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Autore: Chandra J J Lyndon    07/02/2016    2 recensioni
[2007, missing moment]
Leonardo si vede costretto ad andare via da casa. Deve separare i suoi sentimenti dall'esere un buon leader per la sua squadra, è per questo che se ne va via da casa per un anno. Ma un anno non sarà mai sufficiente per cancellare quello che sente, e Leonardo lo sa benissimo.
Raffaello, dal canto suo, non capisce, non riesce a capire perchè, se lo domanda ogni giorno che lui è lontano da casa. Deve trovare la sua strada, magari capire di più su se stesso.
DAL TESTO:
"Quando finalmente furono tutti pronti a lasciarlo andare – lui avrebbe preferito sgattaiolare via nel cuore della notte, non guardare in faccia nessuno mentre se ne andava – lo guardò negli occhi una sola volta, prima di girarsi per impedirsi di stringerlo forte in un abbraccio, dirgli scusa, mi dispiace, voglio davvero restare e baciarlo lì, davanti a tutti, fregandosene di ciò che potrebbero pensare. Non avrebbe davvero importanza. Leonardo, però, sa che non può davvero farlo. Sarebbe stupido e controproducente e inutile, e in quel momento non era il caso. Magari un giorno potrà farlo, si disse, e ci credeva davvero."
storia scritta sulle canzoni: Infinito, Dimentica, Non è mai un errore.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Leonardo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Incest
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Note:  Ecco a voi il nuovo – e ultimo – capitolo! Non credevo che ce l’avrei fatta, e invece eccomi qua! Ho finito la mia prima mini-long e sono entusiasta. Spero che vi piaccia e di non averli resi troppo OOC. In quel caso scusatee.

Per quelli che come mio prossimo aggiornamento si aspettavano Thinking all you need is there, scusatemi, ma ho scritto il nuovo capitolo almeno tre volte, e ancora non mi piace. Inoltre per ora l’ispirazione per quella storia mi è passata e non ho voglia di costringermi a scrivere schifezze. Abbiate pazienza!

p.s.: ci sono una citazione da GoT e una pseudo-citazione da una canzone di Marco Mengoni. Chi di voi le sa trovare?


 

What we should be, what we will become

Chapter 2 – Love and Forgive, Take me home

Due anni scivolato in fretta
E tu mi paci come sempre, forse anche di più
Mi hai detto
So che è un controsenso, ma l’amore non è razionalità
E non lo si può capire
Ed ore a parlare...

 
Tornare a casa è una sensazione strana. Per quanto tutto ciò che hai vissuto stando lontano possa essere stato meraviglioso e indimenticabile, per quante volte tu possa ripetere Non tornerò, qui sto bene, quando torni nella tua terra natia saprai che una parte di te vi resterà sempre legata. Essa è il luogo cui appartieni e il luogo che ti appartiene.
 
È questo che sente Leonardo una volta tornato a casa. Se ne rende conto mentre guarda New York dall’alto. Gli mancherà sempre. Nonostante non l’abbia mai accettato – lui, rifiuto delle fogne ed essere mutante – la avrà sempre nel cuore.
 
Non solo perché lì c’è la sua famiglia, ma anche perché amerà sempre la sua città. Il rumore continuo e costante, quello che ha cullato i suoi sogni da piccola tartaruga, la frenesia dei suoi abitanti, ciò che ha sempre imparato a evitare. Lui appartiene a New York – per quanto possa odiare tutto questo, sa che sempre amerà questo senso d’appartenenza a un luogo.
 
Questa sensazione di familiarità può goderla appieno solo dopo che tutta la faccenda dei Generali di Pietra è conclusa.
 
Un vero incubo, dal primo momento – dall’istante in cui si è reso conto che proprio Raffaello era il Nightwatcher, fino a quando tutti e tredici i mostri sono tornati a casa e l’uomo d’affari non è scomparso nell’aria, ormai stanco di una vita priva di senso e notevolmente più lunga di quanto un qualsiasi essere umano possa sopportare.
 
