domanda >> le aveva rivolto di nuovo quell’epiteto;

ma non con la sfacciataggine che era sua solita;

l’aveva fatto più che per abitudine che altro.

<< ..Immagino dunque che non mi risponderai… >>disse lei, tanto per rompere il silenzio.

<< Ti sei accorta che non mi hai ancora detto Lestrange sei un cretino? >>.

Ecco, la sua solita abitudine di cambiare argomento che ti faceva pensare che nemmeno ti stava ascoltando;

ma chi lo conosceva bene, sapeva che non era così.

Ed era probabilmente per questo che tutti i ragazzi Slytherins che non fossero altezzosi e stupidi come Lucius Malfoy andavano da lui quando avevano bisogno di parlare o di qualche consiglio, come Bellatrix aveva notato di recente.

<< Bè, non ti stai comportando da cretino >> rispose;

lui le accarezzò qualche ciocca di capelli e lei non si mosse, continuò a fissare il muro diritto davanti a sé;

ma il suo cuore accelerò i battiti.

Non era la prima che lui ci provava, ovviamente;

ma qui era diverso.

Non le aveva urlato come fosse bello il suo culo in mezzo al salone d’Ingresso e non aveva cercato di baciarla durante Trasfigurazione, facendo impallidire la McGranitt;

no, stavolta erano solo loro due e di conseguenza non lo faceva per farsi vedere;

stavolta era diverso.

<< Allora vedi che anche i cretini cronici come me non lo sono sempre? >> disse, imitando prodigiosamente la voce della ragazza.

Lei si girò a guardarlo con un quieto sorriso e si aspettava qualche battuta sul fatto che nessuno può resistere al suo fascino ma invece il ragazzo si limitò ad alzarsi e dire sommessamente.

<< Te l’ho mai detto che al buio sei ancora più bella, ragazzina? >>

lei non rispose e lui si incamminò verso le scale, stringendo a sé il blocco come se se qualcuno l’avesse letto lui avrebbe potuto morire.

<< Vado a dormire.. >> comunicò a mezza voce e sparì nel buio delle scale.

Lei rimase ferma ancora un po’.

Lui non l’aveva detto ma lei doveva ammetterlo lo stesso: stava cedendo al fascino di Lestrange.

Ma non al fascino da arrogante galletto che al nobel per cretini l’avrebbe fatto arrivare secondo solo a suo cugino e alla sua banda di idioti.

Era ceduta al fascino misterioso del silenzioso e assorto Lestrange della Common Room.

Ma comunque fosse, non voleva entrare nella lunga schiera di accanite fans del cretino, del gasato, del galletto, dello sborone e dell’impulsivo;

del maledettamente bello.

Mai e poi mai.

Stava cercando di fare ordine nella propria mente, quando vide un foglio, proprio in parte al divano.

Era del suo blocco;

mai nessuno, nemmeno il suo fidato amico Trevis, aveva avuto l’onore di leggere ciò che il ragazzo scriveva;

ora lei ne aveva l’occasione.

E la voglia di scoprire altro su quel ragazzo che credeva di conoscere ma aveva scoperto così diverso da come lo credeva, prevalse.

Raccolse il foglio e sentendosi un po’ in colpa lo lesse;

era Francese, ma lei lo conosceva abbastanza bene.

Le guance le diventarono rosse.

Era una poesia.

Ed era dedicata a lei.

Il titolo era ‘In Join Memory of a Virgin girl’ e, anche se non capì ogni parola, il suo nome spiccava chiaro nella prima riga.

Bellatrix Black;

Bellatrix Black in ogni mio pensiero

In ogni mia lacrima

Bellatrix Black che cerca di opporsi al destino

Bellatrix Black;

dolce ed immortale rosa nera.

Oscuri i suoi occhi e dolce il suo sorriso

Che ogni notte vedo nel sonno.

Nessuno sa in realtà chi sia Bellatrix Black

Oh dolce ed immortale sole nero.

Ma questa poesia non è un altro inno alla sua bellezza maligna.

Questa è in memoria della Bellatrix che era, per quanto nessuno sappia quello che significhi.

Perché la rosa nera, il sole oscuro presto muterà sembianze, come un dolce fiore dell’ade che sboccia in frutto.

La pura, la candidamente oscura Bellatrix non esisterà più.

Ascoltate oh voi questo mio inno

Abbiate memoria di queste mie parole, ultimo inno alla libera ed intatta Bellatrix Black

In Join memory of a virgin girl’

Bellatrix non fu sicura che fosse la traduzione esatta- anzi, probabilmente non lo era- ma il significato era sicuramente quello.

Che fare?

Stringendo il foglio tra le mani prese le scale che portavano ai dormitori maschili.

Bussò alla seconda porta che incontrò e la sua voce risuonò chiara e dolce.

‘Entrez’

avanti.

Posò la mano sulla maniglia e si stupì di come fosse difficile abbassarla.

Quando riuscì ad aprire la porta si accorse che la stanza era piuttosto buia;

ma lei al buio c’era abituata.

O per dirlo con la frase di quello che ora sapeva essere un poeta era la reine de l'obscurité.

La regina dell’oscurità.

