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Autore: Niruh    08/02/2016    2 recensioni
Andrea ha 23 anni e una vita monotona tra università, amici e bar in cui lavora per mantenersi lontano da casa. Un giorno però nel suo locale entra Vanessa, una ragazza solitaria dai tratti delicati e orientali. Vanessa è talmente persa nel suo mondo e così poco consapevole della propria bellezza che Andrea se ne innamora all'istante, ma sa così poco di lei che quando scompare per l’ennesima volta può solo aspettarla, o no?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Tè al Ginseng

Capitolo 4

Guardando fuori dal finestrino del treno, Andrea si disse per l’ennesima volta che sarebbe dovuto tornare indietro. Eva si era dispiaciuta per lui. Erano anni che combatteva con il padre per far installare la wi-fi nel locale e attirare più clienti. Dopo averle detto che non faceva nulla, Andrea era corso in ricevitoria a ricaricare il cellulare, ma gli aveva comunque impegnato una mezz’ora e, quando finalmente aveva potuto scrivere a Vanessa su facebook, era quasi arrivato il momento di partire.
Aveva scritto alla ragazza che stava per partire, ma che avrebbe conservato il libro per quando sarebbe tornato.
Quasi gli parve ironico che quella volta non era affatto una balla e che lei avesse davvero dimenticato qualcosa al bar.
Poco dopo era salito sul treno dicendo a se stesso che quindici giorni passavano in fretta. Avrebbe custodito il libro fino a che non si fossero rivisti.
Non aveva mai avuto molto interesse nei libri. Non era riuscito a finire neanche quei tre che, negli anni, gli avevano assegnato per le vacanze scolastiche.
Preferiva disegnare o dipingere che leggere. Per lui nessun libro al mondo poteva sostituire l’odore della vernice e dell’olio di lino. Ma dopo dieci fermate la curiosità vinse o forse fu la noiosità del viaggio a fargli prendere quel libro dalla valigia.
Sembrava più vecchio di come lo ricordava. Aveva una copertina rigida, simile alla pelle, decorata con motivi in oro.
Andrea si stupì della complessità del disegno che mostrava un intreccio apparentemente infinito di figure marine e vegetali.
Era poi tenuto chiuso da un laccetto di cuoio con una sorta di medaglietta. L’aveva vista qualche volta. Vanessa lo usava come segnalibro anche se Andrea aveva il sospetto che non le servisse affatto per quanto conosceva quelle pagine.
Mentre districava il nodo, si sentì come se stesse violando qualcosa di molto privato, ma pensò che lei non lo nascondeva né cercava di coprire le pagine quando lui si avvicinava al tavolino nel locale.
Poi, sinceramente, è solo un libro e non deve per forza sapere che l’ho letto.
Ci sarebbe stato un tacito accordo con la sua coscienza per quella volta.
“Ho capito perché i biglietti costano così poco. Se vuoi mangiare c’è solo un distributore che ha prezzi assurdi. Due euro e cinquanta per uno snickers! Preferisco digiunare che lasciare che il sistema mi strappi via tutto” Ezio faceva così il suo ritorno dal vagone ristorante. Quando riprese posto al suo fianco, Andrea vide che aveva qualcosa tra le mani.
“Ma l’hai comprato lo stesso” notò.
“Certo che l’ho fatto. Ho fame! Ne vuoi?” Andrea fece no con la testa così Ezio iniziò a divorare la barretta.
“Sai che sono ancora deluso, vero?” disse dopo aver ingoiato il primo pezzo.
“Non solo né tu né la tua amica antipatica mi avete risposto per aggiornarmi sulla situazione, ma non hai neanche concluso” Era seccato e anche parecchio.
“Te l’ho detto che si è rinnovata la promozione” alzò gli occhi al cielo “e poi eravamo rimasti che le dovevo parlare prima di capodanno. Beh, l’ho fatto. Non puoi rompere ed Eva non è antipatica”.
Ezio prese un respiro e si preparò a parlargli come si fa con qualcuno di molto tonto.
“Parlarle significava concludere qualcosa. Oggi, a quanto pare, hai solo concluso che è incacchiata col padre” Poi come se parlasse tra sé e sé aggiunse “Neanche il numero le ha chiesto!”