Quel combattimento sui tetti, poi, l’ha distrutto sia fisicamente, dato che avere scagliata addosso tutta la rabbia accumulata in due anni da Raffaello è piuttosto pesante, che mentalmente, visto che ha distrutto i suoi piani. E questo, a un terribile maniaco del controllo come lui, non fa piacere.
 
La sua idea comprendeva sì, l’azzuffarsi, ma non l’essere rapiti dai dei tizi vecchi di quattromila anni, una cosa né piacevole né indolore. E inoltre si sente schifosamente debole quando, ripensandoci, si rende conto che nonostante il sedativo nella spalla Raffaello è riuscito a salvare sia se stesso sia Casey, senza arrendersi al sonno, cosa che lui ha fatto circa dopo venti secondi essere stato colpito. Il suo senso di competizione vede questa come una cosa davvero pessima, nonostante non sia la priorità. Sicuramente no, non adesso, poi penserà al suo orgoglio ferito.
 
Adesso, invece, è il momento di pensare a come aggiustare le cose con Raffaello, un’impresa decisamente peggiore di tutto ciò che gli accade di solito, e lui è una vera e propria calamita per i guai. Basta osservare cosa è accaduto appena è tornato a casa.
 
Con la ninja-to in mano, esegue alcuni kata, da sempre il metodo migliore che ha per concentrarsi, i muscoli sono abituati ai movimenti, e passa da una posizione a un’altra in modo fluido e continuo. È talmente allenato che non pensa, semplicemente agisce, a occhi chiusi, lasciando che sia il suo corpo a riesumare la memoria di quegli esercizi che sono ormai semplice routine del suo intenso allenamento personale.
 
Senza neanche aprire gli occhi, sa che qualcuno lo osserva, ne ode il respiro regolare e pesante, in netto contrasto col suo, veloce e lieve, causato dallo sforzo fisico.
 
Senza neanche chiedere, sa chi è, perché riconosce la sensazione che quello sguardo gli provoca quando è fisso esclusivamente su di lui. Sembra quasi una carezza più violenta del normale, ma non per questo priva di gentilezza. Perché solo con antitesi e ossimoro può essere descritto Raffaello.
 
Leonardo si ferma nel bel mezzo del kata, sembra quasi una statua in quella posizione plastica e innaturale, una perfetta e immobile scultura di ghiaccio, ma solida come la roccia. Ha ancora gli occhi chiusi e le sue pupille fremono sotto la palpebra, non sa se permettersi di aprire gli occhi e guardare veramente suo fratello dopo tutto questo tempo, o lasciare che le cose restino come sono, che tutti i sentimenti, buoni o cattivi che siano, rimangano a sobbollire poco sotto la superficie. Tornerebbero a odiarsi e... no. Questo mai. Perché Leonardo sa che non riuscirebbe a detestarlo davvero, semplicemente si struggerebbe e il senso di colpa lo roderebbe dall’interno come un tarlo. Non vuole davvero che finisca così.
 
― Raphie, non dovresti fissare con tanta insistenza, è piuttosto maleducato. ― sa che di certo non è il modo migliore per cominciare il discorso che ha intenzione di fare, ma non può proprio farne a meno. Rompendo l’assurda staticità in cui era caduto, si gira verso di lui e finalmente lo guarda negli occhi. Dopo tutti quegli anni, è come tornare davvero a respirare. Perché adesso sono soli e liberi di esprimere ciò che sentono. E, malgrado tutte le sofferenze, il dolore e l’odio e l’incomprensione, non è altro che puro e semplice amore, divenuto tale pian piano, in modo del tutto spontaneo e naturale.
 
― Anche sparire senza dire niente è maleducato, ma nessuno te l’ha sbattuto in faccia. ― è la risposta immediata di Raffaello, che sembra quasi esplodere come una bomba.
 
Ecco, ora è finalmente stato detto a chiare lettere, e Leonardo sa bene che se lo sarebbe dovuto aspettare, ma fa comunque male sentirlo. Sa di averlo deluso, ora spera solo di poter rimediare ai suoi errori.
 
― Be’, ora ci hai pensato tu. ― Leonardo dice, calmo come acqua stagnante, anche se dentro di lui è tutto un miscuglio di sensazioni contrastanti. All’interno, Leonardo freme per tutto ciò che succederà poi.
 