Lestrange era seduto sulla scrivania, la schiena appoggiata al muro e la fissava intensamente con quegli occhi profondi, leggermente coperti dai neri capelli.

Il solito arrogante;

il solito cretino, gasato, galletto, il solito sborone e il solito impulsivo.

Il solito maledettamente bello.

Il poeta.

Lei gli mostrò il foglio e stava per aprire bocca;

si immaginava un espressione stupita, quasi di paura, uno scatto improvviso per riprenderselo come aveva fatto una volta che una Rewenclaw aveva osato raccogliergli il blocco che gli era caduto;

ma lui rimase fermo.

<< …Credo sia tuo >> disse allora lei.

Lui scese dalla scrivania e nel silenzio che circondava il maniero le si avvicinò.

Lei era qualche centimetro davanti alla porta;

lui le si mise in parte e facendo finta di vedere che foglio era, chiuse la porta.

Lei si girò di scatto.

Cretino;

gasato, galletto, sborone ed impulsivo.

Le stava bene, imparava a fidarsi, ad abbassare le difese.

Lui non era affatto diverso!

Si era sbagliata!

Era il solito cretino, gasato, galletto…il solito…..maledettamente bello!

Perché la fissava così? Quell’espressione dolce…gli occhi che brillavano nel buio.

Voleva solo chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare da lui.

Pur sapendo che ciò non era reale..

Lui le prese dolcemente il foglio dalle mani e lo lesse, mentre muoveva qualche passo nella stanza buia.

<< Si, è mio >> disse infine << …Spero tu non ti sia offesa >>

lei scrollò le spalle.<< Figurati >> disse.

Se c’era una cosa bella a vivere a Villa Black era che imparavi a mentire.

Lui lesse ancora una volta il foglio e poi << Grazie di avermelo portato >>

Lei scrollò di nuovo le spalle. << Posso chiederti una cosa però, poeta? >>

Lui non si mosse e non diede segno di aver sentito.

Lei parlò lo stesso.

<< Mi potresti spiegare che cosa vuol dire? >>

si trovò di nuovo quei meravigliosi occhi blu a fissarla.

<< …Credevo sapessi il Francese… >>

<< Si, ma non ne ho capito il senso lo stesso >>

<< Bè, è difficile comprendere una poesia! Soprattutto se è scritta dalla malata mente di un cretino come me, no? >> disse, quasi volesse provocarla.

<< Non sei un cretino>> disse lei senza pensare; solo quando ormai aveva parlato si accorse di ciò che aveva detto e rimediò << bè…non sempre almeno >>.

Lui annuì piano con la testa.

Era tornato ad avvicinarsi.

<< Sai perché mi sono appassionato alla poesia? Perché nessuno me l’ha mai spiegata…ho imparato a comprenderla da solo ed è diventata parte integrante della mia vita >>

<< …Io non sono interessata alla poesia >> disse lei, notando che lui –tanto per cambiare- era troppo vicino.

<< No, certo che no. ma non ho intenzione di spiegartela lo stesso >>

<< Secondo te cosa cambia una persona? intendo, cosa la fa smettere di essere pura e intatta? La violenza? Il sesso? >>

lui era così vicino;

parlò e lei sentì il suo fiato, mentre la parola che lui aveva appena detto le faceva provare una splendida sensazione in tutto il corpo.

<< L’amore >>

disse Lestrange e la baciò con delicatezza.

Aveva già tentato di farlo per ben due volte, a Trasfigurazione e in Sala Grande;

ma stavolta, era diverso.

Lei non si tirò indietro;

fu un bacio lungo ma tranquillo;

quando infine si staccarono, lei non seppe che fare.

<< Grazie per avermi riportato il blocco >> disse lui e si mosse verso la scrivania ;

Bellatrix mise la mano sulla maniglia, ma prima che potesse aprirla, lo sentì recitare a mezza voce

<< Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour. >>

i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno

sono altrove, lontano

più lontano della notte

più in alto del giorno

nella luce accecante del loro primo amore

 

<< Jaques Prevert.. >>mormorò allora Bellatrix e lui le sorrise.

<< Lo conosci ? >>

<< Me l’hanno fatto studiare… >>

rimasero ancora in silenzio.

<< Come mai sei ancora qui? >>chiese allora lui, con un tono monotono, mentre fissava il vuoto.

<< Non lo so… >>disse lei e dopo un attimo di silenzio durante il quale lui continuò a camminarle intorno aggiunse << …perché non me lo dici tu? >>

si baciarono di nuovo, con passione e con desiderio;

Bellatrix si trovò contro il muro, spinta dalla passione che era nata e mentre lo baciava non desiderava che rimanere li tutta la vita;

tempo e spazio non esistevano più;

c’erano solo loro due e nient’altro intorno.

Mentre sentiva le sue mani carezzarle i neri capelli, Bellatrix si accorse di una cosa;

credeva che cose del genere succedessero solo nei libri, ma dovette ricredersi;

non se n’era mai resa conto in tutto quel tempo ma era come se avesse vissuto solo per quel momento;

o per dirlo con parole più semplici, lei amava Rodolphus Lestrange.

In Join Memory Of a Virgin Girl.

**

  
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Glowen