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Autore: purplebowties    10/02/2016    0 recensioni
Una raccolta di one-shot sulla vita matrimoniale di Chuck e Blair.
[1] Purple Reign: Chuck avrebbe amato la sua sorpresa; Blair ne era assolutamente convinta.
[2] Entirely: Trattenne il fiato, ripensando al quando aveva visto quell’oggetto per la prima volta ed aveva riscoperto Blair nel suo fascino unico, in tutte le sue sfumature scure.
[3] Safety: Il senso di colpa che le pesava sul petto era molto più forte della sua solita inflessibile avversione ad ammettere di avere torto.
[4] All The Small Things: Le mancavano tutte quelle piccole cose che di solito faceva per dimostragli devozione.
[5] Triumph: Non voleva che qualcuno la guardasse come la stava guardando lui in quel momento, incapace di distogliere gli occhi dalla sua bellezza.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Chuck Bass non era noto per essere un uomo paziente. Era abituato ad ottenere quello che voleva un attimo dopo averlo domandato – o, per meglio dire, si aspettava che le persone prevedessero le sue richieste e si affrettassero a soddisfarle ancora prima che lui si dovesse scomodare a parlare.

La peculiare combinazione tra l’essere abituato a comandare e l’essere oltremodo viziato aveva infatti fatto si che, fin da bambino, sviluppasse una profonda ed intensa avversione nei confronti dell’attesa – il che era, a suo parere, uno dei molti fattori che contribuivano al suo successo.

Di conseguenza, Chuck considerava il ritardo estremamente offensivo. Sebbene le sue rigide buone maniere si ammorbidissero fino ad una certa flessibilità quando si trattava di concedere a se stesso il piacere di essere aspettato (era convinto che essere leggermente in ritardo conferisse un’ulteriore aria di importanza alla sua già inavvicinabile persona), non tollerava un simile comportamento da parte degli altri.

Questo imperativo, tuttavia, non riguardava sua moglie. Blair era, come in quasi ogni aspetto della sua vita, un’eccezione. Era sempre stata capace di tirare fuori il suo lato più tenace; era stata lei ad insegnargli il potere della perseveranza ed era l’unica persona che non lo disturbava attendere. Non importava quanto a lungo, lui sapeva che l’avrebbe sempre aspettata – e lo avrebbe fatto con sorprendente pazienza.

Di solito, almeno. In quel momento, in realtà, Chuck stava riconsiderando questa convinzione. Blair stava impegnando troppo tempo per prepararsi e lui cominciava a sentirsi nervoso. Dovevano presenziare al gala per il trentesimo anniversario della Bass Industries e non potevano permettersi di essere elegantemente in ritardo. In verità Chuck voleva essere lì in anticipo per poter rivedere il suo discorso un’ultima volta ed assicurarsi che tutto fosse stato sistemato seguendo le sue istruzioni.

Chuck controllò l’ora sul suo Rolex ancora una volta e sospirò teso. C’era ancora molto tempo, si disse, sistemando il suo farfallino, nonostante fosse già perfettamente annodato e centrato.  Decise di versarsi da bere; gustare un po’ del migliore scotch lo avrebbe aiutato a rilassarsi, pensò.  

Celebrare la Bass Industries lo lasciava sempre in preda a sentimenti contrastanti: se da una parte amava l’idea di essere elogiato per i suoi successi, dall’altra non riusciva mai ad impedirsi di chiedersi se quello che stava facendo fosse abbastanza e, soprattutto, se lo stesse facendo abbastanza bene. I fatti – la concretezza dei suoi risultati e la razionalità con cui li riconosceva  – a volte non erano abbastanza per fargli superare l’insicurezza che si portava dietro da sempre.

“Sei arrabbiato, papa?”

Chuck era a metà strada verso il mobile bar quando sentì la voce di suo figlio di quattro anni, curiosa a dispetto della sua 
dolcezza  infantile, chiamarlo. Si fermò e si voltò per vedere Henry fissarlo da dietro lo schienale del divano sul quale era accoccolato, gli occhi vispi stretti a studiare la sua espressione.

