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Autore: FatSalad    08/02/2016    2 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Capitolo 10 – Dirty Dancing

 

Giulia era quasi sicura che tra le proprie fantasie degli ultimi anni ci fosse stata, e piuttosto in alto in classifica, “Studiare in biblioteca con Nathan mentre fuori piove”, ma certo non si sarebbe mai aspettata di avverare un sogno del genere. Poco importava se invece di studiare i due stessero parlando, anzi, rendeva tutto più bello di quanto si era immaginata, soprattutto perché era reale.

Nathan le aveva spiegato perché negli ultimi mesi aveva smesso di cercarla, di rivolgerle la parola e Giulia era rimasta shockata nell'apprendere che il motivo principale era... Andrea. A quanto le spiegò il moro, Andrea stava raccontando in giro da un bel po' di tempo la sua, palesemente inventata, versione del loro rapporto. Si era vantato del successo della propria conquista e l'aveva dipinta agli occhi degli amici come una tipa più che facile, ipocrita, che si comportava in maniera perversa nascondendosi dietro una facciata da santarellina. Se Giulia non l'avesse udito con le proprie orecchie quando era ubriaco, non ci avrebbe mai creduto.

«È uno schifoso bugiardo! Siamo usciti insieme sì e no due volte!» disse indignata.

«Due volte? Oh... è molto meno di qaunto potessi immaginare...» disse Nathan, incredulo. «Voglio dire, io in ogni caso non potevo credere a quello che diceva su di te, per questo mi dispiace non averti dato fiducia, non essermi fidato della ragazza che conoscevo io e... beh, avrei fatto meglio a non credere a certe voci, ma la verità è che mi faceva comodo crederci, mi serviva un pretesto»

«Un pretesto?»

«Sì, un pretesto, una scusa per essere arrabbiato, per avercela con qualcuno e tu eri il capro espiatorio perfetto. Avevo trovato il modo per far sì che tutte le tue teorie ottimiste, le tue parole confortevoli, il tuo modo di fare fossero falsi, se tu fossi stata una persona falsa, ma non è tutto. Sei anche la sorella di Spartaco, che bocciando mi ha tolto l'unica possibilità che avevo di essere il capitano, di essere qualcuno. Però non faintendermi, voglio un bene dell'anima a tuo fratello, è un capitano 100, 1000 volte migliore di quanto potrei essere io, solo... un po' lo invidio, ecco.»

Giulia non era preparata a tutte quelle confessioni tutte insieme, a quella confidenza ben più importante di tutti gli scambi di messaggi che avevano mai avuto. Quando se ne accorse se ne spaventò e tentò di sdrammatizzare.

«Dai, essere il capitano della squadra del liceo non è questo grande onore! Magari tra qualche anno potresti diventare il capitano di una squadra più importante»

Il sorriso triste di Nathan le procurò un dolore alla bocca dello stomaco prima ancora che avesse ascoltato la sua replica. Lui le spiegò che i medici gli avevano detto chiaro e tondo che anche quando non avrebbe avuto né gesso né stampelle, né tutore né dolore, le possibilità per lui di tornare a giocare a calcio come prima erano scarse. Lei si diede mentalmente della stupida troglodita priva di tatto.

«Questo è il punto» concluse Nathan «non giocherò più a calcio, che era una parte gigantesca della mia vita. Diciamo che avevo un ultimatum e questo ginocchio ha deciso per me. Sai, guarire è una cosa lunga, tra le altre cose mi sono fratturato l'osso spugnoso...»

«Spongebob!» si intromise Lorenzo, che evidentemente aveva ascoltato l'ultima parte del discorso varie volte.

«Sì, frittellina mia, Spongebob!» disse Nathan prendendo il fratello in braccio «Ha imparato a chiamarlo così» spiegò a Giulia prima di mettersi a fare delle pernacchie sul pancino semi-scoperto di Lorenzo per sentirlo ridere di gusto.

Davanti a quel quadretto Giulia si commosse, ma non fece scendere sulle guance nessuna lacrima, per paura di piangere arcobaleni.

«Gli vuoi molto bene» disse piano, più a se stessa che a Nathan.

Il ragazzo distolse l'attenzione dalla pancia di Lorenzino e cominciò a rivestirlo per bene.

«Sì, beh... anche se ce l'ho avuta un po' anche con lui, perché quando ho fatto l'incidente stavo andando a comprare della roba per lui.» qui fece una pausa che Giulia non osò interrompere «So che lui non c'entra niente, se Melania non avesse insistito non sarebbe successo nulla. È per questo che ho chiesto di essere pagato per stare con lui: per ripicca.»

