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Autore: Koa__    08/02/2016    2 recensioni
Noi eterni e fugaci Storia vincitrice dei premi: Best of Best - storia che mi è piaciuta di più e Best Romance - miglior storia romantica, dolce e fluff, nel contest indetto da Chappy_ "Kissing Booth - Il chiosco dei baci"
Sense and Sensibility - Mystrade
Balance - Mystrade
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Steso sotto un albero di ciliegio, ad aspettare l'estate - Mystrade
Till the next time - Mystrade
Tenere il mondo in una stanza - Mystrade
Espiazione - Johnlock
Salvation - Johnlock
Touch me - Johnlock
Solitude - ombrello/ciambella
Début - Young!Sherlock
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Solitude



 
 
Hai addosso la stanchezza dei giorni di pioggia. Quella spossatezza leggera che troppo spesso contraddistingue pesanti giornate invernali, e che sembra volerti rimanere appiccicata addosso al pari di un viscidume fangoso. È un’umidità noiosa che intacca persino il legno del manico, e s’insinua tra le pieghe di quella stessa stoffa blu notte che il tuo proprietario riallaccia tutte le volte con la medesima e consueta cura. Stoffa che, ora, pare volersi quasi arricciare provocandoti sensazioni fastidiose, oltre che a una sorta di solletico appena percettibile. Ci dovresti essere abituato. Non è di sicuro la prima volta che accade e poi, d’altra parte, non puoi dire di non essere nato per sopportare la pioggia e le sue odiose conseguenze. Anche oggi, infatti, hai svolto il tuo compito con solerzia. Tuttavia sei intristito dall’ingrata prigionia alla quale sei forzato. Perché è come se volessi fare di più, ma non ci riuscissi. Che tu abbia perduto il desiderio di fare ciò per cui sei nato? Ma forse sei soltanto stanco, troppo esausto anche solo per sforzarti di pensare in maniera lucida. Sei annoiato esattamente come lo è quel tuo proprietario, sul cui volto troppo spesso intravedi delle note di apatia. Che tu stia iniziando ad assomigliargli? O, piuttosto, che l’esistenza solitaria nella quale vi trovate tutti e due, stia plasmando i vostri caratteri in modo similare? Non lo sai, ma certo è che l’idea di essere come Mr Holmes è spaventosa e questa notte lo è molto più di altre volte. Perché era diverso e tu lo hai notato. In effetti, tu fai sempre caso a tutto ciò che gli riguarda e badi a ogni più piccola sfumatura di voce, piuttosto che alla maniera in cui il suo guardo s’adombra più o meno soventemente. Quelli che gli dominavano le espressioni, non erano i consueti tormenti. Dopo che siete rientrati, il suo volto era un miscuglio di rabbia e disperazione che ti ha stretto il cuore in una morsa soffocante. Di nuovo, è come se lo volessi aiutare, ma ti senti impotente e sciocco.

In fondo non sei che un ombrello.

Un sospiro spezza la penombra di quello stesso soggiorno nel quale sei stato riposto con insolita poca cura, attirando la tua attenzione e facendoti domandare se sia stato tu a emetterlo. Non può trattarsi di lui perché Mycroft è sparito al piano di sopra e, da che siete arrivati, ancora non è sceso. Non pensi lo farà. Non con così tanti pensieri oscuri per la mente. Lo conosci fin troppo bene. A suggerirti che non è in vena di far nulla, oltre che starsene a letto, c’è il fatto che non ha badato a voi. E se tu riesci miracolosamente a startene in bilico contro una parete, a sciarpa e cappotto non è toccato lo stesso mite destino. Loro infatti sono a terra, gettati malamente con un’incuria che non avrebbe niente di preoccupante se l’umano non si chiamasse Mr Holmes.

Un lieve ansito rompe il silenzio, sovrasta il ticchettare della pendola e il crepitare di un caminetto il cui focolare sta ormai morendo. Lo scricchiolino è lieve, ma ha il potere d’attrarti e confonderti perché ti pare di conoscerlo e al tempo stesso di non sapere affatto a chi possa appartenere. Per questo ti guardi attorno, per quanto è nelle tue possibilità. Occhieggi con curiosità gli abiti lasciati sul pavimento, ben sapendo che non si tratta di nessuno di loro. Quella è solo stoffa, loro alla mezzanotte non si animano. Non si risvegliano. Non vivono. Non si preoccupano per un essere umano il cui sorriso si affievolisce ogni giorno che passa. Dovresti dispiacerti per loro, ma non lo fai e, anzi, li sovrasti con un fare quasi dittatoriale. Come se ti sentissi superiore soltanto perché hai una coscienza.