Andrea sapeva che avrebbe dovuto farlo, ma ormai cosa poteva fare?
“Ha lasciato questo però” disse alzando leggermente il libro.
“Questo dimostra solo che inventi balle credibili. Potresti metterlo nel curriculum” notò Ezio addentando un altro po’ di barretta.
Andrea non sapeva davvero perché, ma sentì di dover aprire quel libro in privato e non lì davanti ad Ezio. Come fosse qualcosa che unisse solo lui e Vanessa.
Ricontrollò il cellulare, ma niente. Di solito sul treno prendeva poco, ma l’ultima volta che aveva controllato lei non era nemmeno collegata. Considerò di scriverle il suo numero di cellulare, ma poi ci ripensò.
Osservò per un bel po’ fuori dal finestrino, poi Ezio gli propose un gioco sul portatile e il tempo volò.
Quella sera, dopo aver convinto sua nonna di aver mangiato abbastanza lasagne e aver rassicurato visivamente la madre, si chiuse in camera. La sua bellissima camera con il letto cigolante e le pareti azzurre.
Finalmente era da solo e poteva aprire il libro.
Inizialmente non gli sembrò niente di speciale. Dopo aver sfogliato una ventina di pagine però vide tante piccole note a margine. A volte trovava anche delle parole cerchiate a penna.
Non riusciva a capire. Amare, sole, famiglia, una dopo l’altra venivano cerchiate e appuntate da qualche altra parte.
Tanto bello era quel libro da voler ricordare tutte le parole che venivano usate? Andrea era confuso e sentiva di esserlo troppo spesso ultimamente.
Provò a tornare alle prime pagine per leggere il nome dell’autore e cercarlo su google, ma il motore di ricerca non trovò nulla.
Chiuse il libro e poi lo riaprì per rifare le cose per bene. Prima pagina, vuota. Seconda pagina, vuota. Terza pagina…
A mia nipote.
Una dedica scritta a penna, niente di strano. Andrea pensò che poteva essere un regalo molto particolare che avevano fatto a Vanessa.
Si disse che leggerlo un po’ gli avrebbe fatto capire qualcosa di più sulla ragazza. Che poi era quello che voleva da quando l’aveva vista la prima volta.
Iniziò a leggerlo e le ore passarono una dopo l’altra. Quando finì i primi capitoli non gli importò che fossero le tre del mattino, si collegò a facebook e andò sulla pagina della ragazza. Scorse i post fino al periodo in cui non era più andata al locale e confermò a se stesso che non aveva scritto nessuno stato.
Vanessa non aveva condiviso i suoi pensieri con la rete, ma- e Andrea gioì per questo- l’aveva fatto con la carta. Alla fine di ogni capitolo aveva trovato qualcosa scritto da lei con una data appuntata.
Sotto il primo capitolo, in neretto, qualcosa che sembrava dirti tutto e niente.

Potrebbe capitarti di nascere giusto nel mondo sbagliato o sbagliato nel mondo giusto.
Ma, infondo, cos’è il giusto?
Giusto è il ragazzo del carboncino e del tè.
Giusto è pensare a lui pur essendo entrambi sbagliati nel mondo dell’altro.

“Cosa?!” esclamò Ezio allucinato il mattino dopo. Erano andati a correre insieme.
“Vado in Giappone, il prima possibile” ripeté Andrea fermandosi per riprendere fiato.
“Credo di essermi perso qualcosa” gli fece notare l’amico succube della confusione.
“Vanessa sara lì. Sua sorella ieri ha pubblicato una foto insieme a lei all’aeroporto e ha scritto che stavano andando ad Osaka”
Ezio si sentì orgoglioso nel vedere che il suo allievo di spionaggio era cresciuto.
“Ma non ti ha risposto” notò.
“No, ancora no” confermò Andrea riprendendo a correre. Aveva bisogno di sfogarsi per sgombrare la mente e rimettere insieme tutti i pensieri in modo ordinato.
“E tu vuoi andare da lei perché non ti ha risposto a un messaggio su facebook?” chiese Ezio perplesso.
“Hai presente il libro che ha lasciato?” al cennò affermativo di Ezio riprese “quel libro è la chiave per capire tutto. Le interesso.”
