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Autore: SamuelRoth93    10/02/2016    1 recensioni
In un universo parallelo, precisamente nella piccola cittadina di Rosewood, ci sono quattro giovani e affascinanti bugiardi che lottano ogni giorno per nascondere i loro segreti. Perseguitati dalla misteriosa figura di A e dall'oscuro mistero che si cela alle sue spalle, riusciranno a mantenerli? Ma, soprattutto, riusciranno a sopravvivere?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO QUATTRO

“Living in a Dark DreAm”

 

PREVIOUSLY ON BLACK HOOD:

 

Dopo i funerali di Anthony, fuori dalla chiesa, A manda un nuovo messaggio ai quattro ragazzi, insinuando che il corpo nella bara appartenga davvero ad Anthony: un video, mostrava qualcuno che lo uccideva.

Rider convince i suoi amici che A, stavolta, è Anthony, sostenendo che abbia contattato un amico per girare una sceneggiata e far si che loro tenessero la bocca chiusa sulla notte degli omicidi. Nathaniel e Sam, sembrano gli unici a pensare che si tratti, invece, di un amico di Albert, in cerca di vendetta.

Tornati a casa, Sam e Rider cominciano a fare i conti con i sensi di colpa, in seguito ai commenti trovati sulla bacheca della pagina della Rosewood high shool; molti erano a favore di Albert, dichiarato scomparso da qualche giorno, altri di odio nei confronti di Anthony e il suo gruppo.

Eric, intanto, conosce la nuova barista del Brew, Alexis, e deve fare i conti con la crisi che sta attraversando la sua famiglia, economicamente; lui e sua madre, vivono nell’appartamento sopra al locale, tenendosi costantemente in contatto con suo padre, fuori città, in cerca di nuovo lavoro, dopo essere stato licenziato dalla società in cui lavorava.

Nathaniel, alle prese con una nuova visita medica di routine da suo cugino, morso ancora dal dubbio sollevato dal video ricevuto da A, trova un escamotage per farsi portare nella stanza della videosorveglianza dell’ospedale. Tyler viene chiamato dal suo cercapersone e Nathaniel rimase solo, passando sulla sua pennetta, indisturbato, i filmati della sorveglianza. Subito dopo, irrompe nell’obitorio, dove con Rider, in contatto telefonico, scopre che il referto del medico legale non coincide con le ferite riportate da Albert nell’incidente: quindi il corpo nella bara è di Anthony e A ha scambiato i corpi.

Sam, nel frattempo, scopre da suo padre che la polizia ha un sospettato sicuro, segnalato da una deposizione fatta dalla signora Dimitri e l’altro suo figlio, Clarke, in centrale.

Rider, non convinto dalla storia dello scambio, passa a prendere Sam e vanno alla stazione di Rosewood, in cerca di un indizio in più. I due, però, vengono attirati in una trappola, all’interno dei tunnel, ritrovando il telefono di Anthony e un messaggio di A. Un treno, subito dopo, quasi li investe.

Riuniti a casa di Rider, ancora sotto shock, il gruppo esamina i filmati della sorveglianza, notando la presenza di un loop, la ripetizione di uno stesso pezzo, nel corso del filmato. I ragazzi si convincono di avere una prova in mano, a quel punto, assieme al video dell’omicidio di Anthony, ricevuto da A, e decidono di volerne parlare con il padre di Sam e porre fine a questa storia, pur sapendo che si sarebbero esposti a determinate conseguenze.

Fuori dall’abitazione di Sam, però, i quattro ricevono l’ennesimo messaggio di A e questo li costringe a passare dalla loro scuola, prima di fare un’altra mossa: aveva qualcosa contro di loro.

Giunti a scuola, Sam, Nathaniel, Rider ed Eric, trovarono il computer di Anthony, una sola cartella al centro, con dentro un filmato: mostrava loro, complici dell’omicidio del Signor Dimitri e di Albert. Ora, non avevano altra scelta che tacere. E, stranamente, A, mise in chiaro loro che non aveva intenzione di denunciarli.

 

AND NOW…

 

 

“Buongiorno, Bugiardi! Pronti per iniziare con me una nuova giornata?”

-A

 

Fu Sam a visualizzare per primo quel messaggio, all’alba di quella mattina. Pensava ancora di sognare, mentre si strofinava gli occhi, i capelli scompigliati dal sonno. Pensava che A non fosse reale e che doveva svegliarsi; sfortunatamente per lui, però, era più che sveglio e A era più reale che mai.

“Fottiti!” esclamò, buttando il telefono sul comodino, esasperato, sollevando, poi, le lenzuola, per uscire dal letto.

Si diresse verso la finestra, aprendola, facendo entrare in camera quella fredda brezza mattutina, tipica dei mesi autunnali, che lo investì, mentre teneva gli occhi chiusi e si prendeva un attimo per respirare quell’aria pura e distendere i nervi.

Subito dopo, sopra un mobiletto lì vicino, vi era poggiata una fotocamera digitale. La prese, tornò alla finestra e, con addosso il suo pigiama, strisciò fuori, sul tetto, per poi rimettersi in piedi e camminare più in alto, sopra le tegole, fredde. Quando vide, finalmente, il sole che sorgeva, si sedette a gambe incrociate e mise l’obbiettivo davanti all’occhio destro, mentre il sinistro era chiuso; dopo qualche secondo, immortalò quell’alba. Rivedendola sul display, però, non gli sembrò bella come si vede ad occhio nudo, così tornò  a guardarla, poggiando la fotocamera, consapevole che quell’alba sarebbe stata l’unica cosa positiva di quella giornata.

 

*

Eric fu il secondo a visualizzare quel messaggio, riappoggiando il telefono, con indifferenza, sulla pila di scatole che c’era nella sua stanza e che sembravano quasi fungere da mobili, per come erano sistemati vicino alla parete.

Davanti ad uno specchio, si stava provando dei vestiti, ma non i soliti, quelli alla moda che usava indossare; erano semplici felpe e semplici jeans, molto trasandati. Alla fine, da tutto il mucchio che c’era sul letto, optò per dei normali blu jeans, il cui colore era parecchio sbiadito, e una felpa grigia, abbinate a delle scarpe bianche da ginnastica. Lasciata la stanza, dopo un’ultima occhiata, Eric si sentì fiero di sé stesso: apparire non era più una priorità e i vestiti di Anthony, ormai, non facevano più parte del suo guardaroba.

Alcune abitudini, però, erano difficili da dimenticare ed Eric, giunto in bagno, pensò che mettersi addosso un pò di profumo non significasse essere per forza vanitosi, ma, semplicemente, di gradevole odore; così, aprì lo sportellino destro della specchiera, dove gli aveva sistemati, per prenderne uno. Nel momento in cui prese in mano quello scelto, però, sentì un’improvvisa sensazione glaciale lungo la pelle; tant’è che lasciò cadere la bottiglietta di profumo dentro il lavandino. Assunse immediatamente un espressione di sconcerto, quando notò uno strano alone sulla superficie di quella bottiglietta: sembrava ghiaccio. Subito dopo, si accorse che anche le altre bottiglie di profumo avevano lo stesso aspetto e che dietro ad una di esse c’era un bigliettino, che prese, leggendone il contenuto.

“L’unico profumo che puoi avere addosso è quello della paura che avrai presto di me.”

-A

 

Dopo aver deglutito, seriamente turbato da quel messaggio, prese tutte le bottigliette e le gettò nel cestino, mettendo il biglietto minaccioso in tasca, uscendo velocemente dal bagno, raggiungendo la finestra affacciata sulla scala antincendio. Come pensava, era socchiusa e questo significò che A era entrato nel suo appartamento. La cosa non lo lasciò indifferente, infatti. Si guardò attorno con apprensione.

 

*

 

Le lezioni stavano quasi per cominciare alla Rosewood high school e gli studenti giravano per la scuola, in attesa del suono della campanella. Rider, in particolare, con lo zaino sulle spalle, si stava dirigendo verso il suo armadietto, inserendo la combinazione, abbastanza assonnato e con i capelli leggermente in disordine. Aperto lo sportello, qualcosa cadde a terra. Rider guardò giù, scorgendo quello che sembrava essere un treno giocattolo, che si apprestò a raccogliere; non prima di essersi guardato attorno, assicurandosi che nessuno lo stesse guardando. Con in mano il treno, pronto a rimetterlo dentro, contrariato, dovette bloccarsi, notando un biglietto, incastrato dentro.

 

“Sei pronto per un altro giro? Ciuff ciuff!”

-A

 

Roteando gli occhi, davvero stufo, Rider gettò il treno dentro l’armadietto, sbattendo lo sportello, per poi allontanarsi. Alle sue spalle, però, qualcuno lo chiamò, constringendolo a voltarsi.

“Ehi, Rider, aspetta!” esclamò Eric, in compagnia di Nathaniel e Sam, mentre lo raggiungevano a passo veloce.

“Uao, che faccia!” fece un commento, Nathaniel, in merito al suo viso.

Rider alzò il bigliettino ricevuto: “Già, devo ringraziare A per questo aspetto orrendo. Non fa che punzecchiarmi con messaggini e regalini. – era a dir poco isterico - Ho trovato un treno giocattolo nel mio armadietto!”

 Sam prese parola, subito dopo: “E io ho ricevuto il buongiorno!”

“Quello lo abbiamo ricevuto tutti, credo.” replicò Rider, con ovvietà.

Nathaniel intervenne: “Io no! Sono uscito a correre presto e ancora non ho accesso il telefono.”

“Bene, non farlo. – gli suggerì Eric, tirando fuori un bigliettino dalla tasca: quello che aveva ricevuto - I suoi messaggi sono a dir poco inquietanti.”

Sam avvicinò la faccia al biglietto, leggendo ad alta voce: “L’unico profumo che puoi avere addosso è quello della paura che avrai presto di me?  – fissò Eric , preoccupato – Eric, questa è una minaccia seria, sta attento!”

“Lo so, stamattina ho trovato tutti i miei profumi letteralmente congelati!” raccontò, preoccupato a sua volta.

“Cosa? – reagì Nathaniel, mentre camminavano lungo il corridoio – Che significa congelati?”

Fu la volta di Sam, atterrito, gli occhi sbarrati: “Oh mio Dio, - rabbrividì – E’ entrato in casa tua?”

Eric si sentì oppresso: “Significa che li ha messi nel congelatore, come dei surgelati… – rispose a Nathaniel, poi a Sam – E sì, è entrato in casa mia!”

Rider scosse la testa, indignato da questa storia: “Non lo accetto, mi sembra incredibile!”

Sam era a dir poco terrorizzato: “Già, puoi dirlo forte, - fissò tutti, poi – che cosa facciamo? Vogliamo davvero che questa A invada la nostra vita? E non lo dico solo perché ho quasi rischiato di essere rinvenuto dai binari della stazione di Rosewood con delle pinzette per le sopracciglia!”

“Niente, Sam. – commentò Nathaniel, più pacato. – Sai perfettamente che non possiamo fare niente. A ci tiene in pugno e stiamo ancora cercando di capire cosa vuole da noi.”

Rider, però, aveva perfettamente chiaro il quadro della situazione: “E invece no! Quello che vuole A è chiaro come il sole: vuole torturarci e renderci la vita impossibile per quello che abbiamo fatto. Anthony ha già avuto quello che gli spettava e ora tocca a noi!”

“Forse è il caso che iniziassimo a capire chi ci tormenta e mi sembra ovvio che si tratti di qualcuno che odiava Anthony e che teneva ad Albert a tal punto da vendicarlo.” pensò Eric, esternando le sue ipotesi.

“Già, io la penso come Eric. – si aggregò Sam, convinto. – Siamo praticamente tornati alla mia teoria iniziale, quella dell’amico segreto e psicopatico di Albert, che ora vuole vendicarlo.”

