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Autore: Akane    18/03/2005    5 recensioni
tutto iniziò ad una semplice festa quando un ragazzo dalla forte personalità si avvicinò ad un'altra che stava sulle sue...inizio banele? è vero ma è quel che successo a me...e non credo che il resto sia poi così banale...per lo meno non la fine...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOMEWHERE I BELONG

PREMESSA

Questo tutto sommato breve racconto è tratto dalla mia vita reale. Parla di me com’ero circa a 16 anni fa e di come sono cambiata, chi mi ha fatto cambiare diventando da orso e lupo solitario e selvatico ad animale da baraccone e da compagnia…
Tutto iniziò ad una festa quando un giovane di nome Stefano si avvicinò ad una ragazza (io) in disparte in un angolo col muso lungo e senza nessuno intorno. Classico inizio, vero? Eppure è quel che mi è successo.
Dovrò usare il mio vero nome perché altrimenti molte cose non avrebbero senso, lascerò invariato anche il vero nome di lui e di tutti gli altri personaggi secondari, tutti realmente esistenti.
La prima parte non è una storia d’amore e nemmeno banale come sembrerebbe. Finale assolutamente non scontato.
In linea generica si parla di luoghi d’appartenenza intesi come ricerca di sé stessi, una sorta di trovare un senso alla propria vita, quindi il proprio posto nel mondo ed il proprio reale 'io', da qui il titolo dell’intera storia.
Vorrei inoltre dire che io a Stefano devo molto, come si capirà leggendo questa storia. Vorrei far capire che ci sono rapporti che vanno al di là dell’amore e dell’amicizia, che a volte bisogna solo lasciarsi aiutare, anche se non si riesce a chiedere basta saper prendere ciò che ci viene offerto.
Grazie a Stefano per quello che hanno fatto senza saperlo e rendersene conto.
Non ho altro da dire se non il solito buona lettura. Baci Akane
CAPITOLO 1:
UNA STUPIDA FESTA
 
