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Autore: Shichan    06/02/2016    1 recensioni
Miyuki sa meglio di chiunque altro che a volte è più facile annientare gli altri che soffocare se stessi, eppure ora guarda Eijun e pensa sarebbe comodo conoscere un modo per non dover fare né l'una né l'altra cosa.
Mei è pieno del suo talento, passa le dita sul pianoforte come se le passasse sul proprio corpo, perché lo strumento non è un tramite ma espressione pura di sé.
Satoru è stato così abituato alla figura che vedeva nello specchio, da trovare insopportabile il pensiero di poter essere qualcosa di diverso - o di volerlo diventare: finge meglio di quanto lui stesso creda, tranne che con Haruichi.
Per tutti e tre, respirare non è mai stato così difficile.
[MiSawa, FuruHaru, MiyuMei (passata); tematiche delicate, consigliata la lettura delle note al primo capitolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eijun Sawamura, Kazuya Miyuki, Mei Narumiya, Satoru Furuya
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Qualche nota iniziale, giusto per: tutta la famiglia Sawamura si è trasferita da Nagano a Tokyo, e si sono ritrovati vicini di casa di Kuramochi; la maggior parte dei personaggi è ancora invischiata nel baseball, ma l’elemento di per sé è meno presente (ma riscontrabile a più riprese, come si vedrà).
Potrebbero esserci note come questa di volta in volta, piccoli dettagli cambiati e adattati alla realtà di questa au. Spero risultino sempre chiari (L)

 

 

 

 

 

 

Non sa dire se quello che ha fatto può considerarsi immensamente stupido, tanto da fargli temere di essere stato contagiato da Sawamura, o se tutto sommato può fingere che sia stata una decisione ponderata in base a una serie di pro e di contro che non saprebbe nemmeno elencare – forse perché non li ha neanche cercati.
Il problema non è per se stesso: Miyuki si conosce abbastanza da sapere che uscire una volta con Eijun non intaccherà la sua vita al punto tale da sconvolgerla, nel bene o nel male; ha un equilibrio tutto suo, che alcuni (Kuramochi) nemmeno definiscono vero equilibrio a dirla tutta, ma la cosa non è mai stata un problema. Kazuya non ha mai dato importanza all’opinione degli altri sulla sua persona. Non sono pochi a credere si sia crogiolato durante tutti e tre gli anni del liceo per la propria popolarità acquisita grazie al baseball, o per lo stuolo di fan che aveva.
La verità è che non gli è mai interessato particolarmente niente di quello che lo circondava; le uniche cose che contavano erano il baseball – e altro elemento al riguardo dello stesso – e il proprio andamento scolastico. Per il resto, non c’era mai stato niente di così fondamentale e allo stesso tempo “esterno” al suo modo di essere: non gli importava che gli altri lo considerassero un buon compagno o meno, non gli pesava non avere veri e propri contatti al di fuori di quelli con la squadra o con il campo come unica base del rapporto – motivo per il quale, lontano dal diamante, quel presunto legame moriva abbandonato a se stesso, o al massimo si manteneva su una sterile cortesia. I complimenti magari hanno nutrito il suo ego, certo, ma non hanno mai avuto un’importanza tale da sentirne la mancanza se non gli venivano rivolti.
Questo era stato per anni, dalle medie al liceo, e questo è ancora oggi.
Avere un appuntamento con Eijun non lo preoccupa al pensiero che, se non andasse bene, non sopporterebbe la mancanza dell’altro ragazzo nella sua vita. Lo angoscia più l’idea di un Eijun che possa riscoprirsi innamorato di lui.