Nathaniel, però, trovava assurdi quei discorsi: “Queste teorie sono inutili e anche il voler stanare il tizio che si nasconde dietro a questi messaggi. Ragazzi, avete pensato al fatto che se smascherassimo A, non potremmo comunque farlo arrestare? Possiede dei filmati su di noi e siete dei poveri illusi se pensate che non li condividerà con la polizia per farci affondare assieme a lui. L’unica cosa che otterremmo, sarebbe dividere la cella con A che ci scrive messaggi inquietanti sulle federe dei cuscini, mentre dormiamo.”

Rider si fermò, a quel punto; qualcosa gli venne in mente: “Potremmo sottrarglieli!”

Quelli si fermarono con lui, in mezzo al corridoio.

“I filmati, dici?” chiese Eric.

“Sì! Chi crede ad un pazzo psicopatico stalker, se non ha le prove di quello che dice? – fece una pausa, cercando di spiegarsi meglio – Ogni super cattivo che si rispetti ha un covo segreto, dove conserva i suoi trofei. Troviamo il covo, prendiamo i nostri video, smascheriamo il cattivo e lo consegnamo alla polizia con tutta la serenità del mondo.”

Nathaniel non era molto convinto: “La fai facile, Rider. Chi ti dice che A, di quel filmato, non ne abbia fatto un milione di copie?”

“Già! – esclamò Sam, perfettamente d’accordo – Una volta ho visto un film dove un tizio diceva ad un altro tizio che se avesse provato ad ucciderlo, qualcuno avrebbe spedito una busta alla polizia con dentro delle cose compromettenti.”

Rider fece una faccia stranita, cercando di interpretarlo: “Stai dicendo che se facessimo arrestare A, un suo complice sarebbe pronto a spedire alla polizia il filmato che ci vede complici di Anthony nella notte degli omicidi?”

Sam si stranì a sua volta, titubando: “Ehm, no, questo lo stai dicendo tu!”

Eric si innervosì, stressato di suo: “Già, Rider, questo lo stai dicendo tu, mentre Sam citava solo la trama di un film per fare un esempio. Ci manca solo che A abbia un complice!”

“Ok, quindi come rimaniamo per la faccenda A?” cercò di arrivare al dunque, Nathaniel, prima di giungere in classe.

“Io dico di seguire il piano di Rider, - suggerì Sam, per primo – sperando che A non abbia davvero fatto delle copie di quel video.”

“NO! – esclamò, Rider – Dobbiamo sederci e ragionarci come matti. Qui non stiamo giocando contro una star di Jersey shore, ma con un vero e proprio mostro di intelligenza! – pacò i toni, subito dopo – Prima, però, ho bisogno di concentrarmi sui test di oggi, TUTTI dovremmo concentrarci. Poi, dopo, ci siederemo con calma e capiremo meglio cosa fare.”

E quelli furono d’accordo, mentre svoltavano all’angolo del corridoio.

Improvvisamente, però, dovettero bloccarsi, riprendendo a camminare più lenti: il corridoio era affollato e tutti gli occhi erano puntati su di loro. Inoltre, c’era un silenzio tombale, animato soltanto da alcuni bisbigli.

Trovando strana quella situazione, Nathaniel, sfacciato, si rivolse ai presenti: “Beh, che succede? Che avete da guardare?”

Una ragazza, tra i tanti studenti che c’erano, si avvicinò loro, mostrando il suo telefono. C’era un video, aperto sul display, che non appena partì, venne subito riconosciuto dai quattro ragazzi, che si guardarono tra di loro: si trattava del video di insulti girato con Anthony.

A quel punto, il gruppo non ebbe il coraggio di proferire parola, nemmeno riuscivano ad alzare lo sguardo, il loro volto si dipinse di vergogna e mortificazione: un disagio che non avevano mai provato. Improvvisamente, uno degli studenti, Morgan Patterson, soprannominato Rinoceronte marino da Anthony, si fece avanti e non si fece scrupolo a tirare un pugno a Nathaniel, che l’aveva umiliato nel filmato, sparlando di lui e del suo peso. Il ragazzo caddè a terra, con un bel livido sulla guancia.

“Ehi!” gridò Rider a Morgan, difendendo l’amico.

“Ti si è fuso il cervello, per caso?” aggiunse Sam, alterandosi, mentre Eric aiutava Nathaniel a rialzarsi.

“Che coraggio!” esclamò una ragazza, tra i suoi compagni, sbigottita, facendosi avanti. Si chiamava Violet Rhimes e non sembrava somigliare ad uno degli sfigati che Anthony amava prendere in giro.

Attirata l’attenzione dei ragazzi, Violet continuò, furibonda: “Mio fratello non è venuto a scuola per colpa di quel video che avete girato. Avete idea di cosa significhi essere diverso dagli altri? Colton è albino e, ok, se n’è fatto una ragione dalla nascita, ma ricordarglielo ogni giorno con insulti, risate in sottofondo e, ora, addirittura, con un video…Beh, è diabolico! E Anthony non mancherà proprio a nessuno, se devo dare voce al pensiero di tutti.”

Molti furono d’accordo con lei, facendo sentire la propria voce.

Eric si sentì in colpa, naturalmente, nel sentire quelle parole, mentre reggeva l’amico: “Mi dispiace, ok? Anzi, CI dispiace!”

Anche Rider era dispiaciuto, ma aveva qualcos’altro da aggiungere e non lo fece in maniera cordiale: “Sono dispiaciuto anche io per quel video orrendo che è stato Anthony a costringerci a girare, ma chiedere scusa non è un optional, miei cari studenti di Rosewood. – fissò tutti; anche Lindsay, sua sorella, era presente, più dietro - Anche voi avete alimentato quel potere che permetteva ad Anthony di essere quello che era e di prendere in giro chiunque non fosse alla sua altezza o che fosse goffo!”

Nathaniel, nonostante lo zigomo dolorante e livido, disse anche la sua: “Già, perché le stesse persone prese di mira da Anthony, sono le stesse persone che avete ignorato ed emarginato. – si rivolse poi a Violet – Non mi sembra che tu sia mai andata contro Anthony quando insultava tuo fratello, perciò… – guardò tutti gli studenti, ora – non fate gli ipocriti e riflettete su come questa scuola sia arrivata ad avere dei mostri e delle vittime. Non si sono di certo creati da soli.” e se ne andò, nel silenzio plateale, seguito a ruota dagli altri tre.

Sam passò di fianco a Chloe, c’era anche lei. I due si scambiarono un’occhiata, ma quello non si fermò a parlarle, data la situazione.

 

*

 

Il gruppo, dopo l’accaduto, raggiunse frettolosamente l’aula in cui la settimana prima avevano girato il video con Anthony. Rider fu il primo a spalancare la porta, entrando, seguito da Eric. I due, arrivati prima dei loro compagni, iniziarono a frugare dentro l’armadietto, nervosamente.

“Ti ricordi in quale scatola l’ha rimessa apposto, Anthony?” chiese Rider, mettendo le mani ovunque.

“Forse, in questo ripiano in basso. – si chinò Eric, più giù – Non ricordo bene, volevo solo andarmene.”

“Già, pure io!”

Subito dopo, arrivò Nathaniel, toccandosi ancora lo zigomo dolorante. Poi arrivò Sam, una busta del ghiaccio in mano.

“Ho preso del ghiaccio in mensa… - prese Nathaniel per il braccio, facendolo sedere su una delle sedie che c’erano in aula – Vieni, mettiti qui!” e gli mise il ghiaccio sul livido, mentre con l’altra mano gli teneva il mento.

Nathaniel si imbarazzò, nel momento in cui incontrò il suo sguardo, mantenuto per più di qualche secondo; l’imbarazzo fu tale, che Nathaniel dovette togliergli la busta del ghiaccio dalle mani, trovando strana quella scena.

“Ehm, faccio da solo grazie.”

Sam si scansò, intuendo il suo palese disagio: “Oh, certo, - gli tremava la voce, il cuore in gola - scusa. Stavo solo…”

“Non c’è, accidenti!” Rider tirò un colpo all’armadietto, furioso, attirando lo sguardo degli altri due verso di sé.

Eric, che stava ancora frugando, trovò un biglietto: “Ehi, ragazzi… - lo mostrò – Un altro messaggio!”

Sam si avvicinò, leggendolo: “Il kArma è davvero bastardo, vero stronzetti? A!”

“Se A è il nostro karma, sta facendo un ottimo lavoro!” commentò Nathaniel, seccato.

Rider scosse la testa, dopo aver riflettuto in disparte: “No, questa non è opera di A. Non ha rubato la telecamera che c’era dentro questo armadietto, ma l’ha fatto Albert!”

“Cosa te lo fa credere?” gli domandò Eric.

“Il primo messaggio di A, quello ricevuto da Anthony, parlava di smascheramenti, no? Era chiaramente riferito a questi video. Poi, dopo che Anthony ha investito Albert, abbiamo scoperto che era stato lui a mandare quel messaggio, quindi Albert ci stava tenendo d’occhio, quel giorno, ed è entrato in quest’aula, non appena ce ne siamo andati.”

Sam riflettè a lungo prima di dire qualcosa, cercando di seguirlo: “Questo significa che la nuova A sta continuando quello che Albert non ha potuto fare? Cioè smascherarci con questi video?”

Eric intervenne: “Aspettate, questo vuol dire che Albert e A si sono incontrati durante quella giornata?”

“Magari, poco prima che lo investissimo con la macchina.” aggiunse Nathaniel.

Sam non aveva più dubbi: “Ma certo, ecco perché Albert girava per Rosewood a quell’ora. Si è incontrato con A!”

“Albert arrivava da destra, vero? – chiese Rider, cercando di fare mente locale  - Quando è sputanto in mezzo alla strada, dico.”

“Sì, arrivava da destra!” confermò Eric con certezza.

“Che c’era nell’altra corsia? – domandò, invece, Nathaniel - Quella da dove proveniva Albert.”

“Negozi, supermercati…perché?” si incuriosì, Sam.

Rider ci arrivò, prima che rispondesse: “Telecamere!”

Eric fece un pensiero: “Dite che A era parcheggiato davanti al Wall mart, il supermercato?”

“Per forza! – esclamò, Rider – Il video che A ci ha fatto, l’ha fatto dall’interno della sua auto e data l’inquadratura, sembrava proprio che lo stesse girando dalle parti del Wall mart! Era in direzione.

Sam, a quel punto, intervenne con un cinico sarcasmo: “E quindi? Cosa dovremmo fare, sfondare le vetrate del Wall mart  con un bidone della spazzatura ed entrare a rubare i filmati della sorveglianza?”

Rider lo guardò con disappunto: “Sai, Sam, mi deludi molto. Dico, hai mai visto il film Qui dove batte il cuore?”

Sam non solo l’aveva visto, ma intuì cosa frullava nella sua mente: “Certo che l’ho visto e ti rispondo assolutamente NO, Rider!”

Nathaniel, confuso quanto Eric, spostava lo sguardo tra i due: “Che sta succedendo? Io non ho visto quel film, che ha capito Sam?”

Quest’ultimo si voltò verso di lui, spiegandoglielo: “Parla di una donna incinta che viene abbandonata dal ragazzo e che, senza un soldo, decide di nascondersi all’interno di un supermercato. Ci ha anche partorito lì dentro!”

Eric e Nathaniel fecero una faccia disgustata.

“Quindi quello che sta suggerendo Rider è di metterci un pancione finto e nasconderci nei bagni del Wall mart, finchè non chiude?” commentò Eric.

“Ragazzi, stiamo parlando di un filmato che mostra l’auto di A con tanto di targa! A Sam basterà entrare nel database della polizia, dal computer di suo padre, per risalire a chi appartiene.” cercò di convincerli, Rider, intento a seguire proprio quel piano.

