Qualche nota iniziale, giusto per: tutta la
famiglia Sawamura si è trasferita da Nagano a Tokyo, e si sono ritrovati vicini
di casa di Kuramochi; la maggior parte dei personaggi è ancora invischiata nel
baseball, ma l’elemento di per sé è meno presente (ma riscontrabile a più
riprese, come si vedrà).
Potrebbero esserci note come questa di volta in volta, piccoli dettagli cambiati
e adattati alla realtà di questa au. Spero risultino
sempre chiari (L)
Non sa dire se quello che ha fatto può
considerarsi immensamente stupido, tanto da fargli temere di essere stato
contagiato da Sawamura, o se tutto sommato può fingere che sia stata una
decisione ponderata in base a una serie di pro e di contro che non saprebbe
nemmeno elencare – forse perché non li ha neanche cercati.
Il problema non è per se stesso: Miyuki si conosce abbastanza da sapere che
uscire una volta con Eijun non intaccherà la sua vita al punto tale da
sconvolgerla, nel bene o nel male; ha un equilibrio tutto suo, che alcuni
(Kuramochi) nemmeno definiscono vero equilibrio a dirla tutta, ma la cosa non è
mai stata un problema. Kazuya non ha mai dato importanza all’opinione degli
altri sulla sua persona. Non sono pochi a credere si sia crogiolato durante
tutti e tre gli anni del liceo per la propria popolarità acquisita grazie al
baseball, o per lo stuolo di fan che aveva.
La verità è che non gli è mai interessato particolarmente niente di quello che
lo circondava; le uniche cose che contavano erano il baseball – e altro
elemento al riguardo dello stesso – e il proprio andamento scolastico. Per il
resto, non c’era mai stato niente di così fondamentale e allo stesso tempo
“esterno” al suo modo di essere: non gli importava che gli altri lo
considerassero un buon compagno o meno, non gli pesava non avere veri e propri
contatti al di fuori di quelli con la squadra o con il campo come unica base del
rapporto – motivo per il quale, lontano dal diamante, quel presunto legame
moriva abbandonato a se stesso, o al massimo si manteneva su una sterile
cortesia. I complimenti magari hanno nutrito il suo ego, certo, ma non hanno
mai avuto un’importanza tale da sentirne la mancanza se non gli venivano
rivolti.
Questo era stato per anni, dalle medie al liceo, e questo è ancora oggi.
Avere un appuntamento con Eijun non lo preoccupa al pensiero che, se non
andasse bene, non sopporterebbe la mancanza dell’altro ragazzo nella sua vita.
Lo angoscia più l’idea di un Eijun che possa riscoprirsi innamorato di lui.
Qualcuno la definirebbe “fortuna nella sfortuna”.
Kazuya personalmente odia quel modo di dire applicato alla sua situazione,
giacché nell’insieme di questioni che l’adolescenza gli ha messo di fronte
perché potesse affrontarle e – al pari di ogni suo coetaneo – sentirsi in
diritto di fare le solite affermazioni quali “la vita fa schifo”, non figura il
problema della sua identità sessuale. Più o meno.
Si riconosce un’intelligenza superiore a molti della sua età e se l’attribuisce
da diversi anni peraltro, insieme a un’apertura mentale più che discreta. Non
che abbia semplicemente preso atto della cosa quando gli si è presentata
davanti, ma la soluzione finale, la comprensione ultima, quella sì; l’ha
accolta a braccia aperte perché era molto più sopportabile di qualsiasi
alternativa.
Al primo anno delle superiori, in piena estate, Miyuki ha scoperto che ricevere
una dichiarazione da qualcuno del proprio stesso sesso non era particolarmente
disgustoso; suonava alle sue orecchie come una cosa più o meno normale, proprio
come gli apprezzamenti delle ragazze nei suoi confronti: entrambi lo
lusingavano dal punto di vista del proprio ego, entrambi lo lasciavano
perplesso perché non capiva davvero cosa potesse piacere loro a parte il suo
aspetto, entrambi non lo smuovevano granché dal punto di vista emotivo.
Entrambi, infine, gli facevano pensare “perché no?”, se la persona che aveva di
fronte tutto sommato lo stuzzicava un minimo.
Così, per la prima volta era uscito con un ragazzo – in maniera molto
infantile, forte di nessun’altra esperienza se non di qualche vaga frequentazione
alle medie e solo con ragazze.
Era durata poco e niente: si erano avvicinati per il baseball, e nel momento in
cui l’altro aveva lasciato il club – troppo impegno, allenamenti sfiancanti – il
tempo da condividere si era ridotto a poco e nulla; si erano allontanati con la
stessa facilità con cui si erano avvicinati, e Kazuya aveva capito che un “mi
piaci” da manuale delle dichiarazioni sul retro della scuola raramente
aveva un valore.
La sua prima relazione degna di essere così definita, non fosse altro perché
durata ben quattro mesi, risale al suo secondo anno; una senpai del terzo gli
si era dichiarata e lui aveva accettato – era bella, con un carattere
interessante per quel che aveva avuto modo di osservare, e di nuovo si era
detto “perché no?”.
Non erano esattamente compatibili, di quelle coppie dagli innumerevoli
interessi comuni, ma se non altro lei non aveva mai rinfacciato a Kazuya di
avere poco tempo da dedicarle per colpa del baseball e lui si era sentito
spronato in qualche modo a riservarle almeno i momenti in cui lo sport non
occupava la sua vita. Uscivano insieme nei week-end liberi, lei veniva a tifare
alle amichevoli della sua squadra, pranzavano in un angolo del giardino quando
il tempo lo permetteva; poi, dopo i primi due mesi di frequentazione, erano arrivati tutti
quegli atteggiamenti che in una coppia adolescente si affacciano per la prima
volta – per Miyuki non era stato il primo bacio, casto o meno che fosse, ma
c’era stato il primo rapporto fisico, quello sì.
