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Autore: Son of Jericho    07/02/2016    1 recensioni
"You don't know me".
Hai ragione, non ti conosco. Ma come potrei, se non conosco nemmeno me stesso?

Un presente che appare insostenibile, un futuro che rischia di diventare ogni giorno più difficile, e la paura di non farcela, porteranno Beck lontano da tutto ciò che credeva di amare.
Tempo e distanza, per sperare che le cose tra loro si sistemino.
Nuovi amici lo accompagneranno nella sua nuova strada, fino a quando arriverà il momento di chiedersi se davvero vale la pena tornare indietro e lottare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beck Oliver, Jade West, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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XII - Home is where love hurts
 
 

Era da quando era rincasato la notte prima, che Beck aveva l’impressione che non fosse andata come avrebbe voluto.
Troppi i pensieri che avevano continuato ad aggirarsi per la mente, troppe le immagini che lo avevano frenato, impedendogli di trascorrere la serata che sperava.
Piacevole, sì, ma non abbastanza.
Solo dopo aver riaccompagnato Sonja, si era accorto di non essere mai riuscito a lasciarsi veramente andare.
Si era sforzato di concentrarsi sulla candida voce della ragazza, mentre gli raccontava delle gite in barca a vela che faceva con suo padre, o delle novità che avrebbe voluto improntare alla scuola di danza. Eppure, ogni tanto sentiva che stava perdendo il contatto con lei.
Si era chiesto se lei avesse notato qualcosa, magari quell’ombra che si nascondeva dietro i suoi occhi, o l’incertezza nel suo comportamento.
Il cd scoperto da Sonja, le telefonate di Andre… esisteva un modo per non dover affrontare continuamente questi tormenti?
Forse aveva finito per rovinare il primo appuntamento con una brava ragazza, che avrebbe potuto anche non richiamarlo più. E lui questo faceva fatica ad accettarlo.
Beck si sedette al tavolo per una breve colazione prima di uscire. Mentre affondava il cucchiaio nella ciotola dei cereali, il cellulare sul banco iniziò a vibrare.
Sospirò, immaginando già chi fosse, e guardò il display.
Andre.
Probabilmente stava per entrare a scuola, e voleva semplicemente fare due chiacchiere col suo amico.
Beck, però, non si sentiva dell’umore per parlare. Non con lui, almeno.
Ripose lo smartphone e, tornando a pensare a Sonja, lasciò che continuasse a squillare a vuoto.
 
 
*****
 
 
- Un’altra chiamata senza risposta. - esordì amaramente Andre, raggiunto Robbie nel backstage.
L’altro, sentita distrattamente la voce dell’amico, posò gli oggetti di scena con cui stava lavorando e si voltò verso di lui. - Come hai detto? -
Andre si appoggiò con la schiena ad una colonna. - E’ la terza volta che provo a telefonare a Beck, e che lui non mi risponde. -
Robbie fece spallucce. - Magari ha da fare. Non hai detto che ha cominciato a lavorare? -
L’amico aggrottò la fronte e scosse il capo. - Non a quest’ora. So che il suo turno inizia più tardi. E poi, non sarebbe la prima volta che ci sentiamo in questi momenti, prima di entrare a scuola. -
- Sei preoccupato? - gli domandò Robbie. - Pensi gli sia successo qualcosa? -
- Non è per questo. -
- E per cos’è, allora? -
Andre si allontanò dalla colonna e si mise a camminare avanti e indietro. - E’ che non è da lui. -
- Non rispondere al telefono? -
- Tutto quanto, Robbie. Tutta questa storia, diciamoci la verità, nessuno di noi se l’aspettava. Ho sentito quello che hai detto a Cat ieri, che Beck non ci ha abbandonato. - si fermò e fissò l’amico negli occhi. - Ne sei ancora così sicuro? -
- Perché non dovrei? - Robbie pareva addirittura spaventato dalle parole dell’altro. - In fondo siamo sempre i suoi migliori amici! -
- Se n’è andato per Jade, ma tuttora non sappiamo perché. E fino a qualche giorno fa, non avevamo neppure idea di dove fosse. Se adesso smette anche di rispondere alle mie chiamate, poi… cosa? -
Robbie, pur non credendo a ciò che stava sentendo, capì quale fosse il pensiero di Andre.
Aveva paura che Beck non volesse più tornare, e che come aveva lasciato Jade, alla fine avrebbe lasciato anche loro.
Nessuno dei due però ebbe il coraggio di pronunciare quella frase ad alta voce.
L’effetto che avrebbe provocato sarebbe stato strano, ingiusto, crudele.
Per questo entrambi preferirono distogliere lo sguardo e rifugiarsi nel silenzio.
Mai prima di allora era stato messo in discussione il loro rapporto con Beck, ma stavolta, il timore più grande era che la distanza che si era intromessa tra loro potesse risultare troppa per ricucire qualsiasi strappo fosse avvenuto.
 
