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Autore: Marian Yagami    20/03/2009    1 recensioni
Una donna che è costretta a portare la morte, un re giusto e gentile, uniti dal destino. Ma si sa, il destino non esiste, sono le nostre scelte a dire chi siamo veramente...
Prima classificata nel contest "Magical Tales" di Niobe88
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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                                                        La Donna del Mare

 

Il veliero procedeva spedito tra le onde grigie e agitate del Mare del Nord, incurante del vento contrario.

Io stavo in piedi sulla prua, osservando l’orizzonte.

Ero consapevole degli sguardi che ogni tanto qualche marinaio mi lanciava, ma sinceramente non ci davo peso. Non mi importava…

Il vento mi sferzava il viso, e i miei capelli dorati vorticavano in una danza senza fine.

- Signora! – gridò un marinaio, vedendomi. – È pericoloso stare lassù con questo tempo! Sta per scoppiare un temporale! –

Io gli sorrisi. Che ingenuo! Non si rendeva conto che il temporale lo stavo provocando io?

E poi mi aveva chiamata “signora”! Credeva forse che io fossi una gran dama o qualcosa del genere? La mia bellezza gli aveva fatto intendere quello, sicuramente, ma anche questa era frutto della mia vera natura.

Alzai gli occhi al cielo e ammirai i nuvoloni carichi di pioggia.

- Avete ragione, penso che scenderò in cabina. – dissi con voce melodiosa, e il marinaio rimase stregato e ammutolì.

Ripensandoci, mi dispiaceva tanto per lui…

Mi sistemai le pieghe del mio nero abito di broccato e mi calai il cappuccio sulla testa, poi sparii sottocoperta.

 

 

Il vascello veniva agitato dallo sciabordio del mare, e il capitano cercava di governarlo, inutilmente. Le onde si abbattevano furiose contro la carena e allagavano il ponte, dove tutto l’equipaggio correva da una parte all’altra a legare delle corde o a chiudere i boccaporti.

Improvvisamente, uno dei tre alberi si spezzò, mentre un lampo bianco illuminava il buio della notte, e il rumore di un tuono lo seguiva.

Seduta nella mia cuccetta, sentii che era arrivato il momento di svolgere il mio compito.

Non sapevo perché succedeva, ma ogni volta provavo un forte senso di malinconia, e il mio io più interiore si risvegliava.

Allora le lacrime uscivano da sole, ma io non potevo controllare ciò che il mio corpo faceva.

Salii le scalette che portavano al ponte e aprii la botola, come fossi in trance.

- È una maledizione! – mormorai, mentre incedevo sul legno bagnato del ponte.

Alla mia vista, tutti i marinai smisero di svolgere il loro lavoro, e rimasero a fissarmi stralunati.

Era la mia maledizione, che catturava la loro anima, che li rapiva in meandri oscuri…

La mia veste nera fluttuava nell’aria, creando attorno a me un’aura spettrale.

 

 

Il vascello affondò insieme a tutto l’equipaggio. Non vi furono superstiti.

 

 

Camminavo tranquilla sulla spiaggia, mentre sorgevano i primi raggi del sole.

Durante la notte, il mare aveva trasportato a riva i resti del veliero, ma dei corpi dei marinai, neanche l’ombra.

Il mare aveva voluto il suo pagamento, e io glielo avevo concesso.

Mi chinai su un pezzo di legno, che doveva far parte della polena. Era un frammento di viso, di quella che prima era la statua di una sirena.

Perché mai gli uomini credevano che le sirene fossero donne con la coda di pesce?

Era una domanda che mi ponevo sempre, ma non trovavo risposta…

In quel momento, vidi che un gruppo di persone mi si avvicinava.

- Signora! È tutto a posto? – chiese uno. Di nuovo con questa “signora”!

Notai che il gruppo era composto solo da uomini, e uno di loro, il più giovane e il più bello, era a cavallo di un bel purosangue nero.

- Tutto a posto, si. – risposi, lanciando il mio incantesimo ammaliatore.

Con soddisfazione notai che tutti gli uomini erano incantati, ma quando lanciai uno sguardo al bel cavaliere, rimasi interdetta.