Qualcuno la definirebbe “fortuna nella sfortuna”.
Kazuya personalmente odia quel modo di dire applicato alla sua situazione, giacché nell’insieme di questioni che l’adolescenza gli ha messo di fronte perché potesse affrontarle e – al pari di ogni suo coetaneo – sentirsi in diritto di fare le solite affermazioni quali “la vita fa schifo”, non figura il problema della sua identità sessuale. Più o meno.
Si riconosce un’intelligenza superiore a molti della sua età e se l’attribuisce da diversi anni peraltro, insieme a un’apertura mentale più che discreta. Non che abbia semplicemente preso atto della cosa quando gli si è presentata davanti, ma la soluzione finale, la comprensione ultima, quella sì; l’ha accolta a braccia aperte perché era molto più sopportabile di qualsiasi alternativa.
Al primo anno delle superiori, in piena estate, Miyuki ha scoperto che ricevere una dichiarazione da qualcuno del proprio stesso sesso non era particolarmente disgustoso; suonava alle sue orecchie come una cosa più o meno normale, proprio come gli apprezzamenti delle ragazze nei suoi confronti: entrambi lo lusingavano dal punto di vista del proprio ego, entrambi lo lasciavano perplesso perché non capiva davvero cosa potesse piacere loro a parte il suo aspetto, entrambi non lo smuovevano granché dal punto di vista emotivo. Entrambi, infine, gli facevano pensare “perché no?”, se la persona che aveva di fronte tutto sommato lo stuzzicava un minimo.
Così, per la prima volta era uscito con un ragazzo – in maniera molto infantile, forte di nessun’altra esperienza se non di qualche vaga frequentazione alle medie e solo con ragazze.
Era durata poco e niente: si erano avvicinati per il baseball, e nel momento in cui l’altro aveva lasciato il club – troppo impegno, allenamenti sfiancanti – il tempo da condividere si era ridotto a poco e nulla; si erano allontanati con la stessa facilità con cui si erano avvicinati, e Kazuya aveva capito che un “mi piaci” da manuale delle dichiarazioni sul retro della scuola raramente aveva un valore.
La sua prima relazione degna di essere così definita, non fosse altro perché durata ben quattro mesi, risale al suo secondo anno; una senpai del terzo gli si era dichiarata e lui aveva accettato – era bella, con un carattere interessante per quel che aveva avuto modo di osservare, e di nuovo si era detto “perché no?”.
Non erano esattamente compatibili, di quelle coppie dagli innumerevoli interessi comuni, ma se non altro lei non aveva mai rinfacciato a Kazuya di avere poco tempo da dedicarle per colpa del baseball e lui si era sentito spronato in qualche modo a riservarle almeno i momenti in cui lo sport non occupava la sua vita. Uscivano insieme nei week-end liberi, lei veniva a tifare alle amichevoli della sua squadra, pranzavano in un angolo del giardino quando il tempo lo permetteva;
poi, dopo i primi due mesi di frequentazione, erano arrivati tutti quegli atteggiamenti che in una coppia adolescente si affacciano per la prima volta – per Miyuki non era stato il primo bacio, casto o meno che fosse, ma c’era stato il primo rapporto fisico, quello sì.
Due mesi dopo Kazuya era di nuovo single. Non perché il sesso fosse stato catastrofico, non perché improvvisamente si vedevano meno; Kazuya non aveva più voluto fare sesso, non si era più voluto avvicinare fisicamente alla sua ragazza e questo, per quanto non fosse né uno psicologo né un esperto di relazioni sentimentali a lungo termine, gli aveva suggerito che qualcosa non andava.
Ora è certo non ci sia nulla che non va, non nel senso di una cosa sbagliata che di solito si attribuisce all’espressione. A Miyuki il sesso non piace, non ne sente il bisogno e gli sta più che bene un rapporto platonico; del rapporto con quella ragazza – e, sì, anche di alcuni venuti dopo di lei perché per istinto aveva tentato di nuovo – percepisce l’insieme fisico come due corpi sudati che si strusciano l’uno con l’altro, le mani che si muovono nell’intimità altrui come qualcosa di fastidioso e causa di un disagio non indifferente. Si è masturbato nella sua vita, com’è ovvio e naturale che sia, ma solo quando non può farne a meno. Non avverte il bisogno del sesso e vive benissimo senza.
Ma questa è una cosa che non condividono molte persone, almeno nella cerchia che rientra nella sua quotidianità; ma anche al di fuori di essa, non è così scontato incontrare qualcuno che la pensi nello stesso modo. Ragion per cui, anche le relazioni sono sempre più complicate.
Prima di tutto perché gli altri non capiscono: troppe volte Miyuki si è ritrovato a dire a qualcuno di non avvertire alcun impulso sessuale e a essere guardato con perplessità, sentendosi rivolgere domande piene di scetticismo. Kazuya di per sé non si fida delle persone, non vi si lega facilmente, e la maggior parte dei suoi rapporti personali sono superficiali, conoscenze che condividono una sfera della sua giornata e niente di più – i compagni di baseball al liceo, i colleghi dell’università e del suo lavoro part-time ora – e viene da sé quindi come non passi il suo tempo a specificare il modo in cui si destreggia nella propria vita (non) sessuale.
Sa bene, però, che non è facile; sa per esperienza che una relazione con una persona che prova attrazione sessuale verso di lui non è facile, e quasi sempre sarà destinata a finire. L’ha presa con molta filosofia considerando il tutto un semplice volere cose diverse, ed è giusto che entrambi cerchino il meglio per sé. Quel “meglio”, per Miyuki, è racchiuso in una sfera unicamente sentimentale. Non esclude a priori di poter un giorno fare sesso con il proprio partner, ma al momento gli sembra qualcosa di molto difficile e distante dalla percezione che ha di sé.
E Kazuya sa di non avere bisogno di doversi spiegare a qualcuno, ora come ora.
Non lo preoccupa il pensiero di un appuntamento con Eijun, perché lui ne uscirà comunque tranquillo.
Ma non può dire lo stesso per Sawamura. E comunque lo si guardi, Eijun è una persona così calda, piena di troppe cose e fisica, che Miyuki non potrebbe mai alimentare niente di lui; solo spegnerlo.
Non sa se vuole farlo.

Il ristorante per famiglie dove Kuramochi lavora part-time gli piace, anche se è chiaro che all’inizio ci sia andato più per il gusto di vedere l’altro obbligato a trattarlo con la gentilezza dovuta a un cliente; la cosa è andata sfumando nel momento in cui Miyuki è diventato un abituale del posto e anche la padrona lo ha identificato come amico di vecchia data. Kuramochi ora può continuare a mandargli maledizioni per nulla velate senza rischiare di essere licenziato dal posto di lavoro che gli permette di risparmiare da un anno a questa parte per pagarsi un corso che non vuole assolutamente far pesare sui suoi genitori.
Tipico di Youichi, ha pensato Miyuki quando l’altro glielo ha detto, parlando dei loro piani post diploma.
Evidentemente che ora il suo capo lo faccia sentire legittimato a rispondergli a tono, in virtù del fatto che la loro amicizia implichi un’assenza di lamentele da parte di Miyuki per gli insulti di Kuramochi, è di grande conforto per Youichi; almeno a giudicare da come poggia bruscamente il bicchiere d’acqua di fronte a Miyuki e senza neanche un saluto sputa fuori un: «Giuro che se Sawamura continua a confidarmi cose sul vostro “forse appuntamento” ti incendio casa.»