 “Assolutamente no, Rider! - si oppose, Sam – Non lo pensare nemmeno! Che faccio, mi metto alla scrivania di mio padre, scontrando la mia tazza di caffè con quella del collega di fianco?”

“Questo, se non veniamo arrestati prima, per esserci accampati dentro al supermercato!” continuò Eric, ironico.

“Spiritoso, Mister Tutina!” Nathaniel notò il suo insolito look.

Rider, invece, si infuriò: “Ma allora come diavolo facciamo a scoprire chi è questo mostro? Me lo dite?”

“Troveremo un altro modo, ma non questo!” ribadì, Sam.

Nathaniel fu d’accordo: “Già, Rider, troveremo un altro modo. Fare quello che dici tu è oltrepassare il limite consentito. Ragioni come se non esistesse un sistema giudiziario.”

A quel punto, Rider si arrese, ma non si risparmiò: “Bene, ma non vi lamentate quando A se la prenderà con voi. E non intendo un messaggino minaccioso!”

Improvvisamente, l’altoparlante della scuola, fece una comunicazione.

“Sam Havery, Eric Longo, Rider Stuart e Nathaniel Blake sono pregati di recarsi in presidenza...”

I quattro alzarono la testa, in direzione della voce.

“Che altro c’è, adesso?” domandò Eric, guardandosi con gli altri, scocciato.

E quelli iniziarono ad avviarsi verso la porta, cercando di non farsi attendere molto.

“Non lo so, ma spero che i corridoi siano deserti. – sospirò, Sam, nervoso - Non riuscirei ad affrontare nuovamente lo sguardo di tutti!”

E si guardarono tra loro un’ultima volta, prima di lasciare l’aula.

 

*

 

Seduti in presidenza, davanti alla scrivania del preside Ackett, i quattro erano in attesa di ascoltare quale fosse il motivo della loro convocazione. Egli li osservava con volto serio, quasi indispettito.

Quella tensione, costrinse Nathaniel a prendere parola: “Perché siamo qui, Preside Ackett? Che succede?”

Che succede? Davvero, signor Blake? – rispose Ackett, basito – Pensa che io sia una sorta di totem che non vede, non sente e non parla?”

Il ragazzo, allora, abbassò lo sguardo, deglutendo: “No, non l’ho mai pensato!”

“Bene, signor Blake. Anzi, no, non va bene per niente… - fissò tutti, per poi sbattere le mani sulla scrivania, furente, facendoli sobbalzare – Come avete osato saltare una lezione intera per girare un video così abominevole? Eh? Avete idea di cosa avete fatto?”

Non ebbero il coraggio di rispondere, mantenendo lo sguardo con lui a tratti.

“Siete la parte oscura di questa scuola e sarete sospesi per due settimane intere. – quelli sgranarono, mentre continuava – E in più, quando ritornerete, resterete qui anche di pomeriggio per delle attività extra!”

“COSA?” sussultarono.

“Pensavate che i genitori non sarebbero venuti a sapere di quel video a dir poco schifoso? Molti studenti non sono venuti a scuola, perché gli avete umiliati; quando quelli che dovrebbero vergognarsi siete voi!”

“Come faccio con il nuoto, Signor Ackett? La prego!” per Nathaniel era impensabile rinunciare al nuoto.

“Non è nella posizione, signor Blake. Taccia!” replicò Ackett, severo.

Anche Rider si mostrò contrario: “Io-io sono uno studente modello, vado bene in tutte le materie e…insomma…Ha idea di quanto questo influirà sul mio curriculum scolastico?”

Ackett si voltò verso di lui: “Infatti è lei quello che mi stupisce di più, signor Stuart. Dovrebbe essere in grado di distinguere le scelte giuste da quelle stupide…Come, ad esempio, seguire la scia del vostro Anthony Dimitri. Che Dio lo abbia in gloria!”

Fu Sam a scattare, ora: “Oh, ma per favore, ci risparmi le sue frasette di compassione. Non gliene frega niente di Anthony Dimitri, come a tutti, del resto.”

“Giravate per i corridoi con il diavolo, signor Havery… - lo fissò a lungo, disarmandolo - E questo che voleva sentirmi dire?”

Eric si alzò, concludendo con una frecciatina: “Peccato che il diavolo era molto più autoritario del padrone di casa!” che lasciò il segno, mentre, con i suoi amici, si dirigeva  verso la porta.

“Non fatevi vedere all’interno di questo edificio per due settimane. Intesi?” si fece sentire Ackett, ancora.

Fuori dalla presidenza, chiusa la porta alle loro spalle, i quattro si fermarono lì davanti. Alcuni studenti, lungo quel corridoio, li fissavano con la coda dell’occhio, fingendo di non farlo. A Nathaniel non gli andò giù, impuntandosi su uno di loro, che stava bevendo dalla fontanella.

“Se non giri quella testa, giuro che ti faccio bere un pugno!” lo minacciò, alterato, mentre quello scappava via.

Sam gli mise una mano sulla spalla: “Calmati, Nat!”

Quello, gettò via il suo braccio, aggressivo: “La smetti di toccarmi sempre?”

Tutti lo fissarono; Sam più degli altri due, non aspettandosi quella reazione, che lo devastò dentro.

Deglutì, prima di calmarsi un attimo: “Sentite, io me ne vado. – disse loro, Nathaniel - Tanto che ci rimango a fare qui!” e se ne andò per conto proprio.

Gli altri tre rimasero ancora lì, increduli di quanto accaduto.

“Due settimane…” Rider era a dir poco senza parole, mentre ci pensava ancora, lo sguardo perso nel vuoto.

A Sam, intanto, gli si erano gonfiati gli occhi di lacrime, ma cercò di non darlo a vedere: “Ehm, me ne vado anche io. Ci sentiamo, ok?” e percorse il corridoio opposto a quello di Nathaniel, seguito dallo sguardo degli altri due.

“Sbaglio o Sam stava per piangere?” se ne accorse Eric.

L’altro, però, era distratto dai suoi pensieri: “Ehm, non lo so, non ci ho fatto caso, ma sto piangendo anche io! Dovrebbe essere una reazione più che ovvia con tutto quello che ci sta accadendo.”

Eric storse le sopracciglia: “E dove sarebbero le lacrime?”

“Sto piangendo dentro di me, ok? A ci ha fatto sospendere, - presero a camminare – in più sembra che, improvvisamente, tutti si siano risvegliati dal coma in cui si trovavano. Prima Violet e ora il preside Ackett, che non hanno mai detto una parola durante l’età Anthonyana, mentre adesso sembrano avere una testa pensante.”

“Quindi che si fa, adesso? Dobbiamo tornare a casa?”

L’altro gli lanciò una lunga occhiata di ovvietà: “Non abbiamo altra scelta, Eric. Qui non siamo al college, dove anche i barboni possono infiltrarsi ad una lezione senza essere notati.”

“Mi dai un passaggio?” gli chiese, il volto bisognoso.

Rider stranì: “Ma dov’è la tua auto?”

“Ehm, si è rotto un cerchione, ultimamente, e ho dovuto portarla in officina a farla aggiustare.” inventò, convincente.

Rider non aggiunse altro e insieme raggiunsero l’ingresso.

 

*

 

Qualche corridoio più avanti, Sam stava raggiungendo il suo armadietto, prima di lasciare anche lui la scuola. Mentre girava l’angolo, si scontrò con Chloe.

“Oh, eccoti!” esclamò lei, riprendendosi dal colpo.

“Scusa, Chloe, ma me ne sto andando!” e continuò a camminare, gli occhi rossi.

Quella rimase impalata per qualche secondo, prima di corrergli dietro: “Uo, uo, come sarebbe che te ne stai andando? – era a paripasso con lui, ora, ma con difficoltà manteneva il suo stesso ritmo – Il preside Ackett vi ha convocati, cos’è successo?”

“Ci ha sospesi, ok? – manteva lo sguardo fisso davanti a sé, provato – Non ne voglio parlare!”

L’altra, però, fu insistente: “Ok, ma per il video? A proposito, spiegazioni? Perché non me ne hai mai parlato? Pensavo ci dicessimo tutto, noi.”

Sam, allora, si fermò, diretto e coinciso: “CHLOE! – urlò, esasperato - Ho detto che non ne voglio parlare, ok? Voglio solo andarmene da questo schifo di posto!”

E continuò a camminare, lasciandola da sola, ferma nel corridoio, gli occhi sbarrati per il trattamento che non si aspettava.

“Almeno mi accompagni alla Hollis oggi pomeriggio? – quello non si voltò – Sam?” e restò fissa lì a guardarlo scomparire, alla fine di quel corridoio.

“Non ha nemmeno notato come mi sta il nuovo look di capelli…” dissè fra sé e sé, sconsolata.

 

*

 

Nathaniel rientrò a casa, gettando la sua tracolla vicino alla rampa di scale che portava al piano superiore, sbuffando. Ancora nervoso per la storia della sospensione, si diresse in cucina, verso il frigorifero, abbastanza scocciato. Nel tragitto, ignorò le due donne all’interno della stanza: una che era seduta, con della plastica intorno al collo e i capelli bagnati e l’altra, in piedi, con in mano delle forbici, alle sue spalle. Entrambe lo seguirono con lo sguardo: erano, rispettivamente, sua madre e sua zia.

“Ecco il mio teppistello preferito!” esclamò quella seduta, sua zia, ricevendo una sgridata dall’altra, allibita.

“Courtney! – dopo alzò lo sguardo su Nathaniel, che stava bevendo un sorso d’acqua – Nathaniel, ha chiamato la scuola e ha detto che sei stato sospeso. E’ vero o me lo sono immaginato?”

“Non te lo sei immaginato, sorellona. C’ero anch’io! – si rivolse al nipote, poi, roteando il dito attorno alla tempia – E’ pazza!”

“Ti ho sentita!” esclamò l’altra, irritata.

“E’ quello che volevo!” sorrise a Nathaniel, dispettosa ; del resto, era la sorella minore, più giovane, uno spirito libero.

Nathaniel chiuse la porta del frigo, fermandosi a spiegare, oppresso: “Sono stato sospeso, sì! Possiamo evitare la ramanzina? Mi sento già abbastanza in colpa!”

“Bene! – si arrabbiò, sua madre - Gradirei che andassi a sentirti in colpa nella tua camera, adesso. Sono molto delusa e preoccupata. Il preside Ackett mi ha parlato di quel video, in cui insultate altri studenti, e io non riuscivo a crederci. – si corresse – Anzi, no, ci ho creduto, perché, in fondo, sapevo che quell’Anthony era una cattiva influenza e mi terrorizza sapere che frequenti ancora quegli altri tre! Che fine hanno fatto i tuoi amici della squadra di nuoto? – cercò di ricordare qualche nome – Quel Martin, ad esempio: un caro, carissimo ragazzo e anche molto educato.”

“Il tipo biondino, dici? – Courtney girò la testa verso di lei, straparlando - Quello che una volta ho beccato sul portico a farsi una canna?”

“COSA?” sgranò gli occhi, l’altra. Courtney non aggiunse altro, voltandosi di nuovo verso il nipote, che le lanciò un’occhiataccia.

Nathaniel, poi, cercò di sorvolare: “Mamma, loro non sono come Anthony, ok? Era solo lui la cattiva influenza!”

Quella, riprese a tagliare i capelli alla sorella, più calma: “Beh, adesso vai in camera tua… - riflettè ancora sull’accaduto - DUE SETTIMANE! – urlò, indignata – DUE! – impigliò le forbici tra i capelli della sorella, facendole emettere un gridolino - Ma ci rendiamo conto?”

“Puoi rendertene conto senza strapparmi i capelli? – reagì infastidita - Rilassati, Claire, non hanno mica bruciato uno studentello sul rogo. Sono le solite cose da liceali! – indicò il ragazzo, scrutandolo da capo a piedi, giustificandolo - Insomma, hai visto il fisico di Nathaniel, no? Non ha altra scelta che essere un bullo. E’ predisposto il ragazzo!”