La mia malia non faceva effetto su di lui! Come era possibile?

Lo capii fissandolo negli occhi. Erano fieri e gentili, e non c’era un’ombra di magia.

- Come vi chiamate, bella signora? – chiese lui.

Io risi. – Perché mi chiamate signora? Non sono una nobildonna! –

- Però lo sembrate. – rispose lui, scendendo da cavallo e avvicinandosi a me.

- Mi chiamo Lilith. – dissi.

- E io sono Yrjö. – fece lui, sorridendo.

Che cosa? Ma io stavo cercando proprio lui!

- Perdonate, maestà! Io non sapevo… – esclamai, facendo un aggraziato inchino.

- Alzatevi, vi prego! – disse il re di Toohlan. – Voi non dovete inchinarvi di fronte a me, sono io a doverlo fare davanti alla vostra bellezza! –

Yrjö si inginocchiò e mi prese una mano, baciandola.

Avvampai.

Ma che mi succedeva? La mano che lui aveva baciato sembrava prendere fuoco!

Ritrassi la mano, imbarazzata.

Il re si alzò. Quanto era alto! E quanto era bello! Mi persi a fissare i suoi occhi di zaffiro…

- Da dove venite, Lilith? – chiese Yrjö.

Mi riscossi e guardai i flutti spumosi.

- Vengo dal mare, maestà. – risposi. E in un certo senso era vero.

- Intendete dire che eravate su questa nave? – chiese lui, di nuovo, indicando i frammenti del vascello.

Annuii con un cenno del capo. Non intendevo quello, però confermai lo stesso.

- Sarete di sicuro sconvolta, allora! Vittima di un naufragio! Lilith, mi permetta di ospitarla al mio castello, ve ne prego! –

Era l’occasione che aspettavo. Dovevo avvicinarmi a lui.

Tuttavia, i miei piani mi parvero così crudeli e meschini… Una voce dentro di me mi chiedeva: “ Perché proprio lui? Ci sono migliaia di altri uomini, perché hai scelto lui, visto che stai già cominciando ad innamorartene?

Spazzai via quelle idee assurde e lo seguii.

Yrjö salì di nuovo sul cavallo, e mi aiutò a salire dietro di lui.

Gli cinsi il torace con le braccia, e partimmo al galoppo verso il suo castello.

 

 

Il castello di Toohlan sorgeva su un suggestivo promontorio che cadeva a picco sul mare. Era un maniero massiccio ma elegante, al cui interno era contenuto un piccolo borgo, dove la vita si svolgeva frenetica e all’insegna del lavoro.

- Oggi siamo un po’ tutti agitati. – si giustificò Yrjö. – Stasera ci sarà un gran banchetto al castello. –

- Per quale occasione? – gli chiesi.

Yrjö sorrise, e arrossì. – Oggi è il mio compleanno. Compio ventotto anni. –

Mi sporsi in avanti e gli diedi un bacio sulla guancia.

- Auguri… - sussurrai.

 

 

Entrammo nella scuderia, dove il re affidò il cavallo allo scudiere, poi si avvicinò ad una porta un po’ nascosta, sempre dentro la stalla, e la aprì.

- Conduce direttamente dentro il castello. – spiegò.

Mi prese per mano, e io avvampai nuovamente, e mi condusse per la ripida scala che saliva di tre piani.

Arrivammo in un ampio androne, da cui si dipartivano numerosi corridoi.

Yrjö mi accompagnò in una stanza per gli ospiti, dove venni affidata alle cure di una governante.

- Vieni, cara. – mi disse, e mi mostrò un grande bagno con una vasca colma di acqua calda e schiuma a volontà.

- Un buon bagno è quello che ci vuole, per rimettersi in sesto. – disse ancora, poi uscì dalla stanza.

Mi tolsi gli abiti e mi immersi nella tinozza.

Lasciai che l’acqua mi arrivasse fin sopra la bocca, e chiusi gli occhi.

Perché adesso mi veniva da piangere? Non dovevo fare la stupida. Ero andata al castello per svolgere il mio compito, ma ora era diverso dalle altre volte…

Una sensazione di disperazione mi invase…

Perché ero costretta a farlo?

