La
Donna
del Mare
Il
veliero procedeva spedito tra le onde grigie e agitate del Mare del
Nord,
incurante del vento contrario.
Io
stavo in piedi sulla prua, osservando l’orizzonte.
Ero
consapevole degli sguardi che ogni tanto qualche marinaio mi lanciava,
ma
sinceramente non ci davo peso. Non mi importava…
Il
vento mi sferzava il viso, e i miei capelli dorati vorticavano in una
danza
senza fine.
-
Signora! – gridò un marinaio, vedendomi.
– È pericoloso stare lassù con questo
tempo! Sta per scoppiare un temporale! –
Io
gli sorrisi. Che ingenuo! Non si rendeva conto che il temporale lo
stavo
provocando io?
E
poi mi aveva chiamata “signora”! Credeva forse che
io fossi una gran dama o
qualcosa del genere? La mia bellezza gli aveva fatto intendere quello,
sicuramente, ma anche questa era frutto della mia vera natura.
Alzai
gli occhi al cielo e ammirai i nuvoloni carichi di pioggia.
-
Avete ragione, penso che scenderò in cabina. –
dissi con voce melodiosa, e il
marinaio rimase stregato e ammutolì.
Ripensandoci,
mi dispiaceva tanto per lui…
Mi
sistemai le pieghe del mio nero abito di broccato e mi calai il
cappuccio sulla
testa, poi sparii sottocoperta.
Il
vascello veniva agitato dallo sciabordio del mare, e il capitano
cercava di
governarlo, inutilmente. Le onde si abbattevano furiose contro la
carena e
allagavano il ponte, dove tutto l’equipaggio correva da una
parte all’altra a
legare delle corde o a chiudere i boccaporti.
Improvvisamente,
uno dei tre alberi si spezzò, mentre un lampo bianco
illuminava il buio della
notte, e il rumore di un tuono lo seguiva.
Seduta
nella mia cuccetta, sentii che era arrivato il momento di svolgere il
mio
compito.
Non
sapevo perché succedeva, ma ogni volta provavo un forte
senso di malinconia, e
il mio io più interiore si risvegliava.
Allora
le lacrime uscivano da sole, ma io non potevo controllare
ciò che il mio corpo
faceva.
Salii
le scalette che portavano al ponte e aprii la botola, come fossi in
trance.
-
È una maledizione!
– mormorai,
mentre incedevo sul legno bagnato del ponte.
Alla
mia vista, tutti i marinai smisero di svolgere il loro lavoro, e
rimasero a
fissarmi stralunati.
Era
la mia maledizione, che catturava la loro anima, che li rapiva in
meandri
oscuri…
La
mia veste nera fluttuava nell’aria, creando attorno a me
un’aura spettrale.
Il
vascello affondò insieme a tutto l’equipaggio. Non
vi furono superstiti.
Camminavo
tranquilla sulla spiaggia, mentre sorgevano i primi raggi del sole.
Durante
la notte, il mare aveva trasportato a riva i resti del veliero, ma dei
corpi
dei marinai, neanche l’ombra.
Il
mare aveva voluto il suo pagamento,
e io glielo avevo concesso.
Mi
chinai su un pezzo di legno, che doveva far parte della polena. Era un
frammento di viso, di quella che prima era la statua di una sirena.
Perché
mai gli uomini credevano che le sirene fossero donne con la coda di
pesce?
Era
una domanda che mi ponevo sempre, ma non trovavo risposta…
In
quel momento, vidi che un gruppo di persone mi si avvicinava.
-
Signora! È tutto a posto? – chiese uno. Di nuovo
con questa “signora”!
Notai
che il gruppo era composto solo da uomini, e uno di loro, il
più giovane e il
più bello, era a cavallo di un bel purosangue nero.
-
Tutto a posto, si. – risposi, lanciando il mio incantesimo
ammaliatore.
Con
soddisfazione notai che tutti gli uomini erano incantati, ma quando
lanciai uno
sguardo al bel cavaliere, rimasi interdetta.
La
mia malia non faceva effetto su di lui! Come era possibile?
Lo
capii fissandolo negli occhi. Erano fieri e gentili, e non
c’era un’ombra di
magia.
-
Come vi chiamate, bella signora? – chiese lui.
