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Autore: callingonsatellites    10/02/2016    1 recensioni
L'aria fresca sulle braccia. Il sole che brucia negli occhi. Le gambe leggermente indolenzite, e una melodia sconosciuta che girava nella sua mente. Poi un forte dolore alla testa. E ora fissava quegli occhi color nocciola, e ogni domanda veniva annullata come se quei due pozzi scuri fossero l'unica cosa importante ed esistente, l'inizio e la fine di tutto.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sabato. Già sabato!
 
-Oh porca. E non ho neanche qualcosa da mettermi questa sera. Che palle- pensava tra sé Kim, che stava seriamente valutando l’idea di non presentarsi nemmeno.
Ma ovviamente sapeva che non le sarebbe convenuto, visto che Joey aveva detto che ‘sarebbero venuti a prenderla’. ‘Sarebbero’ significava che un grumo di gente di sarebbe ammassato sul povero cancelletto dell’appartamento, e avrebbe torturato il campanello fino a che lei non sarebbe venuta fuori. Lo sapeva bene, aveva già avuto modo di assistere a quella scena.
 
-Quindi hai intenzione di uscire, stasera?- domandò il padre, che leggeva il giornale seduto a tavola.
 
-In teoria … sì- rispose lei piuttosto di fretta, cercando il libro che le mancava nel meandri del salottino, in parte alla cucina.
 
-Ah … bene. E con chi vai?
 
-Papà, l’interrogatorio puoi farmelo dopo? Adesso sono di fretta.
 
-Uh?- Michael la guardò di sottecchi, alzando lo sguardo dal giornale. –Certo, scusa. Hai ragione. Buona giornata- le augurò, tornando a dedicarsi al suo giornale.
 
-Sì, ciao- Kim salutò di fretta i genitori, e infilò velocemente la porta, giusto in tempo per scampare alla scenata di sua madre che ordinava al padre di tirare giù i piedi dal tavolo.
Era un’occasione avere papà a casa, per Kim; il lavoro gli fregava la maggior parte del tempo, e tornava la sera tardi, giusto in tempo per darle la buonanotte. Solo le domeniche e qualche sabato, gli era concesso di stare a casa, se qualche collega magnanimo si offriva di fare quelle due ricevute al posto suo.
 
Prese l’autobus per un pelo, e dovette pure farsi il viaggio in piedi, visto che era strapieno, schiacciata in mezzo a due ragazzotti che non conoscevano l’uso del sapone.
 
Una volta arrivata in classe, buttò stancamente lo zaino in parte alla sedia, per poi abbandonarsi sulla sedia: la giornata non si prospettava delle migliori.
 
-Tutto ok?- le chiese squillante la voce di Joey, che si era appena seduta al posto vicino al suo.
 
-Insomma. Domanda di riserva?
 
La rossa rise, allegramente. –Ho capito. Lasciamo perdere.
 
Nel frattempo, un ragazzo dal banco davanti si girò verso di loro, e richiamò la loro attenzione:
 
-Oh, avete sentito, la Schmitt oggi manca- sussurrò il ragazzo, abbastanza forte perché lo sentissero.
 
Sul volto delle due ragazze si dipinse un’espressione che avrebbe potuto illuminare una stanza buia.
Si guardarono, e si batterono il cinque per poi saltarsi al collo.
 
-Vai!!! Niente matematica!- Kim sciolse l’abbraccio. –Bene, dai, almeno senza quella sanguisuga la giornata si prospetta migliore …
 
Qualcuno si schiarì la voce, per attirare l’attenzione degli studenti. Un uomo sulla quarantina, vestito elegantemente con giacca e cravatta, fece il suo ingresso poggiando la borsa di cuoio costosa sulla cattedra. Quello che si levò dagli alunni della classe era un lamento degno delle anime dell’Inferno dantesco.
 
-No, ti prego, tutti tranne lui …- mormorò Kim sbattendo la testa sul banco.
 
-Buongiorno ragazzi. Sono qui per sostituire la professoressa Schmill … - il professore continuò a parlare, gesticolando, ma l’unica voce in testa di Kim era la propria, che continuava a mugugnare sull’ingiustizia della vita.
 
#
 
Erano già le tre del pomeriggio, e la nostra povera martire era ancora china sui libri, a cercare di far fuori rapidamente la montagna di compiti che il supplente aveva assegnato per il lunedì: sapeva che non ce l’avrebbe fatta a farli tutti la domenica, anche perché aveva in programma un uscita con qualche amica, quindi aveva cercato di dividere equamente.
 
All’ennesimo problema impossibile, Kim decise che per quel giorno bastava.
-Okay, io ci rinuncio- si disse, scoraggiata. –Meglio iniziare a vedere che cosa abbiamo qua dentro…
 
Aprì cautamente l’armadio, per evitare che la pila di abiti le crollasse addosso: montagne di pantaloni, felpe e t-shirt riempivano quello spazio angusto infestato dalla polvere, dando tanto l’effetto dei monti dell’Himalaya con la bufera di neve.
 