Gli angoli della bocca di Chuck si sollevarono in un sorriso. Suo figlio gli assomigliava incredibilmente in svariati modi, ma quella percettività immediata e la naturale empatia erano talenti che aveva ereditato da Blair. “No, non sono arrabbiato,” spiegò, cambiando direzione ed attraversando il salotto per raggiungere il divano. Il drink che aveva deciso di concedersi fu dimenticato mentre si avvicinava ad uno scettico Henry. “Sono solo preoccupato che faremo tardi. Tua mamma ha molte qualità deliziose, ma la puntualità non è di certo il suo forte.”

Henry lo scrutò per un secondo. “Tardi per la festa  a cui non sono invitato?” il suo sguardo si spostò rapidamente sul libro illustrato del Re Leone aperto sulle sue gambe. Aspettando una risposta, cominciò a sfogliare le pagine con un broncio insoddisfatto ad arricciargli le labbra. Alzò appena gli occhi quando suo padre gli si sedette affianco.

Chuck, sbottonando la giacca nera del suo smoking, sospirò. Henry aveva passato tutta la giornata protestando contro la decisione dei suoi genitori di lasciarlo a casa con la sua tata e Chuck si sentiva colpevole al punto che, solo qualche ora prima, aveva quasi ceduto ed acconsentito a lasciare che si unisse a loro – e sarebbe di certo successo, se solo Blair non fosse intervenuta a mettere fine ai capricci di loro figlio. “Henry, sai che non è così,” gli disse, facendo il meglio che poteva per non suonare tanto dispiaciuto quanto si sentiva. “E’ una festa per adulti. Io e tua madre saremo impegnati a parlare con tante persone; ti annoieresti.”

Henry chiuse il libro. “Non è vero per niente,” affermò, alzando gli occhi su suo padre. “Lo zio Nate ci sarà,” obiettò aggrottando la fronte, testardo nell’esprimere di nuovo le sue ragioni. “E nonna Liliy e zia Serena e zio Jack—"

“Henry Charles Nathaniel Bass," sia Henry che Chuck girarono la testa e sollevarono lo sguardo verso le scale, da dove Blair aveva parlato. “Non ti stai lamentando, vero?”

Sentire sua madre chiamarlo con il suo nome intero era stato abbastanza per convincere 
immediatamente Henry a smettere di lagnarsi, e Chuck si ritrovò a ridacchiare al pensiero che lui non aveva nessuna possibilità di essere così autoritario. Due minuti in più ed Henry sarebbe riuscito a convincerlo – di nuovo – che aveva ragione.

"Io no," Henry dichiarò, voltandosi. “Ma papà sì. Ha detto che farete tardi perchè non sai essere puntuale.”  

Quando suo figlio gli lanciò uno sguardo, Chuck riconobbe nella sua espressione la silenziosa richiesta di confermare la sua versione. Chuck ghignò e, per risposta, gli fece l’occhiolino. “E’ vero,” disse quindi, seguendo sua moglie con gli occhi mentre si avvicinava a loro. “Henry stava solo facendo una lista di tutte le persone che non dovremmo lasciare ad aspettare.”

Blair, che ora era in piedi di fronte a padre e figlio, alzò gli occhi al cielo. Non era difficile capire che non credesse alle loro parole, ma il suo sorriso era la prova che era comunque determinata a lasciar correre. Scosse la testa e sorrise. “Non faremo aspettare nessuno. A dire la verità, siamo abbondantemente in anticipo,” sedendosi a fianco a loro, Blair mise un braccio attorno alle spalle del marito e gli accarezzò il braccio gentilmente. “Tuo papà è solo un po’ agitato,” disse ad Henry, nonostante il suo sguardo rimase fermo su Chuck, attento e tenero allo stesso tempo. “Non dovrebbe esserlo, però, perché festeggiamo il suo successo sta sera ed è qualcosa che dovrebbe godersi.”