Miyuki ghigna, e non si dà nemmeno la pena di nasconderlo, cosa che gli vale un sospiro pesante e in un certo senso rassegnato da parte dell’altro, condito da un: «Tu hai dei problemi, lasciatelo dire.» che sottintende un “problemi con quella personalità di merda che ti ritrovi”, implicito probabilmente a causa della famiglia con pargolo al seguito che è appena passata dietro Kuramochi.
Youichi estrae il blocchetto delle ordinazioni dalla tasca sul grembiule nero che indossa, e recupera la penna poco dopo, fissando quindi il suo cliente in attesa dell’ordinazione. Miyuki non ha bisogno di guardare il menù per decidere cosa vuole mangiare; l’altro prende nota e fa per muoversi verso la cucina. Lo ferma proprio la voce di Kazuya, che sta tirando fuori il portatile – non è raro che si porti qualche saggio da scrivere lì, lavorandoci al caldo nell’atmosfera famigliare di quel ristorante – e gli rifila un: «Allora devi solo sperare che l’appuntamento non ci sia.»
Lo dice di proposito, perché non importa quante volte Youichi dica che Sawamura è rumoroso, idiota o insopportabile; sa che non gli augurerebbe il male in nessuna forma, sia perché non è da lui, sia perché è più affezionato a quel suo vicino di casa di quanto non gli piaccia ammettere. Miyuki sospetta che l’altro si senta perfino responsabile, avendoli presentati lui stesso.
Kuramochi non gli dà apertamente dello stronzo, ma l’occhiata che gli lancia parla da sé.

Il tempo in quel ristorante passa sempre velocemente: per lo più grazie al portare sempre con sé qualcosa da fare, di solito inerente all’università, ma ci sono anche volte in cui si sofferma a guardare le famiglie che mangiano lì, con una curiosità di fondo che non sfocia mai nell’indiscrezione.
Youichi ogni tanto passa e fa due chiacchiere con lui, ma sono per lo più scambi brevi quando ha una scusa per soffermarsi al suo tavolo – dopotutto per Kuramochi si tratta di lavoro, non può certo fermarsi a mangiare con lui né Kazuya glielo chiederebbe mai. A eccezione di quei brevi momenti, quando a Miyuki iniziano davvero a incrociarsi gli occhi tra le presentazioni in power point che descrivono minuziosamente le fasce muscolari da trattare in questa o l’altra casistica, si muove sempre nello stesso modo: si libera per un attimo degli occhiali, massaggia le tempie, e allontana il portatile. In quei momenti lascia vagare lo sguardo su quel locale confortevole e pieno di odori, di buon cibo, di quell’atmosfera che ricorda un po’ quella che aleggia a Natale e che sembra trascinarti quasi a forza in una spirale di felicità e buoni propositi, e la sensazione che tutto andrà per il meglio. A pensarci bene, in effetti, Natale non è poi così lontano: Dicembre ormai li ha raggiunti, le strade cominciano ad essere già illuminate per aumentare l’attesa di chi ha abbastanza tempo per osservarle mentre cammina.
Con le festività ormai così vicine, Miyuki sa che a essere una realtà palpabile sono anche gli esami e i test: non solo universitari, ma anche del liceo, e questo gli riporta alla mente di Kazuya che la possibilità di un appuntamento con Sawamura non è poi necessariamente così poco realistica come potrebbe sembrare – hanno fatto un patto, dopotutto, e Eijun sembra stupido abbastanza da prenderlo a cuore come fa con ogni cosa, in pratica.
Miyuki non sa bene cosa pensare della loro scommessa: che Sawamura tentasse il tutto per tutto proponendola ce lo si poteva aspettare, ma che lui gli desse corda no. Forse non crede davvero che possa riuscire a ottenere dei voti che – nonostante le ripetizioni – continuano a essere sopra gli standard di Sawamura.
Scuote impercettibilmente la testa, un mezzo sorriso di scherno verso se stesso, e gli occhi tornano a vagare per il ristorante mentre la mano va a prendere il bicchiere, portandolo alle labbra. Miyuki non prova più tanta nostalgia come in passato, nel vedere famiglie come quelle che sono lì: un tempo forse viveva male quella sorta di diversità rispetto ai suoi coetanei, fatta di un padre indaffarato e una madre sparita dalla sua vita troppo presto; ha un vago ricordo di se stesso che si adatta all’assenza, e non è sicuro di quando abbia smesso di pesargli o quando lui abbia arbitrariamente deciso che non era questa grande tragedia.
Per questo non è sicuro di poter dire che la sua incapacità relazionale sia figlia dell’assenza in cui è cresciuto – assenza in generale, assenza di una famiglia completa e di un genitore presente, assenza di un’infanzia fatta di piatti caldi già sul tavolo al suo rientro, di tifo alle sue partite e quel calore per cui non serve necessariamente un abbraccio.
A volte ci pensa e si dice che non è quello il punto: probabilmente anche se suo padre gli avesse chiesto ogni domenica di fare due lanci insieme e sua madre lo avesse visto diplomarsi lui sarebbe stato proprio così, capace di analizzare le persone e per questo poco incline a legarsi davvero; troppo attaccato all’idea di preservare se stesso per mettersi in gioco al punto da dipendere da qualcuno e dall’avere qualcuno che in una certa misura dipenda da lui. Ancora meno crede di non voler finire al letto con le persone solo per quella che è stata la sua infanzia, specie considerando che non ha avuto traumi di alcun genere, né niente di simile.
Semplicemente, ci pensa e si fa la stessa domanda di tanto in tanto, per controllare che sia tutto a posto e che la risposta non sia cambiata – perché quello lo manderebbe davvero in confusione, forse, uno stato in cui non ricorda di essere stato negli ultimi anni –, per essere sicuro di potersi ancora permettere di vivere con se stesso come unico alleato.
I compagni di squadra sono in campo, e fuori da esso quello che c’è dentro non sempre conta qualcosa. O non dura. Non ne ha mai fatta una tragedia, Miyuki; lui si è adattato, perché è la cosa che sa fare meglio da tutta la vita.