“Zia Courtney! Non sono un bullo!” enfatizzò, Nathaniel, in disaccordo con le parole di sua zia.

“Già, non lo è! Chiudi quella bocca!” la riprese ancora, Claire.

Nathaniel, a quel punto, si guardò attorno, mentre quelle si lanciavano sguardi fulminei: “Hai finito di fare la parrucchiera abusiva? – tutte le sue cose in giro -  C’è parecchia confusione, qui.”

La madre tornò a dargli retta: “Finchè non ristruttureranno il mio salone, la cucina sarà il mio nuovo posto di lavoro per clienti che ne hanno bisogno. Immagina cosa accadrebbe se i lavori dovessero durare più di tre settimane. Le mie clienti conoscerebbero nuovi saloni, nuove parrucchiere che vogliono arruffianarsele e io sarei fregata!”

Courtney intervenì: “Ecco perché ho consigliato a tua madre di trasferire il suo salone a casa. Vedi? – ammiccò - Sono ancora una sua cliente!”

“Come vi pare! – esclamò, disinteressato - E papà?”

“E’ ancora al ristorante!” replicò sua madre.

L’altro se ne meravigliò, perplesso: “Pensavo che dopo aver assunto quel Jamie, avrebbe avuto più tempo per riposarsi.”

“Mmm quel Jamie… – fantasticò Courtney, eccitata – Sono passata al ristorante, l’altro giorno, e quasi chiedevo a George di assumermi.”

Claire la punzecchiò, sarcastica: “Ma tu non sai fare né la cameriera, né la cuoca, cara!”

“Come se non sapessi tenere in mano due piatti!” ribattè l’altra, sicura di sé.

“Sì, ma c’è Jamie al ristorante, no? – si preoccupò della faccenda, Nathaniel – L’abbiamo assunto come assistente manager, affinchè Papà non vivesse dentro a quel ristortorante 24 ore su 24!”

“Tesoro, - sua madre si fermò nel tagliare i capelli di sua sorella, nuovamente – Tuo padre sta meglio, dopo l’incidente. Ormai sono passati due mesi, si è quasi ripreso del tutto. Jamie sta facendo il suo lavoro, lui è lì solo per controllarlo, nessuno sforzo.”

Courtney, più attenta, notò che qualcosa non andava nel ragazzo: “Nathaniel, stai bene? Perché sei così preoccupato? Non fai altro che scattare su ogni minima cosa.”

E quello abbassò lo sguardo, cercando di fingere che non abbia nulla di particolare: “Ehm, stress! Immagino sia quello. La morte di Anthony, il video, la sospensione…Solo stress! – si allontanò dal frigorifero – Credo che andrò a riposarmi, adesso.”

E sua madre annuì, seguendolo con lo sguardo, assieme a Courtney.

Quest’ultima, però, era assai sospettosa: “Sento che c’è qualcosa di più!”

L’altra riflettè a lungo: “Droga?”                            

Courtney le lanciò una lunga occhiata, basita: “Da quando in qua la droga provoca stress?”

“E che diavolo ne so, - sbottò, l’altra - non sono mai stata una drogata, tiravo solo ad indovinare!”

La sorella si limitò a scuotere la testa, trovandola stupida, senza replicare, mentre si lasciava finalmente completare il taglio.

 

*

 

Nel pomeriggio, in seguito ad un messaggio ricevuto da Chloe, Sam era parcheggiato davanti casa sua, aspettandola con il motore acceso.

Finalmente uscì, raggiungendolo.

“Sei la mia ancora di salvezza!” esordì, aprendo la portiera.

“Dove devi andare di così urgente?”

“Ho un corso alla Hollis di montaggio video e mio zio non mi ha potuto accompagnare.  E’ andato fuori città per comprare alcuni pezzi di ricambio per la sua stupida auto d’epoca. Fortuna che non sei impegnato!”

L’altro le lanciò un’occhiataccia: “L’hai dato per scontato, perché sono stato sospeso?”

“No! – ribattè lei con tutt’altra spiegazione -  L’ho dato per scontato, perché sei gay. E i gay sono sempre disponibili verso le loro migliori amiche non-gay.”

“Sarebbe un commento omofobo, questo?” non capì Sam, mentre guidava.

“No, per niente. – gli sorrise, scherzosa - Sono la tua Rachel Berry, non potrei mai farti un commento omofobo!”

Quello accennò un sorriso, tornando alla guida: “Sì, ma ne abbiamo già parlato, io non sono il tuo Kurt. Siamo completamente diversi, i suoi outfit sono gayosamente gay, ma… - la fissò, più calmo rispetto all’ultimo incontro avuto con lei - Un commento alla Kurt lo posso fare, cioè che stai benissimo con il nuovo taglio!”

L’altra ne fu gioiosa: “Oh, grazie… - poi rise a crepapelle – e poi, quello su Kurt, era un commento omofobo. Parecchio omofobo!”

“Non è un commento omofobo se fatto da un altro gay!” si giustificò Sam, ironico.

Improvvisamente, il suo telefono vibrò, sopra la plancia dell’auto.

Chloe lo prese subito: “Leggo io!”

Sam cercò di riprenderselo, spostando lo sguardo tra lei e la strada: “Ehi, forza, ridammelo!”

Quella si scansò, lanciandogli un’occhiata perplessa: “Che ti prende? Leggo sempre i tuoi messaggi!” e quello zittì, teso, mentre l’amica leggeva.

Il volto di Chloe, da divertito, divenne serio.

“Ehm… - gli mostrò il messaggio, curiosa di un particolare notato – Chi è A?”

 

“Notiziario locale: ore 17.00; non perdertelo!”

-A

 

Dopo averlo letto, il volto improvvisamente pallido, Sam tolse il telefono dalle sue mani, bruscamente: “Ehm, nessuno, un ragazzo che ho conosciuto su gagagaYO, si chiama Aaron ed è fissato con i notiziari, - inventò, la risata isterica - non se ne perde uno!”

“Ah, sì? – non sembrò molto convinta – Come mai non mi hai parlato di lui?”

“Oh, avanti, non possiamo raccontarci sempre tutto. – sorrise istericamente – Mi sarà sfuggito!”

Quella scosse la testa, offesa: “No, non è vero, a noi non sfugge mai nulla. Abbiamo organizzato il funerale di Dora l’esploratrice, comprando una bambola che le somigliasse, ricordandoci perfettamente quali erano i colori dei suoi vestiti orrendi!”

“Senti, non mi piaceva e non gli rispondo nemmeno più, a quei messaggi. Non mi è sembrata una cosa rilevate, ok?

Chloe, allora, annuì: “Capito…Poi mi mostri una sua foto, magari ti costringo a ripescarlo!”

“Impresa ardua, ha una personalità abbastanza fuori dal comune!” accennò un sorriso, tornando a guardare la strada, silenzioso.

Chloe, lo guardò con la coda dell’occhio, sospettosa. Non convinta fino in fondo.

 

*

Eric stava scendendo dal suo appartamento, in mano dei soldi. Si stava dirigendo al bancone della caffetteria, fermandosi poco prima. Davanti ad esso, in piedi, c’era Lisa Nelson alias Treccioline, che prendeva la sua ordinazione da Alexis.

A quel punto, il ragazzo prese fiato e si fece coraggio, facendosi avanti.

“Lisa!” la chiamò, facendola voltare.

Quella lo squadrò, spiazzata, senza dire una parola.

“Ehm… – pensò che era suo dovere rompere il ghiaccio – E’ stata una fortuna incontrarti qui, ti cercavo!”

“Ah, sì? – divenne nervosa, arrossendo – E come mai?”

Osservato da Alexis, che fingeva di pulire il bancone per ascoltarli, quello si espresse, mortificato: “Volevo chiederti scusa per il video che abbiamo girato con Anthony. Sono davvero, profondamente, dispiaciuto, Lisa. Ti ho umiliata e non volevo farlo…”

La ragazza sembrò non essere arrabbiata, ma soggetta a lui, timida: “Ehm, no, non ti preoccupare. – accennò un sorriso – Sto bene e poi hai ragione: - ridacchiò, stupida – Chi mai troverebbe attraente una ragazza che viene a scuola conciata come Pippi calzelunghe, no? – tornò più seria – Ma questa sono io e non ti darò più fastidio…” e si voltò per andarsene.

Eric la fermò per il braccio: “No, Lisa, aspetta! – la fissò negli occhi, sincero e premuroso – Non sottovalutarti, non ascoltare quello che gli altri dicono di te. Ma soprattutto, – le sorrise – non ascoltare le parole dello stupido ragazzo che ti è di fronte!”

Quella, imbarazzata, tentennò con lo sguardo, mentre un applauso si fece sentire alle sue spalle.

“Ma che discorso strappalacrime, Eric. – si complimentò Violet, cinica, quando si voltarono a guardarla – Vedo che hai una testa pensante, caro il mio Dottor Octopus, ora che le braccia meccaniche che ti manipolavano sono state amputate. – sorrise - Quanto ti senti leggero, ora, senza Anthony addosso?”

Eric mantenne un atteggiamento distaccato: “Che vuoi dire, scusa?”

Ancora più cinica, quella replicò: “Oh, andiamo, immagino la sensazione di smarrimento che starete provando tu e i tuoi amichetti. Ora vi odiano tutti, Anthony non c’è più e l’unica cosa che potete fare per recuperare è chiede scusa: mossa al quanto disperata!”

“Non è una mossa disperata, - si difese, Eric – sto chiedendo scusa, perché è giusto così!”

“Ma certo! E la poverina, ingenua, ti ha anche perdonato. – citata, Lisa abbassò lo sguardo – Ma a scuola non tutti hanno il perdono facile, mio caro. E lo vedrai con i tuoi stessi occhi.”

Intervenne Alexis, a quel punto: “E’ una minaccia, forse?”

Violet si limitò a lanciarle una lunga occhiata, perplessa dal suo intervento: “E tu che vuoi? Non ti conosco nemmeno!”

“Beh, Eric è mio amico e se le ha chiesto scusa, le ha scusa davvero, ok?”

“Immagino tu non abbia visto il video uscito sulla pagina della Rosewood high school. Al prossimo caffè, verificherò se sarai ancora della stessa opinione…”

“L’ho visto, invece! – la spiazzò - Non cambia niente, tutti meritano una seconda possibilità. Le nostre cattive azioni non dipendono sempre da noi, cara!”

Violet, però, non si fece intimidire: “Non sei molto perspicace, torna a sfornare Muffin, che a giudicare dall’odore che si sente nell’aria, stanno bruciando!”

Alexis, annusando l’aria, si accorse che aveva ragione, correndo sul retro, sentendosi patetica.

Un sorriso compiaciuto, si dipinse sul volto di Violet, che tornò a poggiare lo sguardo su Eric: “Il perdono è una lunga e tortuosa strada, Eric. Se vuoi davvero farti perdonare di qualcosa, pensaci prima di intraprenderla. Non sarà facile, - gli fece un’occhiolino - ma domani è un nuovo giorno, no?” e si avvicinò all’ingresso, mantenendo un sorriso che celava molto di più.

Prese Lisa a braccetto, poi, non badando più a lui.

Quello, sorpreso, le fermò: “Ma siete amiche, adesso?”

Violet si voltò ancora una volta: “Sì, adesso si. Non saranno più commessi gli stessi errori che sono stati fatti con Albert. La nostra scuola sarà molto più unita, d’ora in poi. – fece una pausa, enigmatica – E comunque, io e Lisa ci siamo date appuntamento qui, non ci siamo incontrate per caso!” e amiccò, poco prima di andarsene con lei.