Due mesi dopo Kazuya era di nuovo single. Non perché il sesso fosse stato
catastrofico, non perché improvvisamente si vedevano meno; Kazuya non aveva più
voluto fare sesso, non si era più voluto avvicinare fisicamente alla sua
ragazza e questo, per quanto non fosse né uno psicologo né un esperto di
relazioni sentimentali a lungo termine, gli aveva suggerito che qualcosa non
andava.
Ora è certo non ci sia nulla che non va, non nel senso di una cosa sbagliata
che di solito si attribuisce all’espressione. A Miyuki il sesso non piace, non
ne sente il bisogno e gli sta più che bene un rapporto platonico; del rapporto
con quella ragazza – e, sì, anche di alcuni venuti dopo di lei perché per
istinto aveva tentato di nuovo – percepisce l’insieme fisico come due corpi
sudati che si strusciano l’uno con l’altro, le mani che si muovono
nell’intimità altrui come qualcosa di fastidioso e causa di un disagio non
indifferente. Si è masturbato nella sua vita, com’è ovvio e naturale che sia,
ma solo quando non può farne a meno. Non avverte il bisogno del sesso e vive
benissimo senza.
Ma questa è una cosa che non condividono molte persone, almeno nella cerchia
che rientra nella sua quotidianità; ma anche al di fuori di essa, non è così
scontato incontrare qualcuno che la pensi nello stesso modo. Ragion per cui,
anche le relazioni sono sempre più complicate.
Prima di tutto perché gli altri non capiscono: troppe volte Miyuki si è
ritrovato a dire a qualcuno di non avvertire alcun impulso sessuale e a essere
guardato con perplessità, sentendosi rivolgere domande piene di scetticismo.
Kazuya di per sé non si fida delle persone, non vi si lega facilmente, e la
maggior parte dei suoi rapporti personali sono superficiali, conoscenze che
condividono una sfera della sua giornata e niente di più – i compagni di
baseball al liceo, i colleghi dell’università e del suo lavoro part-time ora –
e viene da sé quindi come non passi il suo tempo a specificare il modo in cui
si destreggia nella propria vita (non) sessuale.
Sa bene, però, che non è facile; sa per esperienza che una relazione con una
persona che prova attrazione sessuale verso di lui non è facile, e quasi sempre
sarà destinata a finire. L’ha presa con molta filosofia considerando il tutto
un semplice volere cose diverse, ed è giusto che entrambi cerchino il meglio
per sé. Quel “meglio”, per Miyuki, è racchiuso in una sfera unicamente
sentimentale. Non esclude a priori di poter un giorno fare sesso con il proprio
partner, ma al momento gli sembra qualcosa di molto difficile e distante dalla
percezione che ha di sé.
E Kazuya sa di non avere bisogno di doversi spiegare a qualcuno, ora
come ora.
Non lo preoccupa il pensiero di un appuntamento con Eijun, perché lui ne uscirà
comunque tranquillo.
Ma non può dire lo stesso per Sawamura. E comunque lo si guardi, Eijun è una
persona così calda, piena di troppe cose e fisica, che Miyuki non
potrebbe mai alimentare niente di lui; solo spegnerlo.
Non sa se vuole farlo.
Il ristorante per famiglie dove Kuramochi lavora
part-time gli piace, anche se è chiaro che all’inizio ci sia andato più per il
gusto di vedere l’altro obbligato a trattarlo con la gentilezza dovuta a un
cliente; la cosa è andata sfumando nel momento in cui Miyuki è diventato un
abituale del posto e anche la padrona lo ha identificato come amico di vecchia
data. Kuramochi ora può continuare a mandargli maledizioni per nulla velate
senza rischiare di essere licenziato dal posto di lavoro che gli permette di
risparmiare da un anno a questa parte per pagarsi un corso che non vuole
assolutamente far pesare sui suoi genitori.
Tipico di Youichi, ha pensato Miyuki quando l’altro glielo ha detto, parlando
dei loro piani post diploma.
Evidentemente che ora il suo capo lo faccia sentire legittimato a rispondergli
a tono, in virtù del fatto che la loro amicizia implichi un’assenza di
lamentele da parte di Miyuki per gli insulti di Kuramochi, è di grande conforto
per Youichi; almeno a giudicare da come poggia bruscamente il bicchiere d’acqua
di fronte a Miyuki e senza neanche un saluto sputa fuori un: «Giuro che se
Sawamura continua a confidarmi cose sul vostro “forse appuntamento” ti
incendio casa.»
Miyuki ghigna, e non si dà nemmeno la pena di
nasconderlo, cosa che gli vale un sospiro pesante e in un certo senso
rassegnato da parte dell’altro, condito da un: «Tu hai dei problemi, lasciatelo
dire.» che sottintende un “problemi con quella personalità di merda che ti
ritrovi”, implicito probabilmente a causa della famiglia con pargolo al seguito
che è appena passata dietro Kuramochi.