 
*****
 
 
Mancava ormai appena una settimana al gran debutto in prima serata. La tensione si poteva leggere sui volti di tutti, dagli attori agli addetti al backstage, dai professori fino all’ultimo studente della Hollywood Arts.
La Hawkes era finalmente soddisfatta dei lavori di Robbie, Cat e del resto dello staff, e lo stage aveva iniziato a prendere la forma desiderata. Le varie scenografie erano state tutte assemblate, completate, e sistemate dietro le quinte, pronte per essere portate sullo stage nei vari atti.
Era partita una grande opera di propaganda, e secondo le voci che circolavano, sembrava che il teatro avesse totalizzato il tutto esaurito neanche cinque giorni dopo l’annuncio.
Sia Sikowitz che la Hawkes erano già così agitati, che nessuno osava immaginarsi cosa avrebbero fatto la sera della messa in scena.
I ragazzi, come era ovvio aspettarsi, si erano impegnati a fondo fino a diventare una garanzia, tanto che le ultime prove parevano ormai una semplice formalità.
Tra i giovani commedianti, benché fosse una delle più esperte, la più nervosa era Tori.
Quella mattina, dietro al sipario, vicino alle scalette che portavano ai camerini, si stava facendo tranquillizzare da Andre e Trina.
- Ma ci pensate, ragazzi? Saremo live sul network nazionale! - squillò la giovane Vega.
- Sì, il rumor ci è giunto all’orecchio… - la prese in giro Andre.
- Io ancora non ci posso credere! - riprese fiato, poi guardò timidamente la sorella. - Non è che vuoi ancora prendere il mio posto? -
Andre la fulminò con un’occhiata, temendo che Trina potesse arrivare ad approfittarsi anche di una battuta, date le sue conosciute manie di protagonismo.
La maggiore delle Vega se ne accorse, e scoppiò a ridere. - Ritira la proposta Tori, l’avrei accettata senza dubbio… - gli altri due la guardarono storta. - … se me l’avessi chiesto fino a un paio di settimane fa. Poi qualcuno mi ha fatto capire che se ognuno ha il suo posto, vuol dire che una ragione c’è. E questo è il tuo momento Tori, la tua grande opportunità. Perciò quando la grande notte arriverà, sappi io sarò là tra il pubblico ad osservare la mia sorellina che realizza il suo sogno. -
Andre appariva completamente stordito, da quelle frasi che credeva non avrebbe mai sentito da Trina, mentre Tori, seppur sorpresa, ebbe un’ulteriore conferma che anche la sorella stava crescendo.
In quell’istante vennero raggiunti da Cat e Jade. - Pare che stavolta dobbiamo fare i complimenti alla nostra piccola Cat. - fece la mora. - E’ anche merito suo se tra pochi giorni potremmo esibirci. -
- Mi sembri di buon umore! - le disse Andre.
- Sono carica. - ribadì lei. - Perché tutto sta andando per il verso giusto. Sapevo fin dal primo giorno che sarei stata perfetta per questa parte, e adesso che anche Mark sembra essere finalmente pronto, non può che andar bene. -
- Sono contento per te, Jade. - commentò Andre, con una punta di nostalgia.
La ragazza ripartì alla volta del palco. - Adesso vado a provare un altro paio di cosette. - quando passò di fianco a Tori le diede una pacca sulla spalla. - E tu stai tranquilla, Vega. Lo sappiamo tutti che spaccherai anche quella sera. -
Andre attese che si fosse allontanata, per riprendere la parola. - Sembra davvero in forma. -
Tori si fece pensierosa. - Magari lo è veramente. - fece una pausa e si voltò nella direzione in cui era andata Jade. - Ma lo sa anche lei che con Beck sarebbe stata tutta un’altra cosa. -
 