Io
risi. – Perché mi chiamate signora? Non sono una
nobildonna! –
-
Però lo sembrate. – rispose lui, scendendo da
cavallo e avvicinandosi a me.
-
Mi chiamo Lilith. – dissi.
-
E io sono Yrjö.
– fece lui,
sorridendo.
Che
cosa? Ma io stavo cercando proprio lui!
-
Perdonate, maestà! Io non sapevo… –
esclamai, facendo un aggraziato inchino.
-
Alzatevi, vi prego! – disse il re di Toohlan. – Voi
non dovete inchinarvi di fronte
a me, sono io a doverlo fare davanti alla vostra bellezza! –
Yrjö
si inginocchiò e mi prese una mano, baciandola.
Avvampai.
Ma
che mi succedeva? La mano che lui aveva baciato sembrava prendere fuoco!
Ritrassi
la mano, imbarazzata.
Il
re si alzò. Quanto era alto! E quanto era bello! Mi persi a
fissare i suoi
occhi di zaffiro…
-
Da dove venite, Lilith? – chiese Yrjö.
Mi
riscossi e guardai i flutti spumosi.
-
Vengo dal mare, maestà. – risposi. E in un certo
senso era vero.
-
Intendete dire che eravate su questa nave? – chiese lui, di
nuovo, indicando i
frammenti del vascello.
Annuii
con un cenno del capo. Non intendevo quello, però confermai
lo stesso.
-
Sarete di sicuro sconvolta, allora! Vittima di un naufragio! Lilith, mi
permetta di ospitarla al mio castello, ve ne prego! –
Era
l’occasione che aspettavo. Dovevo avvicinarmi a lui.
Tuttavia,
i miei piani mi parvero così crudeli e meschini…
Una voce dentro di me mi
chiedeva: “ Perché
proprio lui? Ci sono
migliaia di altri uomini, perché hai scelto lui, visto che
stai già cominciando
ad innamorartene?”
Spazzai
via quelle idee assurde e lo seguii.
Yrjö
salì di nuovo sul cavallo, e mi aiutò a salire
dietro di lui.
Gli
cinsi il torace con le braccia, e partimmo al galoppo verso il suo
castello.
Il
castello di Toohlan sorgeva su un suggestivo promontorio che cadeva a
picco sul
mare. Era un maniero massiccio ma elegante, al cui interno era
contenuto un
piccolo borgo, dove la vita si svolgeva frenetica e
all’insegna del lavoro.
-
Oggi siamo un po’ tutti agitati. – si
giustificò Yrjö. – Stasera ci
sarà un
gran banchetto al castello. –
-
Per quale occasione? – gli chiesi.
Yrjö
sorrise, e arrossì. – Oggi è il mio
compleanno. Compio ventotto anni. –
Mi
sporsi in avanti e gli diedi un bacio sulla guancia.
-
Auguri… - sussurrai.
Entrammo
nella scuderia, dove il re affidò il cavallo allo scudiere,
poi si avvicinò ad
una porta un po’ nascosta, sempre dentro la stalla, e la
aprì.
-
Conduce direttamente dentro il castello. – spiegò.
Mi
prese per mano, e io avvampai nuovamente, e mi condusse per la ripida
scala che
saliva di tre piani.
Arrivammo
in un ampio androne, da cui si dipartivano numerosi corridoi.
Yrjö
mi accompagnò in una stanza per gli ospiti, dove venni
affidata alle cure di
una governante.
-
Vieni, cara. – mi disse, e mi mostrò un grande
bagno con una vasca colma di
acqua calda e schiuma a volontà.
-
Un buon bagno è quello che ci vuole, per rimettersi in
sesto. – disse ancora,
poi uscì dalla stanza.
Mi
tolsi gli abiti e mi immersi nella tinozza.
Lasciai
che l’acqua mi arrivasse fin sopra la bocca, e chiusi gli
occhi.
Perché
adesso mi veniva da piangere? Non dovevo fare la stupida. Ero andata al
castello per svolgere il mio compito, ma ora era diverso dalle altre
volte…
Una
sensazione di disperazione mi invase…
Perché
ero costretta a farlo?
Sarebbe
stato meglio morire, invece che subire quel terribile destino.
Perché
accettai di vivere dopo aver ricevuto quella maledizione?