“Certo che le interessi. Te l’ha detto”
“Ma c’è qualcosa in più. Qualcosa che la blocca. Ieri sembrava strana, diversa. Stava per dirmi una cosa che penso di aver dimenticato” si fermò di nuovo e ripensò al giorno prima.
“Questa non sarebbe una novità. Dimentichi persino di scaricare in bagno, a volte” disse Ezio iniziando a fare un po’ di stretching.
Andrea ignorò il particolare e portò un braccio dietro la testa tirando il gomito con l’altro braccio.
“Sento che è importante e che non può aspettare” disse guardando l’amico. “Ho come la sensazione che se non faccio qualcosa ora non avrò più possibilità” abbassò le braccia e andò a sedersi sulla panchina vicina. Ezio lo imitò poco dopo.
“Andrè, sai che partirei subito con te per aiutarti, perché hai ovviamente bisogno di me, ma a volte ci sono cose che non possiamo fare. Siamo in periodo di feste. Dove troveremo un volo disponibile e che soprattutto non ci costringa a vendere un rene per pagarlo?”

Due ore dopo anche Andrea si rese conto che il suo piano faceva acqua da tutte le parti. Si erano messi a fare ricerche con il portatile in salotto. Avrebbe dovuto vendersi ben due reni per pagare il viaggio. Se fosse riuscito a trovare un posto visto che risultava tutto prenotato.
La cosa positiva era che, tra una ricerca e l’altra, alternavano con assaggini del ben di Dio che stava preparando la madre di Andrea in cucina.
“Mamma, non ti capisco, davvero. Le altre divorziate metterebbero il cianuro nel cibo se dovessero prepararlo per l’ex marito. Tu invece ti impegni per farlo più buono” sentirono dire da Elisa, la sorella di Andrea.
La nonna, fonte di saggezza, annuì. “Anche io ci metterei il cianuro”
“Mamma!” esclamò la figlia indignata. “Lo faccio solo per fargli capire cosa si perde ogni giorno” disse leggermente imbarazzata.
“Magari facessi questi piatti tutti i giorni” si lamentò Elisa.
Andrea sorrise tra sé. Gli erano davvero mancate.
“Che dici di questo?” gli chiese Ezio indicando il laptop.
“Ottocento euro a testa. E’ troppo” Le speranze stavano iniziando ad affievolirsi.
“Ho qualcosa da parte. Potresti andare da solo, come avevi pensato, e io ti darei la metà dei soldi” gli propose Ezio. “Anche se ti perderesti dopo due secondi come quella volta in gita”
“Avevamo nove anni!” Ribatté Andrea.
“Ho un’idea!” esclamò Ezio dopo un po’. “Che sciocco a non averci pensato prima”.
Prese il cellulare e dopo aver scorso la rubrica fece partire una chiamata.
“Ehi, piccola” esordì. “Hai ancora l’agenzia di viaggi? Ah, perfetto. Ho bisogno di una consulenza last-minute. Io e il mio amico Andrea dobbiamo essere in Giappone il prima possibile al minor costo possibile” guardò l’interessato alzando le sopracciglia. “Sì. Mh. Aspetto. Ok. Grazie piccola. Sì, ci sentiamo per messaggio. Ciao” Dopo aver chiuso la chiamata sfoderò il palmo in aria.
“Andrè, stavolta lo devi battere perché sono un genio”
Ezio mantenne fiducia in se stesso restando in quella posizione.
“Partenza il 29, due scali, venti ore in totale, ma quattrocento euro!”
Andrea esultò come quelle signore americane che in televisione riescono a fare la spesa solo con i coupon e batté il cinque ad Ezio, ovviamente.
Avrebbe dissanguato il conto in posta e sarebbe stato costretto a digiunare. Doveva considerare anche un margine per dormire. Mentre cercava il volo aveva letto una piccola guida sui viaggi in Giappone per soldi, alloggi e mezzi pubblici. Non poteva farcela con i pochi soldi che aveva.
L’insicuro che era in lui si fece strada prepotentemente. C’era chi progettava un anno intero un viaggio in Giappone, mentre lui stava facendo tutto in un paio d’ore.
Poi la lingua. Forse quel paese l’avrebbe schiacciato prima che lui riuscisse a trovare Vanessa.