 
*****
 
 
C’era stato qualcosa nelle parole di Freddie, che non lo aveva convinto fino in fondo. Un dettaglio che non riusciva a visualizzare correttamente, un’interpretazione che non riusciva a cogliere, un tarlo che gli si era instillato nel cervello.
Per questo, una volta finito il turno al negozio, era montato in macchina e si era diretto all’università.
Il pomeriggio volgeva al tramonto e l’aria si irrigidiva, quando Beck parcheggiò la sua Buick di fronte all’entrata del campus.
Per tutta la giornata si era chiesto se non fosse stato anche il racconto di Freddie, una delle cause che lo avevano frenato con Sonja.
Ad ogni modo, sentiva di aver bisogno di parlare con qualcuno.
Beck scese dall’auto e si appoggiò con la schiena allo sportello. Guardò l’ora e poi si voltò verso il cancello d’ingresso. Le lezioni dovevano essere prossime al termine, e alcuni ragazzi avevano già cominciato ad uscire e ad andare verso propri mezzi.
Il giubbotto marrone del nativo di Seattle comparve in fondo alla fila di studenti che provenivano dall’ala est del complesso. Beck sorrise: qualsiasi facoltà avesse scelto quel gran studioso di Freddie, poco aveva a che fare con i suoi sogni di gloria di recitare a Broadway o al cinema.
- Ti interessa un passaggio? - gli chiese, appena fu abbastanza vicino da sentirlo.
L’amico si fermò e lo guardò sorpreso. - Che ci fai qui? -
- Ero di strada. -
- “Di strada” dal negozio? - replicò, poco convinto ma sarcastico. - Non è che sei passato anche da Miami, già che c’eri? -
Beck trattenne a stento una risata. In effetti, non era plausibile. - Volevo farmi un giro. Andiamo, ti riporto a casa. -
Freddie alzò le spalle, caricò la cartella sul sedile posteriore e salì al fianco del canadese. - Andiamo al solito pub? -
- Non stasera. - gli rispose, mentre metteva in moto. - Ho un appuntamento con Sonja più tardi. -
Diede gas e si infilò in una stradina laterale che conduceva alla tangenziale.
L’amico sghignazzò. - Ancora lei, eh? -
- Già… -
La risposta però fu troppo breve e distratta per non insospettire Freddie, che si voltò a fissarlo. - Tu oggi non me la racconti giusta. -
- E’ oggi che non è la giornata giusta. -
- Forse non lo è mai stata da quando sei arrivato, Beck. Dico bene? -
Il canadese si sentiva un paio di occhi puntati addosso, ma un po’ per non perdere la concentrazione dalla strada e un po’ per codardia, evitò di incrociarli. - Può darsi. -
Freddie evitò di calcare la mano, pensando che forse non gli avrebbe estorto granché. - Insomma, stavi parlando di Sonja… -
Beck serrò la presa sul volante e annuì. - Mi piace quella ragazza, Freddie. - ammise.
L’altro aggrottò la fronte, stupito da quel tono fin troppo deciso. - Sono contento. -
- E’ solo che… - fece una pausa per svoltare a destra. - Ieri sera, quando siamo usciti insieme… non so cosa mi sia preso, ma non ero a mio agio. -
- Non stavi bene con lei? -
- Non stavo bene con me stesso. -
- E’ successo qualcosa? -
- No… cioè, sì… - si corresse. - Una sciocchezza, a dire il vero. Sono andata a prenderla sotto casa, lei voleva mettere un po’ di musica, e… ha trovato il cd che mi ha spedito Tori. -
Freddie rivolse lo sguardo fuori dal finestrino e si lasciò scappare un sospiro. - Quel cd sta dando troppi problemi. -
Beck colse l’espressione malinconica dell’amico. - Neanche tu oggi me la racconti giusta. - in quei giorni, solo una ragione lo stava riducendo in quelle condizioni. - Ti sta facendo pensare ancora a Sam, vero? -
Il silenzio che ottenne in cambio fu chiarissimo.
- Magari non ho mai smesso, dal giorno in cui l’ho rivista a Los Angeles. - disse, ridestandosi all’improvviso. - E quel maledetto cd non sta facendo altro che ricordarmelo, nonostante i chilometri che ci separano. -