Ma
a quel tempo ero una sciocca ragazzina che non capiva niente del mondo
e delle
persone…
Qualcuno
bussò alla porta, scuotendomi dai miei ricordi.
-
Lilith… Sono Yrjö, posso entrare? O non siete
ancora presentabile? –
Mi
alzai dalla vasca in un attimo. Ero completamente asciutta.
-
Attendete un attimo, maestà. – dissi, e poco tempo
mi rimisi i miei abiti neri,
che profumavano di salsedine.
Andai
ad aprire la porta. Yrjö non indossava più gli
abiti da cavaliere di quella
mattina, ma portava abiti finemente lavorati e un grande mantello rosso
bordato
di pelliccia. Attorno alla sua testa, brillava un fine cerchietto
dorato.
-
La governante mi ha detto che vi siete addormentata! – rise
il re.
-
Che cosa? – chiesi, perplessa. Mi ero addormentata? E non me
ne ero accorta?
-
Riposavate così tranquillamente che non aveva il coraggio di
svegliarvi. Però
poi ho pensato che avreste avuto fame… -
-
Perché? – domandai, di nuovo. – Che ora
è? –
Lui
mi prese sotto braccio, e mi sorrise: - È quasi mezzogiorno.
–
Pranzammo
in un piccolo salone decorato, le cui grandi vetrate davano sul mare.
Rimasi
incantata a fissare le onde, che andavano ad infrangersi sulle rocce
del
promontorio che ci sorreggeva.
-
Venite davvero dal mare, vero?
–
chiese Yrjö, serio.
Mi
voltai a guardarlo. Quell’espressione rendeva i suoi
lineamenti più adulti,
più… sensuali.
Mi
alzai e mi avvicinai alla vetrata, poggiandovi sopra una mano.
Anche
lui si alzò, facendosi vicino.
-
Non siete una donna come le altre… - mi disse.
Lo
guardai, malinconica.
-
Cosa avete? – mi chiese, carezzandomi una guancia con la sua
mano.
Chiusi
gli occhi. Quel contatto mi inebriò i sensi, e dovetti
poggiare la mia mano
sulla sua. Fu inevitabile per me! Dovevo farlo!
Spalancai
gli occhi. Ma che stavo facendo?
-
Perdonatemi! – esclamai, facendo un repentino passo indietro.
Yrjö
arrossì. Me ne accorsi.
-
Perdonatemi voi. – mi disse, tornando a sedersi a tavola.
Mi
risedetti anche io, e trascorremmo il resto del pranzo in silenzio.
Ormai
era chiaro.
Yrjö
sapeva che ero una sirena, o almeno
aveva dei sospetti!
Avrei
dovuto nascondere meglio la mia identità, ma lui sembrava
riuscisse a leggere
nel mio animo come fosse un libro…
Nel
pomeriggio, camminando lungo un corridoio, delle voci concitate
attirarono la
mia attenzione.
Provenivano
da una stanza alla mia destra.
Non
avrei mai origliato, ma sentir pronunciare il mio nome mi fece
avvicinare
inconsciamente.
-
… quella donna! – diceva la voce di un uomo.
-
Si chiama Lilith! – esclamò Yrjö, con
tono imponente.
-
Fa lo stesso, comunque non c’è da fidarsi di lei!
Sapete di quel vascello che è
affondato? Quello dove lei dice di aver viaggiato? Era un vascello che
trasportava merci, quindi non avrebbero potuto trasportare passeggeri!
–
-
Consigliere Shay, sei troppo prevenuto. Lilith è naufragata,
e io l’ho
soccorsa. Tutto qui. –
-
Non mi sembra sia tutto qui, dal
modo
in cui la difendete… -
Si
sentì un rumore, come un tonfo, poi Yrjö riprese a
parlare, con tono più
pacato.
-
Consigliere, la pregherei di uscire, adesso. –
Non
ero preparata, così mi si aprì la porta davanti
agli occhi.
Rimasi
pietrificata.
Feci
un passo indietro, mentre il consigliere usciva dalla stanza,
squadrandomi con
sguardo glaciale.
-
Lilith! – esclamò Yrjö.
-
Perdonami. Non volevo origliare! Te lo assicuro! –
Il
re sorrise, poi mi prese per mano e mi guidò dentro la
stanza.