Sarebbe stato meglio morire, invece che subire quel terribile destino.

Perché accettai di vivere dopo aver ricevuto quella maledizione?

Ma a quel tempo ero una sciocca ragazzina che non capiva niente del mondo e delle persone…

 

 

Qualcuno bussò alla porta, scuotendomi dai miei ricordi.

- Lilith… Sono Yrjö, posso entrare? O non siete ancora presentabile? –

Mi alzai dalla vasca in un attimo. Ero completamente asciutta.

- Attendete un attimo, maestà. – dissi, e poco tempo mi rimisi i miei abiti neri, che profumavano di salsedine.

Andai ad aprire la porta. Yrjö non indossava più gli abiti da cavaliere di quella mattina, ma portava abiti finemente lavorati e un grande mantello rosso bordato di pelliccia. Attorno alla sua testa, brillava un fine cerchietto dorato.

- La governante mi ha detto che vi siete addormentata! – rise il re.

- Che cosa? – chiesi, perplessa. Mi ero addormentata? E non me ne ero accorta?

- Riposavate così tranquillamente che non aveva il coraggio di svegliarvi. Però poi ho pensato che avreste avuto fame… -

- Perché? – domandai, di nuovo. – Che ora è? –

Lui mi prese sotto braccio, e mi sorrise: - È quasi mezzogiorno. –

 

 

Pranzammo in un piccolo salone decorato, le cui grandi vetrate davano sul mare.

Rimasi incantata a fissare le onde, che andavano ad infrangersi sulle rocce del promontorio che ci sorreggeva.

- Venite davvero dal mare, vero? – chiese Yrjö, serio.

Mi voltai a guardarlo. Quell’espressione rendeva i suoi lineamenti più adulti, più… sensuali.

Mi alzai e mi avvicinai alla vetrata, poggiandovi sopra una mano.

Anche lui si alzò, facendosi vicino.

- Non siete una donna come le altre… - mi disse.

Lo guardai, malinconica.

- Cosa avete? – mi chiese, carezzandomi una guancia con la sua mano.

Chiusi gli occhi. Quel contatto mi inebriò i sensi, e dovetti poggiare la mia mano sulla sua. Fu inevitabile per me! Dovevo farlo!

Spalancai gli occhi. Ma che stavo facendo?

- Perdonatemi! – esclamai, facendo un repentino passo indietro.

Yrjö arrossì. Me ne accorsi.

- Perdonatemi voi. – mi disse, tornando a sedersi a tavola.

Mi risedetti anche io, e trascorremmo il resto del pranzo in silenzio.

 

 

Ormai era chiaro.

Yrjö sapeva che ero una sirena, o almeno aveva dei sospetti!

Avrei dovuto nascondere meglio la mia identità, ma lui sembrava riuscisse a leggere nel mio animo come fosse un libro…

 

 

Nel pomeriggio, camminando lungo un corridoio, delle voci concitate attirarono la mia attenzione.

Provenivano da una stanza alla mia destra.

Non avrei mai origliato, ma sentir pronunciare il mio nome mi fece avvicinare inconsciamente.

- … quella donna! – diceva la voce di un uomo.

- Si chiama Lilith! – esclamò Yrjö, con tono imponente.

- Fa lo stesso, comunque non c’è da fidarsi di lei! Sapete di quel vascello che è affondato? Quello dove lei dice di aver viaggiato? Era un vascello che trasportava merci, quindi non avrebbero potuto trasportare passeggeri! –

- Consigliere Shay, sei troppo prevenuto. Lilith è naufragata, e io l’ho soccorsa. Tutto qui. –

- Non mi sembra sia tutto qui, dal modo in cui la difendete… -

Si sentì un rumore, come un tonfo, poi Yrjö riprese a parlare, con tono più pacato.

- Consigliere, la pregherei di uscire, adesso. –

Non ero preparata, così mi si aprì la porta davanti agli occhi.

Rimasi pietrificata.

Feci un passo indietro, mentre il consigliere usciva dalla stanza, squadrandomi con sguardo glaciale.