Lo sguardo di Beck continuò a percorrere la strada. Lo aveva intuito la sera prima, quando ne avevano parlato al pub, e adesso era evidente.
- Provi ancora qualcosa per Sam. -
Il silenzio che ripiombò non fece che rafforzare quell’affermazione, una verità nuda e cruda.
- Freddie, non ti sei mai pentito di non essere rimasto con lei, quando ne avevi l’opportunità? -
Mentre la Buick procedeva spedita lungo la tangenziale, l’amico parve prendersi un momento per riflettere, e gli occhi tornarono a scrutare fuori dal vetro.
- Non era quello che volevamo, non era così che doveva andare. E non sarebbe stata nemmeno la cosa giusta. - Il tono, ferito, era di chi si è rassegnato al rimpianto e alle speranze svanite.
- E perché no, se… -
- Perché avevo paura! - C’erano tanti anni di desideri repressi in quello sfogo, un’improvvisa esplosione che non aveva mai fatto parte del carattere di Freddie. Ma evidentemente, qualcosa doveva averlo cambiato.
- Non potevo neanche immaginare di tornare insieme a Sam. Eravamo a malapena riusciti a superare la nostra prima rottura, e se le cose non avessero funzionato nemmeno stavolta? Non potevo permetterlo. Ecco perché ero così dannatamente spaventato. Perché sapevo che se ci fossimo lasciati di nuovo, sarebbe stato definitivo. L’avrei persa per sempre, Beck, lo capisci? Carly non c’era più, e non volevo che andasse a finire così anche con Sam. Forse sono stato un egoista, ma persino i sentimenti sembravano non contare più nulla, di fronte alla paura.
Poi, quando anche Spencer e Gibby se ne sono andati da Seattle, lasciandomi da solo, credo di aver soltanto cercato di voltare pagina e andare avanti.
Era l’unico modo per essere sicuro che lei sarebbe rimasta sempre là, magari lontana centinaia di chilometri, ma comunque parte della mia vita.
Per questo ho considerato la mia visita a Los Angeles come un… incidente di percorso, ecco. Ho riscoperto di provare ancora dei sentimenti per Sam, è vero. Sentimenti però che volevo e, soprattutto, dovevo lasciarmi alle spalle. Perché ero consapevole che, se avessi rimesso piede a casa sua, poi sarebbe stato difficilissimo volerla abbandonare.
Avevo paura allora e ce l’ho ancora oggi, lo ammetto. E non solo per le conseguenze che potrebbero esserci tra noi, ma più di ogni altra cosa, per quello che provo. -
L’espressione di Freddie si fece ancor più cupa, come se avesse terminato il fiato che aveva in gola. Si vedeva che non doveva essere stato facile raccontare un passato del genere, e Beck ripensò a quanto invece lui lo stesse tenendo gelosamente nascosto, fin da quando era atterrato a Seattle.
Forse la ferita era ancora troppo fresca, per lasciarla vedere a qualcuno.
I due non dissero più una parola finché la Buick non raggiunse il Bushwell Plaza.
Beck parcheggiò di fianco al marciapiede e fece scendere l’amico, restando poi per alcuni secondi con le mani sul volante e lo sguardo fisso davanti a sé.
Il giovane Benson si affacciò dal finestrino. - Tu non vieni? -
Beck annuì mentre, ancora assorto, cercava una risposta. - Controllo una cosa e arrivo. Tu intanto vai pure. -
Osservò Freddie entrare nel portone nel palazzo, prima di lasciarsi andare con la schiena sul sedile.
Nel tragitto dall’università a casa si era accorto di aver finalmente capito cosa ci fosse nelle parole di Freddie che lo sconvolgeva così tanto. Aveva intravisto l’ombra che si aggirava dietro di esse.
E se fosse riuscito anche a scorgere il volto di quel fantasma, probabilmente sarebbe stato come guardarsi allo specchio.
Avrebbe visto un altro codardo che era fuggito per paura dei propri sentimenti e di perdere per sempre la ragazza di cui era innamorato. Una ragazza che, per quanto avesse potuto provarci nel tempo, non sarebbe mai riuscito a smettere di amare o a dimenticare.
La storia di Freddie, in fondo, non era poi così diversa dalla sua.
 