Un piccolo sorriso nacque sulle labbra di Chuck. Blair sapeva sempre cosa dire e quando dirlo. Le prese la mano e, intrecciando le dita con quelle di lei in un implicito gesto di gratitudine, la strinse leggermente.
 
"Davvero non posso venire con voi?” domandò Henry  timidamente, ad occhi bassi. La sua richiesta supplichevole scivolò in un piccolo sospiro e quando, un attimo dopo, sollevò lo sguardo su Chuck, fu abbastanza accorto da mostrargli l’espressione più desolata che riuscì a dare al volto.

Una vaga aria di tristezza scurì subito il viso di Chuck. Blair, sapendo che era il preludio ad una risposta indulgente, gli impedì di replicare con una severa occhiata di avvertimento. “Non provare ad ingannare tuo padre con quello sguardo triste, Hen,” intervenne. “Ne abbiamo già parlato; la festa finirà troppo tardi per te.”

Henry sbuffò. “E’ ingiusto!” La sua espressione implorante era sparita, sostituita da una posa offesa, che enfatizzò incrociando le braccia. “Io voglio sentire il discorso di papà!”

“Lo hai già sentito moltissime volte,” Blair disse fermamente, alzandosi. Chuck lo aveva scritto più di una settimana prima e, da allora, Henry aveva preteso che glielo ripetesse almeno due volte al giorno. “Come tutti noi,” aggiunse,  lanciando uno sguardo esasperato ma divertito ad un Chuck ora piuttosto infastidito. “Sono sicura che non è cambiato affatto. Andrò a controllare che la tua cena sia pronta e poi io e tuo padre andremo.”

Chuck attese che sua moglie sparisse dentro la sala da pranzo e poi si sporse in avanti verso Henry, poggiando una mano sulla piccola spalla già coperta dal pigiama “Farò in modo di farlo filmare, così possiamo riascoltarlo insieme domani,” promise al bambino imbronciato, stendendo il braccio per potergli accarezzare la guancia con il pollice. “Mi dispiace per sta sera. Ma la mamma ha ragione, Henry; non possiamo portarti con noi.”

Suo figlio annuì lentamente e l’aria rassegnata sul suo volto spezzò il cuore di Chuck più di un poco; odiava deluderlo. Lo abbracciò e, stringendolo a sé, gli scompigliò i capelli folti e leggermente mossi. “Puoi chiedere a Miriam una tazza di cioccolata calda dopo cena,” sussurrò all’orecchio di Henry, e si sentì sollevato quando suo figlio rise allegramente. “Non lo diremo alla mamma.”

Blair tornò nella stanza qualche secondo dopo e li trovò impegnati in una fitta conversazione. Sapendo che suo marito aveva sicuramente finito per promettere qualcosa ad Henry nel tentativo di alleviare il suo senso di colpa all’idea di lasciarlo a casa, lanciò loro uno sguardo sospettoso, che sarebbe stato accompagnato da una conseguente domanda se solo non avesse incontrato quello di Chuck. I suoi occhi le stavano silenziosamente chiedendo di far finta di non aver notato nulla, quindi Blair si limitò a lasciarsi andare ad un sospiro inusualmente permissivo. Non poteva rovinare quel momento.

Dieci minuti dopo Chuck e Blair avevano salutato loro figlio ed erano pronti ad uscire. Chuck, finalmente capace di osservare sua moglie senza distrazioni, fece correre lo sguardo lungo tutta la sua figura mentre si sistemava il cappotto, soffermandosi su ogni dettaglio della sua mise.

Conosceva 
molto bene l’abito che Blair indossava, per il semplice fatto che era stato lui ad acquistarlo per lei, come uno dei suoi regali di compleanno – Chuck era solito ricoprirla di doni durante il mese che precedeva il suo compleanno, che era la settimana prossima. Era un vestito da sera Oscar de la Renta dalla gonna ampia che toccava il pavimento, confezionato appositamente per l’occasione.