Youichi estrae il blocchetto delle ordinazioni dalla tasca sul grembiule nero
che indossa, e recupera la penna poco dopo, fissando quindi il suo cliente in
attesa dell’ordinazione. Miyuki non ha bisogno di guardare il menù per decidere
cosa vuole mangiare; l’altro prende nota e fa per muoversi verso la cucina. Lo
ferma proprio la voce di Kazuya, che sta tirando fuori il portatile – non è
raro che si porti qualche saggio da scrivere lì, lavorandoci al caldo
nell’atmosfera famigliare di quel ristorante – e gli rifila un: «Allora devi
solo sperare che l’appuntamento non ci sia.»
Lo dice di proposito, perché non importa quante volte Youichi dica che Sawamura
è rumoroso, idiota o insopportabile; sa che non gli augurerebbe il male in
nessuna forma, sia perché non è da lui, sia perché è più affezionato a quel suo
vicino di casa di quanto non gli piaccia ammettere. Miyuki sospetta che l’altro
si senta perfino responsabile, avendoli presentati lui stesso.
Kuramochi non gli dà apertamente dello stronzo, ma l’occhiata che gli lancia
parla da sé.
Il tempo in quel ristorante passa sempre
velocemente: per lo più grazie al portare sempre con sé qualcosa da fare, di
solito inerente all’università, ma ci sono anche volte in cui si sofferma a
guardare le famiglie che mangiano lì, con una curiosità di fondo che non sfocia
mai nell’indiscrezione.
Youichi ogni tanto passa e fa due chiacchiere con lui, ma sono per lo più
scambi brevi quando ha una scusa per soffermarsi al suo tavolo – dopotutto per
Kuramochi si tratta di lavoro, non può certo fermarsi a mangiare con lui né Kazuya
glielo chiederebbe mai. A eccezione di quei brevi momenti, quando a Miyuki
iniziano davvero a incrociarsi gli occhi tra le presentazioni in power point che descrivono
minuziosamente le fasce muscolari da trattare in questa o l’altra casistica, si
muove sempre nello stesso modo: si libera per un attimo degli occhiali,
massaggia le tempie, e allontana il portatile. In quei momenti lascia vagare lo
sguardo su quel locale confortevole e pieno di odori, di buon cibo, di
quell’atmosfera che ricorda un po’ quella che aleggia a Natale e che sembra
trascinarti quasi a forza in una spirale di felicità e buoni propositi, e la
sensazione che tutto andrà per il meglio. A pensarci bene, in effetti, Natale
non è poi così lontano: Dicembre ormai li ha raggiunti, le strade cominciano ad
essere già illuminate per aumentare l’attesa di chi ha abbastanza tempo per
osservarle mentre cammina.
Con le festività ormai così vicine, Miyuki sa che a essere una realtà palpabile
sono anche gli esami e i test: non solo universitari, ma anche del liceo, e
questo gli riporta alla mente di Kazuya che la possibilità di un appuntamento
con Sawamura non è poi necessariamente così poco realistica come potrebbe
sembrare – hanno fatto un patto, dopotutto, e Eijun sembra stupido abbastanza
da prenderlo a cuore come fa con ogni cosa, in pratica.
Miyuki non sa bene cosa pensare della loro scommessa: che Sawamura tentasse il
tutto per tutto proponendola ce lo si poteva aspettare, ma che lui gli desse
corda no. Forse non crede davvero che possa riuscire a ottenere dei voti che –
nonostante le ripetizioni – continuano a essere sopra gli standard di Sawamura.
Scuote impercettibilmente la testa, un mezzo sorriso di scherno verso se
stesso, e gli occhi tornano a vagare per il ristorante mentre la mano va a
prendere il bicchiere, portandolo alle labbra. Miyuki non prova più tanta
nostalgia come in passato, nel vedere famiglie come quelle che sono lì: un
tempo forse viveva male quella sorta di diversità rispetto ai suoi coetanei,
fatta di un padre indaffarato e una madre sparita dalla sua vita troppo presto;
ha un vago ricordo di se stesso che si adatta all’assenza, e non è sicuro di
quando abbia smesso di pesargli o quando lui abbia arbitrariamente deciso che
non era questa grande tragedia.
Per questo non è sicuro di poter dire che la sua incapacità relazionale sia
figlia dell’assenza in cui è cresciuto – assenza in generale, assenza di una
famiglia completa e di un genitore presente, assenza di un’infanzia fatta di
piatti caldi già sul tavolo al suo rientro, di tifo alle sue partite e quel
calore per cui non serve necessariamente un abbraccio.
A volte ci pensa e si dice che non è quello il punto: probabilmente anche se
suo padre gli avesse chiesto ogni domenica di fare due lanci insieme e sua
madre lo avesse visto diplomarsi lui sarebbe stato proprio così, capace di
analizzare le persone e per questo poco incline a legarsi davvero; troppo
attaccato all’idea di preservare se stesso per mettersi in gioco al punto da
dipendere da qualcuno e dall’avere qualcuno che in una certa misura dipenda da
lui. Ancora meno crede di non voler finire al letto con le persone solo per
quella che è stata la sua infanzia, specie considerando che non ha avuto traumi
di alcun genere, né niente di simile.
Semplicemente, ci pensa e si fa la stessa domanda di tanto in tanto, per
controllare che sia tutto a posto e che la risposta non sia cambiata – perché
quello lo manderebbe davvero in confusione, forse, uno stato in cui non ricorda
di essere stato negli ultimi anni –, per essere sicuro di potersi ancora
permettere di vivere con se stesso come unico alleato.