Sorpassa Raffaello, che è appoggiato allo stipite della porta, e si dirige verso le fogne vere e proprie. Hanno bisogno di parlare senza che nessuno li disturbi – e senza che loro stessi disturbino gli altri abitanti della casa – e Raffaello lo segue in silenzio. Sa che parlerà solo quando avranno certezza di non poter esser più sentiti. A quel punto gli vomiterà addosso tutto ciò che pensa di lui. Ne sarà ben felice, Leonardo, se questo li porterà davvero da qualche parte.
 
Passando per il salotto, vede di sfuggita Michelangelo alzare un pollice in sù, come a dire buona fortuna!, e Donatello sorridere comprensivo, alzando solo per un attimo gli occhi dal progetto cui sta lavorando. Raffaello come risposta sbuffa una risata nasale e si preme stancamente una mano sugli occhi; Leonardo vuole davvero chiedere, ma decide che è meglio non sapere, che sarà per un altro giorno.
 
I due camminano l’uno accanto all’altro per un po’, prima di giungere in un posto abbastanza lontano.
 
A quel punto, Raffaello si gira verso di lui e comincia a parlare. ― Ci – Mi hai abbandonato. ― la voce gli esce fuor pungente come veleno, e Leonardo non può far altro che abbassare le spalle ed esalare un flebile sì. Raffaello ha ragione, e lui non ha scuse. Si sente debole e sconfitto, e ogni sua resistenza è spazzata via.
 
All’improvviso, parlarne non gli sembra più un buon piano.
 
― Fantastico, Leo, davvero: torni qui dopo un anno di silenzio e l’unica cosa che riesci a dirmi come risposta alle mie accuse è sì.
 
― Ti fa più rabbia che io non reagisca o che me ne sia andato? ― Leonardo non sa come, ma il suo muro d’indifferenza è tornato e può ancora contare sulla sua difesa preferita.
 
Lo sguardo di Raffaello lo trafigge da parte a parte. ― Non cercare di fare questi giochetti con me, Leonardo.
 
― Nessun gioco Raffaello, una semplice domanda. ― sono passati ai nomi completi, e la situazione è più grave di quanto Leonardo avesse pensato. Ha sempre saputo che la discussione sarebbe dovuta avvenire per forza, ma dato l’accaduto sul tetto ha sperato che il peggio sia passato. Ora si rende conto che non è così e che quello era solo il primo round.
 
― Ti conosco troppo bene Leonardo, so cosa frulla in quella tua testolina. ― gli punta un dito contro, come ad accusarlo. Leonardo incassa senza proferir parola: merita tutto questo, e anche altro. Forza il suo autocontrollo al limite, perché c’è una parte di sé che desidera rispondere per le rime a suo fratello, urlargli contro e duellare ancora. ― Pensi che adesso che sei tornato sarà tutto come prima. Be’, notizie dell’ultima ora: non è così.
 
― Credi davvero che non lo sappia? Credi davvero che non so che niente sarà mai come prima? Due anni sono tanto tempo, e ogni cosa cambia. ― Tranne ciò che provo per te, pensa, ma non lo dice ad alta voce. Sa che è troppo presto e che Raffaello non gli crederà se glielo dice adesso.
 
― Già, tu invece rimani nella tua immutata perfezione da figlio modello. Smettila con questa farsa, non fingere con me.
 
― Nessuna farsa Raffaello. Sono qui per spiegarti che non ho ma finto, nulla. ― ed entrambi sanno a cosa si sta riferendo, senza neanche bisogno di dirlo apertamente. Ed è sempre stato questo il bello del loro rapporto: essere capaci di comunicare dimenticando totalmente l’esistenza delle parole.
 
Inaspettatamente, Raffaello scoppia in una risata amara e priva di gioia. ― No? E pensare che mi sembravi tanto entusiasta di andartene per un anno. Talmente tanto che da uno siamo passati a due.
 
― Mai. ― risponde semplicemente Leonardo. Perché quella è la verità, e lui non ha altro da dire.
 