Eric non potè aggiungere altro, indispettito, ma, soprattutto, sospettoso.

Alexis, intanto, tornò con la teglia dei muffin, notando che le due ragazze erano sparite.

“Ehi, se ne sono andate?”

L’altro, nonostante pensieroso, le rispose: “Ehm, sì, proprio adesso.”

“E’ davvero una stronza, quella! – esclamò, sistemando i muffin sul vassoio – Si può sapere perché ce l’ha con te? E’ una di quelli che avete insultato nel video? Non sembra una sfigata!”

Eric, nel raccontare, si vergognò: “No, suo fratello. E’ Albino e, quindi, ci abbiamo scherzato sopra!”

Alexis ebbe una curiosità, a quel punto: “Ma…l’Anthony di cui parlava quella ragazza è lo stesso Anthony uscito sui giornali? Quello bruciato vivo insieme al padre?”

“Sì, proprio lui. – annuì, raccontando – Era mio amico e non era proprio un buon soggetto. Ha lasciato me e miei amici in un mare di guai. – uno sguardo sofferente - Hai presente quando passa un tornando e tu ti fermi a raccogliere le macerie, poco dopo? Beh, quelle macerie sembrano non finire mai.”

Quella, fissandolo negli occhi, ebbe un nodo alla gola: “Ehm, sì, ho presente. Tutti abbiamo avuto macerie da raccogliere nella nostra vita, ma sono sicura che tutto si sistemerà. – cercò di consolarlo con un sorriso - Insomma, nulla è per sempre, no?”

“Peccato che tutto questo stia duranto talmente tanto da sembrarlo…”

“E’ solo una cosa tra adolescenti, Eric. – pensò, lei - Il liceo finirà prima o poi!”

Lui accennò un sorriso, fingendo di condividere il suo pensiero: “Già, lo spero tanto! – si distanziò dal bancone – Beh, io devo andare. Mi ha fatto piacere parlare con te, anche se inizio ad avere la sensazione che tu sia molto più grande di me!”

“Cosa? – sgranò gli occhi, fingendosi sconvolta, ridendo – Non esageriamo, vado al college, secondo anno!”

“Hollis, vero?” aggiunse, mentre si allontanava.

“Perspicace!” ribattè, sarcastica.

“Ci si vede, allora!” le fece un cenno con la mano, uscendo.

Lei rimase a fissarlo attraversare la strada, come attratta, fra le nuvole, tornando al suo lavoro, subito dopo.

 

*

 

Sam, tornato dalla Hollis, dopo aver accompagnato Chloe, parcheggiò davanti a casa sua, trovando i suoi amici vicino alla porta. Dopo aver chiuso l’auto, si avvicinò loro.

“Nathaniel?” domandò, non vedendolo.

Fu Eric a rispondere: “Hai mandato a tutti l’SOS?”

Quello annuì, mentre Rider sembrava su di giri.

“Ok, possiamo smettere di parlare di Nathaniel? – si rivolse a Sam – Eric ha incontrato Violet al Brew ed è stata a dir poco inquietante!”

L’amico fece una smorfia con il viso, smentendolo: “Non ho detto che è stata inquietante, Rider. E’ stata solo un pò stronza!”

“Stronza, inquietante, chi se ne importa: Violet è A!” fu irruento, Rider.

“Uo uo, frena, mi sono un pò perso! – esclamò Sam, confuso – Quando siamo arrivati a questa conclusione?

“Mai! – Eric lanciò un’occhiata a Rider -  Non ho mai detto che Violet è A!”

“Sì, ma da quello che mi hai raccontato… - Rider cercò di costruire la teoria – Insomma, ci sono state delle parole chiave, no? Come: Non sarà facile, ma domani è un nuovo giorno!  Questo mi puzza di messaggio mandato da A, questa mattina!”

Sam intervenne, perplesso: “E dovremmo pensare che Violet è A, solo perché ha azzeccato qualche parola usata da A? E poi, secondo me, A è un uomo o un ragazzo…In ogni caso, di sesso maschile!”

Rider tentennò, confuso: “E’ una cosa gay, questa? Hai il radar gay alla A?”

“Ma no! – sussultò - Dico solo che tutte le azioni compiute da A, fino ad ora, non sono cose che riuscirebbe a fare una donna.”

“Beh, anche le donne posso compiere un omicidio!” pensò, Eric.

“Si, ma tutto il resto? – pensò Sam, convinto - Una donna non può aver scambiato due corpi all’obitorio, da sola, per poi trascinare via Albert fino al suo covo segreto!”

Rider, vedendo uno dei vicini di Sam, dall’altro lato della strada, che annafiava le piante, suggerì di fermare la conversazione: “Forse è meglio se entriamo!”

Quelli seguirono il suo sguardo, notando la presenza dell’uomo, dall’altra parte.

Sam si stoppò e aprì la porta.

“Che ore sono?” chiese, mentre raggiungevano la cucina.

Rider controllò il suo orologio da polso: “Quasi le 17.00!”

“Bene, A ha detto che non dobbiamo perderci il notiziario…”

Si sedetterò, mentre Sam tirava fuori qualcosa dal frigo: una torta.

“Ne volete un pezzo?”

Eric annuì: “Sì, perché no. Tanto ci odiano tutti!”

Sam mise il piatto anche a Rider, mentre quello continuava a parlare.

“Ti ho già detto, Sam, che Violet è andata via a braccetto con Treccioline?”

“Lisa Nelson, Rider!” lo richiamò, Eric, trovandolo irrispettoso.

“Sì, lei. – scosse la testa, Rider, disinteressato, continuando – Il punto è che Violet potrebbe essere la mente, Lisa il suo braccio destro e suo fratello, Colton,  il braccio sinistro. Insieme formano l’inquietantissima A che ci sta perseguitando. Il movente ce l’hanno, no?”

Sam rabbrividì: “Se la metti così è decisamente inquietante. – si rivolse ad Eric – Tu riesci a vedere Violet, Lisa e Colton dietro ad A?”

Ci riflettè un pò, prima di rispondere: “Colton inquieta anche me, ma non perché è Albino…Non so, è sempre cupo, sulle sue, poi distribuisce il cibo alla mensa con quella cuffietta bianca in testa e ti fissa fin dentro il cranio… - ingoiò, finalmente, il pezzo di torta che stava masticando – Comunque, buona la torta!”

Sam sorrise: “Grazie…Dopo la fotografia, la cucina è la mia seconda passione!”

“Da piccolo ho partecipato ad alcune gare di canto ed ero anche molto bravo… - fantasticò, fissando il soffitto – Forse dovrei riprendere, ero proprio bravo, sul serio!”

“Una volta hai detto che il tuo sogno nel cassetto era quello di fare il modello!” Sam continuò la chiacchierata, mentre Rider spostava lo sguardo fra i due, allibito.

“Seriamente? – sbottò, battendo le mani sul tavolo – Siamo stalkerati da chissà chi e voi pensate ai vostri sogni nel cassetto? Ragazzi, riprendetevi!”

Quelli abbassarono lo sguardo, cadendo dalle nuvole.

Subito dopo, Eric notò che il notiziario era cominciato, la televisione era accesa.

“Ehi, prendi il telecomando, – disse a Sam – alza il volume!”

E l’altro eseguì, mentre si voltavano per vedere e ascoltare attentamente.

“La polizia di Rosewood è attualmente impegnata nelle ricerche di Jasper Laughlin, nel caso Dimitri. Secondo alcune dichiarazioni fatte dai famigliari delle vittime, in concomitanza con vari dettagli colti sulla scena del crimine, l’uomo è sospettato di omicidio e la sua improvvisa scomparsa da Rosewood ha fortificato le basi della sua colpevolezza. Per chiunque stesse seguendo questo notiziario, state in allerta, c’è un assassino a piede libero. Ripeto, c’è…”

Sam spense la televisione, guardandosi con i due amici, spaesato.

Fu Eric, però, ad aprire la conversazione: “Ok, prima di capire ciò che diavolo sta succedendo in questa dannata città, qualcuno di voi ha idea di chi sia questo Jasper Laughlin e di come sia collegato alla famiglia Dimitri?”

Quelli scossero la testa, entrambi.

“Un fratello di Anthony di cui non sapevamo nulla? O un cugino?” fu il turno di Sam, di iniziare con le ipotesi.

“Un fratello? – gli lanciò una lunga occhiata, Rider – Il suo cognome è Laughlin, non Dimitri. Non hai sentito?

“Esistono le adozione!” ribattè, l’altro.

Eric, però, aggiunse: “Sì, ma avete visto la foto sul notiziario, no? Avrà almeno una trentina di anni o più!”

“Se la Signora Dimitri ha indicato lui alla polizia, nelle dichiarazioni che ha fatto, - continuò, Sam – significa che quest’uomo non è estraneo alla famiglia.”

“Questo è vero… - fu d’accordo, Eric, per poi riflettere sulla cosa – Quindi dobbiamo supporre che la Signora Dimitri abbia incastrato questo Jasper?”

“Forse è minacciata da A anche lei!” pensò, Sam.

“O forse A è lei!” ribattè, Rider, invece, inquietando i due.

Sam, però, vacillò, perplesso: “Perché la Signora Dimitri avrebbe dovuto uccidere suo figlio per poi torturare noi, se è A? Non ha senso!”

“Cosa sappiamo del divorzio dei genitori di Anthony?”  Eric volle soffermarsi su questo punto.

Rider ci pensò: “Ehm, sappiamo quello che Anthony ci ha detto, cioè che sua madre ha tradito suo padre e quindi si sono lasciati. Tutto qui. Passammo, poi, a parlare di una ragazza che aveva un sedere grosso come quello di Nicki Minaj.”

Eric era pronto a trarre conclusioni: “Quindi nella lista A, aggiungiamo anche la Signora Dimitri, oltre a Violet, Lisa e Colton?” 

“E Clarke, il fratello di Anthony! – intervenne, Sam - Lui è andato in centrale con la madre e lei non può aver raccontato quello che ha raccontato, senza che il figlio ne sapesse nulla. Forse sono complici!”

Rider sbottò, angosciato dal non sapere: “Dobbiamo assolutamente scoprire quello che la madre di Anthony ha detto in centrale. Questo Jasper è stato incastrato, altrimenti non sarebbe fuggito!” e fissò Sam, a lungo.

“Che c’è? – si accorse del suo sguardo insistente, poi intuì – NO! Non andrò in centrale a fare la Signora in giallo, scordatelo!”

Eric era d’accordo con Rider, però: “Sei l’unico aggiancio che abbiamo con la polizia, Sam. – cercò di convincerlo – Non sei curioso anche tu di sapere cosa c’è dietro?”

“Già! – continuò Rider – Quello che ha dichiarato la Signora Dimitri, potrebbe portarci avanti su chi sia A e capire meglio come comportarci.”

L’altro sospirò, voltando la testa da un’altra parte, combattuto. Improvvisamente, si udì un colpo di tosse provenire dal piano di sopra.

Eric e Rider sobbalzarono, voltandosi, osservando la rampa di scale, che si vedeva dalla cucina, agghiacciati.

“Avete sentito?” Rider guardò entrambi gli amici, inquieto, alzandosi.

Anche Eric si agitò: “Dite che è A?”

Sam, invece, rimase calmo, anzi, smentì i loro pensieri: “Non è A, ragazzi. E’ mio padre!”

“Non dovrebbe essere in centrale?” Rider osservò l’orologio.

“Non è andato a lavoro oggi, non si sentiva bene. – spiegò - Influenza!”

“Lo sa che sei stato sospeso?” gli domandò Eric.

Sam si avvicinò ad una pila di fogli, accanto al frigorifero, prendendone uno e mostrandolo ai compagni: “Non credo che mio padre abbia risposto al telefono, visto che il preside Ackett ha mandato un fax!”