Era
un salone immenso, al cui centro si trovava un lungo tavolo
rettangolare,
coronato da tante sedie decorate, e, ad un capotavola, una sedia
più grande e
imponente delle altre.
-
Questa è la sala del parlamento. – disse lui,
andando verso un grande camino
acceso, nella parete di fondo.
Lo
seguii e mi misi di fianco a lui.
Sopra
il camino era posto un gigantesco dipinto, che raggiungeva quasi tre
metri di
altezza.
Raffigurava
Yrjö in una posa eroica, a cavallo del suo destriero nero
impennato.
Rimasi
a fissarlo incantata.
Era
davvero meraviglioso, ma di persona lo era ancora di più.
-
Lilith… ascolta… quello che hai
sentito… - iniziò lui, ma lo interruppi.
-
Ti prego, scusami ancora… non volevo, io… -
Yrjö
mi prese le mani, facendomi sussultare. Non me lo aspettavo proprio!
-
Lilith, sappi che io non ho alcun pregiudizio nei tuoi confronti. Sei
mia
ospite, e non ti devi assolutamente offendere per le cattive parole che
ha
pronunciato il mio consigliere. Finché starai qui non dovrai
preoccuparti di
niente, e io spero che starai qui per tanto tempo. –
A
quelle parole non seppi davvero cosa dire, ma nel profondo del mio
cuore sentii
che qualcosa si era spezzato.
Come
potevo anche solo pensare di svolgere il mio compito, quando
Yrjö si fidava di
me a tal punto da darmi la sua protezione?
Era
così buono con me, e io invece avrei dovuto tradirlo
così! Così miserabilmente!
Lacrime
di profondo dolore mi sgorgarono dagli occhi, senza il mio volere.
-
Lilith! Oh, Lilith, perché piangete? – fece
Yrjö, asciugandomi una lacrima
dalla guancia, con il pollice.
In
quel momento notai una macchia violacea sul bordo della mano.
-
Che vi è successo? – esclamai, prendendo la mano
tra le mie, sfiorando
delicatamente il livido.
Yrjö
rise. – Prima ho pestato il pugno sul tavolo, penso che tu
l’abbia sentito,
dico bene? Devo aver sferrato il colpo con troppa forza… -
Lo
fissai, mentre aveva quell’aria da bambino che ha fatto una
marachella, e non
potei trattenere un sorriso anch’io.
Mi
prese di nuovo le mani tra le sue.
-
Lilith, questa sera mi fareste l’onore di partecipare al
banchetto che si terrà
per il mio compleanno? – disse.
Spalancai
gli occhi.
Perché
me lo aveva chiesto? Non capiva che se fossi rimasta li un minuto di
più lui
sarebbe…
Dovevo
andarmene al più presto, non potevo restare!
-
Si. –
Le
parole mi uscirono dalla bocca come se fosse stato qualcun altro a
parlare al
mio posto.
Mi
maledissi all’istante per aver fatto parlare il cuore e non
la mente.
-
Perfetto! – esclamò lui. – E se mi
permettete, vorrei farvi un dono molto
speciale… Lo troverete stasera nella vostra camera.
–
Tornata
nella mia stanza, mi accasciai sul letto.
Il
cuore mi esplodeva in petto, diviso in due.
Una
parte diceva di continuare per la mia strada e svolgere la mia missione.
L’altra
parte diceva che Yrjö non aveva fatto niente di male per
meritarsi un simile
destino.
Qualcuno
bussò alla porta.
Andai
ad aprire e vidi che era una domestica, che portava in mano un
drappeggio color
panna.
-
Questo è il dono da parte del re. – disse, e dopo
aver fatto un inchino mi
consegnò la stoffa e se ne andò.
Distesi
il drappo sul letto, e rimasi senza fiato.
Era
un meraviglioso abito bianco panna, con ricami e decori dorati.
La
foggia barocca era impeccabile.
Sfiorai
la seta morbida e sospirai.
Quanto
tempo era passato da quando avevo iniziato ad indossare solo abiti
neri? Non lo
ricordavo nemmeno più…
“Devo
andarmene.” Pensai, nello stesso momento in cui mi spogliavo,
per indossare
quel dono meraviglioso.
Quella
sera bussarono nuovamente alla mia porta.