Blair era stupenda avvolta nella seta lilla ed il tulle viola scuro, e Chuck, meravigliato dalla sua naturale eleganza e sensualità discreta, fu preso di soprassalto da un improvviso moto di gelosia. Avrebbe avuto poco tempo da passare con lei quella sera ed il pensiero di condividerla con una stanza affollata di persone lo disturbava profondamente; non voleva che qualcuno la guardasse come la stava guardando lui in quel momento, incapace di distogliere gli occhi dalla sua bellezza.  

Eliminò la distanza tra di loro con un paio di passi affrettati e la cinse da dietro, le braccia avvinghiate attorno alla vita sottile. Quando Blair lo occhieggiò dubbiosa da sopra la spalla, Chuck ghignò. “Sei troppo bella,” affermò per dare un senso a quell’abbraccio inatteso e al modo in cui le stava ancora bloccando i fianchi. “Ti voglio tutta per me.”

Blair, scuotendo la testa leggermente, rise. Allungò un braccio e, poggiando la mano sul viso di Chuck, lo zittì con un breve bacio. “Sai che sono già tua,” gli disse, ed il ghigno di Chuck si fece più obliquo quando notò l’espressione giocosa sul volto di lei; la sua gelosia la divertiva. “Non c’è bisogno di esser così possessivio”

C’era, Chuck la contradette mentalmente. Blair avrebbe attirato l’attenzione di tutti e l’idea lo costrinse a stringere la presa su di lei, il che la fece ridere di nuovo compiaciuta. Nonostante ciò, consapevole che dovevano andare, non replicò. Prese il cappotto ancora piegato sul braccio di Blair e la aiutò ad indossarlo in un atto di cavalleria. Sarebbe stata una serata lunga, pensò, mentre uscivano dal palazzo sottobraccio e si dirigevano verso la limousine che li attendeva di fronte al portone.
 

“E’ cattiva educazione non prestare attenzione al tuo interlocutore, nipote.”

La voce ironica e sempre macchiata di noia di Jack raggiunse le orecchie di Chuck distante come un eco, sebbene suo zio fosse seduto proprio affianco a lui. Le parole, in ogni caso, non riuscirono a fargli distogliere lo sguardo dalla pista della sala da ballo del Palace Hotel, che fissava insistentemente da due minuti, gli occhi ridotti a fessure ed un’espressione accigliata.

Lì, stupenda nel suo abito suntuoso, Blair stava ballando Brian Richards, uno dei molti soci d’affari di Chuck. Sembrava divertirsi, Chuck notò con una punta di bruciante fastidio; aveva un’aria entusiasta mentre lasciava che l’uomo la guidasse al ritmo di un vivace valzer viennese.

Chuck disprezzava già Richards per un buon numero di ragioni – una certa intollerabile arroganza combinata con un’intelligenza non esattamente brillante più di tutto – ma, in quel momento, ciò che lo infastidiva di più era il fatto che stava facendo roteare sua moglie sulla sua pista da ballo alla sua festa. 

Non gli era stato possibile prevenire una tale inappropriata circostanza dal presentarsi. Aveva osservato l’uomo chiedere un ballo a Blair dall’altro lato della stanza, mentre tentava di tornare al loro tavolo dopo il suo discorso, facendosi strada tra le molte persone che volevano stringergli la mano e congratularsi. Quando ci era finalmente riuscito, Blair, ben educata com’era, aveva già accettato, lasciandolo lì seduto con la sola compagnia di suo zio.

"Potrei dedurre dalla tua distrazione che i miei complimenti non ti interessino,” Jack concluse, obbligando Chuck a considerarlo.

Era stato accusato di molte cose nella sua vita, giustamente e non, ma la scortesia era qualcosa di cui era stato raramente colpevole. “Sono contento che il discorso sia stato di tuo gradimento,” rispose dunque, facendo capire all’uomo più maturo che aveva ascoltato quello che aveva detto. Il suo sguardo, tuttavia, rimase fermo su Blair ed il suo compagno di ballo. “Prego, comunque. Sono consapevole DI quanto sia duro per il tuo ego esprimere gratitudine, quindi ti risparmierò la fatica di ringraziarmi per averti menzionato.”