“Beato te, - lo invidiò Rider, con un espressione angosciata -  io ho paura a tornare a casa!”

Eric sospettò il perché: “Ah, già, oggi torna tuo padre da Siracuse. Aspetto con ansia l’uscita del suo prossimo libro!”

“Dio, - si mise le mani sulla faccia, piagnucolando - mi farà una ramanzina lunga quanto una lettura di 400 pagine!”

Anche Sam si demoralizzò: “E io dovrò fingere di andare a scuola, ogni mattina, finchè non troverò il coraggio di dire a mio padre che sono stato sospeso.”

“Non riesco a stare tranquillo, ragazzi. Riesco solo a pensare a quello che A potrebbe farci ancora. – esternò, Eric -  E’ entrato in casa mia, dalla finestra!”

Tutti e tre si sentivano allo stesso modo, restando in silenzio per qualche secondo. L’istante seguende, Rider ebbe un’idea.

“Ehi, che ne dite se andiamo alla mia casa sul lago? – fissò entrambi, dubbiosi – Insomma, solo per una notte, giusto per staccare un po’ la spina da questa storia. Solo noi quattro.”

Sam fu il primo a dare una risposta, più convinto: “Ok, perché no. – guardò Eric – Tu che ne dici?”

“Ehm, - annuì - va bene…”

“Lo dite voi a Nathaniel? – domandò Rider – Io ho lasciato il mio telefono nell’armadietto della scuola e francamente sono contento di averlo lasciato lì dentro!”

“Io l’ho spento questa mattina, poco dopo il messaggio di A. – spiegò, Sam - Non mi va tanto di accenderlo.”

“Beh, io l’ho lasciato in macchina di Rider ed è acceso…Gli scriverò io.” si offrì, Eric.

“Ma… - Sam, azzardò una domanda – Hai ricevuto qualcos altro da stamattina?”

“No, niente. Forse A si sta facendo un pisolino!” pensò Eric, ironico.

Rider intervenne, più serio: “Oppure sta lavorando alla prossima mossa!” riportando cupi, i volti dei suoi

amici.

 

CONTINUA NELLA SECONDA PARTE (DOMANI)

 

*

 

Rientrato a casa, Rider si annunciò, scrutando dentro le varie stanze della casa, man mano che camminava. Sembrava non esserci nessuno, ma volle ugualmente controllare meglio; anche sul retro, in veranda. Come pensava, c’era suo padre, davanti al pc, a scrivere.

“Papà!”

L’altro si voltò appena, tornando a ciò che stava facendo, preso dal suo lavoro: “Oh, ciao Rider. Sei a casa.”

“Si, ero da un amico…” rimase impalato.

“Ah, capisco…” fu di poche parole, l’altro, impegnato.

Rider, però, continuò, cercando un dialogo più esteso: “Ehm…Com’è andata la promozione del libro a Siracuse? Stai già lavorando al sequel?”

“Bene, bene, c’erano molte persone… - rispose in maniera distaccata, gli occhi fissi sullo schermo del computer – E sì, sto lavorando già lavorando ad un nuovo libro, ma non al sequel di quello appena pubblicato.”

Rider accennò un sorriso, curioso: “Ah, sì? E’ di cosa parla?”

“Parla di come il mondo vada a rovescio, - raccontò, una nota cinica - mentre tutti preferiscono pensare che non sia così. Vengono apprezzati i falsi, i traditori, ma non chi contribuisce a renderlo migliore… - lo fissò, serio - Persino gli assassini la fanno franca, mentre gli innocenti soccombono.”

Rider sorrise a malapena, cercando di deglutire, dopo la sua ultima frase: “Capisco, bella trama… Di solito mi fai trovare una copia del tuo nuovo libro. – scrutò la tavola - Dov’è?”

“Oh, perdonami, devo essermene dimenticato. – fu freddo, nel rispondere -  Dovrebbe essercene una copia nel mio studio, secondo cassetto.”

Rider a quel punto non potè più tacere, davanti ad un tale comportamento: “Papà, perché mi tratti così?”

Quello si voltò, fingendosi perplesso: “Così, come?”

“Come non mi hai mai parlato in vita tua! Cioè così, in maniera distaccata e…delusa, deduco.”

E l’altro, sospirando, si sentì leggermente in colpa e decise di spostare una sedia, togliendosi gli occhiali: “Figliolo, siediti…”

“So cosa vuoi dirmi!” esclamò l’altro, accomodandosi.

“Non tutto, Rider. – contestò, suo padre - Nessuno può sapere tutto. Come io non sapevo che mio figlio potesse realizzare un video tanto orrendo; come quello che ho dovuto guardare sulla pagina della tua scuola. – era indignato, ora - Non sai la delusione che ho provato, nel vedere che mio figlio era il bullo della situazione e che lo faceva con altri quattro studenti, di cui uno morto.

Con lo sguardo basso, Rider cercò di giustificarsi: “E’ stato Anthony a costringermi a farlo. Ha costretto tutti noi… - cercò di trovare le parole - Era-era implacabile e crudele.”

“E che razza di persona è mai questa? E che razza di persona sei TU, per esserli stato amico?”

Devastato dalle parole forti di suo padre, gli lacrimavano gli occhi: “Io-io… - riprese fiato - Hai ragione, quando dici che non si può sapere tutto. Ma voglio che tu sappia che quella persona che hai visto nel filmato, non ero io. Quella persona non ero io. E solo che…in quel momento ho dovuto essere così e mi vergogno di essere stato così. E ti chiedo scusa per avermi visto così.”

L’altro tentò di essere comprensivo: “Sai, Rider? Nelle mie storie, alcuni personaggi sono costretti a fare certe cose, perché qualcuno costringe loro a farle. Ci sono molti modi in cui la gente tiene in pugno altra gente, ma nella realtà è ben diverso. Nelle storie, i personaggi cedono al ricatto e commettono degli errori, perché è l’autore a scrivere che le cose debbano andare così. Nella realtà, però, l’autore del tuo personaggio sei tu e puoi decidere di non errare e di non cedere alle manie di grandezza di nessuno…Ma immagino che io ti abbia fatto questo discorso un po’ troppo tardi.”

Rider aveva ancora gli occhi lucidi: “Hai ragione, avrei dovuto scrivere una storia migliore per il mio personaggio e forse non sarebbe andata a finire così. Mi dispiace tanto di averti deluso…”

“Rider, non permettere mai più a nessuno di toccare la tua pagina bianca. – gli raccomandò - La penna è tua, e non di chiunque te la chieda in prestito.”

Suo figlio, a quel punto, si alzò.

“Grazie per aver parlato con me. Ne avevo bisogno. A proposito, ero venuto qui per dirti che io e i miei amici passeremo la notte alla casa sul lago. Sai, vorremmo distrarci da tutto quello che è successo ultimamente…”

“Certo, - annuì, nulla in contrario - ma…si tratta di amici che rubano le penne altrui?”

L’altro sorrise: “No, papà. Sono brave persone, puoi fidarti. Diciamo che quella penna ci è stata rubata a tutti dalla stessa persona.”

E dopo aver chiarito con suo padre, lo lasciò al suo libro e si diresse in camera per preparare il suo borsone. Nel tragitto, però, si fermò davanti allo studio di suo padre e decise di prendere la copia del suo libro, nel cassetto della scrivania, per poterlo iniziare a leggere alla casa sul lago. Quando la prese in mano, sorrise, non vedendo l’ora, ma c’era qualcosa di strano: un segnalibro rosso proprio al centro della storia.

Rider lo sfilò e sul cartoncino del segnalibro vi trovò la lettera A stampata sopra. Ciò che sconvolse Rider, in seguito, fu la pagina che segnava.

“LA tenevA in mano, come se gli piAcesse filmAre per Rosewood-riservAto. Come può stAre lì in piedi a guArdAre? E’ suo complice nel crimine, Ancora unA voltA; non lo seguirebbe fino fondo, Altrimenti. E’ colpevole quAnto lui, vediAmo se riesco A  indovinAre chi è di loro quAttro. Le nAscondo dietro lA bAmbolA, hA una cernierA sullA schienA e lì dentro sArAnno Al sicuro. Se morirÀ, magAri l’altro si sentirÀ in colpA e confesserÀ o, mAgAri, è proprio lui e io avrò AssAporAto lA vendettA Al primo colpo.”

Rider, confuso da questo strano testo, richiuse immediatamente il libro, pronto a prepararsi a raggiungere i suoi amici alla casa sul lago e mostrare loro cosa aveva trovato.

 

*

 

Sdraiato sul suo letto, Nathaniel stava ascoltando alcune canzoni sul suo ipod, mentre tra le mani aveva il suo telefono. Continuava a scorrere su e giù la sua rubrica, con i vari contatti; si soffermò in particolare su quelli dei suoi compagni del nuoto, per poi tornare a guardare quelli di Rider, Sam ed Eric, indeciso su chi contattare per passare la serata.

Improvvisamente, sull’ipod, partì una canzone che stranì Nathaniel: era di un gruppo Heavy metal, i metallica.

“Ma che…???”

Subito premette il tasto per cambiare brano, ma ecco che anche il seguente apparteneva allo stesso gruppo. Nathaniel premette più volte il tasto, la playlist era completamente dedicata ai Metallica e la cosa lo sconvolse a tal punto che tirò via le cuffie dalle sue orecchie, buttando l’ipod vicino alle sue gambe, fissandolo, che riproduceva ancora.

Fu lo squillo del telefono a catturare il suo sguardo, poi: era Eric.

“Pronto?”

“Ehi, ciao, volevo farti sapere che io e Sam siamo stati a casa di Rider. Ci ha invitato alla sua casa sul lago, stasera, per distrarci un po’, sei dei nostri? Abbiamo delle novità.”

“Ah, sì? – si interessò Nathaniel, distrattamente, fissando ancora l’ipod, inquieto – Che novità?”

“La polizia cerca un certo Jasper Laughlin, pensano sia stato lui a uccidere Anthony e suo padre. E’ stata la Signora Dimitri a fare il suo nome.”

“Dio, - sospirò, trovando tutto così assurdo – c’è da uscire matti con questa storia!”

“Già, ti daremo maggiori dettagli quando ci vediamo. Allora, vieni?”

Nathaniel si grattò la testa, tornando a guardare l’ipod: “Ehm, sì, ci vediamo lì!”

“Bene, a dopo.” chiuse l’altro.

Subito dopo, arrivò un messaggio.

 

“Hai gradito i miei gusti musicali? Pensa un pò, sono gli stessi che aveva Albert…”

-A

 

Nathaniel sgranò gli occhi, correndo alla finestra. Guardò fuori, attentamente, cercando di scrutare qualcosa nel buio, ma non c’era nessuno.

 

*

 

Parcheggiato davanti alla Hollis, Sam stava aspettando Chloe. Quella arrivò dopo alcuni minuti, correndo, in mano la borsa del computer e la giacca.

“Eccomi, scusa, ho dato il mio numero ad una ragazza per aiutarla con il suo lavoro!” esordì, col fiatone, chiudendo la portiera, mettendosi comoda.

“Sono il tuo autista personale, adesso?” ribattè l’altro, per essere accorso nuovamente ad un suo messaggio.

“Solo per oggi, - spiegò, esausta - ho letteralmente licenziato mio zio con il pensiero. Quando l’ho chiamato, diceva di essere bloccato nel traffico!”

“Ok, c’era qualche ragazzo carino al corso?” domandò Sam, mentre guidava, facendo conversazione.

“No, solo un poster di Enrique Iglesias sulla parete, che ho fissato per tutto il tempo, mentre roteavo gli occhi perplessa, sconvolta dal fatto che ero attratta da un pezzo di carta.”

Sam fece un commento ironico: “E io che pensavo che i ragazzi del college fossero sexy!”