Lei non gli rispose, anche se lui continuò a controllare fino a sera. A parte tutto, gli sembrò carino augurarle buon natale a mezzanotte e così le inviò quell’ulteriore messaggio. Molto probabilmente era ancora in viaggio. Si fece un conto approssimativo in mente.
A parte tutto, sembrava sparita di nuovo, ma la differenza questa volta era che sapeva dove cercarla.
La mattina di Natale si sentì come se fosse una mattina qualunque. Rimpiangeva i tempi in cui era piccolo e non aspettava altro, tanto da svegliarsi alle sei per scoprire cosa avrebbe trovato sotto l’albero.
Crescere è uno schifo.
Verso le undici arrivò suo padre e Andrea si meravigliò di quella puntualità perché non era mai stato uno che rispettava gli appuntamenti.
Aveva persino portato dei regali. La gente non faceva che stupirlo ultimamente.
Della bionda, neanche l’ombra. Altra cosa strana.
“Allora, Andrea” iniziò suo padre mentre divoravano gli antipasti. “Come va con l’università?”
Il ragazzo optò per la tecnica della mezza verità.
“Al solito” che poi era intera verità.
“Sono bei tempi, goditeli finché puoi” disse il padre con nostalgia dandogli una pacca sulla spalla. Andrea si sentì in colpa. Suo padre aveva frequentato solo due anni l’università, poi era stato costretto a lasciarla a causa del nonno di Andrea. L’uomo considerava inutile che il figlio studiasse. Meglio stare dietro un banco a vendere tabacchi, no? Il risultato era che suo padre era cresciuto pensando a come sarebbe stata una vita diversa mentre il negozio era fallito.
Andrea aveva quindi deciso di iscriversi all’università per non far provare al padre l’ennesimo fallimento o rimpianto. Ma è davvero difficile intraprendere la strada di qualcun altro. Andrea l’aveva capito subito, ma non era stato capace di ammetterlo. Ed è per questo che i libri restavano coperti di polvere e la sua testa volava altrove.
Andrea voleva fare l’artista. Era da pazzi. Certo che lo era, ma non era uno di quelli che dicevano di non avere possibilità in un mondo ottuso e semplicemente lasciavano che le cose scivolassero via.
Partecipava alle estemporanee, dipingeva, scarabocchiava persino sui tovagliolini del bar a volte.
D’estate poi, portava cavalletto, carboncini ed acquerelli in piazza e cercava un contatto umano con le persone. Per quanto fosse nervoso ad ogni tratto, temendo un giudizio negativo, si sentiva in pace con se stesso e nel posto giusto. Non si faceva nemmeno pagare se gli chiedevano un ritratto, non gli importava. Quando sei un ragazzo quanto possono importarti i soldi?
Possono importarti quando devi partire per il Giappone gli disse una vocina.
Beh, c’era un motivo se era squattrinato.
Si era persino intrufolato all’Accademia delle Belle Arti un giorno. Aveva avuto il terrore che lo sgamassero, ma nessuno gli disse niente. Vide tutti questi ragazzi che correvano da una parte all’altra con tele e cavalletti. Le pareti piene di emozioni umane e colore.
Quella sera, nel letto, si sentì un idiota. Perché se avesse parlato prima, se avesse detto una sola parola a cuore aperto con i suoi genitori, non si sarebbe sentito così vuoto.
Poi però era arrivata Vanessa e quasi poteva considerarla la sua musa. L’aveva disegnata tra una tazza di tè e l’altra, di nascosto, guardandola con occhi attenti e curiosi.
I disegni erano ancora nel blocco che aveva messo in valigia. Erano disegni semplici a penna, con un tocco di colore per i capelli rossi della ragazza.
Forse era anche per quello che la nuova acconciatura l’aveva destabilizzato.
“E con le ragazze?” lo riportò sulla terra il padre, come se gli avesse letto nei pensieri.
“Oh, beh, ci sarebbe una ragazza” ammise.
“Una sola? Non ci credo. Tu sei come il tuo papà!” e gli scompigliò i capelli.
Andrea gettò uno sguardo a sua sorella, di fronte, e lei fece no con la testa.