- Lilith! – esclamò Yrjö.

- Perdonami. Non volevo origliare! Te lo assicuro! –

Il re sorrise, poi mi prese per mano e mi guidò dentro la stanza.

Era un salone immenso, al cui centro si trovava un lungo tavolo rettangolare, coronato da tante sedie decorate, e, ad un capotavola, una sedia più grande e imponente delle altre.

- Questa è la sala del parlamento. – disse lui, andando verso un grande camino acceso, nella parete di fondo.

Lo seguii e mi misi di fianco a lui.

Sopra il camino era posto un gigantesco dipinto, che raggiungeva quasi tre metri di altezza.

Raffigurava Yrjö in una posa eroica, a cavallo del suo destriero nero impennato.

Rimasi a fissarlo incantata.

Era davvero meraviglioso, ma di persona lo era ancora di più.

- Lilith… ascolta… quello che hai sentito… - iniziò lui, ma lo interruppi.

- Ti prego, scusami ancora… non volevo, io… -

Yrjö mi prese le mani, facendomi sussultare. Non me lo aspettavo proprio!

- Lilith, sappi che io non ho alcun pregiudizio nei tuoi confronti. Sei mia ospite, e non ti devi assolutamente offendere per le cattive parole che ha pronunciato il mio consigliere. Finché starai qui non dovrai preoccuparti di niente, e io spero che starai qui per tanto tempo. –

A quelle parole non seppi davvero cosa dire, ma nel profondo del mio cuore sentii che qualcosa si era spezzato.

Come potevo anche solo pensare di svolgere il mio compito, quando Yrjö si fidava di me a tal punto da darmi la sua protezione?

Era così buono con me, e io invece avrei dovuto tradirlo così! Così miserabilmente!

Lacrime di profondo dolore mi sgorgarono dagli occhi, senza il mio volere.

- Lilith! Oh, Lilith, perché piangete? – fece Yrjö, asciugandomi una lacrima dalla guancia, con il pollice.

In quel momento notai una macchia violacea sul bordo della mano.

- Che vi è successo? – esclamai, prendendo la mano tra le mie, sfiorando delicatamente il livido.

Yrjö rise. – Prima ho pestato il pugno sul tavolo, penso che tu l’abbia sentito, dico bene? Devo aver sferrato il colpo con troppa forza… -

Lo fissai, mentre aveva quell’aria da bambino che ha fatto una marachella, e non potei trattenere un sorriso anch’io.

Mi prese di nuovo le mani tra le sue.

- Lilith, questa sera mi fareste l’onore di partecipare al banchetto che si terrà per il mio compleanno? – disse.

Spalancai gli occhi.

Perché me lo aveva chiesto? Non capiva che se fossi rimasta li un minuto di più lui sarebbe…

Dovevo andarmene al più presto, non potevo restare!

- Si. –

Le parole mi uscirono dalla bocca come se fosse stato qualcun altro a parlare al mio posto.

Mi maledissi all’istante per aver fatto parlare il cuore e non la mente.

- Perfetto! – esclamò lui. – E se mi permettete, vorrei farvi un dono molto speciale… Lo troverete stasera nella vostra camera. –

 

 

Tornata nella mia stanza, mi accasciai sul letto.

Il cuore mi esplodeva in petto, diviso in due.

Una parte diceva di continuare per la mia strada e svolgere la mia missione.

L’altra parte diceva che Yrjö non aveva fatto niente di male per meritarsi un simile destino.

Qualcuno bussò alla porta.

Andai ad aprire e vidi che era una domestica, che portava in mano un drappeggio color panna.

- Questo è il dono da parte del re. – disse, e dopo aver fatto un inchino mi consegnò la stoffa e se ne andò.

Distesi il drappo sul letto, e rimasi senza fiato.

Era un meraviglioso abito bianco panna, con ricami e decori dorati.

La foggia barocca era impeccabile.

Sfiorai la seta morbida e sospirai.

Quanto tempo era passato da quando avevo iniziato ad indossare solo abiti neri? Non lo ricordavo nemmeno più…

“Devo andarmene.” Pensai, nello stesso momento in cui mi spogliavo, per indossare quel dono meraviglioso.