Ma poi ce l’hai davvero l’anima?

Te lo sei domandato così tante volte, che è ridicolo che tu te ne sia convinto soltanto dopo che lei te lo ha detto.

Già, lei.

Non passa giorno che non la ricordi. Che non ci ripensi. Che non torni indietro con la memoria a quella volta. Quando avete ballato e lo avete fatto insieme.

Lei che è svanita col venire del mattino. E che ti manca ogni istante di più.

Sì, pensi in un frangente, dovresti proprio dispiacerti per quel cappotto il cui destino non è di destarsi al rintocco. Ma non lo fai. In effetti puoi dire di non averne il tempo, perché è allora che quel sospiro invade nuovamente il soggiorno buio. È l’alito di un fiato. Anzi no, è un gemito dal sapore sconcio a cui ne seguono altri ancora più intensi, decisamente appassionati. Mormorii che s’incalzano l’un l’altro come a volersi rincorrere, mai stanchi, non sazi e così troppo odiosamente rumorosi. E poi una risata leggera e delicata, dai toni dolci e femminili.

Da dove proviene? Non da Mycroft, di certo non da lui.

Ti ricorda qualcosa. Nonostante l’ostinazione a volertene dimenticare, quella risata te ne fa venire in mente un’altra. E a quel punto ti senti perduto, perché le immagini di lei s’incalzano e si susseguono in un turbinio di sensazioni che hanno terribilmente a che fare con quella cosa strana e incomprensibile che gli esseri umani chiamano sentimenti. Terribili, contorti e maledetti sentimenti.

Non hai mai compreso quale fosse il senso vero dell’amore o come mai il tuo proprietario, all’apparenza freddo e indifferente, venga anch’egli rubato dalle emozioni. Ti sei sempre chiesto come mai gli esseri umani bramassero con così tanta forza di farsi spezzare il cuore. Il motivo lo hai capito solo dopo averla incontrata. In una diabolica notte proprio come questa. Una notte dall’atmosfera evanescente, dal sapore dolcioso, in cui la danza ti ha rapito proprio come succede sempre.

È per questo che esisti. Per quel momento in cui già a notte inoltrata, prendi a vivere. E allora scordi ogni cosa, persino i turbamenti del tuo amato Mycroft, piuttosto che la Londra austera e piovosa che vedi di giorno. Dimentichi il sapore della pioggia o il tepore del camino che t’arriccia la seta. Tutto si fa lontano, vagamente sfuocato e allora ci sei solo tu, accompagnato da una musica soave e deliziosa. Scocca la mezzanotte, e danzi. Non fai altro. Sì, balli e di quel mondo che sta al di fuori niente t’importa.

Succede appena dopo che la pendola termina di rintoccare i dodici battiti, è in quel momento che la melodia di una musica cadenzata inizia a invadere il soggiorno. Ballare diventa un impulso irrefrenabile. Un indomabile desiderio. Tu finalmente libero dal giogo del laccio e dall’immobilità di un corpo composto di legno e metallo, permetti alle note d’un valzer di insolita bellezza, di portarti via. E prendi a volteggiare. In quei momenti di libertà assoluta, il legno brilla e le pieghe vibravano e s’agitano. Mai proverai sensazioni del genere durante il giorno, non una volta avrai l’occasione di muoverti con gioia e beatitudine sotto la pioggia battente. L’acciaio non si scalderà mai di passione sotto i raggi di un sole caldo.

Perché sei schiavo della notte. Perché la ami e l’odi al tempo stesso. Perché ti libera e t’imprigiona. Ti dà la vita e immediatamente dopo te la toglie.

Hai ballato anche con lei, ovviamente. Lo ricordi bene, è stato bellissimo. C’eravate unicamente tu, lei e un valzer di Shostakovich. Soli. Là, in un soggiorno illuminato appena dalle fiamme di un focolare. Avete volteggiato proprio come stai per fare adesso. Come fai sempre. Danzi e t’animi fin quando, alla prima alba, tutto muore e tu torni al punto d’origine. Di nuovo inerte e senza vita. Ancora a far finta di non possedere un’anima o non saper cosa significa la parola passione.

Anche adesso lo vuoi fare. Desideri, ani no, devi vorticare e muoverti a ritmo di musica. Ne hai una necessità immensa che ti provoca brividi incontrollati, i quali corrono giù fino alla punta facendoti fremere violentemente. Seppur agitato dalla giornata umida e fredda di un inverno pieno e infastidito dall’incuria del tuo proprietario, tutto ciò che desideri è di poter danzare. Non c’è una ragione in questo, la tua passione non ha radici nella logica o nella sensatezza. Gli ombrelli non ballano e nemmeno si animano alla mezzanotte. Nessuno oltre te in quella Pall Mall si risveglia al tocco della pendola.