Il tono della risposta, a discapito delle parole acute ed altezzose, non si rivelò tanto arrogante quanto avrebbe dovuto essere. Chuck aveva parlato lentamente e distrattamente, ed il suo insolito disinteresse nel  mostrare superiorità non passò inosservato.

Jack, infatti, lo percepì immediatamente. “Oh, ma fammi il favore,” sbuffò. “Sei troppo preoccupato dal fatto che tua moglie abbia trovato qualcuno con cui ballare per apprezzare il mio tentativo di dire qualcosa di gentile.”

Il commento sardonico riuscì a far sì che Chuck spostasse lo sguardo dal centro della stanza ovale ed e che si voltasse in tempo per vedere un ghigno derisorio apparire sul volto dello zio. “Chiunque Blair scelga per ballare non ti riguarda,” disse, tagliente e rigido come la sua espressione scura. “Si sta godendo la festa; dovresti probabilmente trovarti una donna da intrattenere e fare lo stesso.”

“Credimi,” Jack, visibilmente divertito, sogghignò. “Guardarti affogare nella tua cieca gelosia è molto più dilettevole.”

Chuck lo guardò male da sopra il suo drink – un calice di Champagne leggero, che avrebbe felicemente sostituito con un bicchiere di più forte e decisamente più piacevole scotch. L’unica cosa che lo fermò dal richiederne uno al cameriere fu la fine della canzone. Chuck la accolse con un sorriso obliquo. “Beh, dovrai trovare un altro modo per divertirti,” affermò, prima di prosciugare lo Champagne in un solo sorso.

Non diede a suo zio alcuna possibilità di replicare. Si alzò rapidamente e, sistemandosi la giacca, cominciò a camminare verso la pista da ballo dove si trovava sua moglie, impaziente, per usare un eufemismo, di unirsi a lei prima che qualcun altro potesse chiederle di danzare.

Avrebbe dovuto conversare con i suoi ospiti, lo sapeva, ma non riusciva a sopportare il pensiero di vedere la mano di un altro uomo toccarle la vita. La sola idea di assistere ad un’altra scena simile gli fece arricciare le labbra ed accelerare i passi. Voleva avvolgerla nelle sue braccia, intrappolarla nell’abbraccio più stretto, e baciarla profondamente davanti a tutti, per dimostrare loro che non potevano averla, perché era a lui che Blair apparteneva. Allo stesso tempo, un opposto ma egualmente potente bisogno lo stava guidando velocemente verso di lei; voleva portarla a casa, lontana dagli occhi di tutte quelle persone, e fare l’amore con lei.

Quando Chuck, leggermente
 senza fiato nonostante la postura sempre composta, la raggiunse, Blair stava sorridendo a qualcosa che Richards le aveva detto. Entrambi sembravano essere inconsapevoli della sua presenza. Serrò nervosamente la mascella e si schiarì la gola per annunciarsi.

Blair si girò subito. “Chuck,” gli rivolse un sorriso ampio e si sistemò al suo fianco, facendo scorrere un braccio sotto al suo. “Mr. Richards stava appunto parlando di te,” disse con brio.

Chuck la fissò per un secondo. Non riusciva a decifrare bene la sua espressione; c’era qualcosa di ambiguo e misterioso nel suo sorriso cortese e le sue gote erano leggermente imporporate. 

“E’ vero, Mr. Bass,” Chuck distolse riluttante lo sguardo accigliato da sua moglie e lo diresse verso l’uomo in piedi di fronte a lui. Se non fosse stato così concentrato sugli svariati modi in cui quella situazione lo stesse infastidendo, avrebbe di certo apprezzato il modo in cui il suo interlocutore aveva leggermente piegato il capo in un gesto inconsapevole di riverenza e disagio. “Bellissimo discorso,” stese il braccio, aspettando che Chuck gli stringesse la mano. “Non faccio a fatica a credere che sua moglie sia una tale inspirazione per lei,” proseguì, parlando di come Chuck avesse ringraziato la sua famiglia e specialmente Blair per il modo in cui lo sosteneva. “E’ una donna meravigliosa.”