 

 

Quella sera bussarono nuovamente alla mia porta.

Era un maggiordomo, incaricato di scortarmi fino al grande salone dove si sarebbe tenuto il banchetto.

Percorrendo i larghi corridoi notai che c’era un gran movimento al castello: sia di domestici, che si affaccendavano, sia di ospiti del re, che entravano nel salone.

Il maggiordomo mi accompagnò fino alla grande porta del salone, già gremito di gente.

Mi guardai intorno, incerta se entrare o meno, quando una mano si poggiò sulla mia spalla. Era Yrjö.

- Sei bellissima. – mi disse, fissandomi con quel suo sguardo profondo di zaffiro.

Io abbassai lo sguardo. Non ero meritevole dei suoi complimenti, non se pensavo a cosa avrei dovuto fare!

- Entriamo. – disse poi, prendendomi per mano.

Ci sedemmo alla grande tavolata, già completamente occupata.

In realtà non avevo per niente fame, perché il mio stomaco era stretto in una morsa.

 

 

Dopo che tutti ebbero cenato abbondantemente, l’orchestra d’archi iniziò a intonare una dolce ballata, e le danze vennero aperte.

In quel momento, sentii un sussulto.

No…

Non poteva essere…

Non proprio in quel momento!

- Lilith, mi concede questo ballo? – mi chiese Yrjö.

Io lo guardai, incapace di pronunciare parola. Se avessi aperto la bocca sarebbero uscite solo urla di tristezza.

Strinsi i denti e mi alzai, seguendo il re al centro della sala.

Ebbi un altro sussulto, e in quel momento me ne accorsi.

Tutta l’acqua che era presente in quel salone, fosse quella dentro le brocche, dentro i bicchieri o dentro i vasi di fiori, iniziò a vibrare.

Vibrava dentro di me, come scosse di terremoto.

Vibrava così tanto che anche tutte le altre persone se ne accorsero.

Solo Yrjö non si accorgeva di niente.

Continuava a fissarmi, come esistessi io sola in quell’immenso salone.

- Lilith, devo confidarti una cosa… - sussurrò, avvicinandosi di più a me, mentre cingeva la mia vita con le sue braccia.

- Io… penso di conoscerla tua vera identità… -

Un altro sussulto.

- Sei… una sirena, non è vero? –

Lo fissai terrorizzata.

Allora lui sapeva!

Sussultai di nuovo.

Stava per accadere, mancavano solo pochi minuti.

- Si. – mormorai, a denti stretti.

- Sai una cosa? – continuò lui, avvicinando il suo viso al mio. – Non mi importa. –

Perché? Perché doveva finire così?

Perché quell’uomo, per cui stavo iniziando a provare qualcosa, doveva morire?

Morire!

Morire per mano mia!

- Aspetta! – mormorai. – Devo… devo andare via… -

- No, non farlo. – sussurrò Yrjö, mentre le nostre labbra erano ormai a pochi centimetri di distanza.

Un sussulto.

L’ultimo.

Il destino si sarebbe compiuto. Era scritto. Doveva finire così.

 

 

Un momento…

 

Perché doveva finire così?

 

Non stava scritto da nessuna parte!

 

 

Il tempo parve fermarsi, nell’attimo in cui le nostre labbra si sfiorarono.

Sentii pervadermi da un’energia esplosiva, concentrata tutta dentro il mio minuscolo cuore.

Un’ondata invisibile si sprigionò dal mio corpo, investendo ogni cosa o persona che si trovava intorno a me, come un caldo vento che avvolge.

- Lui non deve morire. Sono io a deciderlo! – gridai, mentre sentivo che il mio corpo si stava svuotando di tutto.

L’ultima cosa che vidi fu il viso meraviglioso di Yrjö, che mi fissava allarmato con i suoi occhi blu.

 

Aprii gli occhi.

Vidi tutto bianco.

“ Sono morta.” pensai.

“La morte può morire?” mi chiesi, dopo.

Sbattei le palpebre, e capii che non ero morta, ma che fissavo un soffitto stuccato.

Mi mossi un poco.