«Chi è Melania?»

«Oh, lei è...» le era sembrata una domanda semplice e più che lecita, ma aveva messo in difficoltà Nathan «È la madre di Lorenzo, tecnicamente è la mia matrigna» rispose infine e Giulia capì che non era il caso di chiedere oltre, sebbene Curiosità dentro di lei stesse gridando “chiedi-di-più-chiedi-di-più-chiedi-di-più!”. D'altra parte il dubbio che i due non avessero gli stessi genitori avrebbe dovuto sorgerle spontaneo quando li aveva visti assieme la prima volta: Lorenzo aveva la pelle chiarissima, i capelli biondi e nemmeno un'idea degli occhi a mandorla di Nathan, l'unica cosa che avevano in comune era il colore particolarissimo delle iridi.

«Comunque ora va bene»

«Sì, ha smesso di piovere» disse Giulia guardando fuori dalla finestra.

«Sì, anche, ma intendevo che è tutto a posto. Per me. Non ho visto una partita da quando mi sono fatto male, ma ora ho proprio voglia di tornare a fare il tifo per la mia squadra, come gli altri lo hanno fatto per me. Insomma, forse posso fare ancora qualcosa per loro, anche se sono in queste condizioni»

Giulia si limitò a sorridere mentre si alzava in piedi. «Certo» sussurrò, trattenendosi dal gettarglisi addosso per abbracciarlo, soffermandosi solo un secondo di più sul suo avambraccio mentre lo aiutava ad alzarsi dalla sedia.

«Grazie» rispose lui, senza staccare gli occhi dai suoi.

«Figurati! Spero di non averti rovinato la maglia, stavolta!» cercò di minimizzare Giulia, scuotendo una mano.

«No, volevo dire: grazie per avermi perdonato, per essere rimasta ad ascoltarmi, grazie per... tutto!»

E questa volta ci volle tutta la forza di Decoro e Dignità per non farla stringere al suo petto.

 

Chiarirsi con Nathan era stato un toccasano per l'umore di Giulia che, pur avendo raccontato alle squinzie, sconvolgendole come lo era stato lei, che “qualcuno” le aveva detto come si era comportato Andrea da quando si erano conosciuti, non riusciva ad alzarsi la mattina senza il sorriso in volto. Poco importava se Nathan stava con Lilla e se non avevano ricominciato a messaggiare, come in cuor suo aveva sperato, Giulia era contenta semplicemente di non essersi sbagliata sul suo conto, era contenta di conoscere una persona come Nathan: sfortunato, incasinato, ma sincero e con un gran cuore.

Venerdì pomeriggio Giulia era sola in casa, si stava cambiando i vestiti mugolando una canzone che stavano dando alla radio. Sentì suonare il campanello e, stupita, spense la radio e corse verso la porta.

«Cavoli, Ale, non è da te essere così puntuale!» mormorò a bassa voce mentre si precipitava in shorts e canottiera ad aprire il portone, un sorriso smagliante già stampato in volto.

«Oh cazz...» doveva essere l'influenza di Emma, ma Giulia si era bloccata di colpo incapace di dire fare o pensare altro, mentre la spallina della canottiera scendeva impietosa come a sottolineare il momento d'imbarazzo.

«Ciao» disse Nathan con un tono tra il divertito e l'imbarazzato, dopo aver seguito con gli occhi il percorso della sua spallina. Fu quel mezzo sorriso sul suo volto a scrollare Giulia dal mondo dei sogni (o degli incubi) e a farle riprendere il controllo di sé, tirandosi su la spallina indisciplinata.

«Non sei Ale»

«Spiacente»

«Non è come sembra...» perché come doveva sembrare? «Sto aspettando Ale per fare zumba». Dallo sguardo malizioso che sorse sul viso del ragazzo capì che stava peggiorando la situazione. «Cioè, davvero! Io... aspetta, vado a mettermi qualcosa addosso» concluse passadosi una mano sulla faccia, esasperata.

«Brava Giulia, finalmente hai detto qualcosa di sensato! La prossima volta vedi di deciderti prima di aver passato mezz'ora a fissarlo con la faccia da pesce lesso!» brontolava tra sé e sé mentre si affrettava ad indossare un paio di pantaloni lunghi e una felpona sformata, a scanso di equivoci.