“Credimi, - ribadì lei – trovo più attraente tuo padre che uno studente della Hollis… - ricevette smorfia disgustata – A proposito, come sta?”

“Dorme sotto quattro tonnellate di piumone e ha un campanellino sul comodino per attirare la mia attenzione, quando vuole qualcosa.”

Quella scosse la testa in avanti, fingendosi colpita: “Mmmh, interessante, io monto video di maratone fra le lepri in un boschetto e tu fai da Alfred Pennyworth  a tuo padre.”

“Non voglio essere nei miei panni quando scoprirà della mia sospensione.” replicò, angosciato.                                                                                  

Chloe sobbalzò sul sedile: “Ancora non lo sa?”

“Già! – confermò, sollevando le sopracciglia – Dovrò vagabondare per Rosewood, fingendo di essere andato a scuola…”

“Potresti trovarti un lavoro, due settimane sono tante… - ci riflettè sopra – Magari il dogsitter; ho letto su una rivista di attualità che secondo una ricerca, fatta da non so chi, gli uomini al di sopra dei 25 anni che possiedono un cane e vivono da soli, sono gay e anche molto affascinanti... – fece una pausa, riflettendo ancora, amareggiata – La stessa ricerca non vale per gli etero, credo. Il mio vicino di casa ha 27 anni, ha un cane e fa davvero schifo. Sul serio, il vomito chiede di uscire dalla bocca, ogni volta che lo incontro per buttare la spazzatura.”

Sam, però, non la stava ascoltando, troppo impegnato a fissare la centrale di polizia. Ci stavano passando davanti.

“Sam, mi hai sentita? – notò che non le stava dando retta - Se hanno un cane, sono affascinanti e over 25, sono gay!”

Quello parcheggiò, voltandosi finalmente verso di lei.

Perplessa, continuò: “Perché hai fermato la macchina?”

“Ehm, mio padre ha dimenticato un mazzo di chiavi in ufficio, devo andarlo a prendere.”

“Bene, vengo con te. – aprì la portiera - Devo sgranchirmi le gambe e ripulire il mio nome!”

L’altro, però, rimase fermo, restio al suo accompagnamento: “Forse è meglio che vado da solo.”

“Che c’è? Hai paura che ci scambino per Bonnie e Clayde? – fece una battuta ironica, prima di scendere – Dai, facciamo presto, ho un nuovo episodio di Shameless che mi aspetta a casa. Guai far aspettare i Gallagher!”

Sospirando, Sam non potè insistere nel trattenerla in macchina e scese anche lui, avvicinandosi alla centrale con lei.

All’interno del distretto, gli agenti facevano avanti e indietro, impegnati; tant’è che nessuno notò la loro presenza.

“Aspettami qui, - le raccomando, tenendola ferma per le spalle - vado alla scrivania di mio padre!”

“Ehm… - il suo sguardo era perso fra i poliziotti che le passavano di fianco – Si si, vai pure, io ingannerò il tempo…”

Sam si allontanò da lei, incontrando uno dei colleghi di suo padre.

“Ehi, Sam!” lo salutò, quello, una ciambella in mano, che masticava.

“Oh, Ronnie, ciao… - fu colto di sorpresa – Ehm, come stai?”

“Bene e tuo padre?”

“Sempre malato, probabilmente rientrerà Mercoledì!”

Ronnie, a quel punto, trovò strana la sua presenza: “Capito... – diede un altro morso alla ciambella - Comunque che ci fai qui?”

“Papà ha dimenticato un mazzo di chiavi e ha mandato me. Le prendo e me ne vado.”

“Oh, certo, fai pure… - qualcuno fece cenno a Ronnie, lo stava chiamando – Ora vado, saluta Carson da parte mia!” e Sam annuì, dopo aver aspettato che si allontanasse.

Subito dopo, si andò a sedere alla scrivania di suo padre e iniziò ad aprire tutti i suoi cassetti, mantenendo lo sguardo vigile. Improvvisamente, Chloe gli fece cenno da lontano, agitando il suo telefono, muovendo le labbra.

“E’ mio zio, vado a rispondere fuori…”

Nonostante la confusione, Sam riuscì a sentirla e annuì. Quando la ragazza, però, si voltò per uscire, andò a sbattere contro un poliziotto, che si rovesciò il caffè addosso, sui suoi pantaloni, attirando l’attenzione e anche qualche risatina da parte dei colleghi.

Chloe sgranò gli occhi, imbarazzata: “Oh mio Dio, mi scusi. Mi scusi tanto, non l’avevo vista… - prese dei fazzolettini dalla borsa – Ecco, ora la aiuto.”

Sam, intanto, trovò delle chiavi, ma erano dell’ufficio privato, quello dove si lavorava ai casi e dove erano custoditi i fascicoli. Richiuse immediatamente il cassetto, dopo averle prese, e, a passo felpato, si allontanò, indisturbato, approffittando della distrazione dei poliziotti.

Nell’altra corridoio, meno trafficato, raggiunse la porta, girando la chiave, puntando lo sguardo a destra e sinistri, cauto; l’attimo seguente, era dentro la sala, chiudendo la porta alle sue spalle e anche le tendine. La grande tavola che si prostrava davanti ai suoi occhi, aveva molti fascicoli poggiati sopra. Poco prima che potesse avvicinarsi a cercare quelli interessati, un messaggio arrivò al suo telefono.

 

“Come siamo intraprendenti, Sam. Attento, però, a non essere beccato, il tuo diversivo è appena uscito dal distretto.”

-A

 

Sam, agitato, rimise il telefono in tasca, cercando in fretta il fascicolo che gli serviva; purtroppo, però, ne erano tanti. Improvvisamente, si fermò, voltandosi verso la stanzina di fianco alla sala: dentro vi erano degli scaffali con sopra delle scatole etichettate.

Una volta dentro, le squadrò tutte da cima a fondo, finchè sembrò aver trovato ciò che cercava, leggendo ad alta voce: “Caso 47B362: Dimitri! Eccolo!” e subito la trascinò fuori, posandola a terra, scoperchiandola.

Mentre faceva uscire tutto il contenuto, teneva d’occhio la porta, nell’altra stanza, teso. Tra le mani, un fascicolo: “Deposizione, Angela Dimitri…”  lesse, aprendolo velocemente.

Dopo una rapida lettura, bastarono poche frasi a sconvolgerlo, ma il tempo stringeva, così posò il fascicolo a terra, prese il telefono ed iniziò a scattare foto a tutte le pagine. Subito dopo, richiuse tutto dentro, rimettendo la scatola al suo posto. Passò nella sala, pronto ad uscire, ma una cartella, lì sul tavolo, attirò la sua attenzione: “Albert Pascali?” e una volta riconosciuto il nome, aprì quella cartella, trovando delle foto stampate, l’inchiostro sbiadito, prese dalle videocamere di sorveglianza di un supermercato: mostravano Albert, uscire da un’auto. Anche in quel caso, Sam fece delle fotografie e rimise tutto via, lasciando la stanza, richiudendo la porta.

Uscito dal distretto, si guardò attorno, mentre si dirigeva verso la sua auto.

“Ehi, - esordì, entrandovi – hai visto qualcuno quando sei uscita dalla centrale?”

“Qualcuno? – non capì, Chloe – Di che stai parlando?”

“Dico, - farneticò – c’era qualcuno qui fuori? Qualcuno che ti fissava?”

“Ehm, no, non credo… - immediatamente, poi, cambiò discorso, infuriandosi – Come hai potuto lasciarmi da sola? Ho quasi pulito per sbaglio le parti intime di quel poliziotto con un fazzolettino, lo sai?”

L’altro finse un accenno di sorriso, mentre metteva in moto: “Interessante, ti riaccompagno a casa!”

Quella lo fissò, seria: “Sei strano, lo sai?”

Sam si limitò a darle una rapida occhiata, troppo concentrato a guidare: “Voglio solo tornare a casa!”

 

*

 

Nel frattempo, Eric, rientrato a casa da un pezzo, era vicino alla finestra, con un trapano in mano, che fissava una chiusura di metallo.

Sua madre stava rientrando proprio in quel momento, facendo subito caso al rumore.

“Ehi, che sta succedendo, qui?” poggiò la borsa e un sacchetto, avvicinandosi.

Eric si fermò, volgendo la testa verso di lei: “Sicurezza, Mamma!”

“Sicurezza per cosa?” domandò, le braccia conserte, in attesa di una risposta.

“Così è chiusa. – spostò il pezzo, orizzontalmente – Così è aperta: sicurezza!”

L’altra si lasciò scappare una risata, perplessa: “Sì, però, non capisco perché.”

“Questa scala antincendio collega tutti gli appartamenti, - spiegò - meglio essere previdenti.”

“Previdenti? – si lasciò scappare un’altra risata – Tesoro, al piano di sopra non vive Robin hood!”

“Al proprietario non dispiacerà se facciamo qualche lavoretto, questa finestra non si chiudeva nemmeno bene, prima che ci mettessi mano… - si mosse verso l’altra stanza, seguito dalla madre – Hai preso da mangiare giù al Brew?”

“No, take away!”

Eric si voltò verso di lei, mortificato: “Mamma, un mio amico mi ha invitato a casa sua a dormire. Ci saranno anche altri due nostri amici, posso andare?”

“Un piagiama party tutto al maschile? – sgranò gli occhi, meravigliata e sospettosa – Un pò insolito, non credi?”

“Mamma, tranquilla, non sto coprendo una mega festa con tanti alcolici. Saremo solo in quattro, davvero.”

“E questi amici sono gli stessi con cui sei stato sospeso?”

“Sì, Mamma. – sospirò, esausto – Vogliamo solo passare una serata tranquilla, sono stati giorni difficili. Prima la morte di Anthony, poi la sospensione, molte persone ci odiano. E io devo sopportare uno stress maggiore con quello che è accaduto alla nostra famiglia…”

Quella si avvicinò, intenerita, accarezzandogli la guancia: “Va’ pure, tesoro. Ma niente alcol, intesi?”

“L’alcol è l’ultimo dei miei pensieri, – le sorrise – credimi.”

 

*

 

Qualche ora più tardi, Rider era già alla casa sul lago, assieme a Nathaniel. I due stavano camminando lungo il pontile che si affacciava sul lago, di fronte alla casa, illuminato dalla luna. Rider, in particolare, aveva in mano un portatile, quello di Anthony, e anche un telefono, sempre di quest’ultimo. L’altro, aveva in mano una catena e un lucchetto.

“Sicuro che…” cominciò Nathaniel.

“Shhh!” lo zittì, subito, l’altro, indicandogli il telefono.

Arrivati alla punta del molo, Rider prese la catena dalle mani di Nathaniel e la avvolse attorno al portatile; non prima, però, di averci attaccato sopra il telefono con il nastro adesivo. Messo il lucchetto alla catena, ben stretta, gettò tutto nel lago.

I due rimasero a lungo in silenzio.

“Ora, però, possiamo parlare!” esclamò, Rider, notando che l’amico se ne stava ancora zitto.

“Ah, beh, aspettavo una parola di sicurezza. Come nel sadomaso.”

Rider gli lanciò una lunga occhiata, mentre tornavano indietro: “Spiritoso, siamo sempre più nella merda.”

“Ti riferisci alla misteriosa pagina messa da A, nel libro di tuo padre?”

“Non solo questo, Nat. – reagì, l’altro, angosciato - A potrebbe incastrarci come sta facendo con questo Jasper Laughlin e non mi piace per niente la piega che sta prendendo questa situazione.”

A ha già chiarito che non intende denunciarci, Rider. Quello che vuole è vederci camminare a testa in giù sul soffitto, mentre usciamo fuori di testa!”

“Dio, ha davvero messo le mani sul tuo ipod?”

“Già! – esclamò, sospirando - Prima entra a casa di Eric per congelare i suoi profumi e ora in casa mia per farmi amare un nuovo gruppo musicale. Che diavolo facciamo?”