A quel punto, sembra quasi naturale passare a un combattimento, che pare durare un’infinità. Ci sono colpi e grida e insulti. Raffaello si trasforma ancora una volta in quella furia che Leonardo ha visto su quel tetto. Ovviamente, gli viene fin troppo naturale ribattere con la stessa grinta e la medesima ferocia. 
 
Dopo una serie di pugni violenti – perché nessuno dei due ha tirato fuori le armi, stanno semplicemente affrontandosi con una lotta a mani nude – che li portano prima in mezzo all’acqua, poi con la schiena di Leonardo sbattuta contro una parete e infine con Raffaello schiacciato contro il pavimento.
 
I loro occhi s’incontrano per un attimo, e Raffaello stringe forte i pugni. ― Aspettavo con ansia il tuo ritorno, ma una parte pessimista di me l’ha sempre saputo che non saresti tornato. Non so come sia possibile. Forse ti conosco troppo bene. ― Spinge suo fratello con forza e si rialza di scatto, distanziandosi da lui di circa un paio di metri.
 
Entrambi hanno il fiato corto, ma non se ne preoccupano.
 
― Cercavo delle risposte. Chissà, magari se avessi chiesto a te le avrei trovate molto prima. ― fa un passo in avanti, Leonardo, si avvicina con estrema cautela. Non vuole che Raffaello si ritragga e si allontani, non adesso, o di lui non resterà che un guscio vuoto, niente emozioni, niente di niente.
 
― Leonardo... ― è un sussurro quello di Raffaello, che lo guarda con gli occhi spalancati, come se non credesse a ciò che sta vedendo. ― Non puoi farmi questo, non sono un gioco.
― Non lo sei mai stato.
 
Ed è vero, Leonardo spera che questo Raffaello lo capisca, che comprenda quanto sia importante per lui.
 
― Tu sei sempre stato quello che mi spronava al massimo delle mie capacità, che mi metteva sempre all’angolo. Tu mi sfidavi con un urlo muto dicendo: e ora vediamo come mi batti. ― Leonardo apre gli occhi e prende fiato ancora una volta, prima di continuare. Ha molte cose da dire, e il respiro mozzato e il cuore che batte furiosamente nel suo petto non lo aiutano di certo. ― Ed io ti dimostravo ogni volta che ero capace di farlo.
 
Raffaello lo interrompe ― E non hai idea di quanto mi facesse incazzare questo tuo comportamento.
 
Si guardano negli occhi adesso, e l’uno può leggere nelle iridi dell’altro ciò che prova dentro di sé, ed è una sensazione che esalta e spaventa allo stesso tempo,  la consapevolezza di un legame tanto profondo. Eppure non possono proprio farci niente.
 
― Ci completavamo a vicenda, e continuiamo a farlo ancora oggi. Forse è stato per trovare finalmente un equilibrio che abbiamo fatto quel passo avanti, oltre il confine che non avremmo mai dovuto varcare. ― Leonardo non sa chi si sia avvicinato prima o se lo abbiano fatto contemporaneamente, ma adesso le loro fronti sono collegate e i loro petti si sfiorano. Raffaello emana calore, l’ha sempre fatto, e adesso lui lo sente più vicino che mai. ― Non me ne sono mai pentito. ― ammette finalmente, dopo un minuscolo istante di tentennamento. Aveva paura di pronunciare queste parole, ma adesso che ha superato questo scoglio la strada sarà tutta in discesa. ― Ti ricordi che dopo la prima settimana abbiamo avuto quell’imbarazzante conversazione?
 
Raffaello ghigna, gli occhi bassi e le braccia leggermente sollevate, quasi non sapesse cosa farsene. ― Certo, quella sul “cosa siamo noi”, come scordarla.
 
― Adesso ho una risposta.
 
Raffaello si allontana da lui di scatto, e nei suoi occhi Leonardo può leggere paura e insicurezza. Niente a che vedere con la rabbia che sta cercando di dissimulare. ― Non puoi tornare qui dopo tutti questi anni e venirmi a dire cose come questa!
 