“Grazie,” Chuck strinse la mano dell’uomo con fermezza – forse con troppa fermezza. “Lo è di sicuro,” disse, cingendo la vita di Blair con un braccio. “E, come avrà probabilmente notato, è anche un’eccellente ballerina.”

La strinse a se, il palmo della mano premuto contro il suo fianco, sperando che lei avesse capito il significato implicito delle sue parole; era con lui che lei avrebbe dovuto ballare e si aspettava assolutamente che lei gli chiedesse di accompagnarla attraverso la prossima canzone.

Ma Blair non lo fece. Invece, sorrise allegra all’uomo. “Non brava quanto te, Brian” cinguettò in un tono che, alle orecchie di Chuck, suonò fin troppo civettuolo. Odiava il fatto che lo avesse chiamato per nome. “Mi piacerebbe ballare di nuovo.”

Percependola liberarsi dalla sua presa, Chuck non poté fare a meno di incupirsi. Stupito dalla risposta imprevista e dallo strano comportamento della moglie, non fece nulla per trattenerla quando, con un passo, si allontanò da lui.  

"Con piacere, Mrs. Bass,” Richards replicò. “Se Mr. Bass non ha nulla in contrario, ovviamente,” aggiunse intimorito, osservando Chuck con aria insicura.

A quel punto, obbligato dall’etichetta e dal contesto, Chuck fu costretto a forzare un sorriso. “Affatto,” proferì, nonostante fosse sicuro che Blair avesse capito dal suo tono oltremodo freddo che in realtà aveva delle obiezioni – e molte. “Divertiti, allora,” le disse, abbassandosi per darle un bacio sulla guancia. “Mi troverai al tavolo.”

Blair annuì e gli sorrise, il che, se possibile, riuscì ad offenderlo ancora di più: o lei non aveva colto la delusione nei suoi occhi, oppure l’aveva notata ed aveva 
comunque deciso di ignorarla. Chuck abbandonò la pista da ballo sentendosi ferito e risentito da quella mancanza di rispetto.
 
 
Quando lasciarono il party, Chuck aveva passato abbastanza tempo a rimuginare su quanto era successo che l’affronto ed il dispiacere si erano uniti ed, insieme, si erano trasformati in rabbia passiva e glaciale.

Il viaggio verso casa fu trascorso quasi completamente in silenzio. Blair fece un paio di commenti sulla festa, ai quali Chuck rispose a monosillabi, fissando la strada fuori dal finestrino oscurato. Sentì il suo sguardo fisso su di lui, come se stesse cercando di studiarlo e dare un senso alla sua apparente calma distaccata, ma lui si rifiutò ostinatamente di voltarsi ed incontrare i suoi occhi.
 
L’istinto gli avrebbe detto di guardarla, ma il suo orgoglio, sempre forte e testardo, gli impediva di fare o dire qualsiasi cosa per mostrarle che era arrabbiato. Stava aspettando – e, nonostante il suo silenzio e la sua immobilità, non così pazientemente – che lei capisse che cosa lo avesse infastidito tanto senza darle alcun indizio.

Fu solo quando arrivarono a casa che, mentre apriva l’armadio dell’ingresso per prendere una gruccia e mettere via il cappotto, Chuck le parlò. “Vado a controllare Henry,” disse a voce bassa e monocorde, avvicinandosi alla scalinata. Consapevole che lei lo stesse ancora studiando, salì le scale rapidamente, lasciandola indietro a chiudere il portone a chiave e congedare la tata.