A ben pensarci, Miyuki si sarebbe dovuto aspettare qualcosa di simile da Sawamura Eijun. È così nelle sue corde, che non ha idea di come non abbia pensato all’eventualità – a sua discolpa, Miyuki si era illuso che Eijun avesse almeno un poco di pudore.
Sbagliava.
E quell’errore di giudizio gli sarebbe costato le prese in giro velate da parte di Kominato Ryousuke, con quella nota di sadismo ben nascosto che il tono altrui era sempre stato in grado di nascondere abbastanza da non essere esagerato, ma non così tanto da vivere nell’ignoranza di quali terrificanti conseguenze portasse con sé fare un qualsiasi torto allo studente più grande. Miyuki aveva frequentato il liceo con lui, o meglio, era stato in squadra con l’altro durante quegli anni, insieme anche a Kuramochi. Aveva imparato che non si scherzava con Ryousuke, specialmente su certe cose – specialmente su suo fratello minore.
Deve ammetterlo, però: se i ruoli fossero invertiti lui sarebbe il primo a sfruttare una così ghiotta occasione per sfottere l’altro più o meno velatamente. Ma nonostante questo è abbastanza sicuro che non avrebbe mai potuto prevedere di ritrovarsi Eijun nell’atrio della sua facoltà, l’aria agitata di chi cerca qualcosa o qualcuno con foga; aria che si era fatta trionfante quando i suoi occhi avevano trovato la figura di Miyuki tra tanti, per poi dirigersi verso di lui fino a raggiungerlo e, senza nemmeno un saluto, piazzargli sotto il naso un foglio rettangolare.
Miyuki lo aveva preso, non senza una certa perplessità, analizzandone il contenuto. La sorpresa era stata difficile da mascherare: il pezzo di carta riportava fedelmente i risultati degli esami invernali di Sawamura. Incredibile ma vero, tutti i voti concordati erano stati superati – non che improvvisamente fossero spuntati fuori cento a non finire, ma la sufficienza c’era.
A quel punto lo sguardo vittorioso che non aveva mai vacillato sul viso di Eijun era stato chiaro, ma l’altro aveva avvertito il bisogno di chiarirne la ragione.
«Ho rispettato il patto!» aveva esclamato, come se Ryousuke non fosse nemmeno presente lì con loro «E ora devi rispettare il tuo, quindi mi devi un appuntamento!» aveva esclamato, mettendo su un broncio leggero, immaginandosi probabilmente che Miyuki gli avrebbe rifilato una presa in giro di qualche tipo. E lo avrebbe fatto, Kazuya, lo avrebbe fatto davvero in altre occasioni. Avrebbe potuto fargli notare quanto fosse idiota ad applicarsi nello studio solo quando c’era un premio in palio, o come sarebbe stato sufficiente che lui si applicasse con la metà della forza che usava per sbraitare, per avere dei voti “comodi” abbastanza da non richiedere ripetizioni né esami riparatori.
Invece si era fatto fregare da quello sguardo – gli aveva ricordato al tempo stesso un bambino che ha ottenuto i risultati sperati e ora vuole sentirsi dire che è stato bravo e quanto si è fieri di lui, e un cucciolo che eseguito un ordine attende fiducioso il biscottino.
Aveva tutti gli elementi per prenderlo in giro ma non lo aveva fatto. Perché mentre pronunciava quelle parole Eijun aveva assunto un’aria imbarazzata, mal celata sotto la falsa spavalderia che stava ostentando – e Miyuki, contro ogni logica e suo modo di essere, non era riuscito a fare altro che ridere.
La faccia di Sawamura di fronte a quella reazione inaspettata era stata impagabile, e la sua testardaggine è il motivo per cui ora Miyuki sta aspettando al punto d’incontro che hanno scelto, a ridosso dell’ora di pranzo, per concedere quell’appuntamento messo in palio, convinto che non sarebbe servito nemmeno ricordarsi di quella sorta di scommessa.
Si aspettava un ritardo, invece Eijun gli sta andando incontro in quel momento, una mano che già scatta verso l’alto per richiamare la sua attenzione; gli rivolge uno sguardo, ma nessun gesto, ritenendolo superfluo. Lo accoglie con il sorrisetto divertito che di solito gli vale sempre qualche insulto o un’espressione guardinga da parte del suo interlocutore, proprio come accade ora.
«Stai tramando qualcosa.» borbotta Sawamura e lui inarca un sopracciglio, fingendosi ferito da quell’insinuazione, ma c’è solo divertimento nel tono di voce quando gli risponde un: «Non ti si può nascondere niente, Sawamura.»
Probabilmente non ci ha messo abbastanza impegno, perché Eijun non lo prende sul serio, limitandosi a portare le mani nelle tasche del cappotto che indossa e stringendosi nelle spalle, il naso che quasi sparisce dietro la sciarpa blu, attutendo parole borbottate che Miyuki non riesce a decifrare ma per le quali non chiede spiegazioni. Decide piuttosto di evitare da subito un silenzio scomodo tra loro: «Allora» esordisce osservandolo «dove mi vuoi portare, Sawamura?»
Non lo fa proprio con l’intento di metterlo in difficoltà, per quanto vederlo concentrarsi come se cercasse una risposta ai misteri del mondo risulta – per Miyuki – estremamente divertente. Lo domanda perché dopotutto è stato l’altro a voler uscire con lui, e può supporre che a qualcosa abbia pensato; ma anche se stesse improvvisando, cosa assai probabile in effetti, non pensa sia una cattiva idea lasciarlo fare. D’altronde Kazuya non ha mai avuto un’aspettativa precisa su quell’uscita, né un’idea di come vuole che vada a finire.