I compagni di squadra sono in campo, e fuori da esso quello che c’è dentro non
sempre conta qualcosa. O non dura. Non ne ha mai fatta una tragedia, Miyuki;
lui si è adattato, perché è la cosa che sa fare meglio da tutta la vita.
A ben pensarci, Miyuki si sarebbe dovuto
aspettare qualcosa di simile da Sawamura Eijun. È così nelle sue corde, che non
ha idea di come non abbia pensato all’eventualità – a sua discolpa, Miyuki si
era illuso che Eijun avesse almeno un poco di pudore.
Sbagliava.
E quell’errore di giudizio gli sarebbe costato le prese in giro velate da parte
di Kominato Ryousuke, con quella nota di sadismo ben nascosto che il tono
altrui era sempre stato in grado di nascondere abbastanza da non essere
esagerato, ma non così tanto da vivere nell’ignoranza di quali terrificanti
conseguenze portasse con sé fare un qualsiasi torto allo studente più grande.
Miyuki aveva frequentato il liceo con lui, o meglio, era stato in squadra con
l’altro durante quegli anni, insieme anche a Kuramochi. Aveva imparato che non
si scherzava con Ryousuke, specialmente su certe cose – specialmente su suo
fratello minore.
Deve ammetterlo, però: se i ruoli fossero invertiti lui sarebbe il primo a sfruttare
una così ghiotta occasione per sfottere l’altro più o meno velatamente. Ma
nonostante questo è abbastanza sicuro che non avrebbe mai potuto prevedere di
ritrovarsi Eijun nell’atrio della sua facoltà, l’aria agitata di chi cerca
qualcosa o qualcuno con foga; aria che si era fatta trionfante quando i suoi
occhi avevano trovato la figura di Miyuki tra tanti, per poi dirigersi verso di
lui fino a raggiungerlo e, senza nemmeno un saluto, piazzargli sotto il naso un
foglio rettangolare.
Miyuki lo aveva preso, non senza una certa perplessità, analizzandone il
contenuto. La sorpresa era stata difficile da mascherare: il pezzo di carta
riportava fedelmente i risultati degli esami invernali di Sawamura. Incredibile
ma vero, tutti i voti concordati erano stati superati – non che improvvisamente
fossero spuntati fuori cento a non finire, ma la sufficienza c’era.
A quel punto lo sguardo vittorioso che non aveva mai vacillato sul viso di
Eijun era stato chiaro, ma l’altro aveva avvertito il bisogno di chiarirne la
ragione.
«Ho rispettato il patto!» aveva esclamato, come se Ryousuke non fosse nemmeno
presente lì con loro «E ora devi rispettare il tuo, quindi mi devi un
appuntamento!» aveva esclamato, mettendo su un broncio leggero, immaginandosi
probabilmente che Miyuki gli avrebbe rifilato una presa in giro di qualche
tipo. E lo avrebbe fatto, Kazuya, lo avrebbe fatto davvero in altre occasioni.
Avrebbe potuto fargli notare quanto fosse idiota ad applicarsi nello studio
solo quando c’era un premio in palio, o come sarebbe stato sufficiente che lui
si applicasse con la metà della forza che usava per sbraitare, per avere dei
voti “comodi” abbastanza da non richiedere ripetizioni né esami riparatori.
Invece si era fatto fregare da quello sguardo – gli aveva ricordato al tempo
stesso un bambino che ha ottenuto i risultati sperati e ora vuole sentirsi dire
che è stato bravo e quanto si è fieri di lui, e un cucciolo che eseguito un
ordine attende fiducioso il biscottino.
Aveva tutti gli elementi per prenderlo in giro ma non lo aveva fatto. Perché
mentre pronunciava quelle parole Eijun aveva assunto un’aria imbarazzata, mal
celata sotto la falsa spavalderia che stava ostentando – e Miyuki, contro ogni
logica e suo modo di essere, non era riuscito a fare altro che ridere.
La faccia di Sawamura di fronte a quella reazione inaspettata era stata
impagabile, e la sua testardaggine è il motivo per cui ora Miyuki sta
aspettando al punto d’incontro che hanno scelto, a ridosso dell’ora di pranzo,
per concedere quell’appuntamento messo in palio, convinto che non sarebbe
servito nemmeno ricordarsi di quella sorta di scommessa.
Si aspettava un ritardo, invece Eijun gli sta andando incontro in quel momento,
una mano che già scatta verso l’alto per richiamare la sua attenzione; gli
rivolge uno sguardo, ma nessun gesto, ritenendolo superfluo. Lo accoglie con il
sorrisetto divertito che di solito gli vale sempre qualche insulto o
un’espressione guardinga da parte del suo interlocutore, proprio come accade
ora.
«Stai tramando qualcosa.» borbotta Sawamura e lui inarca un sopracciglio,
fingendosi ferito da quell’insinuazione, ma c’è solo divertimento nel tono di
voce quando gli risponde un: «Non ti si può nascondere niente, Sawamura.»
Probabilmente non ci ha messo abbastanza impegno, perché Eijun non lo prende
sul serio, limitandosi a portare le mani nelle tasche del cappotto che indossa
e stringendosi nelle spalle, il naso che quasi sparisce dietro la sciarpa blu,
attutendo parole borbottate che Miyuki non riesce a decifrare ma per le quali
non chiede spiegazioni. Decide piuttosto di evitare da subito un silenzio
scomodo tra loro: «Allora» esordisce osservandolo «dove mi vuoi portare,
Sawamura?»