Leonardo, prima che suo fratello possa andarsene, lo stringe con tutta la sua forza a sé, in una rude imitazione di un abbraccio. Avvicina le labbra al suo foro uditivo e lì sussurra lievemente, la voce simile ad un piccolo refolo di vento in un giorno assolato. ― Ti amo.
 
Raffaello esala un respiro tremante e si accascia contro di lui come se non avesse più energie, affondando il viso nel suo collo e respirando forte. Le sue braccia finalmente paiono trovare il loro posto, attorno ai suoi fianchi, mentre quelle di Leonardo sciolgono un po’ quella stretta stritolatrice a favore di una più dolce, portando gli arti al collo di Raffaello. Ed è magnifico incastrarsi in questa maniera, come se non ci fosse altro posto nel mondo per loro se non quello. Il tempo pare allargarsi e dilatarsi all’infinito, gli occhi di Leonardo non vedono nulla, se non Raffaello, che sente tutto intorno a sé, fuori e dentro ed è una sensazione inebriante come il suo profumo che gli penetra nelle narici. È così bello tornare a essere di nuovo completi.
 
Restano così per un tempo impossibile da misurare, ché ormai per loro il tempo pare aver perso significato. ― Ti amo anch’io. ― sussurra poi Raffaello in risposta, e Leonardo vorrebbe mettersi a saltellare per la gioia – ci aveva sperato fino all’ultimo, però di certo non c’era nulla – ma l’unica cosa che riesce a fare è sorridere debolmente e stringersi ancora di più a lui.
 
Si separano dopo un altro po’ di tempo, tenendosi ancora stretti per gli avambracci, con forza, come se non toccarsi di più significherebbe morire.
 
E il passo successivo è inevitabilmente l’unione delle loro bocche, dalla quale nasce un bacio che dapprima è semplicemente a stampo e porta un calore crescente e poi si trasforma: diventa passionale e carico d’urgenza, velato di un istintivo bisogno animalesco.
 
Tutto diventa confuso, intossicato da un inebriante piacere che dà a entrambi alla testa, e ogni cosa nel mondo – nell’universo – si riduce a una sfrenata passione che fa vedere loro tutto sfuocato.
 
Ed è bellissimo, è morire e rinascere e unirsi ancora una volta. È amore, nella sua manifestazione ultima e più profonda. Poco importa che siano nelle fogne e che la scarsa luce proviene da una stupida lampadina che talvolta sfarfalla, è semplicemente perfetto. Nonostante il dolore e la scomodità della roccia, perché sono lì e sono loro, il resto conta poco più di niente. E per ogni scossa di dolore lancinante, Raffaello gli regala qualcosa, che sia un bacio o una carezza.
 
 
Finalmente Leonardo si sente bene. E, come tanti anni prima, sente che può tornare a respirare. ― Sei casa mia.
 
L’infinito sai cos’è?
L’irraggiungibile fine o meta che
ricorrerai per tutta la tua vita
 
Infiniti noi
so solo che non potrà mai finire
Mai
ovunque tu sarai
Ovunque io sarò
Non smetteremo mai
Se questo è amore
È amore infinto
 
 
 
Tornare al covo è l’ultimo dei loro pensieri, ma dopo un po’ devono separarsi e andare via.
 
Non è la prima e l’ultima volta che succede, questo lo sanno, ma finalmente riescono a dare un nome alle emozioni che provano l’uno per l’altro. Nessuna gioia è tanto grande, tranne forse la consapevolezza che a casa continueranno tutti a volergli bene.
 
― Donnie e Mikey, sanno tutto. ― dice Raffaello dopo un po’ di silenzio.
 
Leonardo gli lancia un’occhiata penetrante senza proferire parola. Non lascia trasparire nessuna emozione. Raffaello sa che probabilmente pensa a cosa comporti questo.
 
― Hanno voluto che glielo dicessi.
 
― Dovevamo farlo insieme. ― e Raffaello comprende subito che non sta parlando con lui e che si sta biasimando. Be’, a essere onesti l’ha fatto lui per primo. ― Scusami, per ogni cosa. ― e davvero, Raffaello si aspettava tutto, fuorché questo. Non sa cosa rispondere, perché non hai mai sentito Leonardo chiedergli scusa. Non sa quella frase sia mai uscita dalla sua bocca, a dirla tutta.
 