«Oddio, ma sono sola in casa con Nathan!» Si riscosse al pensiero, come colpita alla sprovvista. Infondo anche l'ultima volta che avevano parlato a quattrocchi c'era Lorenzo con loro. Fece un respiro profondo cercando di calmarsi e tornò in salotto per affrontare Nathan.

«Ecco, ehm... adesso sono più presentabile, scusa per prima.»

«A me andava benissimo anche prima.» disse lui con un sorriso sornione che non gli era solito e che mandò Giulia in fibrillazione.

«Ehm... cercavi Spartaco?» riuscì a dire quando ebbe ripreso il controllo di qualche neurone impazzito.

«Sì, sono passato a prendere delle cose.»

«Mio fratello non è ancora tornato... aspetta, provo a chiamarlo.» Afferrò il cordless e digitò il numero, grata di aver trovato un'occupazione che le permettesse di distogliere lo sguardo da quel volto che la metteva in agitazione. Per sua sfortuna, però, Spartaco non rispose e fu costretta a mandargli un messaggio, un minaccioso – DOVE SEI??? CHIAMA APPENA PUOI – Rigorosamente a caratteri maiuscoli. Dov'era Spartaco quando serviva?

«Scusa, non sapevo che dovesse arrivare qualcuno, Spartaco non mi aveva avvisato. Intanto... posso offrirti qualcosa?» disse, ricordandosi la buona educazione, dopo aver visto che Nathan se ne stava ancora in piedi davanti all'ingresso, appoggiato alla stampella.

«Magari... per caso hai del ghiaccio?»

Giulia sgranò gli occhi, non le pareva che in quell'Aprile piovoso ci fosse grande bisogno di refrigerarsi.

«Del ghiaccio?»

«Non per me, per questa.» disse indicandosi la gamba imprigionata nel tutore.

«Oh, certo, scusa, non ti ho fatto nemmeno sedere. Allora del ghiaccio per il ginocchio e... per te non vuoi niente?»

«Magari un bicchiere d'acqua»

Lo ringraziò mentalmente per aver evitato la prospettiva di un lungo silenzio imbarazzante in attesa di un segno di vita da parte di suo fratello e lo invitò a sedersi facendogli strada in cucina.

Purtroppo un silenzio impacciato scese ugualmente mentre i due sorseggiavano lentamente l'acqua e Giulia non sapeva cosa dire per alleggerire la tensione, era come se il suo cervello si fosse spento momentaneamente, o meglio, come se fosse andato in tilt, dato che continuava a ripetere le solite tre parole “Io. Nathan. Soli.”. Periodicamente Giulia era costretta a schiaffeggiarsi mentalmente ripetendosi “Riprenditi, Giulia! Nathan sta con Lilla, non pensare a... niente!!”.

Fu lui a parlare per primo, rompendo il silenzio.

«Forse è meglio che me ne vada»

L'idea di sprecare l'occasione di passare un po' di tempo da sola con Nathan funzionò come una scarica di adrenalina e riscosse la sua mente intorpidita.

«No! Aspetta almeno che Spartaco si faccia vivo»

«Ma tu stavi aspettando qualcuno, sbaglio?»

«Sì, ma... mi dispiace che tu abbia fatto un viaggio a vuoto e poi Ale può aspettare. Facciamo così: provo a trovare io quello che dovevi prendere da mio fratello... cos'era?»

«Fogli della squadra, sai, certificati medici, tattiche... penso che tenga tutto insieme.»

«Ah, le scartoffie di calcetto!»

«Esatto» fece lui con una risatina «ho deciso di occuparmene io, per fare qualcosa per la squadra.»

«Forse so dove sono, andiamo a controllare»

Uscire dal'immobilismo fu un vero piacere e anche se Giulia non era sicura di riuscire a trovare i fogli desiderati (teneva così tante scartoffie suo fratello!), si diresse verso lo studio facendo strada al ragazzo.

«Dunque dovrebbero essere qui...» cominciò a dire aprendo cassetti a casaccio «oppure qui...» si ritrovò a dirlo molto spesso senza raggiungere l'oggetto del desiderio, tanto che Nathan cominciò a sorridere.

«Sicura di sapere dove li tiene?»

«Sì... cioè... sono qui da qualche parte! Spartaco a volte è disordinato...» cercò di giustificarsi, ma stava mentendo palesemente a giudicare dall'ordine in cui erano impilati fogli, libri e quaderni in ogni angolo della stanza guardasse. Nathan parve accorgersene e trattenne a stento una risatina.