 
*****
 
 
Appena entrata in camera, Jade si sdraiò sul letto e incrociò le mani sotto la testa, a fissare il soffitto.
Si era sorpresa di come si fosse ritrovata incapace di rispondergli di no.
Non c’erano stati sguardi incandescenti, insulti o rifiuti maleducati, quando nel bel mezzo delle prove pomeridiane, Mark l’aveva invitata a cena.
Aveva semplicemente tirato un sospiro di sollievo quando aveva saputo che, a causa di alcuni impegni familiari del ragazzo, sarebbe stato per la sera successiva; eppure, da qualche parte dentro di lei, sapeva perfettamente che non sarebbe cambiato niente.
Oggi o domani, Mark era una questione da affrontare.
Era la prima volta che lui si spingeva più in là di una birra, e sorprendentemente, a Jade la cosa non aveva dato alcun fastidio.
Era consapevole del modo in cui Mark la guardava, in cui le parlava, in cui la trattava. Ogni volta che le era capitato di incrociare i suoi occhi color zaffiro, aveva colto l’interesse che lui provava nei suoi confronti.
Questo aspetto, all’inizio, era stato un ottimo pretesto a cui farlo aggrappare al fine di sfruttarlo per i suoi scopi teatrali. Adesso, però, Jade cominciava a sentire che qualcosa stava cambiando.
Benché andasse contro il suo carattere e i suoi principi, non poteva non apprezzare come lui la ponesse sempre al centro dell’attenzione, che fosse sul palco o fuori.
Sentirsi la perla di qualcuno, una ragione di cui essere fieri, il pensiero più importante della giornata. Una sensazione che non provava più da tanto, troppo tempo.
Era la faccia di una medaglia andata persa nell’ultimo periodo con Beck, e di cui anche lei era arrivata a sentirne la mancanza ogni giorno di più.
Ci aveva riflettuto durante tutto il tragitto fino a casa e, ad un certo punto, il nome di Beck era andato inevitabilmente a scontrarsi con quello di Mark.
Dopodiché, aveva finalmente realizzato come la presenza di uno fosse legata all’assenza dell’altro.
Si era accorta di quanto avesse bisogno delle belle parole di Mark per rifugiarsi da quelle di Beck, tutte menzogne che l’avevano ferita nel profondo, prima di abbandonarla.
Un addio senza saluti, senza spiegazioni, senza destinazione.
Jade represse un singhiozzo e strinse le palpebre. Fin dall’inizio si era promessa di non ripensare a Beck, ma a quanto pareva, l’immagine di quel dannato ragazzo canadese era ancora troppo vivida e forte.
Stava per lasciarsi andare alla stanchezza, quando il breve e improvviso squillo proveniente dalla sua tasca la fece trasalire.
Si mise a sedere ed estrasse il cellulare, e quando lesse sul display il mittente del messaggio, sorrise di fronte all’ennesimo scherzo del destino.
“Domani sera arriverà sempre troppo tardi per me”
Da: Mark
Senza neanche considerare l’idea di rispondere, Jade ripose lo smartphone sul comodino e tornò a poggiare la testa sul cuscino.
Avrebbe voluto soltanto sapere cosa fare con Mark. Così da poter evitare che l’ombra di Beck tornasse puntualmente a tormentarla.
 