«Beh» comincia Eijun, allontanandolo da quelle considerazioni «...è ancora presto per mangiare. Possiamo… insomma, volendo ci sarebbe—»
Miyuki rimpiange un po’ averlo lasciato alle sue elucubrazioni, perché ha la sensazione che non decideranno in tempi umani. Perciò gli rivolge le parole che più di una volta ha pronunciato per prenderlo in giro: «Sawamura, non applicarti troppo nei ragionamenti. Ti fa male e non ti si addice.» gli fa presente e sogghigna, preannunciando già lo sbraitare dell’altro, e quello comincia – e muore, forse perché persino Eijun si rende conto di essere in mezzo ad una strada trafficata – con un “bastardo” che lo fa ridacchiare perché, davvero, come lo insultano con tanto impegno Sawamura e Kuramochi, nessun altro lo fa.
«Intendevo dire» riprende Eijun con l’espressione di chi potrebbe mordere una mano se interrotto di nuovo con qualcosa di stupido «che pensavo di passare in un negozio. Di articoli sportivi. Per roba da baseball.» pronuncia, sbirciandolo in viso alla ricerca di una reazione che preannunci in qualche modo la risposta. Ma non gliene dà comunque il tempo, aggiungendo frettolosamente un: «Se ti va, altrimenti possiamo andare da un’altra parte, eh!» e Miyuki non sa se interpretarlo come un tentativo di essere galante (senza riuscirci, non senza accompagnare la cosa con molta goffaggine) o se ci sia altro dietro.
Eijun tace sul serio, stavolta, non dando ulteriori spiegazioni; sembra solo restare sulle spine, finché Kazuya non annuisce e si incammina per primo. Sawamura lo affianca quasi subito, e il silenzio che si sono dati la pena di evitare cala tra loro. Buon per entrambi che Eijun non sia tipo da lunghi momenti di imbarazzo latente, anche se ne prova lui stesso.
«Non ci dobbiamo andare per forza.» chiarisce, come se temesse di venire assecondato controvoglia. Miyuki volta appena la testa quanto basta a guardarlo, tornando quasi subito con gli occhi sulla strada che stanno percorrendo: «Ho detto che va bene.» tecnicamente non lo ha pronunciato, ma è chiaro «Non ti facevo tipo da ritrattare, visto come sei venuto fino all’atrio della mia facoltà per farmi presente che ti dovevo un appuntamento.» lo prende in giro, senza alcuna nota piccata o infastidita nella voce.
Tanto basta per imbarazzare Eijun, ma fortuna (o sfortuna) vuole che la sua reazione non sia minimamente quella cliché di una ragazzina della sua età, com’è poi anche normale; certo, sentirsi dare una spallata e apostrofare con un «’sta zitto.» ben poco rispettoso non è il massimo, ma Kazuya si è abituato anche a questo ormai. C’è qualcosa in quel modo di fare che lo fa sentire a proprio agio, nonostante di per sé non sia mai portato a esserlo con chi non conosce bene – va detto anche che, per quanto superficialmente, è abituato alla presenza di Sawamura da mesi ormai.
«Youichi-san ha detto che non giochi più a baseball, ma non so perché.» riprende, e Miyuki impiega qualche attimo a metabolizzare e a capire; l’incurvarsi di labbra è appena accennato, ed è sicuro che Eijun non abbia tempo né modo di interpretarlo correttamente. Quanto a lui allunga una mano tenuta in tasca fino a quel momento, e picchietta con un dito contro la testa altrui. Non è un vero e proprio contatto, ma c’è un’assenza di qualsiasi tipo di disagio significativa.
«Non ho smesso per nessun motivo tragico.» gli chiarisce, sottintendendo che non ci sono problemi se vanno in un negozio ad acquistare articoli baseball: «Ho scelto un’università che mi porta via tempo. E io non sono tipo da fare le cose a metà.» chiarisce, tornando con la mano lungo il proprio fianco.
La decisione magari non era stata facile, da prendere, ma le considerazioni fatte erano state semplici, immediate quasi: Miyuki era sempre stato il tipo da dare il massimo nel baseball, per non dover mai dire un giorno “avrei potuto fare di più”. Aveva consacrato i tre anni del liceo a quello sport, e aveva sempre saputo che se avesse deciso di continuare sarebbe stato lo stesso, incapace di prendere sotto gamba qualcosa che era stata così importante. Tra l’altro perdere non era mai stato nelle sue corde, e questo vale ancora oggi a distanza di tempo.
Quando ha deciso di studiare all’università ha capito subito che non avrebbe potuto portare avanti le due cose insieme, proprio per quella sua forma mentale di dare tutto, fino all’ultimo. Ha semplicemente scelto, ma non rimpiange quello che ha lasciato indietro – e poi a volte gioca ancora, si incontra con i vecchi compagni, almeno quelli meno impegnati e in zona. Non ha avuto nemmeno tempo di sentire la mancanza di Kuramochi che gli sbraita contro, o di Ryousuke che forma con Youichi un’accoppiata perfetta da far saltare quasi i nervi.
Ovviamente, fregarli partita su partita è una delle sue maggiori gioie da ex ricevitore.
«Cos’è, sei un mio fan?» lo prende in giro, perché sarebbe strano non farlo, e Miyuki non cambia il modo di rapportarsi con le persone solo perché ha un appuntamento con loro; è abbastanza chiaro che Sawamura non si aspetti alcun trattamento di favore, in compenso anche lui si mantiene fedele a se stesso con una delle sue uscite imprevedibili, quando borbotta qualcosa a proposito di “articoli che parlavano di Miyuki, ogni tanto” prima di infilarsi a tradimento nel negozio di articoli sportivi raggiunto nel frattempo.