-Bene bene … dunque- iniziò a spostare qualche cosa, per vedere che cosa c’era di interessante.
-Mi ci vorrebbe Bill. Lui sa come ci si veste, altro che io- sospirò, afferrando una maglia …
-Aspetta … uh, idea.
 
#
 
Perfetto. Erano le sei e mezza spaccate, e Kim era pronta fuori di casa sua: alla meglio, aveva indossato gli skinny strappati, e una maglia bucata e deforme dalla stampa indecifrabile, con le immancabili scarpe alte cinque centimetri, che ormai erano il suo marchio di fabbrica. Il tutto completato da un giubbotto jeans preso a caso, perché comunque non era che ci fosse poi tanto caldo, in quel periodo dell’anno.
Puntuale, il grumo di rockettari che avrebbe dovuto sequestrarla quella sera, fece la sua comparsa trionfale davanti al cancelletto, con … uno stereo acceso al massimo, ma erano dettagli.
 
-Dai, sbrigati che siamo a piedi!- la chiamò una voce, probabilmente Joey, da sotto il fracasso della radio.
 
Kim sorrise, scuotendo la testa, e si avviò di corsa verso il gruppo.
 
#
 
Mezz’ora dopo, erano arrivati alla scuola, precisamente all’ampia palestra dove si sarebbe svolta la serata.
Gruppi di studenti si stavano già ammassando nel cortile, altri all’entrata, altri correvano di qua e di là, manco fossero stati in mezzo a una partita di calcio. Anzi, a dire il vero stavano proprio giocando a calcio. In mezzo alla gente, perché ovvio si fa così.
La musica spacca timpani dei ragazzi con cui Kim era arrivata era un sussurro in confronto al volume pazzesco a cui era sparata la musica da dentro la palestra. A naso, avrebbero dovuto usare il microfono per parlarsi a due metri di distanza.
Kim decise di entrare, a vedere che cosa stavano facendo i ragazzi dentro. Oltre a ballare, ovvio.
Beh, non che ci fosse altro da fare ai balli scolastici oltre che agitarsi a ritmo di musica e sbaciucchiarsi quando arrivavano le canzoni lente.
 
Un ragazzo piuttosto grosso e alto le venne addosso.
-Ehi … scusa, sai, potevi chiedere permesso!- si lamentò lei, mentre il ragazzo si limitò a girarsi e guardarla con indifferenza.
 
-Eh, sai com’è … capita, alle serate come questa- fece una voce alle sue spalle.
 
Kim si voltò di colpo. Vide che la voce apparteneva ad un altro ragazzo, anche lui piuttosto grosso e alto, in jeans e camicia, che la guardava da dietro il bicchierino di … roba, che aveva in mano. Probabilmente qualche miscuglio strano.
 
-Uhm, può darsi- mugugnò lei, facendo per andarsene.
 
-Ehi- la fermò il tizio, prendendola per un braccio. –Non mi sono nemmeno presentato.
 
-Ah. Non sapevo avessi intenzione di presentarti.
 
-Certo. Sono un ragazzo educato, io.
 
-Sì … certo. Vedremo.
 
-Che significa ‘vedremo’? Non mi credi?- fece  lui, con lo sguardo da furbetto.
 
-NO- rispose lei, senza badare troppo a non offenderlo. –Penso solo che tu sia uno che non aveva nessuna da portare a ballare, quindi va a importunare la prima che passa. Sbaglio?
 
-Non mi sembra di essere un caso molto diverso da te, comunque.
 
Kim scrutò l’espressione del ragazzo con attenzione. Non sembrava offeso dalle sue parole, che rifiutavano chiaramente l’invito non espresso.
 
-Dimmi un po’, tizio, sei venuto da solo?
 
-Ti sei risposta da sola, poco fa.
 
-Intendo, sei venuto con degli amici?
 
Quello fece una bella risata. –Vedi, già ti fai i fatti miei. Innanzitutto, non mi chiamo tizio, mi spiace.
 
Kim sospirò, roteando gli occhi. –E sentiamo, non-tizio, come ti chiami?
 
-Aron. Puoi chiamarmi Aron, visto che ti interessa.
 
-Non ho mai detto che mi interess…- stava ribattendo Kim, ma chiuse la bocca, perché si era accorta che l’aveva fregata. –Grrr! Non mi piacciono questi giochetti, te lo dico subito- mise in chiaro.
 
-D’accordo, signorina. Niente giochi perfidi.
 
-Kim. Mi chiamo Kim, niente ‘signorina’.
 
Aron sorrise. –E levati quel sorriso deficiente dalla faccia, per piacere.
 
-Dipende cosa intendi per ‘deficiente’. Posso fare un altro sorriso, se vuoi.
 
Stava ufficialmente andando su tutte le furie. –Mi sto stufando di te.
 