Non lo fa proprio con l’intento di metterlo in difficoltà, per quanto vederlo
concentrarsi come se cercasse una risposta ai misteri del mondo risulta – per
Miyuki – estremamente divertente. Lo domanda perché dopotutto è stato l’altro a
voler uscire con lui, e può supporre che a qualcosa abbia pensato; ma anche se
stesse improvvisando, cosa assai probabile in effetti, non pensa sia una
cattiva idea lasciarlo fare. D’altronde Kazuya non ha mai avuto un’aspettativa
precisa su quell’uscita, né un’idea di come vuole che vada a finire.
«Beh» comincia Eijun, allontanandolo da quelle considerazioni «...è ancora
presto per mangiare. Possiamo… insomma, volendo ci
sarebbe—»
Miyuki rimpiange un po’ averlo lasciato alle sue elucubrazioni, perché ha la
sensazione che non decideranno in tempi umani. Perciò gli rivolge le parole che
più di una volta ha pronunciato per prenderlo in giro: «Sawamura, non
applicarti troppo nei ragionamenti. Ti fa male e non ti si addice.» gli fa
presente e sogghigna, preannunciando già lo sbraitare dell’altro, e quello comincia
– e muore, forse perché persino Eijun si rende conto di essere in mezzo ad una
strada trafficata – con un “bastardo” che lo fa ridacchiare perché,
davvero, come lo insultano con tanto impegno Sawamura e Kuramochi, nessun altro
lo fa.
«Intendevo dire» riprende Eijun con l’espressione di chi potrebbe mordere una
mano se interrotto di nuovo con qualcosa di stupido «che pensavo di passare in
un negozio. Di articoli sportivi. Per roba da baseball.» pronuncia,
sbirciandolo in viso alla ricerca di una reazione che preannunci in qualche
modo la risposta. Ma non gliene dà comunque il tempo, aggiungendo
frettolosamente un: «Se ti va, altrimenti possiamo andare da un’altra parte,
eh!» e Miyuki non sa se interpretarlo come un tentativo di essere galante
(senza riuscirci, non senza accompagnare la cosa con molta goffaggine) o se ci
sia altro dietro.
Eijun tace sul serio, stavolta, non dando ulteriori spiegazioni; sembra solo
restare sulle spine, finché Kazuya non annuisce e si incammina per primo.
Sawamura lo affianca quasi subito, e il silenzio che si sono dati la pena di
evitare cala tra loro. Buon per entrambi che Eijun non sia tipo da lunghi
momenti di imbarazzo latente, anche se ne prova lui stesso.
«Non ci dobbiamo andare per forza.» chiarisce, come se temesse di venire
assecondato controvoglia. Miyuki volta appena la testa quanto basta a
guardarlo, tornando quasi subito con gli occhi sulla strada che stanno
percorrendo: «Ho detto che va bene.» tecnicamente non lo ha pronunciato, ma è
chiaro «Non ti facevo tipo da ritrattare, visto come sei venuto fino all’atrio
della mia facoltà per farmi presente che ti dovevo un appuntamento.» lo prende
in giro, senza alcuna nota piccata o infastidita nella voce.
Tanto basta per imbarazzare Eijun, ma fortuna (o sfortuna) vuole che la sua
reazione non sia minimamente quella cliché di una ragazzina della sua età,
com’è poi anche normale; certo, sentirsi dare una spallata e apostrofare con un
«’sta zitto.» ben poco rispettoso non è il massimo, ma Kazuya si è abituato
anche a questo ormai. C’è qualcosa in quel modo di fare che lo fa sentire a
proprio agio, nonostante di per sé non sia mai portato a esserlo con chi non
conosce bene – va detto anche che, per quanto superficialmente, è abituato alla
presenza di Sawamura da mesi ormai.
«Youichi-san ha detto che non giochi più a baseball,
ma non so perché.» riprende, e Miyuki impiega qualche attimo a metabolizzare e
a capire; l’incurvarsi di labbra è appena accennato, ed è sicuro che
Eijun non abbia tempo né modo di interpretarlo correttamente. Quanto a lui
allunga una mano tenuta in tasca fino a quel momento, e picchietta con un dito
contro la testa altrui. Non è un vero e proprio contatto, ma c’è un’assenza di
qualsiasi tipo di disagio significativa.
«Non ho smesso per nessun motivo tragico.» gli chiarisce, sottintendendo che
non ci sono problemi se vanno in un negozio ad acquistare articoli baseball:
«Ho scelto un’università che mi porta via tempo. E io non sono tipo da fare le
cose a metà.» chiarisce, tornando con la mano lungo il proprio fianco.
La decisione magari non era stata facile, da prendere, ma le considerazioni
fatte erano state semplici, immediate quasi: Miyuki era sempre stato il tipo da
dare il massimo nel baseball, per non dover mai dire un giorno “avrei potuto
fare di più”. Aveva consacrato i tre anni del liceo a quello sport, e aveva
sempre saputo che se avesse deciso di continuare sarebbe stato lo stesso,
incapace di prendere sotto gamba qualcosa che era stata così importante. Tra
l’altro perdere non era mai stato nelle sue corde, e questo vale ancora oggi a
distanza di tempo.
Quando ha deciso di studiare all’università ha capito subito che non avrebbe
potuto portare avanti le due cose insieme, proprio per quella sua forma mentale
di dare tutto, fino all’ultimo. Ha semplicemente scelto, ma non rimpiange
quello che ha lasciato indietro – e poi a volte gioca ancora, si incontra con i
vecchi compagni, almeno quelli meno impegnati e in zona. Non ha avuto nemmeno
tempo di sentire la mancanza di Kuramochi che gli sbraita contro, o di Ryousuke
che forma con Youichi un’accoppiata perfetta da far saltare quasi i nervi.