- Lilith! – esclamò una voce, che riconobbi all’istante.

- Yrjö! – esclamai, mettendomi seduta.

Stavo sul letto della mia camera, con indosso una camicia da notte, e il re era seduto ai piedi del letto.

Con uno scatto gli saltai al collo, abbracciandolo.

- Non sei morto! Non sei morto! – esclamai, piangendo di felicità.

- Stai calma! – rise lui. – Pensa che ero io che ti credevo morta! Non ti sei svegliata per tre giorni di fila! –

Lo guardai, interrogativa.

- Io… ho dormito tre giorni di seguito?! –

Scoppiammo a ridere entrambi, stringendoci in un abbraccio.

- Lilith… - disse Yrjö, stavolta in tono serio. – Cosa è accaduto davvero, la sera del banchetto? –

Anche io lo guardai seria, poi mi scoprii dalle coperte e scesi dal letto.

- Ti racconterò tutta la verità, ma non qui. Voglio fare una passeggiata all’aria aperta. –

 

 

Dopo aver indossato dei semplici abiti, io e Yrjö uscimmo nel giardino interno del castello, dove si trovava un piccolo parco con panchine di marmo.

- Sediamoci qui. – dissi, e così facemmo.

Feci un respiro profondo e gli presi una mano, intrecciando le mie dita con le sue.

Ancora non credevo fosse ancora vivo!

- Come anche tu sai, io sono una sirena. Molti uomini credono che le sirene siano bellissime donne dal corpo di pesce, ma in realtà non è così. Le sirene seno semplicemente donne che posseggono uno spirito nato dall’acqua, e quindi possono essere condizionate da essa, ma anche condizionarla.

Possiamo interagire con l’acqua, possiamo usarla a nostro piacimento, modellarla e cose di questo genere.

Ma i fatti accaduti la scorsa sera non hanno a che fare con la mia natura “marina”.

Tutto ebbe inizio sei anni fa, quando una malattia mi colse e mi portò sull’orlo della morte. Le altre sirene trovarono un modo per curarmi, e mi strapparono all’oblio.

La Morte, però, esigeva il suo pagamento, e, non avendolo ottenuto, mi lanciò una maledizione. Avrei dovuto prendere il suo posto, finché non fossi riuscita a rompere l’incantesimo.

Ogni giorno io sapevo che c’era qualcuno la cui vita finiva, e allora andavo a prenderla.

È per questo motivo che sono giunta fino a te. Perché era arrivata la tua ora! Ma io non potevo ucciderti, io non volevo farlo! –

Yrjö mi sorrise.

- E non lo hai fatto. Ora capisco cosa significava quella frase. Hai gridato: “Lui non deve morire. Sono io a deciderlo!”

Non capisci? Sei riuscita a spezzare la maledizione! –

Non capivo cosa stesse dicendo…

Io… avevo rotto la maledizione?

- Lilith, sono le nostre scelte che ci dicono chi siamo. Tu hai scelto che io non morissi. Hai deciso di non voler più prendere il posto della morte. Hai deciso di essere libera! –

Trattenni il fiato. Adesso capivo. Capivo tutto.

Ed ero stata così stupida da non capirlo fin dall’inizio.

- È buffo… fino all’altra sera credevo che il destino era tutto già scritto, e non si potesse cambiare… - dissi, accoccolandomi tra le braccia di Yrjö.

Lui rise.

- Io non credo nel destino, ma forse è proprio il destino che ci ha fatto incontrare!– disse, prima di avvicinare il suo viso al mio.

Le nostre labbra si fusero in un profondo bacio.

Un bacio dolce e dal sapore dell’acqua salata, tra un re bello e generoso e la donna del mare

 

 

 

 

 

Oddio! Ancora non ci credo di essere arrivata al primo posto con questa storia! Eppure era appena il mio secondo contest!

Dico la verità, l’ho scritta di getto in due giorni, tanto mi aveva preso.

Mi ero completamente immedesimata nei sentimenti di Lilith, e questo mi ha fatto procedere nella scrittura come una forsennata!

A volte mi chiedo se io non sia un po’ psicopatica... XD Scherzo! ^________^

  
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