La sorella sapeva benissimo che lui non era come il padre. Per fortuna non sempre si ereditano i comportamenti dei propri genitori.
Ma suo padre voleva sempre portarlo sulla sua strada, una strada che a lui non piaceva affatto.
“Sì, una sola. Si chiama Vanessa e stiamo insieme da un po’”
Oh, no, zitto. Combini sempre guai. Perché dico sempre stronzate? Forse era questo che aveva ereditato dal padre. Solo che a differenza sua le bugie gli sfuggivano di mano.
“E quando me la presenti?” chiese ammiccante mentre davanti a loro comparivano i primi. Meno male che sua madre era andata in cucina e non aveva sentito, altrimenti sarebbe impazzita per la notizia.
“Appena torna dal –“ non dirlo, non dirlo, non dirlo! “Giappone. Ora è lì per studio”
Quando iniziava non riusciva a finire. Era come se la sua parte imbranata si coalizzasse con la balla e creasse una trappola esplosiva. Che poi esplodeva davvero, sempre, perché non era bravo a mentire.
“E da quando non vi vedete?”
“Da…” temporeggiò. Era persino arrossito leggermente. Sua sorella si morse il labbro inferiore per non ridere, poi gli mostrò la mano aperta. “Cinque mesi!” disse Andrea cogliendo al volo in consiglio.
“Ma è tanto. E non puoi andare da lei?” Sembrava davvero preoccupato, tanto che Andrea si pentì di essere così idiota, ma sua sorella lo ammonì con lo sguardo. Il padre aveva detto loro ben più balle di quelle. Andrea pensò che se lui l’avesse conosciuto un po’ di più, solo un briciolo di più, avrebbe capito che stava mentendo.
“Ho solo i soldi del biglietto” ammise con sincerità e si sentì meglio a tornare nella zona sicura delle verità.
“E’ importante questa ragazza per te?”
“Sì”. Non poteva rispondere altrimenti.

Dopo pranzo suo padre si era defilato dicendo di dover andare a comprare le sigarette. Era tornato poco dopo e aveva chiesto ad Andrea di fargli compagnia sul terrazzo. Tra una boccata e l’altra -del padre perché Andrea non fumava- gli aveva dato delle banconote piegate. Un bel po’ di banconote.
Il ragazzo rimase davvero senza parole.
“Accettali, ti prego” disse il padre. “Ho fatto sempre schifo come genitore e marito e questo non basta neanche a coprire un decimo di quello che meriteresti”
“Ma…” e guardò verso la cucina dove l’ex-moglie stava lavando i piatti insieme alla figlia “per quanto so di non poter più essere un buon marito, so che posso diventare un buon padre, se me lo permetterai”
Era più di quanto Andrea potesse lontanamente immaginare. Quel giorno, tra il freddo e la pancia piena, decise che avrebbe dato una seconda possibilità a suo padre.

A nove ore di fuso orario da lì e più di ottomila chilometri, metro più metro meno, Vanessa e sua sorella Lara arrivavano finalmente a casa, distrutte. Erano state costrette ad aspettare otto ore allo scalo e poi altre sei a causa del maltempo e della troppa affluenza.
“Non viaggerò mai più durante le feste! Eppure ricordo che qualche anno fa non era così sentito il natale qui”
Vanessa annuì. Nella cultura e religione Giapponese, prevalentemente scintoista, il Natale non era affatto contemplato, ma l’occidente era entrato nelle case dei nipponici nell’ultimo decennio. Tra i giovani si scambiavano regali e auguri come una normale festa ormai, ma senza nessuna importanza religiosa.
“Poi hai sentito la signora del terminal? Non nevicava da anni” disse Vanessa mentre iniziava ad aprire le valigie.  
“Mai vista la neve ad Osaka. Nevica dopo tremila anni per bloccare noi due in aeroporto.” Si lamentò Lara. Non era stata una nevicata eccessiva, ma aveva colto la zona impreparata. Fortunatamente però si stava già sciogliendo.
“Papà non ha neanche fatto l’albero” considerò Vanessa dopo un po’, poi le venne il panico. “Lalli, non trovo il libro che mi ha regalato nonna! L’avevo messo in un sacchettino blu” e continuò a frugare da tutte le parti.