Contro ogni sua aspettativa, questo Kazuya deve ammetterlo, si è rivelato piuttosto piacevole passare un intero pomeriggio con Sawamura: il negozio che ha fatto da prima meta ha occupato una buona parte del loro tempo, entrambi – nemmeno a dirlo – presi dal reparto dedicato al baseball. Ha scoperto che, nell’osservare i guantoni, Eijun sa essere incredibilmente silenzioso.
Dopo quello, è stata la volta di una libreria, non fosse altro perché era nei paraggi e Miyuki ha deciso di risparmiarsi un viaggio inutile il giorno seguente: hanno deviato nel negozio, beandosi dell’ambiente riscaldato così diverso dalle strade. Ha perso Sawamura fra gli scaffali a un certo punto, e si è stupito – non mancando di prenderlo in giro – di ritrovarlo con la testa fra alcuni volumi. Tralasciando le battute scontate su quanto sorprendente fosse scoprirlo capace di leggere kanji, cosa che gli è valsa un paio di epiteti non esattamente signorili, Miyuki si è riscoperto quasi ad analizzare il ragazzo più giovane.
Nei sei mesi passati, ha visto di lui solo i lati di uno studente non troppo brillante e poco predisposto allo studio, che però cerca di recuperare facendo del suo meglio, deciso a raggiungere un obiettivo. Questo Miyuki lo ha apprezzato da subito, così come ha semplicemente archiviato la totale mancanza di tatto in Sawamura, nonché di rispetto dei ruoli. Non ha mai pensato a come il ragazzo possa essere sul campo da baseball, non ne ha nemmeno una vaga immagine in testa nonostante Kuramochi gli abbia assicurato che “è rumoroso come in ogni altro fottuto istante della sua vita”; ha più o meno una vaga idea di come sia a scuola, ma non riesce a figurarsi che tipo di amici possa avere; crede sia uno di quei figli particolarmente affettuosi, ma non lo ha mai visto interagire con i suoi genitori abbastanza a lungo da averne conferma.
Alcuni dicono che osservando i libri che una persona possiede, si può intuire che tipo sia. Sfortunatamente Eijun alla fine non ha comprato nulla in quella libreria, e Miyuki ha lasciato scivolare via tutte quelle considerazioni nel momento in cui sono usciti tornando in strada.
Hanno parlato poco, nel dirigersi verso un ristorante dove mangiare: ha lasciato che fosse Eijun a fare strada, temendo anche per un attimo di finire nel locale dove lavora Youichi. Per sua fortuna si tratta di un posto altrettanto accogliente, ma lontano da quello frequentato di solito Miyuki.
È stato ben felice di abbandonare nuovamente le strade, anche stavolta il motivo è stato una reazione un po’ troppo esuberante di Sawamura – davvero, Kazuya non credeva che l’altro potesse reagire persino al suo dargli scherzosamente del moccioso per aver scelto un posto il cui cartello pubblicitario in bella vista all’ingresso recita la possibilità di ordinare un menù per bambini.
«Hai deciso cosa prendere?» lo incalza, spostando l’attenzione su Eijun, che non alza nemmeno gli occhi dalle pagine plastificate su cui sono elencati i cibi, il broncio facile da intravedere nonostante la sua posizione. Solo quando il cameriere si avvicina Sawamura mostra di nuovo il proprio viso, anche se rivolto verso il ragazzo e non in direzione di Miyuki. Non vi dà troppa importanza, visto che di lì a poco l’unica alternativa di Eijun sarebbe tacere per il resto della cena.
«Come va la gamba?» decide di rompere lui il ghiaccio, e forse Eijun non si aspetta quella domanda, almeno a giudicare dalla sua espressione prima di rispondere un: «Meglio. E sto facendo quegli esercizi che mi hai fatto vedere.» aggiunge, e Kazuya non fatica a indovinare perché subito dopo l’altro porti lo sguardo a vagare per la sala.
Gli esercizi in questione glieli ha mostrati poco prima che Sawamura “sganciasse la bomba” con quella dichiarazione, dopotutto. Miyuki non ha mai perso occasione per prendere in giro nessuno, nella sua vita, ma per stavolta decide che forse può evitare di essere sempre così stronzo e risparmiare in via del tutto eccezionale Sawamura – fondamentalmente, è comodo anche per lui non tornare su quell’argomento specifico.
«Kuramochi dice che fra amichevoli e torneo scolastico giocate almeno una volta a settimana. Continua con gli esercizi, o dovrai farti sostituire.» lo provoca con un sorrisetto.
«Non mi sostituiranno affatto!» esclama Eijun, accalorandosi in un attimo, ma abbassando i toni (per i suoi standard) quasi subito: «Tch, e io che volevo onorarti della mia presenza alla prossima partita che giocate tra di voi.» aggiunge e questo attira l’attenzione di Miyuki, in effetti.
«La nostra? Mia e di chi?»
«Tua, di Youchi-san e del fratellone.»
Miyuki lo guarda per un attimo senza la minima idea di cosa stia parlando: passi Kuramochi, ma se Sawamura ha un fratello non solo Miyuki non lo ha mai conosciuto, ma si è perso anche per strada un Sawamura con cui presumibilmente gioca.
«Prego?»
«Dai, era l’altro giorno con te all’università!»
«Ah» capisce solo allora, anche se l’appellativo che lo ha tratto in inganno gli sfugge ancora «Ryou-san?» tenta e vede l’altro annuire. Non sa se vuole sapere perché lo chiami “fratellone”, né è sicuro di voler scoprire i motivi per cui hanno chiesto a Sawamura di unirsi a loro.
«Me lo ha chiesto Harucchi.» e Miyuki ringrazia di conoscere Kominato junior perché se dipendesse da Eijun, si ritroverebbe con l’ennesimo nome buttato lì senza avere idea di chi stiano parlando: «Dice che ha saputo che vi mancheranno entrambi i lanciatori. Kawakami-senpai e…
«Tanba-san. Non sapevo sarebbero mancati entrambi.» commenta osservandolo – non fa domande su Kawakami, che sa essersi diplomato nello stesso liceo di Eijun.
«E quindi Harucchi ha chiesto a me e Furuya.» prosegue, e Miyuki non ha bisogno di chiedere il perché di quella sfumatura stizzita nel tono altrui, dal momento che segue ancora il baseball liceale – dal quale è fuori da poco meno di  un anno, in pratica – e sa bene chi sia Furuya Satoru. Come sapeva anche di Sawamura, anche se si è ben guardato dal dirglielo.
«Magari saremo avversari, allora.» lo punzecchia di nuovo, anche se ammette di non riuscire a decidere cosa sia più divertente tra la possibilità di giocare contro Sawamura o con. Ammette che, però, poterlo guardare da ricevitore sarebbe tutta un’altra storia, rispetto all’osservarlo dalla panchina o al massimo dalla posizione di battitore.