«Forse è meglio che vada...»

«È Spartaco!» esclamò Giulia bloccando Nathan sulla porta e precipitandosi sul cellulare che aveva suonato, annunciando l'arrivo di un messaggio.

- Tesoro! Due minuti e arrivo!

Invece era Ale e Giulia si stava rassegnando all'idea di salutare Nathan, quando arrivò veramente un messaggio del fratello.

«Devo ricordarmi di lodarti e glorificarti quando arrivi.» pensò mentre leggeva il messaggio.

«Dice che è partito ora... aspetta, lo chiamo.»

- Che succede sorellina?

- Ciao. C'è qui Nathan che vuole i fogli di calcetto.

- Ah, Scheggia, già! Me ne ero dimenticato.

- Bene. Se mi dici dove sono questi fogli glieli do io.

«Ti saluta» disse poco dopo, chiudendo la chiamata.

«Grazie, che ha detto?»

«Che c'ero molto, mooolto vicina» disse lei con una punta d'orgoglio, facendo ridere il ragazzo «sono quassù.». E aperta l'anta dell'armadio che aveva già ispezionato poco prima cercò di raggiungere lo scaffale più alto, alzandosi sulle punte.

«Hai bisogno di una mano?»

La voce calda di Nathan la raggiunse con un soffio alle spalle, molto, troppo vicina e terribilmente seducente, con quella nota di divertimento che aveva riconosciuto poco prima, quando si era piazzata davanti a lui seminuda.

“Io. Nathan. Soli.”

Furono quelle tre parole, quel ritornello che gli cantava la mente a riportarla alla realtà dopo un secondo che le parve eterno.

«Come se tu fossi tanto alto!» ironizzò.

Perché la situazione era troppo irreale, troppo bella per essere vera, si prestava troppo ai suoi irrealizzabili viaggi mentali e poi... Nathan stava con Lilla!

«Ehi! Questo è un colpo basso!» Nathan riacquistò un tono scherzoso. «Papà dice che devo ancora crescere» cantilenò imitando la vocetta di un bambino.

Perché sembrava che ci stesse provando con lei, sembrava che lei gli piacesse e questo non era possibile.

«È la cartellina verde vomito: testuali parole di Spartaco.» Si era arresa e aveva fatto spazio a Nathan che, seppure non di molto, con il suo forse metro e 70 la superava comunque in altezza e riuscì effettivamente ad afferrare la cartellina senza difficoltà, con la mano che non stringeva la stampella. Prima di metterla sotto braccio la fece rimbalzare sulla testa di Giulia, come a ricordarle quanto lei fosse più bassa di lui.

«Ehi! Io posso essere tappa, perché sono una donna!» fece lei fingendosi offesa e ricambiando con uno schiaffetto sulla spalla.

L'atmosfera era così distesa adesso, così rilassata e naturale che... era impossibile che stessero flirtando. Impossibile punto.

«Certo, ad Ale sembra non importare della tua altezza». Cos'era, infastidito? Curioso? Giulia lo guardò un attimo negli occhi prima di scoppiare a ridere.

«Alessia è una donna!»

«Ah.» E ora? Era forse sollevato? «Non sapevo tu avessi certi gusti...»

Infatti, la stava solo prendendo in giro, nient'altro. Nient'altro.

«E ha quasi 50 anni.»

E lei stava al gioco.

«Pure!»

«Ed è una bellissima donna, davvero.»

Risero insieme per un meraviglioso istante.

«Ale è la mia vicina di casa. Cioè, sta al secondo piano, ma è più vicina di quelli della porta accanto. Da un po' di tempo viene da me per fare zumba ogni tanto...» ma perché quello sport doveva avere un nome tanto ambiguo? «cioè, esercizio, ehm... ginnastica... balliamo!». Si incartò da sola sotto lo sguardo sempre più malizioso del ragazzo, prima di scoppiare di nuovo a ridere con lui.

«Ho capito, ho capito: è solo una cosa fisica» rincarò la dose.

«Non fraintendere!»

«Io? Quando mai?!» escalmò assumendo uno sguardo stupito e alzando le sopracciaglia per mostrare stupore e innocenza. «Ma perché non va in palestra invece di venire da te?»

Giulia si rabbuiò.