-Oh. Mi ferisci- cinguettò lui, con una mano sul petto.
 
-Devo chiamare un’ambulanza? No, perché ti lascerei volentieri qui a morire dissanguato.
 
Aron fece una smorfia. –Davvero divertente.
 
-Il sarcasmo è una difesa corporale contro gli stupidi, dicono alcuni- affermò Kim, sorridendo beatamente.
 
-Interessante- intanto, però, sulla faccia del ragazzo era tornato il sorriso strafottente. –Sono curioso di sentire il tuo sarcasmo, prima o poi.
 
Kim si limitò ad un’occhiata fulminante nei suoi confronti. La quindicesima, probabilmente.
 
-Scusa se mi stacco, ma avrei una vita sociale- lo liquidò, allontanandosi.
 
-Ma come- fece lui, fingendosi un cavaliere oltraggiato. –Proprio adesso che iniziano i lenti?- domandò, con aria innocente, spalle alzate e braccia aperte.
 
Kim rabbrividì. –Mi spiace, odio i lenti- tagliò il discorso, dirigendosi al sicuro in mezzo alla folla.
 
Dopo qualche minuto passato a vagare a caso, trovò finalmente Joey e i metallari, in un angolo della palestra, che facevano battute stupide alle ragazze che passavano. Sembrava divertente, ridevano come i matti a vedere le loro facce.
 
-Ehi, non sai cosa mi è successo- fece a Joey, avvicinandosi.
 
-Cosa? Hai trovato il principe azzurro?
 
-Bah, gli sarebbe piaciuto. C’era un tizio che non mi mollava più- Kim rabbrividiva al solo pensiero.
 
-Carino?
 
-Ma per favore!- le venne spontaneo rispondere. Anche se non poteva dire che fosse proprio inguardabile. Anzi, ripensandoci –Ehm, sì, dai, guardabile. Ma insopportabile- si affrettò ad aggiungere.
 
-E come si chiamava?
 
-Uhm … una cosa tipo Ryan … iniziava per A …
 
-Ryan non inizia per A.
 
-Ah, ecco, Aron. Aron- affermò, sicura.
 
L’espressione di Joey era la stessa di un pesce palla che aveva visto un fantasma.
-C-come?- per poco non si soffocava con quella roba che stava bevendo. –Non starai mica parlando di quello lì?
 
-Grazie. Quanti ‘quello lì’ conosci?
 
Prima di rispondere mandò giù, per evitare di crepare dinuovo.
-Era castano? Occhi chiari e sorriso strafottente?
 
Non aveva fatto caso alle sue caratteristiche fisiche, ma pensandoci, sì. –Bah, penso di sì.
 
-Oddio Kim. Kimmy Kimmy, tu mi combini guai …
 
-Cosa ho fatto?
 
-Beh, quello che ti stava appiccicato era tipo … il ragazzo più popolare della scuola? Sì, diciamo che rientra nella categoria. Beh, fatto sta che si è appena mollato con la sua ragazza, che è una cheerleader tutto pepe. Ma che pepe! Peperoncino, molto molto piccante. E prega che non vi abbia visto, perché altrimenti sei sotto la sua mira.
 
-Ah. Wow- furono le uniche due parole che Kim riuscì a spiccicare, prima che una mano la prendesse per un braccio, e prima di trascinarla via, la congedasse gentilmente dai suoi amici con uno ‘scusate, oggi avevamo deciso di ballare insieme’.
 
In breve, Kim si trovò di nuovo in mezzo alla gente, al centro della palestra adibita a pista da ballo, con le mani sulle spalle di Aron.
 
-è vero?
 
-Cosa?- fece lui, con aria innocente.
 
-è vero che ti sei appena mollato da una cheerleader tutto peperoncino?
 
Il ragazzo rise forte. –Vedi? Te l’ho detto. Ti fai già i fatti miei. Comunque mi aveva stufato. Troppo … gallina.
 
No. Kim non ci trovava da ridere. E a quanto pare, nemmeno la bionda che la stava praticamente arrostendo con lo sguardo a qualche metro di distanza.
 
-Dio, ti prego. Se esisti, fa che non mi punti.
 
-Chi, scusa?- la voce di Aron le giunse lontana.
 
-Nessuno dei due- rispose Kim, a sé stessa.
 
 
Aw, gente! Arrivo con due giorni di ritardo. Pardon, mi avevano fregato il pc D: giuro, se no il capitolo era pronto per ieri.
Anyway, abbiamo visto che la nostra Kimmy si è già cacciata nei guai. Argh. Non so voi, ma io non vorrei mai trovarmi in una situazione simile … ok, sarebbe divertente all’inizio sfottere la ex, ma poi la situazione diventa pesante.
Ne vedremo delle belle!! Nel frattempo, un bacione enorme a tutti quelli che leggeranno e recensiranno!!!           Lisa^^
   
 
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