Delle volte ti senti solo, ma poi subito scacci il pensiero e ti convinci che non ti interessa della solitudine. Hai imparato come si fa da Mr Holmes che il vivere senza nessuno con cui condividere l’esistenza, non è poi tanto drammatico.

Ma allora perché lui piange al piano di sopra?

E come mai tu senti risate che non ci sono? Perché le illusioni assumono la forma dell'unico essere tu abbia mai amato? Lei che era bella e dolce. Lei che era ricoperta di una deliziosa pralina che le colorava una pelle fatta di farina e zucchero. E che era così buona, ma che ciononostante non era stata mangiata. Al contrario l’avevano lasciata lì, in una scatola di cartone rosa. Abbandonata. Dimenticata e al sorgere del sole gettata nell’immondizia.

Lei che era l’unica ad essersi animata la notte. La sola ad aver mai ballato con te. Ma che ora non esiste più.

Devi danzare. Ne hai bisogno. Devi dimenticartela. Lo devi fare, altrimenti impazzirai. Perché non ci sono altre ciambelle, perché non ce ne saranno mai più in quella casa e se mai ne rivedrai qualcuna, di certo non saranno come lei.

 
͠

 
È al tocco dell’ultimo battito di una pendola d’un secolo ormai andato da tempo, che la musica inizia e che tu torni a vivere. Come sempre, anche questa notte c’è uno stupendo valzer di Shostakovich a stuzzicare il pulviscolo di quella casa antiquata, a squarciare la notte come un lampo che fende il cielo. Oh, è tanto bello. Il suono agitato dei violini e poi quello dei fiati, che si mescolano assieme in una cadenza perfetta. Il valzer è così adatto alla danza, che frenarsi è un peccato. Impossibile trattenere gli impulsi, per te che t’animi e che vivi un’esistenza grigia e solitaria soltanto per questo momento. E quindi lo fai. Con gioia ti spieghi e t’apri e, veloce, inizi a vorticare su te stesso. E balli, balli e balli ancora. E non vorresti smettere mai.

Ad un certo punto, però, la musica cessa quasi d’improvviso. Neanche era finita, pensi mentre ricadi con pesantezza al suolo. Soltanto allora, e prima di ritornare a ciò che dovresti essere, fai caso al campanello. Lui ha spezzato l’incantesimo e ora tutto è svanito. Niente più Shostakovich, ma soltanto il rumore di passi affrettati che scendono le scale. Poi le loro voci. Parole sussurrate sulla soglia di una porta che lascia entrare i rigori invernali. Brividi dati dalla neve e dal ghiaccio che ricopre il vialetto. Un freddo che ha catturato le mani di Lestrade e che gli ha colorato le guance di un bel rosso acceso. Parlano, prima. Dopo discutono. E mormorii diventano via, via più elevati. Appassionati. Arrabbiati. Vivi. Carichi di una rabbia che trasuda un sentimento forte e potente. Che mai e poi mai dovrebbe essere trattenuto.

Dopo s’abbracciano, si baciano e corrono di sopra, richiudendosi l’uscio alle spalle.

Ma tu non senti nulla. Tu sei ormai a terra. Inerte. Affranto e disperato da quel ballo che t’è stato strappato. Non ti curi di loro, e semplicemente resti immobile. E non lo dai a vedere, ma piangi.

Prima lei e ora la musica, quante altre gioie dovranno negarti?

Per quanto ancora sarai solo? Nemmeno lui, Mycroft lo è più.

Tu invece sei condannato a un esistenza orrida. Imprigionato tra la pioggia intermittente di pomeriggi inglesi tutti uguali, e notti silenziose.

E lei non c’è più. Lei non c’è più. Non c’è più. Se almeno lei ci fosse, tu avresti sopportato una mezzanotte senza più musica.

 
͠

 
Eppure dovresti fare attenzione. Sì, dovresti proprio, perché l’uomo che è salito le scale, è l’uomo delle ciambelle. E domani notte ne lascerà una in una scatola di cartone rosa.
 
 

 
Fine





Questa storia è nata da questa fan art. L’idea degli oggetti che si animano a mezzanotte, è ripresa dalla favola del soldatino di stagno e della ballerina di carta, mentre il brano citato è il Walzer n.2 di Dimitri Shostakovich.


 
   
 
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