«Prima ci andava, ma non è triste andare in palestra da soli? Prima andava in palestra fingendo di andare da un amante, perché suo marito ce l'aveva davvero un'altra donna, o forse più di una e Ale ha fatto di tutto per cercare di farlo tornare da lei, per cercare di piacergli e poi per mantenere la facciata. Insomma, è una storia complicata, vero? Tutti sapevano che suo marito la cornificava, così lei voleva far credere di non essere da meno, ma non ha mai veramente cercato altre relazioni, perché nonostante tutto era innamorata ancora di suo marito.». La ragazza si rese conto di aver monopolizzato la conversazione e aver introdotto un argomento non felicissimo, stava per scusarsi, ma Nathan la precedette: «E poi?».

Per la prima volta dal vivo fu come parlargli per messaggio, scherzare e poi passare a un argomento più serio e trovare Nathan sempre attento e interessato. Quel ragazzo era più unico che raro, la sua perla preziosa, cioè, tecnicamente era di Lilla, ma era comunuque prezioso. Sorrise prima di riprendere.

«Poi un giorno l'ho trovata ed era come un vaso pieno fino all'orlo: è bastato che mi avvicinassi a lei per farle uscire tutto fuori, senza che io facessi nulla. Mi ha raccontato la sua storia e come fingesse di essere quello che non era per un uomo che nemmeno la amava. Così io le proposi di venire da me a fare ginnastica e piano piano si è aperta molto di più, è diventata più sincera, si trucca molto meno, per esempio ed è diventata meno sola, o almeno spero» concluse abbassando gli occhi.

«Ne sono sicuro»

A quel suono caldo Giulia alzò di nuovo gli occhi per piantarli in quelli di lui, seri e brillanti, sinceri. Non la stava prendendo in giro, pensava davvero ciò che le aveva detto e aveva pronunciato le parole più giuste che potesse trovare, come al solito aveva detto esattamente ciò che Giulia, inconsciamente, avrebbe voluto sentire.

Non avrebbe più voluto staccarsi da quegli occhi, ma fu il campanello a farla sobbalzare.

«Dev'essere lei»

A malincuore andò ad aprire la porta.

«Ciao carissima! Scusa il ritardo!»

Una voce squillante raggiunse le orecchie di Nathan prima che potesse vedere la sua proprietaria.

“Una bellissima donna”, le aveva detto Giulia, e lo era realmente. Se aveva quasi 50 anni ne dimostrava almeno dieci di meno e Nathan era sicuro che qualche dottore ci avesse messo lo zampino. Fisico slanciato e atletico, un seno che sfidava la gravità, capelli biondo platino e rossetto rosa barbie.

«Oh, ma avevi ospiti!» disse la donna appena lo vide entrare in salotto «Le hai tenuto compagnia?» aggiunse con un sorrisetto «Rimani con noi, tesoro?»

«Mi dispiace, ma purtroppo devo rifiutare l'offerta: devo andare a prendere l'autobus.»

«Non sai che ti perdi, caro, le donne quando fanno zumba si mettono certi vestitini sensuali...» quella di Alessia voleva essere una battuta, ma a Giulia s'infiammò il volto e Nathan rispose:

«Oh, lo so, lo so...» con un sorrisetto allusivo che alla donna non sfuggì. «Grazie per la proposta. Saluta il capitano. Oh! E... a domani, allora»

«Ciao Nathan, a domani» disse Giulia ricordandosi della partita, con lo sguardo ancora basso per non mostrare il volto in fiamme, mentre chiudeva la porta.

«Nathan? Quel Nathan?»

«Sì, Ale, non urlare per favore!»

«È proprio carino! Lo approvo! Che è successo mentre non c'ero? Sono arrivata troppo presto?» continuò lei sempre più entusiasta e curiosa, ignorando la richiesta di Giulia.

«Non sei venuta per fare zumba?» tentò di svicolare la ragazza.

«Oh, sì. Mettiamoci subito al lavoro per rassodare i glutei e... raccontami tutto! Ma cos'è quella felpa antiestetica? Vatti subito a cambiare! Voglio sperare che tu non ti sia fatta trovare in questo stato pietoso dal tuo bel tipetto! Eh... beata gioventù!»

 

Il mio angolino:
_____________

Con un leggerissimo ritardo... ma ci sono!
Non porto sempre dietro il pc o carta e penna, però... ragazzi, come sono comodi gli smartphone per appuntare ogni ispirazione “fuori programma”!
FatSalad, in ritardo e sotto schiavitù tecnologica, vi ringrazia per essere arrivati fin qua! :)

   
 
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