Lara, la calma fatta sorella, la rassicurò subito. “Tranquilla, ho preso io quel sacchetto quando sono passata a prenderti. Eri tutta scossa. Litigare con papà non ti fa affatto bene”. Aprì la sua di valigia e afferrò il sacchettino.
“A te invece fa bene” le rispose Vanessa riferendosi al piercing e ai tatuaggi frutto delle litigate adolescenziali.
Lara non se la prese, come sempre. “Ecco. Sono un’ottima sorella.”
Vanessa, rincuorata, prese il sacchetto. Quel libro era un po’ tutto per lei e le piaceva sapere di averlo sempre con sé. Però durante il viaggio non aveva fatto che ripensare alla telefonata con il padre ed era talmente nervosa e in lotta con se stessa che, per la prima volta, non aveva pensato al suo libro.
Non voleva tornare in Giappone quell'anno, non voleva vedere suo padre, ma era lì perché glielo imponeva quel grande macigno chiamato rispetto che gli opponeva il cuore. Non aveva neanche ringraziato per bene Andrea. E non gli aveva neanche spiegato la situazione, che era la cosa peggiore.
Ma che…?
Al posto del libro c’era l’ombrello con le paperelle che Andrea gli aveva mostrato prima che la chiamasse suo padre. Era inconfondibile, anche perché il ragazzo aveva persino dimenticato di staccare l’etichetta. Pur nella disperazione del momento Vanessa sorrise.
“Me lo ricordavo meno cilindrico” notò Lara imbarazzata. Che ho combinato? Si chiese Ma sta sorridendo quindi non mi mangerà.
“Ho scambiato il sacchetto con quello di Andrea” disse Vanessa portandosi una mano ai capelli per scaricare la tensione arrotolando qualche ciocca. Era un vizio che aveva da sempre, complici i capelli lunghi. Da quando li aveva tagliati però non si era ancora abituata a quella nuova sensazione.
“Oh, oh. Il ragazzo sexy del bar? Quello della storia della stazione, giusto?” chiese Lara anche se sapeva la risposta, ma adorava vedere sua sorella arrossire. La prima della classe in imbarazzo, che spettacolo!
“Non dovevo dirti niente!” esclamò Vanessa tirandole un cuscino e uscendo dalla camera.
Dovresti vedere i suoi occhi blu!” la imitò la sorella rincarando la dose e seguendola attraverso il corridoio.
“Quando gli hai scritto quel messaggio sono stata così orgogliosa di te! Per una volta hai seguito il tuo istinto. Hai fatto come ti ho detto?”
“Prima di partire volevo dirgli che stavo solo scherzando con quel messaggio” ammise amaramente facendo spalancare gli occhi alla sorella. “Ma quando l’ho visto non ci sono riuscita. Lui è dolce, tanto dolce.”
“Ferma, ferma, ferma. Che cappero stai dicendo?! Questo tipo ti piace da quasi due anni! Mi hai persino chiesto dei soldi per comprare del tè che non hai mai bevuto solo per vederlo. Abbastanza patetico, aggiungerei”
“Avevo bisogno di tempo per progettare una strategia!” ribatté Vanessa piccata.
“Ma quale strategia! Non hai mai avuto problemi con i ragazzi. Com’è che ora sei diventata una mollacciona?” nel dirlo si alterò e mise le braccia conserte.
E’ sempre finita per un motivo però. Pensò Vanessa e quasi le vennero le lacrime agli occhi. Era davvero una mollacciona allora.
Lara a quel punto si sciolse e abbracciò la sorella.
“Ho sbagliato a provarci con lui perché per quanto voglio…non posso” ammise e fu amaro dirlo ad alta voce.
“E’ per papà” disse poi. Lara a quel punto si staccò dall’abbraccio per guardarla negli occhi intuendo ciò che abbatteva la sorella.
“Quello che è successo tra mamma e papà poteva capitare a tutti. Non si sono trovati. Punto.”
Vanessa invece sapeva che era per altro che i loro genitori si erano lasciati, in modo così brusco per di più.
“Fanno parte di due mondi diversi. Due culture diverse. Per quello si sono lasciati”
“Questa è una grande cazzata!” ribatté Lara. A volte faceva davvero fatica a seguire i ragionamenti criptici della sorella. Vanessa era una secchiona, ma una secchiona che complicava le cose più semplici.