― Leo, io... ― ma prima che possa cercare di aggiungere altro, suo fratello lo interrompe bruscamente. ― Non dire niente Raphie, volevo solo che tu lo sapessi.
 
E, dopo queste parole, nessuno dei due dice più nulla, a testimoniare ciò che provano ci pensano le loro mani, che, seppur non siano unite – ci vorrà un po’ prima che riescano a sciogliersi e a lasciarsi tutto alle spalle – si sfiorano ad ogni passo, in un contatto continuo che pare voler dire Non me ne vado, ci sarò sempre. Raffaello spera davvero che sia così, perché il suo cuore non reggerebbe a un’altra cicatrice del genere.
 
Arrivati a casa, sono accolti da abbracci e feste dai loro fratelli, dalle domande e dai commenti inopportuni di Michelangelo – ragazzi, se vi vedo fare i piccioncini in giro, giuro che vomito – e dai sorrisi sornioni di Donatello – Io e Mik abbiamo fatto una scommessa: lui diceva dopo minimo un mese, io poco meno di una settimana. Michelangelo, mi devi una pizza e un turno delle pulizie.
 
Raffaello non può fare a meno, ascoltando questi discorsi, di pensare che in fondo potrà davvero tornare tutto come prima e che potranno trovare qualcosa che arriverà a somigliare alla felicità, in qualche modo.
 
E, mentre Leonardo risponde alle assillanti domande di Michelangelo, gli si avvicina da dietro e lo stringe a sé, perché vuole e può farlo, stavolta allo scoperto.
 
Dopo una cena a base di pizza e dei racconti di Leonardo sull’Amazzonia, Raffaello segue il fratello nella sua camera senza neanche chiedere. Non che ci sia bisogno di conferme adesso.
 
Raffaello chiude la porta alle sue spalle e bacia Leonardo con violenza, si aggrappa a lui con tutto il suo essere, come se volesse respirarlo. Leonardo lo stringe a sé con forza e giusto quel pizzico di violenza che li caratterizza. Non credo riusciremo mai a essere romantici, pensa Raffaello mentre Leonardo lo gira e lo spinge contro il letto con prepotenza; con la stessa aggressività si riappropria delle sue labbra mentre si siede su di lui.
 
E sono fuoco e fiamme che bruciano e ardono senza sosta. Le mani sui corpi scorrono prima con lentezza e dolcezza, paiono quasi delicati refoli di vento; poi con forza brutale e possessiva. I baci si alternano con morsi voraci e tutto diventa confuso. La mente di Raffaello si svuota di qualunque pensiero e tutto si riduce a mero istinto. Totalizzante e infinito. Ci si perde dentro quella sensazione che lo culla col suo calore.
 
Si sente bene adesso, forse più calmo e rilassato. Felice.
 
Lo stringe forte contro il suo petto, posando un braccio intorno ai suoi fianchi. Leonardo gli si rannicchia contro e mugola soddisfatto.
 
Si sono dovuti trattenere, perché va bene che ora lo sanno tutti, ma da qui a impedire agli altri di dormire per via dei gemiti forti ce ne vuole. Per questo ogni volta che uno dei due ha emesso un suono troppo forte, l’altro l’ha soffocato con un bacio. Non si sono mai baciati tanto.
 
― Leo, grazie. ― dice dopo un po’ di tempo Raffaello.
 
Leonardo si gira nel suo abbraccio per poterlo guardare negli occhi. ― Di cosa?
 
Raffaello sorride. ― Di essere di nuovo qui, di non avermi lasciato andare. Ti amo.
 
― Ti amo anch’io.
 
 
Quella notte dormono tranquilli e sereni, per la prima volta dopo tutto quel tempo che hanno passato lontani l’uno dall’altro, sia con la mente sia con il corpo. Una bolla di tranquillità pare avvolgerli e finalmente si sentono al sicuro. Sanno che non sarà sempre tutto rose e fiori, ma per adesso si godono la loro meritata tranquillità. È tutto ciò che conta, alla fine.

 
 
   
 
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