Dopo
tutta una vita al tuo fianco, insieme, dedicata a te….
Dopo
ogni marea affrontata in questo caotico mondo…
Se avessi potuto scegliere…
Se
avessi potuto rivivere un solo ricordo per l’eternità….
Sarebbe
stato il nostro…..
FIRST
DATE
Alla Paccy, che oggi di qualche anno fa è nata
Che un giorno ho incontrato
Che è una grande mosca bianca,
e forse un giorno anche un coleottero dorato!
Ti voglio bene!
Questa raccolta è tutta per te!
A Mimi 18 che anche lei oggi compie gli anni,
che è una fiera mosca bianca,
questo capitolo è per te!
Falling the sentences a Shika/Ino fairytale
Se
avesse potuto prevedere la fine di quella giornata, Shikamaru Nara avrebbe
smesso sicuramente di sbuffare dopo i primi dieci minuti dal suo risveglio, ma Shikmaru Nara non
era un mago, né un preveggente e quindi quello splendido mattino di primavera
si svegliò stanco e annoiato da ogni cosa che lo circondava. La
sua spoglia camera, la sua troppo lunga colazione, i soliti cervi da dover
sfamare, i soliti vestiti, il solito sole e il quotidiano pensiero di
una sinuosa figura dai lunghi capelli biondi a distrarlo da ogni sua attività.
Quel giorno Shikamaru Nara decise che avrebbe
voluto dormire di più e lavorare di meno; quel giorno Shikamaru Nara decise che
avrebbe sbuffato più a lungo del solito, e più intensamente, quel giorno
Shikamaru Nara aveva deciso che era il giorno perfetto per un primo
appuntamento.
Non più tardi del giorno
prima, durante uno dei suoi soliti litigi con la sua amica d’infanzia,
era stato costretto (secondo la sua
visione) ad invitarla per un primo appuntamento.
Solo loro due, qualcosa di romantico, qualcosa
di diverso. Altrimenti lei avrebbe incominciato a seccarlo con quella voce così
alta e penetrante, con quel tono così sensual…fastidioso.
Lei gli aveva urlato contro accusandolo di non
essere un uomo, di non essere più interessato al suo villaggio, alle sorti dei suoi amici, ma di aver perso la testa per una bionda del
deserto, e questo lui non avrebbe mai potuto permetterlo e sopportarlo.
Così era stato costretto a pronunciare quelle
parole, quel semplice invito: “Domani ti passo a
prendere. Solo tu ed io”. Il volto della ragazza si era illuminato ad ascoltare
quella semplice frase.
Quel giorno Shikamaru Nara dopo aver finito il suo
pranzo, preparato con deliziosa devozione da sua madre, scese in strada e s’incamminò verso l’abitazione della sua
amica d’infanzia.
Bussò alla porta e come sempre nessuno
rispose, così entrò senza il minimo indugio.
Si accomodò sul divano e chiamò: “Ino”, ma non
ottenne risposta.
Così alzò ancora di più la voce: “Ino!”. Nemmeno
questa volta ottenne risposta.
Fu così che, allora. Shikamaru si ritrovò in
piedi sull’uscio della porta di un salotto vuoto ad urlare a pieni polmoni: “Inooo!”
“Cosa urlì?”
lo apostrofò la ragazza entrando nel salotto.
Shikamaru scosse la testa e decise che tacere
avrebbe solo potuto giovare al suo incombente mal di testa.
“Andiamo, non stare lì impalato. Sei sempre lento” incominciò a dire lei. Shikamaru sbuffò
per l’ennesima volta in quella giornata che già gli sembrava senza fine.
Uscirono e s’incamminarono placidamente (per lo meno Shikamaru) lungo la strada deserta. Nemmeno un’anima
a distrarre quel silenzio, per lei assolutamente imbarazzante, per lui decisamente ristoratore.