Povero barista dagli occhi blu! Si ritroverà a risolvere equazioni differenziali per capirla.
Vanessa pensò ad Andrea, alla prima volta in cui l’aveva visto. Quel giorno aveva sostenuto un esame molto impegnativo e non era ancora riuscita a scaricare tutto il nervosismo. Il professore continuava a fare commenti fuori luogo e sfiorarle il braccio in modo mellifluo così lei gli aveva risposto in modo davvero brusco e se ne era andata senza accettare il voto. L’avevano tutti guardata come un’aliena, come se non avesse fatto la cosa giusta. Lei aveva guardato per sfida ogni ragazza presente nell’aula mentre se ne andava. Quel professore faceva così con tutte e non le sembrava possibile che tutte le ragazze presenti in quella stanza accettassero quello per un misero voto. Erano come dei numeri con delle tette per lui, ma lei non voleva essere l’ennesima bella ragazza che poteva vantare un trenta e lode da un porco accademico. Lei aveva una media brillante, ma aveva dei principi. Si era diretta verso la stazione dove prendeva quasi tutti i giorni il treno per casa. Qualche volta, infatti, andava all’università in macchina con sua sorella. Mancava tanto all’arrivo del treno, così cercò di scaricare la tensione camminando avanti e indietro per la piazza di fronte alla stazione. Qualche dubbio le venne ovviamente, forse dirgli determinate parole era stato eccessivo. Si sarebbe laureata? Era tanto speciale da rompere un sistema che, per quanto schifoso, esisteva da anni?
La piazza era una di quelle accoglienti, piene di anziani che passeggiano e ragazzini che giocano. Poi aveva la fortuna di ospitare il retro di un edificio rinascimentale. Per quanto fosse rumorosa la zona, a tutti piaceva stare lì. Quel giorno, al centro, vide questo ragazzo dai capelli neri e gli occhi attenti che disegnava con il carboncino su una tela. Stava, molto probabilmente, riproducendo l’edificio perché ogni tanto gli gettava uno sguardo e poi riprendeva a disegnare. Il ragazzo, notò Vanessa, aveva una fasciatura sulla mano e qualche volta si fermò a controllarla, anche se sembrava che non gli importasse granché. Dopo poco arrivò un altro ragazzo molto alto con una lattina di cola che gli porse subito.
“Era la cosa più fredda che avevano. Ti fa ancora male?” chiese.
L’altro annuì. “Ha iniziato a sanguinare un po’. Penso di non riuscire a fare niente oggi. Mi aiuti a prendere le cose?”
“Certo” rispose l’altro. Ma proprio in quel momento un signore anziano che reggeva la moglie sottobraccio si fermò di fronte a lui chiedendogli se poteva fare loro un ritratto.
Vanessa si sarebbe aspettata che il ragazzo dicesse di non poterlo fare, ma la stupì. Prese un blocco da una borsa e disegnò con tanta di quella attenzione e cura, come se quelle fossero le persone più importanti al mondo.
Vanessa pensò che doveva esserci davvero qualcosa di speciale in un ragazzo che riusciva a guardarti in quel modo. Rifiutò anche i soldi che i due signori volevano dargli.
Dietro gli occhialoni enormi, messi per non farsi giudicare dai colleghi universitari che già avevano scritto di tutto su di lei sui gruppi, sorrise capendo di aver fatto la cosa giusta quel giorno. Perché nessuno può ridurti a un numero se al mondo ci sono persone che sanno guardarti in quel modo.








Note dell'autore:
Ed ecco a voi Vanessa. Si sa ancora poco di lei, ma vorrei fare un appunto che ritengo di vitale importanza. Quando Vanessa parla di rispetto, di dovere, è il suo lato giapponese che parla. Il Giappone è considerato il paese del rispetto, ma questo va ben oltre il rispetto generale. Si rispettano gli altri, ma si rispettano i propri genitori in modo particolare e lei, per quanto sia nata in Italia e sia italiana, sente come un dovere assecondare suo padre. Nei prossimi capitoli la capirete meglio e questo concetto verrà spiegato largamente.
  
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