Ovviamente, fregarli partita su partita è una delle sue maggiori gioie da ex
ricevitore.
«Cos’è,
sei un mio fan?» lo prende in giro, perché sarebbe strano non farlo, e Miyuki
non cambia il modo di rapportarsi con le persone solo perché ha un appuntamento
con loro; è abbastanza chiaro che Sawamura non si aspetti alcun trattamento di
favore, in compenso anche lui si mantiene fedele a se stesso con una delle sue
uscite imprevedibili, quando borbotta qualcosa a proposito di “articoli che
parlavano di Miyuki, ogni tanto” prima di infilarsi a tradimento nel negozio di
articoli sportivi raggiunto nel frattempo.
Contro ogni sua aspettativa, questo Kazuya deve ammetterlo, si è
rivelato piuttosto piacevole passare un intero pomeriggio con Sawamura: il
negozio che ha fatto da prima meta ha occupato una buona parte del loro tempo, entrambi
– nemmeno a dirlo – presi dal reparto dedicato al baseball. Ha scoperto che,
nell’osservare i guantoni, Eijun sa essere incredibilmente silenzioso.
Dopo quello, è stata la volta di una libreria, non fosse altro perché era nei
paraggi e Miyuki ha deciso di risparmiarsi un viaggio inutile il giorno
seguente: hanno deviato nel negozio, beandosi dell’ambiente riscaldato così
diverso dalle strade. Ha perso Sawamura fra gli scaffali a un certo punto, e si
è stupito – non mancando di prenderlo in giro – di ritrovarlo con la testa fra
alcuni volumi. Tralasciando le battute scontate su quanto sorprendente fosse
scoprirlo capace di leggere kanji, cosa che gli è
valsa un paio di epiteti non esattamente signorili, Miyuki si è riscoperto
quasi ad analizzare il ragazzo più giovane.
Nei sei mesi passati, ha visto di lui solo i lati di uno studente non troppo
brillante e poco predisposto allo studio, che però cerca di recuperare facendo
del suo meglio, deciso a raggiungere un obiettivo. Questo Miyuki lo ha
apprezzato da subito, così come ha semplicemente archiviato la totale mancanza
di tatto in Sawamura, nonché di rispetto dei ruoli. Non ha mai pensato a come
il ragazzo possa essere sul campo da baseball, non ne ha nemmeno una vaga
immagine in testa nonostante Kuramochi gli abbia assicurato che “è rumoroso come in ogni altro fottuto
istante della sua vita”; ha più o meno una vaga idea di come sia a scuola,
ma non riesce a figurarsi che tipo di amici possa avere; crede sia uno di quei
figli particolarmente affettuosi, ma non lo ha mai visto interagire con i suoi
genitori abbastanza a lungo da averne conferma.
Alcuni dicono che osservando i libri che una persona possiede, si può intuire
che tipo sia. Sfortunatamente Eijun alla fine non ha comprato nulla in quella
libreria, e Miyuki ha lasciato scivolare via tutte quelle considerazioni nel
momento in cui sono usciti tornando in strada.
Hanno parlato poco, nel dirigersi verso un ristorante dove mangiare: ha
lasciato che fosse Eijun a fare strada, temendo anche per un attimo di finire
nel locale dove lavora Youichi. Per sua fortuna si tratta di un posto
altrettanto accogliente, ma lontano da quello frequentato di solito Miyuki.
È stato ben felice di abbandonare nuovamente le strade, anche stavolta il
motivo è stato una reazione un po’ troppo esuberante di Sawamura – davvero,
Kazuya non credeva che l’altro potesse reagire persino al suo dargli
scherzosamente del moccioso per aver scelto un posto il cui cartello
pubblicitario in bella vista all’ingresso recita la possibilità di ordinare un
menù per bambini.
«Hai deciso cosa prendere?» lo incalza, spostando l’attenzione su Eijun, che
non alza nemmeno gli occhi dalle pagine plastificate su cui sono elencati i
cibi, il broncio facile da intravedere nonostante la sua posizione. Solo quando
il cameriere si avvicina Sawamura mostra di nuovo il proprio viso, anche se
rivolto verso il ragazzo e non in direzione di Miyuki. Non vi dà troppa
importanza, visto che di lì a poco l’unica alternativa di Eijun sarebbe tacere
per il resto della cena.
«Come va la gamba?» decide di rompere lui il ghiaccio, e forse Eijun non si
aspetta quella domanda, almeno a giudicare dalla sua espressione prima di
rispondere un: «Meglio. E sto facendo quegli esercizi che mi hai fatto vedere.»
aggiunge, e Kazuya non fatica a indovinare perché subito dopo l’altro porti lo
sguardo a vagare per la sala.
Gli esercizi in questione glieli ha mostrati poco prima che Sawamura
“sganciasse la bomba” con quella dichiarazione, dopotutto. Miyuki non ha mai
perso occasione per prendere in giro nessuno, nella sua vita, ma per stavolta
decide che forse può evitare di essere sempre così stronzo e risparmiare in via
del tutto eccezionale Sawamura – fondamentalmente, è comodo anche per lui non tornare
su quell’argomento specifico.
«Kuramochi dice che fra amichevoli e torneo scolastico giocate almeno una volta
a settimana. Continua con gli esercizi, o dovrai farti sostituire.» lo provoca
con un sorrisetto.