Questo fino a quando lei, stanca di quel noioso silenzio, chiese elettrizzata: “Allora dove
stiamo andando? Dove mi porti?”. Ino, eccitata e
curiosa, saltellò allegramente fino a posizionarsi di
fronte a Shikamaru, che si vide così costretto a bloccarsi sul posto.
Indeciso sul da farsi, incominciò a grattarsi
la nuca con il braccio destro: “No so, non ci ho
pensato…credevo lo facessi tu”.
Esattamente le ultime parole che Shikamaru
Nara avrebbe dovuto pronunciare.
Il sorriso si spense repentinamente sul volto di Ino, e Shikamaru seguì con orrore la ragazza inarcare la
schiena, accavallare le braccia e incominciare a gridare: “TU NON HAI PENSATO A
NULLA? TU MI HAI INVITATA AD USCIRE CON TE E NON TI SEI NEMMENO PRESO LA BRIGA
DI PENSARE A DOVE PORTARMI?”.
Un tuono in sottofondo costrinse la bionda
ragazza ad alzare ulteriormente la voce. Non che ce ne fosse
bisogno.
Shikamaru si sentì d’un
tratto stanco di quella strana giornata, stanco delle donne, e stanco di non
riuscire mai a capire cosa le donne volessero da lui: i cervi erano molto più
semplici da gestire.
“Ino…” tentò di argomentare “pensavo che volessi
decidere tu, tanto alla fine decidi sempre
tu, oltre al fatto che l’ho fatto per te, quindi…Mendokuse!”
concluse il giovane ragazzo, esasperato. La sua bionda
amica si era voltata, mostrandogli le spalle e riprendendo a camminare da sola,
il suo fondoschiena ondulante ad attirare lo sguardo del ragazzo e a fargli
rimpiangere ancora una volta di essersi svegliato quella mattina, di non
essersi finto malato, di essere sempre così imperfetto e di non riuscire mai a
renderla felice.
“Ino…” incominciò a gridare lui accelerando il
passo, cercando di raggiungerla. Arrivato quasi al fianco della ragazza,
Shikamaru le afferrò il braccio cercando di fermarla, di farla voltare, di farla ragionare.
“Ino” ripeté. La reazione della ragazza fu
inaspettata e rapida. Riuscì a divincolarsi dalla presa, a voltarsi e gridargli
contro: “SARAI CONTENTO ADESSO CHE SEI RIUSCITO A ROVINARE IL NOSTRO PRIMO
APPUNTAMENTO., VERO? SARAI CONTENTO DI AVER DIMOSTRATO
CHE NON POSSIAMO FUNZIONARE!”.
“Ino…” riprovò ancora lui, avvicinandosi a lei
e alzando delicatamente e lentamente le mani, fino a giungere ad afferrarle le
spalle, costringendola a voltarsi verso di lui.
“Ino, questo non è il nostro primo
appuntamento..” incominciò, ma
venne interrotto dalle grida dell’amica: “HO CAPITO CHE MI HAI INVITATA AD
USCIRE CON TE SOLO PERCHE’ SONO UNA ROMPISCATOLE!”.
Shikamaru strinse la presa alle spalle della
ragazza, scuotendola. “Ino tu non sei una rompiscatole! E questo non è il
nostro primo appuntamento, perché il nostro primo appuntamento lo abbiamo avuto quando avevamo quattro anni!”.
D’improvviso, lei smise di lottare contro la
sua presa e si azzittì.
“Ti ricordi?” chiese lui mentre
lei annuiva con il capo, non fidandosi abbastanza delle sue emozioni per
parlare.
“Tu mi invitasti
nella tua casa sull’albero. Tua madre aveva preparato il tuo
dolce preferito, e tu avevi preparato tutto…eri così emozionata, così allegra.
Mi costringesti a sedere vicino alle tue bambole, e a prendere il thè. Poi decidesti di pettinarmi e di farmi le treccine. Te lo ricordi?” chiese di nuovo lui.