Era
un maggiordomo, incaricato di scortarmi fino al grande salone dove si
sarebbe
tenuto il banchetto.
Percorrendo
i larghi corridoi notai che c’era un gran movimento al
castello: sia di
domestici, che si affaccendavano, sia di ospiti del re, che entravano
nel
salone.
Il
maggiordomo mi accompagnò fino alla grande porta del salone,
già gremito di
gente.
Mi
guardai intorno, incerta se entrare o meno, quando una mano si
poggiò sulla mia
spalla. Era Yrjö.
-
Sei bellissima. – mi disse, fissandomi con quel suo sguardo
profondo di zaffiro.
Io
abbassai lo sguardo. Non ero meritevole dei suoi complimenti, non se
pensavo a
cosa avrei dovuto fare!
-
Entriamo. – disse poi, prendendomi per mano.
Ci
sedemmo alla grande tavolata, già completamente occupata.
In
realtà non avevo per niente fame, perché il mio
stomaco era stretto in una
morsa.
Dopo
che tutti ebbero cenato abbondantemente, l’orchestra
d’archi iniziò a intonare
una dolce ballata, e le danze vennero aperte.
In
quel momento, sentii un sussulto.
No…
Non
poteva essere…
Non
proprio in quel momento!
-
Lilith, mi concede questo ballo? – mi chiese Yrjö.
Io
lo guardai, incapace di pronunciare parola. Se avessi aperto la bocca
sarebbero
uscite solo urla di tristezza.
Strinsi
i denti e mi alzai, seguendo il re al centro della sala.
Ebbi
un altro sussulto, e in quel momento me ne accorsi.
Tutta
l’acqua che era presente in quel salone, fosse quella dentro
le brocche, dentro
i bicchieri o dentro i vasi di fiori, iniziò a vibrare.
Vibrava
dentro di me, come scosse di terremoto.
Vibrava
così tanto che anche tutte le altre persone se ne accorsero.
Solo
Yrjö non si accorgeva di niente.
Continuava
a fissarmi, come esistessi io sola in quell’immenso salone.
-
Lilith, devo confidarti una cosa… - sussurrò,
avvicinandosi di più a me, mentre
cingeva la mia vita con le sue braccia.
-
Io… penso di conoscerla tua vera
identità… -
Un
altro sussulto.
-
Sei… una sirena, non
è vero? –
Lo
fissai terrorizzata.
Allora
lui sapeva!
Sussultai
di nuovo.
Stava
per accadere, mancavano solo pochi minuti.
-
Si. – mormorai, a denti stretti.
-
Sai una cosa? – continuò lui, avvicinando il suo
viso al mio. – Non mi importa.
–
Perché?
Perché doveva finire così?
Perché
quell’uomo, per cui stavo iniziando a provare qualcosa,
doveva morire?
Morire!
Morire
per mano mia!
-
Aspetta! – mormorai. – Devo… devo andare
via… -
-
No, non farlo. – sussurrò Yrjö, mentre le
nostre labbra erano ormai a pochi
centimetri di distanza.
Un
sussulto.
L’ultimo.
Il
destino si sarebbe compiuto. Era scritto. Doveva finire così.
Un
momento…
Perché
doveva finire così?
Non
stava scritto da nessuna parte!
Il
tempo parve fermarsi, nell’attimo in cui le nostre labbra si
sfiorarono.
Sentii
pervadermi da un’energia esplosiva, concentrata tutta dentro
il mio minuscolo
cuore.
Un’ondata
invisibile si sprigionò dal mio corpo, investendo ogni cosa
o persona che si
trovava intorno a me, come un caldo vento che avvolge.
-
Lui non deve morire. Sono io a
deciderlo! – gridai, mentre sentivo che il mio
corpo si stava svuotando di
tutto.
L’ultima
cosa che vidi fu il viso meraviglioso di Yrjö, che mi fissava
allarmato con i
suoi occhi blu.
Aprii
gli occhi.
Vidi
tutto bianco.
“
Sono morta.” pensai.
“La
morte può
morire?” mi chiesi, dopo.
Sbattei
le palpebre, e capii che non ero morta, ma che fissavo un soffitto
stuccato.
Mi
mossi un poco.
-
Lilith! – esclamò una voce, che riconobbi
all’istante.