«Non mi sostituiranno affatto!» esclama Eijun, accalorandosi in un attimo, ma
abbassando i toni (per i suoi standard) quasi subito: «Tch,
e io che volevo onorarti della mia
presenza alla prossima partita che giocate tra di voi.» aggiunge e questo
attira l’attenzione di Miyuki, in effetti.
«La nostra? Mia e di chi?»
«Tua, di Youchi-san e del fratellone.»
Miyuki lo guarda per un attimo senza la minima idea di cosa stia parlando:
passi Kuramochi, ma se Sawamura ha un fratello non solo Miyuki non lo ha mai
conosciuto, ma si è perso anche per strada un Sawamura con cui presumibilmente
gioca.
«Prego?»
«Dai, era l’altro giorno con te all’università!»
«Ah» capisce solo allora, anche se l’appellativo che lo ha tratto in inganno
gli sfugge ancora «Ryou-san?» tenta e vede l’altro annuire. Non sa se vuole
sapere perché lo chiami “fratellone”, né è sicuro di voler scoprire i motivi
per cui hanno chiesto a Sawamura di unirsi a loro.
«Me lo ha chiesto Harucchi.» e Miyuki ringrazia di conoscere Kominato junior
perché se dipendesse da Eijun, si ritroverebbe con l’ennesimo nome buttato lì
senza avere idea di chi stiano parlando: «Dice che ha saputo che vi mancheranno
entrambi i lanciatori. Kawakami-senpai e…?»
«Tanba-san. Non sapevo sarebbero mancati entrambi.»
commenta osservandolo – non fa domande su Kawakami,
che sa essersi diplomato nello stesso liceo di Eijun.
«E quindi Harucchi ha chiesto a me e Furuya.» prosegue, e Miyuki non ha bisogno
di chiedere il perché di quella sfumatura stizzita nel tono altrui, dal momento
che segue ancora il baseball liceale – dal quale è fuori da poco meno di un anno, in pratica – e sa bene chi sia
Furuya Satoru. Come sapeva anche di Sawamura, anche se si è ben guardato dal
dirglielo.
«Magari saremo avversari, allora.» lo punzecchia di nuovo, anche se ammette di
non riuscire a decidere cosa sia più divertente tra la possibilità di giocare contro Sawamura o con. Ammette che,
però, poterlo guardare da ricevitore sarebbe tutta un’altra storia, rispetto
all’osservarlo dalla panchina o al massimo dalla posizione di battitore.
È quando sono praticamente a fine cena e Miyuki ha appena ordinato
caffè, che si ritrova a lasciar scivolare con naturalezza fra le labbra una
domanda evitata ogni volta che ha incrociato Sawamura dopo la sua dichiarazione.
Di sicuro l’altro non se l’aspetta, è evidente quando sgrana gli occhi e il suo
viso prende colore, sentendosi chiedere: «Cos’è che ti piace tanto da insistere
per avere un appuntamento?»
Sa bene che non è corretto da parte sua domandare, o meglio non così, nel
chiaro intento di metterlo in difficoltà. Miyuki è più che conscio di stare
giocando sporco e di stare scommettendo in quel modo solo perché non è lui che
rischia di uscirne malconcio; sa che forse è anche codardo, da parte sua, e se Kuramochi
lo sentisse è probabile che lo starebbe già prendendo a pugni, posto di lavoro
o meno.
Non può dire di non stare facendo quella domanda con il chiaro intento di
essere sottilmente provocatorio. D’altronde, per quanto sappia che non c’è
nulla di cui vantarsi in tutto quello, non può evitare di fare la cosa per lui
più naturale – mettere alle strette le persone, perché quando lo fa loro non
mentono con la stessa nonchalance che di solito le caratterizza. E non importa
che sappia perfettamente quanto Sawamura sia sincero al punto da risultare
anche fuori luogo o imbarazzante, a volte. Questo non gli permette ancora di
trattarlo in modo di diverso.
Non si fida, perché ha imparato con
il tempo che le persone sono troppo inclini a farsi un’idea di te, e sono poche
quelle che poi sanno accettare il ritrovarsi di fronte qualcuno di irriconoscibile rispetto al modello che
si era formato nella loro testa. Miyuki sa bene come il proprio aspetto faccia
pensare a uno studente perfetto e popolare, perché glielo hanno detto e perché
per certi versi lo è stato: capitano durante il suo terzo anno di liceo, bravo
negli studi, popolare con le ragazze e – anche se naturalmente non era di
dominio pubblico – tra più di qualche ragazzo.
Ma in pochi hanno potuto dire, alla fine, che lui fosse esattamente come si
erano aspettati.
Non crede Sawamura potrà essere tra questi.
Sospetta di non aver sbagliato il proprio giudizio quando Eijun non risponde
alla sua domanda, e si chiude nel completo silenzio; Miyuki non lo esorta,
bevendo il suo caffè quando arriva, chiedendo il conto e alzandosi quando è il
momento di pagare e andare via.
Eijun insiste per pagare la sua parte, così dividono il conto ed escono dal
ristorante. Miyuki non lo incalza per farlo parlare in alcun modo, limitandosi
a camminare verso la stazione con l’altro al proprio fianco, osservandolo con
la coda dell’occhio e vedendolo con le mani affossate nelle tasche del cappotto
che indossa, notandolo incassarsi leggermente tra le spalle e nascondere il
viso fino al naso nella propria sciarpa.