Era solo una stupida festa noiosissima di un amico che conosceva da poco. Come diavolo era capitata in un gruppo simile, dove tutti andavano felicemente d’accordo e si conoscevano dall’infanzia? Si sentiva un’intrusa perché era questo. Completamente di un altro mondo.
Astrid si trovò seduta in un angolo della sala mugugnando fra sé e sé che anche se il festeggiato era molto carino e simpatico, tutto il resto non era per lei.
Chi diavolo si credeva di essere? Perché era venuta? Controvoglia, non sapeva cosa mettere, che regalo portare, dove sedersi, chi salutare, come parlare, con chi parlare, dove stare, cosa fare… però era uscita lo stesso, assurdamente!
Avrebbe tanto voluto riuscire a fidarsi anche della gente che stava fuori casa, ma lei era sé stessa solo all’interno di quelle quattro mura. Fuori di esse diventava un orso, un lupo solitario, un gatto selvatico. Non parlava, non si avvicinava a nessuno, non guardava in faccia anima viva se non per lanciare occhiatacce e allontanare. Una come lei non poteva stare in certi posti, proprio non poteva.
Accavallò le gambe coperte da una lunga gonna color porpora scuro in tinta con il maglione lavorato a mano, dal collo che andava da spalla a spalla. Si tirò indietro seccata le bionde ciocche ricce da permanente mentre una morbida frangetta le copriva la fronte: avrebbe voluto che fosse più lunga per poter nascondere meglio il volto che non le piaceva minimamente. Quel filo di trucco che si era concessa (consisteva in un po’ di matita nera sotto gli occhi e nel mascara…) era comunque poco notato grazie agli occhiali dal semplice taglio.
Non l’ombra di un sorriso. Che si stesse annoiando si capiva perfettamente.
La musica era bella, le luci da discoteca ravvivavano l’ambiente, la gente allegra non aveva nulla che non andava, tutti si divertivano e stavano bene ma lei era un pesce senza la sua acqua. Cominciò ad irritarsi profondamente per stare in quel posto dove non era calcolata (e la cosa in fin dei conti le stava bene). Avrebbe preferito starsene a casa con sua sorella a ridere e scherzare. Là dentro era il massimo, poteva mostrarsi e sapere di piacere e di andar bene così, faceva ridere tutti, si faceva notare, stava al centro dell’attenzione. Era tutta un’altra musica, incredibilmente.
Ma il problema erano gli altri, la gente.
Passavano, la conoscevano, la facevano infatuare, le entravano dentro e poi la facevano soffrire e la ignoravano; solo una stupida delusione amorosa durata anni, ecco quel era stata la sua condanna.
Così giovane e aveva già sofferto per amore. Assurdo.
Lei non si era detta innamorata ma al termine di tutto aveva deciso di odiare i ragazzi, che erano tutti degenerati e che nessuno meritava la sua fiducia. Del resto anche fra le ragazze non aveva avuto grandi esempi di amicizia, non aveva ancora legato particolarmente con nessuno nella sua classe e non aveva un gruppo fisso con cui uscire. Il suo collegamento ere stata una ragazza, un amica delle medie, che usciva ogni tanto con quel gruppo, gli aveva presentato qualcuno e loro avevano insistito per farla venire altre volte. Non conosceva bene nessuno, per ora, ma aveva notato quel ragazzo così carino e simpatico che quella sera compiva gli anni, si chiamava Francesco. Così per conoscere qualcuno aveva pensato che non ci sarebbe stato nulla di male ad andare, ma attualmente, alle dieci di sera circa, ci vedeva tutto il male del mondo nell’esserci andata.
Sbuffò pesantemente e disse di fingersi interessata ai balli ma non ci riuscì, se c’era qualcosa che le veniva male era mentire. Era maledettamente spontanea.
Fu quando tutti si erano circa scaldati e osavano scendere in pista di più, che arrivò un gruppetto di tre ragazzi. Le erano familiari ma non li conosceva molto bene, erano venuti ogni tanto lì ma non ricordava nemmeno i nomi. Uno di essi mise subito banco e prese ad animare la festa. Si notò subito, era spigliato, vulcanico, chiacchierone, scherzoso, allegro, pazzo, ironico, accattivante… tutto l’opposto di lei in pubblico.
Lo osservò per un po’ ma preferì continuare a farsi prevalentemente i fatti suoi.
Quando cominciarono tutti a fare balletti di gruppo lei si notò perché rimase seduta, erano gli unici lei e quel ragazzo arrivato per ultimo.
Fu lui a farle il primo cenno di alzarsi e di andare con gli altri.
Aveva notato che oltre a non ballare non rideva e non faceva espressioni piacevoli o positive.
Astrid negò energicamente: per carità, ci mancava pure quella, si disse fra sé e sé... lei quei balli orrendi non li faceva nemmeno sotto tortura!
Così lui si avvicinò lasciando una o due sedie di distacco mentre il caos più totale esplodeva.
- Non balli? -
Non parlò ma tornò a scuotere il capo.
- Perché? Dai! -
Lei in tutta risposta fece cenno di andare prima lui, ma senza addolcire o rallegrare il suo volto.
Lui mise le mani avanti come a dire: per carità, io non ballo!
- E allora non chiedere di farlo a me! -
Era riuscito a farla parlare, anche se sgarbatamente ma ce l’aveva fatta!
Non si capì cosa aveva fatto di particolare, cosa fu che scattò, la cosa decisiva, ma lui non la mollò circa per tutta la sera rimanendo a debita distanza.
Fatto fu che lui si rivelò subito per quel che era, un tipo incredibile, fortemente incredibile. Non solo non si arrendeva ed era testone, ma anche spiritoso e sapeva farci.
Inoltre lui riusciva a fare le battute più esilaranti rimanendo serio. Non ci riusciva nessuno, nemmeno lei. Lui ce la faceva. Prendeva tutti per il fondoschiena in continuazione in modo da far ridere anche il bersaglio, però le metteva in modo tale che tutti finivano per sperare di essere presi di mira da lui; quel ragazzo era carismatico, ne aveva dappertutto, di carisma… era inarrestabile, un fiume, faceva morire dal ridere tutti e la parola serietà non sapeva che significasse. Questo fu quello che sembrò come primo impatto. Più avanti avrebbe scoperto, Astrid, che se voleva poteva essere serio quanto voleva e aver dei lati così profondi da far male a chi lo ascoltava.
Raccontarne una? Il regalo che aveva fatto all’amico. Un enorme orologio con la foto sullo sfondo del festeggiato, seduto in un water a defecare con il giornale in mano… diceva molto sulla personalità, questo.
Ma dire in due parole cosa fece, il miracolo che riuscì a compiere in sole due ore scarse, non si poteva. Bastava il risultato.
Astrid fece uno di quegli orrendi balli di gruppo seguita da Stefano, fino a ridere a crepapelle per un lungo attimo.
Quel ragazzo era incredibile ma lei lo avrebbe scoperto a sue spese, in seguito: oltre ad essere incredibile era anche terribile… in senso positivo, no?
 
   
 
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