Lei cercò di ricomparsi per trovare le parole
che aveva perso: Shikamaru era riuscito a disarmarla e a farle perfino
dimenticare perché fosse così furiosa con lui. Era una delle cose che
maggiormente apprezzava in lui: poteva farla scoppiare di rabbia con una sola
parola, ma allo stesso tempo calmarla come nessuno al mondo era in grado di
fare.
Certo, quel giorno Shikamaru avrebbe dovuto
davvero faticare per riuscire a farsi perdonare.
Il cielo concordò con un boato, mentre una
goccia dopo l’altra pioveva tanto forte che in pochi secondi i due ragazzi si
sarebbero ritrovati nel mezzo di un acquazzone.
Si misero a correre in cerca di un riparo, ma
la corsa serrata non riuscì ad impedire ad Ino trovare l’ennesimo motivo di
lotta: “MI SONO APPENA FATTA I CAPELLI, SE MI SI BAGNANO E SE MI SI ROVINANO TI
RITERRO’ PERSONALMENTE COLPEVOLE, SHIKAMARU NARA, E ME LA PAGERAI PER IL RESTO
DELLA TUA BREVE VITA. INETTO, SCANSAFATICHE, SE TU AVESSI DECISO DI PORTARMI DA
QUALCHE PARTE, ORA NON SAREMMO NEL MEZZO DELLA STRADA A CORRERE PER CERCARE UN
SEMPLICE RIPARO: SHIKAMARU NARA, IO TI DETESTO!” le ultime parole le aveva
gridate fermandosi nel mezzo del marciapiede su cui erano giunti.
Fu allora che un possente braccio le avvolse
la vita e la tirò all’interno di una porta.
“Ecco…ho deciso di portarti qui dentro, basta
che la smetti di urlare, seccatura!” disse spazientito Shikamaru.
“Per te tutti quanti sono delle seccature, ma
se solo tu portassi un po’ più di rispetto alle altre persone, forse loro ti
seccherebbero di meno” disse lei indispettita, mentre con la
mano stretta in quella di Shikamaru, lo seguiva lungo un intricato
labirinto di scalini.
Lui
ignorò le sue parole, irritandola ancora di più, così riprese a dire: “Poi non
tutti sono delle seccature: ad esempio Choji ed io
non lo siamo. Vero?”. Le loro mani erano sempre
congiunte.
A
quel punto lui si girò e sollevando il sopracciglio la corresse:
“Choji non è una seccatura!”. Lei scosse la testa, e
stava per riprendere a parlare quando una forte luce
li raggiunse e fu costretta a coprirsi gli occhi con la mano libera.
“Dove siamo?” chiese sottovoce. Non c’era nessuno in quel
posto, solo un infinità di scaffali e una moltitudine
di libri.
“Siamo
in una delle mie biblioteche preferite, una delle più vecchie di Konoha” rispose lui, ugualmente sottovoce.
“Come
fai a conoscerla?” chiese allora incuriosita Ino.
“Venivo
qui ad aiutare la vecchia bibliotecaria qualche anno
fa, era un passatempo divertente. Qui c’è sempre silenzio, pace e calma. Questo
posto è un sicuro rifugio dal caos del mondo, e ancora oggi quando tutto quello
che accade fuori prende il sopravvento adoro tornare qui fra questi vecchi e
polverosi libri a rilassarmi, a leggere, a dormire” concluse
il ragazzo grattandosi la testa. Poi, senza lasciare mai la mano di Ino, prese ad avanzare lungo i corridoi creati dalla
disposizione degli scaffali.
Raggiunsero
due poltrone all’apparenza molto confortevoli, e Shikamaru cavallerescamente
accompagnò Ino a sedersi.
“Mettiti
comoda che io tornerò fra poco” disse prima di scomparire tra i libri.