-
Yrjö! – esclamai, mettendomi seduta.
Stavo
sul letto della mia camera, con indosso una camicia da notte, e il re
era
seduto ai piedi del letto.
Con
uno scatto gli saltai al collo, abbracciandolo.
-
Non sei morto! Non sei morto! – esclamai, piangendo di
felicità.
-
Stai calma! – rise lui. – Pensa che ero io che ti
credevo morta! Non ti sei
svegliata per tre giorni di fila! –
Lo
guardai, interrogativa.
-
Io… ho dormito tre giorni di seguito?! –
Scoppiammo
a ridere entrambi, stringendoci in un abbraccio.
-
Lilith… - disse Yrjö, stavolta in tono serio.
– Cosa è accaduto davvero, la
sera del banchetto? –
Anche
io lo guardai seria, poi mi scoprii dalle coperte e scesi dal letto.
-
Ti racconterò tutta la verità, ma non qui. Voglio
fare una passeggiata all’aria
aperta. –
Dopo
aver indossato dei semplici abiti, io e Yrjö uscimmo nel
giardino interno del
castello, dove si trovava un piccolo parco con panchine di marmo.
-
Sediamoci qui. – dissi, e così facemmo.
Feci
un respiro profondo e gli presi una mano, intrecciando le mie dita con
le sue.
Ancora
non credevo fosse ancora vivo!
-
Come anche tu sai, io sono una sirena. Molti uomini credono che le
sirene siano
bellissime donne dal corpo di pesce, ma in realtà non
è così. Le sirene seno
semplicemente donne che posseggono uno spirito nato
dall’acqua, e quindi
possono essere condizionate da essa, ma anche condizionarla.
Possiamo
interagire con l’acqua, possiamo usarla a nostro piacimento,
modellarla e cose
di questo genere.
Ma
i fatti accaduti la scorsa sera non hanno a che fare con la mia natura
“marina”.
Tutto
ebbe inizio sei anni fa, quando una malattia mi colse e mi
portò sull’orlo
della morte. Le altre sirene trovarono un modo per curarmi, e mi
strapparono
all’oblio.
La
Morte, però, esigeva il suo pagamento, e, non avendolo
ottenuto, mi lanciò una
maledizione. Avrei dovuto prendere il suo posto, finché non
fossi riuscita a
rompere l’incantesimo.
Ogni
giorno io sapevo che c’era qualcuno la cui vita finiva, e
allora andavo a
prenderla.
È
per questo motivo che sono giunta fino a te. Perché era
arrivata la tua ora! Ma
io non potevo ucciderti, io non volevo farlo! –
Yrjö
mi sorrise.
-
E non lo hai fatto. Ora capisco cosa significava quella frase. Hai
gridato: “Lui
non deve morire. Sono io a deciderlo!”
Non
capisci? Sei riuscita a spezzare la maledizione! –
Non
capivo cosa stesse dicendo…
Io…
avevo rotto la maledizione?
-
Lilith, sono le nostre scelte che ci dicono chi siamo. Tu hai scelto
che io non
morissi. Hai deciso di non voler più prendere il posto della
morte. Hai deciso
di essere libera! –
Trattenni
il fiato. Adesso capivo. Capivo tutto.
Ed
ero stata così stupida da non capirlo fin
dall’inizio.
-
È buffo… fino all’altra sera credevo
che il destino era tutto già scritto, e
non si potesse cambiare… - dissi, accoccolandomi tra le
braccia di Yrjö.
Lui
rise.
-
Io non credo nel destino, ma forse è proprio il destino che
ci ha fatto
incontrare!– disse, prima di avvicinare il suo viso al mio.
Le
nostre labbra si fusero in un profondo bacio.
Un
bacio dolce e dal sapore dell’acqua salata, tra un re bello e
generoso e la donna del mare…
Oddio!
Ancora non ci credo di essere arrivata al primo posto con questa
storia! Eppure
era appena il mio secondo contest!
Dico
la verità, l’ho scritta di getto in due giorni,
tanto mi aveva preso.
Mi
ero completamente immedesimata nei sentimenti di Lilith, e questo mi ha
fatto
procedere nella scrittura come una forsennata!
A
volte mi chiedo se io non sia un po’ psicopatica... XD
Scherzo! ^________^