È quando sono praticamente a fine cena e Miyuki ha appena ordinato caffè, che si ritrova a lasciar scivolare con naturalezza fra le labbra una domanda evitata ogni volta che ha incrociato Sawamura dopo la sua dichiarazione.
Di sicuro l’altro non se l’aspetta, è evidente quando sgrana gli occhi e il suo viso prende colore, sentendosi chiedere: «Cos’è che ti piace tanto da insistere per avere un appuntamento?»
Sa bene che non è corretto da parte sua domandare, o meglio non così, nel chiaro intento di metterlo in difficoltà. Miyuki è più che conscio di stare giocando sporco e di stare scommettendo in quel modo solo perché non è lui che rischia di uscirne malconcio; sa che forse è anche codardo, da parte sua, e se Kuramochi lo sentisse è probabile che lo starebbe già prendendo a pugni, posto di lavoro o meno.
Non può dire di non stare facendo quella domanda con il chiaro intento di essere sottilmente provocatorio. D’altronde, per quanto sappia che non c’è nulla di cui vantarsi in tutto quello, non può evitare di fare la cosa per lui più naturale – mettere alle strette le persone, perché quando lo fa loro non mentono con la stessa nonchalance che di solito le caratterizza. E non importa che sappia perfettamente quanto Sawamura sia sincero al punto da risultare anche fuori luogo o imbarazzante, a volte. Questo non gli permette ancora di trattarlo in modo di diverso.
Non si fida, perché ha imparato con il tempo che le persone sono troppo inclini a farsi un’idea di te, e sono poche quelle che poi sanno accettare il ritrovarsi di fronte qualcuno di  irriconoscibile rispetto al modello che si era formato nella loro testa. Miyuki sa bene come il proprio aspetto faccia pensare a uno studente perfetto e popolare, perché glielo hanno detto e perché per certi versi lo è stato: capitano durante il suo terzo anno di liceo, bravo negli studi, popolare con le ragazze e – anche se naturalmente non era di dominio pubblico – tra più di qualche ragazzo.
Ma in pochi hanno potuto dire, alla fine, che lui fosse esattamente come si erano aspettati.
Non crede Sawamura potrà essere tra questi.
Sospetta di non aver sbagliato il proprio giudizio quando Eijun non risponde alla sua domanda, e si chiude nel completo silenzio; Miyuki non lo esorta, bevendo il suo caffè quando arriva, chiedendo il conto e alzandosi quando è il momento di pagare e andare via.
Eijun insiste per pagare la sua parte, così dividono il conto ed escono dal ristorante. Miyuki non lo incalza per farlo parlare in alcun modo, limitandosi a camminare verso la stazione con l’altro al proprio fianco, osservandolo con la coda dell’occhio e vedendolo con le mani affossate nelle tasche del cappotto che indossa, notandolo incassarsi leggermente tra le spalle e nascondere il viso fino al naso nella propria sciarpa.
Ogni parte del corpo di Sawamura sembra gridare che è sulla difensiva, per questo Miyuki non si aspetta minimamente quanto accade quando raggiungono vie ancora popolate ma meno affollate, non troppo distanti dalla stazione ormai.
Eijun si ferma, fortunatamente non in mezzo alla strada tanto da attirare l’attenzione, né per iniziare a sbraitargli contro; tiene lo sguardo basso, una cosa che Miyuki non riesce a decifrare perché ci sono davvero troppe opzioni, e perché è concentrato sulla mano di Sawamura che è protratta verso di lui, tenendo tra le dita la sua manica. Da Eijun si aspetta sempre gesti estremi, per questo lo avrebbe sorpreso meno sentirsi tirare per un braccio.
Inarca un sopracciglio, ma non fa in tempo a incalzarlo in alcun modo, perché Eijun fa tutto da solo.
«Perché devi essere così stronzo?»
…Beh, forse se l’è meritato, ma di certo si aspettava un approccio un po’ diverso.
«Non capisco se sei solo uno stupido narcisista che vuole sentirmi elencare un sacco di complimenti, o se sei solo un bastardo.» continua Eijun, senza minimamente preoccuparsi del fatto che qualche passante possa sentire quel suo modo di esprimersi tutt’altro che rispettoso o in generale il loro discorso.