Lei,
rimasta sola, si accoccolò sull’enorme poltrona verde, portò le
gamba fuori dal bracciolo di sinistra appoggiandoci le sue ginocchia, mentre
il suo gomito sinistro riposava sulla testata della poltrona e con la mano si
accarezzava i capelli.
Era
così quando lui tornò: così bella che si bloccò. La
pallida luce che filtrava dalla finestra la illuminava. Lei,
così allegra, vitale e sensuale, in un meraviglioso contrasto con quel luogo
così statico, deserto e inanimato.
In
quella, Ino girò lo sguardo e lo vide, gli sorrise e
lui fu come sbloccato da un incantesimo per cui infine la raggiunse e si
sedette nella poltrona di fronte.
“Allora,
cosa mi hai portato?” chiese lei incuriosita.
“Qualcosa
che vorrei leggerti” rispose lui, e posò i volumi che aveva recuperato sul
tavolino al fianco della sua poltrona. Tra le mani prese un piccolo libretto:
“Questo è uno dei miei poeti preferiti” incominciò a dirle, “Catullo. E ogni volta che leggo questa poesia non riesco a non
pensare a te”. Così, con voce bassa, iniziò a leggere.
“
Odi et amo. Quare id faciam,
fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.”
Odio e amo. Forse mi chiedi
come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tortura”
“Bella…”
disse lei, mentre lui riponeva il libro per prenderne fra le mani un altro .
“…ma
non credo di averla davvero capita” concluse lei,
uccidendo il sorriso sul volto di Shikamaru. Il ragazzo alzò gli occhi al
cielo.
“Andiamo avanti” disse sospirando lui, “Questo
invece è uno dei miei libri preferiti: Il Signore degli Anelli. Vorrei poterti
dedicare questo pezzo” e alzatosi in piedi si chinò di fronte a lei e le afferrò la mano, la baciò leggermente e con il libro
aperto davanti a lui, e incominciò a ripeterle a memoria un passo del libro:
“…ti
dico che sei bella. Nelle valli delle nostre colline crescono fiori belli e splendenti e fanciulle più splendenti ancora;
ma non ho visto sin ora a Konoha né fiore, né dama così meravigliosa e così triste. Forse
non ci restano che pochi giorni prima che l’oscurità
sommerga il mondo, e quando arriverà spero di affrontarla deciso; ma
allevierebbe le pene del mio cuore vederti finché brilla il sole[…] e sei una
dama bella che nemmeno le parole dell’idioma elfico
potrebbero descriverti. E io ti amo”.
I loro sguardi uniti, lei accennò un lieve
rossore sulle guance prima di dire: “Bella, ma…io non credo che tu lo pensi davvero,
vuoi solo farti perdonare. E per la cronaca, non ci sei ancora riuscito!”,
gli sorrise. Lui accolse la provocazione, e dopo
essere tornato a sedersi sulla poltrona scelse un altro libro.
“Questo è il più grande scrittore di tutti i
tempi che abbia mai parlato d’amore, William Shakespeare”.
“Questo lo conosco!” esclamò contenta Ino, congiungendo i palmi delle mani.
“Tieni” disse Shikamaru, porgendo a Ino un vecchio volume “questa dovrebbe essere la pagina
giusta” fece indicandole la giusta riga.
“Recita con me: io sarò Romeo e tu Giulietta” concluse il ragazzo avvicinandosi alla poltrona di Ino.
Lei afferrò il libro continuando a guardare il
volto serio del ragazzo.
“ROMEO:
Non hanno labbra i santi? E i devoti palmieri?” disse Shikamaru
afferrando la mano di Ino.
“GIULIETTA:
Sì. Pellegrino , ma le devono usare con devozione” balbettò Ino insicura
e tremolante, il respiro del suo migliore amico sulla pelle, l’imbarazzo di
sentire quelle parole così arcane e strane uscire dalla sua bocca, ma al
contempo così dolci e profonde
“ROMEO:
Oh, cara santa, lascia allora che le labbra intimino la preghiera delle mani,
se non vuoi che la fede si muti in disperazione.” Disse lui.