Ogni parte del corpo di Sawamura sembra gridare che è sulla difensiva, per
questo Miyuki non si aspetta minimamente quanto accade quando raggiungono vie
ancora popolate ma meno affollate, non troppo distanti dalla stazione ormai.
Eijun si ferma, fortunatamente non in mezzo alla strada tanto da attirare
l’attenzione, né per iniziare a sbraitargli contro; tiene lo sguardo basso, una
cosa che Miyuki non riesce a decifrare perché ci sono davvero troppe opzioni, e
perché è concentrato sulla mano di Sawamura che è protratta verso di lui,
tenendo tra le dita la sua manica. Da Eijun si aspetta sempre gesti estremi,
per questo lo avrebbe sorpreso meno sentirsi tirare per un braccio.
Inarca un sopracciglio, ma non fa in tempo a incalzarlo in alcun modo, perché
Eijun fa tutto da solo.
«Perché devi essere così stronzo?»
…Beh, forse se l’è meritato, ma di certo si aspettava
un approccio un po’ diverso.
«Non capisco se sei solo uno stupido narcisista che vuole sentirmi elencare un
sacco di complimenti, o se sei solo un bastardo.» continua Eijun, senza
minimamente preoccuparsi del fatto che qualche passante possa sentire quel suo
modo di esprimersi tutt’altro che rispettoso o in generale il loro discorso.
«Che cavolo di domanda è?!» sbotta, alzando lo sguardo su di lui, e Miyuki non
riesce a stupirsi del tutto del fatto che gli occhi dell’altro siano così vivi
e così caldi, perché gli sembra talmente insito nella natura di Sawamura che è
come se fosse sempre stato una caratteristica scontata della sua persona. Come
se tutto di lui dovesse essere tanto,
e dovesse avvolgere gli altri ottenendo i risultati più disparati – farli
sentire al sicuro, o farli sentire in
trappola, e Miyuki non saprebbe dire delle due quale sia la sua situazione.
Teme comunque che quello non sia il posto adatto alla discussione, specie
perché i toni si stanno decisamente alzando e, per quanto a lui non sia mai
interessato particolarmente cosa gli altri pensassero del suo modo di fare e di
essere – che lo odiassero o meno, che lo trovassero una piacevole compagnia o
meno, a lui non è mai interessato granché – da lì a dare spettacolo in mezzo
alla strada ne passa. Per questo sta per proporgli almeno di spostarsi, ma
Sawamura lo anticipa.
E ovviamente non può farlo in maniera normale, o tirando dritto verso la
stazione trascinandoselo dietro; Sawamura lascia la sua manica e con la mano
afferra senza tante cerimonie né esitazioni quella di Miyuki, stringendola
nella propria. Non è la presa di un amante, non intreccia le dita con le sue,
ma sfrutta quel gesto per avvicinarsi – o per avvicinare lui, Kazuya non
saprebbe dire – e sembra più voler iniziare una rissa dandogli una testata che
non parlare.
Con la coda dell’occhio Miyuki fa in tempo a notare le persone ignorarli,
l’afflusso in arrivo dalla stazione che è ormai del tutto scemato, lasciandoli
in un tratto di strada che vede passare solo impiegati diretti finalmente verso
casa o persone che passeggiano perché probabilmente per loro la serata è ancora
solo agli inizi. Ma non ha tempo per notare altro, perché il viso di Eijun è
tutto ciò che sta nel suo campo visivo, con la punta del naso arrossata dal
freddo, il fiato caldo che si condensa in nuvolette bianche e gli occhi dorati
che lo guardano come se dovesse scavargli dentro.
Non “guardare”, non “leggere”, come si dice nei libri romantici; scavare, con l’irruenza che gli è
propria, nel bene e nel male.
«Non è ovvio? Certo non mi piace tutto, di te: hai un carattere orribile, un
sarcasmo odioso, sei una persona pessima e Youichi-san
dice che hai una personalità contorta da fare schifo!» e Miyuki, lo giura,
vorrebbe ridere perché così tanti insulti insieme non li ha mai ricevuti,
specie in risposta a “cosa ti piace di me?”, ed è tutto così ilare che non
crede di farcela a trattenersi.
«E ci sono chissà quante persone molto migliori di te, ma io mi sono dichiarato
a te, Miyuki Kazuya, quindi non è
ovvio che qualunque sia la cosa che mi piace sia veramente…
beh, non lo so, ma per annullare tutto il resto ti assicuro che ce ne vuole!»
È la sua mano a muoversi in quella di Sawamura, a far sì che si ritrovino palmo
contro palmo e che lui possa accennare un movimento che agevola l’intrecciarsi
delle loro dita o almeno un accenno della cosa, visto il fermarsi un istante
prima lasciando che a toccarsi davvero siano solo i polpastrelli.
Sono le sue labbra a incurvarsi in un sorriso che di sicuro Eijun non saprà
riconoscere, semplicemente perché non lo ha mai visto.
Sempre di Miyuki è il viso che si avvicina di più, tanto che i loro nasi si
sfiorano e se si chinasse ancora un pochino, starebbe posando le labbra su
quelle di Eijun. Se ne rende conto persino l’altro, perché un rossore palese
affiora sulle guance e fa sorridere ancora di più lui.
«Grazie dei complimenti.» glielo sussurra piano perché di alzare la voce non ha
alcun bisogno, e rimane fermo a cercare nello sguardo di Eijun il dubbio su
quanto sta per accadere, sulla possibilità o meno che Miyuki si chini e annulli
la distanza tra loro o no.
Dopotutto, si dice, potrebbe farlo.
Ma forse non dovrebbe.