 
*****
 
 
Il loro secondo appuntamento stava andando alla grande, decisamente meglio di quello della sera precedente.
Lo sapeva Beck, felice di aver trovato il coraggio di richiamarla, e che lei avesse accettato il nuovo invito a distanza di un solo giorno.
Stavolta non c’era stato niente che si fosse messo in mezzo tra loro, e che gli avesse impedito di parlare, ridere e stare bene insieme.
Magari proprio per riscattarsi, aveva riportato Sonja al “Sea Horse”, dove il piano bar che tanto piaceva alla ragazza non aveva fatto altro che rendere l’atmosfera ancora più gradevole.
Avevano conversato a lungo della scuola di danza del padre di Sonja. Lei gli aveva raccontato di alcuni degli ultimi talenti che aveva scovato, mentre lui, da sempre col sogno di diventare attore, le aveva suggerito di aggiungere alle prossime esibizioni anche delle piccole coreografie recitate, oltre che ballate. Lei era sembrata affascinata dall’idea, e gli aveva promesso che ne avrebbe parlato con suo padre.
- Ti va di salire da me? - le aveva domandato, una volta usciti dal locale. - In fondo è ancora presto, ho il tempo di offrirti qualcosa da bere. -
Lei aveva annuito con un ampio sorriso in volto, difficile dire se dettato più dall’allegria o da qualcos’altro.
Solo quando ebbe acceso la luce del suo appartamento, però, Beck si accorse di provare un forte senso di vergogna. Guardando Sonja che osservava le sue piccole e modeste stanze, si ricordò della sfarzosa residenza della ragazza, e di quanto, a confronto, l’interno del Bushwell Plaza paresse uno scantinato. Una differenza a cui, preso dal momento, effettivamente non aveva pensato.
- Molto carino qui. - si sentì dire, senza poter fare a meno di chiedersi se Sonja fosse davvero così gentile, o se lo stesse semplicemente prendendo in giro.
Decise comunque di non preoccuparsene e, dirigendosi verso la dispensa, afferrò una bottiglia di liquore alle fragole e due bicchieri di vetro.
Tornato in soggiorno, invece di trovare Sonja ad aspettarlo seduta sul divano, come immaginava, la vide intenta a fissare qualcosa sul tavolo.
Beck posò sul bancone ciò che aveva in mano e si avvicinò a lei.
- Che cos’è? - gli chiese, indicando una pagina scritta a mano circa per metà.
Il ragazzo sorrise, mentre inalava il profumo dei capelli di lei. - E’… la bozza del testo di una canzone. -
Ci aveva lavorato per ore, quel pomeriggio, dopo essere tornato dall’università con Freddie. Un’ispirazione fulminea ma incredibilmente intensa, che aveva sentito il bisogno di mettere per iscritto. Così, appena ne aveva avuto modo, si era seduto al tavolo e aveva vergato quel foglio bianco con tutto ciò che gli passava per la testa.
Se lo era poi scordato lì prima di uscire con Sonja, ma tutto sommato, non gli dispiaceva che lo avesse trovato.
- Posso leggere? - gli domandò innocentemente.
- Certo. - Non aveva idea di cosa si nascondesse dietro.
 
 

 

Sing something new [Canta qualcosa di nuovo]
cause I've heard this too many times. [perché questa l'ho già sentita troppe volte.]
I'm losing strength, [Sto perdendo forza,]
can't keep my eyes open, [non riesco a tenere gli occhi aperti,]
and as breath fades away, [e come il respiro comincia a mancare,]
don't know how much more I can last. [non so quanto ancora potrò resistere.]
No one's ever said it was easy [Nessuno ha mai detto fosse facile]
to take care of someone you love. [prendersi cura di qualcuno che ami.]
Now I know. [Ora lo so.]
There's a road beyond me, [C'è una strada davanti a me,]
with a sunset that's only waiting. [con un tramonto che sta solo aspettando.]
A man called Past is running fast, [Un uomo chiamato Passato corre veloce,]
searching for the scars [alla ricerca delle cicatrici]
of every broken heart. [di ogni cuore infranto.]
If I show him where it hurts, [Se gli mostrassi dove mi fa male]
he's only gonna make it worse. [lui lo renderebbe soltanto più doloroso.]
Tryin' to never look back, [Sto provando a non guardarmi indietro]
and just hope. [e a sperare.]
Not sure I can outrun him.
[Non sono sicuro di poterlo seminare]

 

 

- Bella! - affermò Sonja a bassa voce, voltandosi verso di lui. - E’ tutta opera tua? -
Beck lesse una rara dolcezza negli occhi di lei, e annuì timidamente. - Sì. -
- Sei un ragazzo pieno di sorprese. Non sapevo che scrivessi anche canzoni. -
Pur sapendo di doverlo fare, affrontare l’argomento con Sonja gli provocò uno strano senso di difficoltà. - Infatti non è proprio la mia specialità. Ho… avevo… un’amica… degli amici… che scrivevano canzoni. -
- Beh, se questa è la tua prima volta, - riprese, come se avvertisse il bisogno di lui di parlarne. - direi che è davvero molto bella. -
Beck si sentì rapito dalla vicinanza di Sonja: l’armonia della sua voce e del suo sorriso, lo splendore dei suoi capelli, la nobiltà delle sue maniere, stavano dando un ulteriore senso a quel testo.
Lei posò il foglio sul tavolo. - E di cosa parla? -
Beck inspirò a fondo. - Del passato. Di lasciarsi alle spalle qualcosa che non si vuole più. -
Non le diede il tempo per rispondere.
Un istante, e le sue braccia andarono a cingerle la vita, attirandola a sé con vigore.
Eccitazione, emotività, turbamenti, speranza, cercò tutto questo nello sguardo di Sonja, prima di premere le labbra sulle sue, senza lasciarle più andare per tutta la notte.
 
 

 
   
 
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