«Che cavolo di domanda è?!» sbotta, alzando lo sguardo su di lui, e Miyuki non riesce a stupirsi del tutto del fatto che gli occhi dell’altro siano così vivi e così caldi, perché gli sembra talmente insito nella natura di Sawamura che è come se fosse sempre stato una caratteristica scontata della sua persona. Come se tutto di lui dovesse essere tanto, e dovesse avvolgere gli altri ottenendo i risultati più disparati – farli sentire al sicuro, o farli sentire in trappola, e Miyuki non saprebbe dire delle due quale sia la sua situazione.
Teme comunque che quello non sia il posto adatto alla discussione, specie perché i toni si stanno decisamente alzando e, per quanto a lui non sia mai interessato particolarmente cosa gli altri pensassero del suo modo di fare e di essere – che lo odiassero o meno, che lo trovassero una piacevole compagnia o meno, a lui non è mai interessato granché – da lì a dare spettacolo in mezzo alla strada ne passa. Per questo sta per proporgli almeno di spostarsi, ma Sawamura lo anticipa.
E ovviamente non può farlo in maniera normale, o tirando dritto verso la stazione trascinandoselo dietro; Sawamura lascia la sua manica e con la mano afferra senza tante cerimonie né esitazioni quella di Miyuki, stringendola nella propria. Non è la presa di un amante, non intreccia le dita con le sue, ma sfrutta quel gesto per avvicinarsi – o per avvicinare lui, Kazuya non saprebbe dire – e sembra più voler iniziare una rissa dandogli una testata che non parlare.
Con la coda dell’occhio Miyuki fa in tempo a notare le persone ignorarli, l’afflusso in arrivo dalla stazione che è ormai del tutto scemato, lasciandoli in un tratto di strada che vede passare solo impiegati diretti finalmente verso casa o persone che passeggiano perché probabilmente per loro la serata è ancora solo agli inizi. Ma non ha tempo per notare altro, perché il viso di Eijun è tutto ciò che sta nel suo campo visivo, con la punta del naso arrossata dal freddo, il fiato caldo che si condensa in nuvolette bianche e gli occhi dorati che lo guardano come se dovesse scavargli dentro.
Non “guardare”, non “leggere”, come si dice nei libri romantici; scavare, con l’irruenza che gli è propria, nel bene e nel male.
«Non è ovvio? Certo non mi piace tutto, di te: hai un carattere orribile, un sarcasmo odioso, sei una persona pessima e Youichi-san dice che hai una personalità contorta da fare schifo!» e Miyuki, lo giura, vorrebbe ridere perché così tanti insulti insieme non li ha mai ricevuti, specie in risposta a “cosa ti piace di me?”, ed è tutto così ilare che non crede di farcela a trattenersi.
«E ci sono chissà quante persone molto migliori di te, ma io mi sono dichiarato a te, Miyuki Kazuya, quindi non è ovvio che qualunque sia la cosa che mi piace sia veramente… beh, non lo so, ma per annullare tutto il resto ti assicuro che ce ne vuole!»
È la sua mano a muoversi in quella di Sawamura, a far sì che si ritrovino palmo contro palmo e che lui possa accennare un movimento che agevola l’intrecciarsi delle loro dita o almeno un accenno della cosa, visto il fermarsi un istante prima lasciando che a toccarsi davvero siano solo i polpastrelli.
Sono le sue labbra a incurvarsi in un sorriso che di sicuro Eijun non saprà riconoscere, semplicemente perché non lo ha mai visto.
Sempre di Miyuki è il viso che si avvicina di più, tanto che i loro nasi si sfiorano e se si chinasse ancora un pochino, starebbe posando le labbra su quelle di Eijun. Se ne rende conto persino l’altro, perché un rossore palese affiora sulle guance e fa sorridere ancora di più lui.
«Grazie dei complimenti.» glielo sussurra piano perché di alzare la voce non ha alcun bisogno, e rimane fermo a cercare nello sguardo di Eijun il dubbio su quanto sta per accadere, sulla possibilità o meno che Miyuki si chini e annulli la distanza tra loro o no.
Dopotutto, si dice, potrebbe farlo.
Ma forse non dovrebbe.

 

   
 
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