“GIULIETTA: Non si muovono i
santi, anche quando ascoltano le altrui preghiere.” Rispose lei.
“ROMEO:
E allora resta immobile mentre il colgo il frutto
delle mie preghiere”
Si avvicinò ancora di più a lei, e posò le sue labbra su
quelle di Ino, dolcemente, delicatamente. Lei,
sconvolta e paralizzata, gli occhi sbarrati, incominciò a farfugliare: “Cosa…Ma
che diavolo? Ma sei…Tu sei?”.
“Ti
ho baciata” rispose lui, semplicemente
“Ma perché?” ricominciò a chiedere lei, confusa.
“Perché
c’è scritto nel libro” rispose innocentemente Shikamaru prima di riprendere a
leggere: “Così le tue labbra cancellano
il peccato delle mie.”
“Tocca
a te” Shikamaru invitò Ino a
leggere, lei che era rimasta con lo sguardo perso sul viso di
Shikamaru, con gli occhi che seguivano le labbra del ragazzo muoversi
seducentemente.
“Scusami: GIULIETTA: Allora le mie labbra hanno il peccato che han tolto” disse Ino.
“ROMEO:
Il peccato dalle mie labbra? Oh, colpa dolcemente denunziata. Ridammi il mio peccato” disse Shikamaru per poi chinarsi ancora
una volta su Ino e baciarla, questa volta più
appassionatamente, più a lungo. E questa volta Ino non
rimase interdetta, né sorpresa, ma si lasciò abbracciare e a sua volta strinse
a sé il corpo del ragazzo.
Quando lui si allontanò dai
lei, Ino non riusciva a smettere di sorridere e di accarezzarsi le labbra.
“Ti manca una frase mia Giulietta” scherzò
Shikamaru, richiamando Ino all’attenzione. La ragazza tornò quindi a posare il
suo sguardo sulla vecchia pagina del libro: “GIULIETTA:
Tu baci a regola d’arte.” Disse, realizzando quello che stava leggendo nel momento stesso in
cui le parole lasciavano la sua bocca.
Così si lanciò contro l’amico e incominciò a
picchiarlo sul braccio mentre gli gridava:
“Deficiente!” .
Fu in quel momento che una vecchia signora claudicante sbucò da dietro uno scaffale e avvicinandosi a
loro incominciò a inveire: “Voi due, questo non è un bordello, ma una
rispettabile biblioteca, uscite di qua, delinquenti, andate a procreare da
un'altra parte!”.
Shikamaru allora si sollevò in piedi e
afferrata la mano di Ino incominciò a trascinarla.
Ridendo e correndo scesero le scale e si
ritrovarono in strada, e on c’era più la pioggia ad
accoglierli, ma un sole verso la strada del tramonto.
“Ti accompagno a casa” disse Shikamaru prendendo
Ino per mano e incominciando a dirigersi verso casa Yamanaka.
Mano nella mano i due ragazzi camminavano
lungo la strada deserta, ad accompagnarli , solo un
luminoso arcobaleno.
Ino si aggrappò al braccio di quello che forse
non poteva più essere definito semplicemente “amico”, e si decise: “Grazie”
disse sollevandosi sulle punte dei piedi per raggiungere le labbra di Shikamaru
e poterle baciare.
“Quindi ora tu ed io
stiamo insieme, giusto?” chiese quindi al ragazzo.
“Forse. Perché?”
rispose lui con un sorriso malizioso stampato sul volto.
“Perché fra un anno sarà il nostro primo
anniversario e credo che dovresti incominciare a pensare a dove mi porterai!” concluse Ino sorridendo. Shikamaru scosse il capo e le passò
un braccio intorno alla vita mentre camminavano
insieme: quel giorno Shikamaru Nara non sbuffò più, ma rimase per il resto del
giorno con un semplice sorriso ebete stampato sul volto.
Fine