Henry era profondamente addormentato quando Chuck arrivò in camera sua, e la scena lo fece sorridere teneramente. Lo osservò dalla soglia per qualche secondo prima di entrare. Fece quello che faceva ogni volta che rincasava quando il bambino dormiva di già; avanzò silenziosamente verso il letto e si sedette sul bordo a fianco ad Henry, abbassandosi per dargli un bacio delicato sulla fronte.

Per un momento, mentre, attento a non svegliarlo, accarezzava i capelli di suo figlio, la rabbia e l’offesa sparirono; Chuck le aveva lasciate fuori dalla porta che aveva lasciato socchiusa, alla ricerca di un momento di pace ed intimità. Solo guardare Henry gli dava un immenso senso di tranquillità.

Chuck non voleva lasciare andare quella serenità. Affrontare Blair era, allo stesso tempo, una prospettiva allettante e frustrante; voleva una spiegazione, ma voleva anche evitare la sua reazione. Aveva l’impressione che, divenendo consapevole della causa del suo nervosismo, lei lo avrebbe accusato di essere irragionevole.  

Mettendo da parte l’orgoglio, sapeva che il sua irritazione era probabilmente esagerata e non completamente lucida. Blair era una donna cortese e sapeva come comportarsi ad un evento; ignorare gli ospiti e rifiutarsi di socializzare era sgarbato. Chuck non avrebbe mai messo in dubbio la sua fedeltà e devozione, non per davvero. Tuttavia, essendo una persona gelosa, odiava dover condividere la sua attenzione e, a volte, non poteva fare a meno di offendersi anche per delle cose insignificanti, come il vederla ballare con qualcuno che non fosse lui.  

Gli ci vollero diversi minuti per decidere di lasciare la stanza di Henry e farsi strada verso la camera patronale. Quando lo fece, la trovò seduta alla toeletta e si rese conto di aver passato a guardare suo figlio dormire più tempo di quanto avesse creduto; Blair si era già spogliata ed aveva indossato una vestaglia di seta color avorio, si era struccata ed aveva disfatto lo chignon in cui i suoi capelli erano stati costretti per tutta la sera. I boccoli cioccolato ora le ricadevano sciolti sulle spalle.  

Osservandola e ricordando come lo avesse ignorato senza sforzo qualche ora prima, Chuck sentì un’altra ondata di gelosia irrazionale. Dovette inalare un respiro profondo per impedirsi di avvicinarsi e prenderla tra le braccia, possessivamente, solo per dirle in un gesto impulsivo che lei era sua. Invece, riversò tutto il suo ardore inespresso nello sfilarsi il papillon e gettarlo sulla panchina ai piedi del letto.

Blair, le sorpacciglia inarcuate, gli rivolse uno sguardo dal riflesso dello specchio. “Pensavo che ti fossi addormentato lì,” disse, riferendosi al fatto che a volte succedeva. La sua voce era calma nonostante il modo sospettoso in cui lo stava ancora fissando. “Stavo per venire a chiamarti.”

Chuck scrollò le spalle. “Devo aver perso il senso del tempo,” commentò freddamente.

Quando Blair si alzò e fece un passo verso il punto in cui lui stava in piedi, Chuck, 
sbottonando la camicia, si voltò di scatto ed attraversò la stanza fino all’altro lato, prima di sparire nella sua cabina armadio. Non tornò nella camera da letto prima di mezzora, dopo aver fatto una doccia ed essersi messo un pigiama comodo.

Blair lo stava aspettando, seduta sul letto. Qualcosa nel modo in cui lo stava guardando, senza alcun segno di incertezza nella sua espressione, gli disse che aveva capito. I  suoi pensieri trovarono una conferma qualche secondo dopo, quando lei gli sorrise – un sorriso in qualche modo provocatorio. “E’ stata una bella festa, non pensi?” commentò. “Mi sono divertita molto.”

Chuck si irrigidì. “Ho notato,” soffiò ed il suo tono raggiunse la nota più bassa.

Le parole, che erano state pronunciate come un’accusa, non fecero svanire il sorrisetto divertito di Blair. Divenne invece malizioso, in un modo che lo fece crucciare. Lei lo stava deliberatamente prendendo in giro, perfettamente consapevole della sua gelosia e per nulla intenzionata a farlo sentire meglio. “E’ così difficile trovare un bravo ballerino,” sospirò, “suppongo di essere stata fortunata.”  

Inconsciamente, Chuck si era avvicinato al letto dal lato di Blair. Serrò le labbra, cercando di contenersi; le mani gli tremavano, bramose di toccarla, e non riusciva, per quanto si sforzasse, a scostare gli occhi da lei, la rabbia che, lentamente, scivolava nella lussuria. “Non sapevo che fossi così facile da compiacere,” disse, la voce era appena più alta di un sussurro.  

Blair si sollevò leggermente, facendo scorrere la schiena sui cuscini che aveva sistemato contro la testiera, e, istintivamente, Chuck si abbassò. I loro volti erano ora distanti solo qualche centimetro.

“Non sapevo che fosse così facile farti ingelosire,” replicò lei.

Fu allora che Chuck notò quello che la sua cieca gelosia lo aveva trattenuto dal vedere fino a quel momento: il viso di Blair era illuminato di trionfo. Era vibrante, chiaro nei suoi occhi avidi. Le dita di lei si strinsero improvvisamente al colletto del pigiama di lui, aggrappandosi e trascinandolo giù, e Chuck si ritrovò sopra di lei prima di aver avuto modo di capire cosa stesse facendo.

"Lo hai fatto apposta,” mormorò contro le labbra leggermente dischiuse di Blair, mentre le sue mani risalivano lentamente i fianchi di lei. La schiena si arcuò in risposta al tocco; Chuck percepì i muscoli tendersi sotto i suoi palmi che le accarezzavano la pelle nuda, sotto la vestaglia leggera. “Volevi questo.”

Per un attimo, Chuck pensò che non voleva darle questa soddisfazione; lei lo aveva trattato come un giocattolo e non lo aveva lasciato libero di godersi quella che sarebbe dovuta essere la sua serata.

Ma poi Blair chiuse gli occhi e, trattenendo il respiro, lo prese per i capelli. “Mostrami che sono tua,” sussurrò, un ansito quasi supplichevole che convinse Chuck che non c’era modo di resisterle. Non era mai stato bravo a negarle quello che desiderava.

Quindi fece come lei aveva chiesto, pensando che, a volte, arrendersi era tanto dolce quanto vincere. 

 

Note:

[1]
Scritta per l’ottavo Limoversary. E’ stata pubblicata a Novembre, ma fino ad ora non avevo trovato il tempo di tradurla. E’ stata inspirata dalla parola prompt “Triumph” (trionfo). Come sempre, sentitevi liberi di contattarmi se avete dei dubbi.
 
[2] Ho preso l’episodio 2X10, "Bonfire Of The Vanity", come riferimento. Nell’episodio Chuck menziona il fatto che è il ventesimo anniversario della Bass Industries – nell’episodio viene anche detto che il compleanno di Blair è una settimana dopo. La fanfiction è ambientata dieci anni dopo, quindi nel 2018, un anno dopo il flash-forward dell’ultimo episodio. So che ci sono speculazioni sull’età di Henry, ma io sono una di quelli che pensano che avesse 3 anni alla fine dell’episodio 6X10, ed è per questo che ne ha tre in questa fanfiction.  

[3] Altri dettagli: nel mio headcanon, Henry ha due secondi nomi, Charles e Nathaniel. In più, se siete curiosi, potete vedere il vestito di Blair qui. E’ dalla collezione di quest’anno, ma non ho potuto fare a meno di sceglierlo. Sappiamo tutti quanto Chuck ami il viola e sono cerca che amerebbe vedere sua moglie indossare qualcosa del genere – e farlo confezionare appositamente per lei, chiaramente, perché è Chuck Bass!

[4] La fanfiction è stata scritta prima in inglese (da me) e poi tradotta. Qui l’originale.

 
   
 
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