Rider, però, non aveva una risposta a quella domanda e l’arrivo di Sam ed Eric, concluse la loro conversazione.

“Ehi, - esordì Sam, camminando verso di loro con dei fogli in mano – sono stato al distretto!”

Lo sguardo di Rider si fissò su quei fogli, incredulo: “Oh mio Dio, mi hai ascoltato. Sono le dichiarazioni della Signora Dimitri?”

Eric, che già ne aveva parlato con Sam durante il tragitto, rispose al posto suo: “Sì, e c’è anche dell’altro!”

“Sentite, entriamo a parlare dentro. – bisbigliò, poi, Sam – A dev’essere qui in giro, era fuori dalla centrale, me l’ha fatto capire con un messaggio.”

“Ok, entriamo!” esclamò Rider, mentre si avviavano verso la porta.

Sam si trovò di fianco a Nathaniel, dandogli una rapida occhiata: “Ehi, ciao, sei venuto…”

“Ehm, sì…” annuì, distaccato, mentre entravano.

Poco dopo, riuniti nel salone, il camino accesso, Sam, spiegava ad alta voce il contenuto delle dichiarazioni, mentre Rider fissava i fogli.

“Il padre di Anthony era gay e Jasper Laughlin era il suo amante…”

“Quindi Anthony ci ha mentito? E’ stato il padre a tradire sua madre, non viceversa. – pensò, Nathaniel, perplesso – Perché?”

“Beh, dire che tua madre ha tradito tuo padre è una storia migliore di tuo padre ha tradito tua madre con un altro uomo e si è preso l’HIV!”  ribattè Sam, coinciso.

“Il punto è che la polizia pensa che Jasper abbia rubato i soldi dalla cassaforte per pagarsi le medicine e tutto il resto. – spiegò Eric a Nathaniel - Aveva un negozio di fiori e il giorno in cui il padre di Anthony scoprì di essere positivo, lo incendiò e con sé, anche la sua unica fonte di reddito.”

“E i soldi dell’assicurazione?” replicò Nathaniel.

Fu Sam a rispondere, stavolta: “Pare che Jasper avesse un bel pò di debiti…”

“Ok, - Nat fece il punto della situazione - quindi la Signora Dimitri ha fatto presente di questa storia alla polizia, perché pensa che sia Jasper l’assassino?”

“Il movente c’è, - replicò  Eric - ma noi sappiamo perfettamente che ad aver aperto quella cassaforte e a prendere i soldi è stato Anthony, quella notte. Voleva creare la scena di un finto furto in casa, poco prima di cambiare i suoi piani con Albert.”

“Io, Rider ed Eric – continuò Sam – pensiamo che A possano essere sua madre e Clarke, il fratello maggiore di Anthony.”

“Beh, sì, - aggiunse Eric - ci sarebbe anche Violet, però, ma…Direi che loro sono i sospettati numero uno, per ora.”

Nathaniel, a quel punto, si mise le mani nei capelli, incredulo, ridendo per l’assurdo: “Quindi un tizio andrà in galera, perché la scena del crimine gli calza a pennello, mentre noi sappiamo la verità?”

“Lo so, - Sam deglutì, angosciato - ci sto male anche io, ma non possiamo dire una parola, A ci rovinerebbe!”

“Jasper è fuggito, a proposito…” fece presente Eric.

“Fantastico, - commentò Nat - ora sembrerà più colpevole!”

“Beh, ha fatto bene, non c’è scappatoia in questa storia. – intervenì Rider, spostando la sua attenzione dai fogli – Direi che ha una bella sfortuna, è un candidato perfetto, dati i precedenti con la famiglia Dimitri.”

“Che c’è di interessante lì?” gli chiese Nathaniel, a proposito dei fogli che stava leggendo.

“Le indagini sulla scomparsa di Albert. Avvicinatevi!”

E quelli eseguirono, sedendosi vicino a lui, mentre sistemava i fogli sul tavolo: erano foto di Albert.

“Albert ha veramente incontrato qualcuno, quella notte. – indicò con il dito la parte superiore dell’immagine - Guardate l’orario.”

“Alle 23.12? – prese parola, Nathaniel - Sbaglio o stavamo accompagnando Anthony in stazione, a quell’ora?”

“Sì, - confermò Rider – e cinque minuti dopo abbiamo investito Albert. Il video è preso dalle telecamere del Wall mart, avevamo ragione.”

“Ed è stato lì che A ha iniziato a seguirci e ci ha filmati!” esclamò Sam.

“Quindi quell’auto blu nella foto è…” Eric fissò tutti, cercando di finire la frase.

Fu Rider, però, a completarla: “Sì, quella è l’auto di A. Peccato, però, che non si veda la targa; potrebbe possederla chiunque, non è un auto particolare o costosa.”

Nathaniel, a quel punto, si alzò e prese un libro, poggiato sulle mattonelle del camino.

“Veniamo al problema numero due, - mostrò il libro -  io e Rider ne stavamo parlando poco prima che arrivaste.”

Sam aguzzò la vista, osservando la copertina: “Richard Stuart: La rosa dalle spine d’oro… - si voltò verso Rider – Ma è il libro di tuo padre: allora?”

Quello si alzò, prendendolo dalle mani di Nathaniel. Lo aprì e lo mise davanti agli occhi di Eric e Sam, che notarono immediatamente il paragrafo tempestato di lettere A in rosso. Rimasero agghiacciati.

Fu Sam ad azzardare qualcosa, dopo aver letto, confuso: “Complice nel crimine, ancora una volta?  Che diavolo significa? E che cos’è Rosewood-riservato?”

A conosce qualcosa di Anthony, qualcosa di grave, evidentemente, che noi non conosciamo. Pensa, però, che uno di noi sia coinvolto con lui.”

“Ehm, - intervenne Nathaniel - io so quello che sapete voi. Di chiunque parli A, non sono io.”

“Nemmeno io! – esclamò, Sam, a gran voce, paranoico – Se qui c’è qualcuno che conosce Anthony meno di tutti, quello sono io. Ho sempre avuto Chloe per passare il mio tempo, dopo la scuola. Non so di cosa A stia parlando.”

“Ok, non ti agitare!” aggiunse Rider.

“NO, - urlò – mi agito, invece, perché qui parliamo di un crimine in più, Rider. E di A che ci minaccia di morte! – andò nel panico – Vuole ucciderci, adesso? I piani sono cambiati?”

Nathaniel, intanto, stava osservando Eric, pensieroso.

“Eric, che hai?”

Quello alzò lo sguardo: “Non so cosa voglia dire il resto del testo, ma so cos’è Rosewood-riservato!”

 

FLASHBACK

“Torno subito, allora, vado a prenderti qualche paio di scarpe.” Anthony si assentò dalla stanza, procurando altro da indossare per il suo amico.

“Ok!” esclamò Eric, restando lì, da solo.

Camminando avanti e indietro, aspettandolo, si sedette alla sua scrivania, davanti al suo PC. C’erano molte cartelle sul desktop e alcune di queste lo incuriosirono; tant’è che provò a sbirciarci dentro. Subito, puntò la freccia del mouse su una delle cartelle: una dal nome particolare e misterioso. Quando fu sul punto di aprirla, ecco che Anthony ritornò. Vedendolo, venne preso dal panico ed ebbe una strana reazione.

“No, non toccare!” gli tolse via il mouse dalle mani, bruscamente

Eric si alzò dalla sedia, mortificato: “Scusa, non volevo. Mi dispiace.”

L’altro, riprendendo il controllo che aveva perso in quell’attimo, esclamò: “No, scusami tu, non dovevo essere così aggressivo. E’ che non mi piace che la gente guardi le mie cose. Hai presente quando uno scrittore scrive una storia, ma non gli piace e quindi non vuole che nessuno la legga? Beh, io sono un po’ così!”

Eric, ora, era perplesso: “Scrivi storie?”

“Ehm, non esattamente… - fu vago - Scrivo cose che vanno ben oltre le storie inventate. Cose interessanti che condivido solo con me stesso.”

L’altro rimase colpito da quelle parole, non sapeva cosa intendesse esattamente e per questo rimase immobile a guardarlo. Anthony, poi, gli diede tutto quello che gli aveva procurato dall’armadio, non aggiungendo altro.

 

“Quindi Rosewood-riservato  è una cartella con dentro qualcosa di privato, che Anthony custodiva gelosamente?” riassunse Sam.

A deve aver sbirciato in quella cartella, prima di cancellare tutto dal suo computer e farcelo trovare.” Commentò, Nathaniel, subito dopo.

“Mi gioco tutto quello che volete che gli altri scheletri nell’armadio di Anthony erano in quella cartella! – esclamò, Rider – E ora A pensa che uno di noi sia appeso lì dentro.”

“Dio, - Sam si morse le labbra, preoccupato – cos’altro c’è, ancora? Chi diavolo era Anthony, veramente?”

Eric, lo sguardo basso, una vena di rabbia, lo disse a bassa voce: “Un mostro travestito da ragazzo, ecco cos’era!”

“Eric, che ci facevi a casa sua, quel giorno?” pensò di chiedere, Rider.

L’amico sospirò, evitando lo sguardo dei compagni, poi ebbe il coraggio di guardarli negli occhi, finalmente: “Anthony conosceva qualcosa su di me, probabilmente era dentro Rosewood-riservato. – tutti si guardarono, sapendo perfettamente di cosa parlasse, perché anche loro avevano un segreto che Anthony conosceva – E credo che, a questo punto, A lo sappia, quindi tanto vale confessare… - nessuno proferì parola, così potè iniziare – C’è un motivo se invento continuamente scuse per avere un passaggio o per il fatto che sono continuamente al Brew. Vivo lì, adesso. Al piano di sopra, in un piccolo appartamento. – quelli ascoltarono, incantati – Circa un anno fa, mio padre ha preso in mano la società del suo capo per qualche mese, il Signor Lincoln dovette subire un intervento e i tempi di riabilitazione erano quelli erano, così si fidò di mio padre e affidò a lui la società. Sfortunatamente, però, qualcosa andò storto e, mio padre, fu costretto a fare delle manovre finazierie piuttosto illecite per salvare la situazione, ma non ci riuscì. Il danno fatto era talmente evidente che quando tornò il Signor Lincoln, lo cacciò senza battere ciglio e fece in modo che nessuno potesse assumerlo, in tutto lo stato. Abbiamo perso la casa e abbiamo dovuto vedere gioelli, macchine, qualsiasi cosa potesse aiutarci a tirare avanti. Ora mio padre ha trovato lavoro, a Riverton. – gli vennero le lacrime agli occhi - Anthony scoprì tutto e, inizialmente, mi aiutò, prestandomi i suoi vestiti, le sue scarpe…Ben presto, però, mi resi conto di aver fatto un patto con il diavolo e da allora non ho fatto che compiacere Anthony, apoggiandolo in tutto e per tutto, insultando gli altri studenti e trasformandomi in un'altra persona.”

Sam, con una mano sul petto, commosso, si sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla.

“Dovevi dircelo, Eric. Non avevi motivo di nascondere una cosa del genere…”

Anche Rider, poi, si sentì di vuotare il sacco: “Mia sorella ha una relazione intima con il Professor Brakner!”

Nathaniel sgranò gli occhi, come Sam: “COSA?”

“Rimanevo fedele ad Anthony solo per questo, - raccontò ancora, a braccia conserte, lo sguardo basso - lo aiutavo con i compiti, anzi, glieli facevo io, mentre lui se ne andava chissà dove, dopo avermi scaricato il suo zaino…”

Nathaniel sembrò preoccupato, insinuando qualcosa: “Ma il Professor Brakner…???”

“NO! – esclamò, Rider, intuendo – No no, credo che si amino davvero, lui non è un pervertito; non saltiamo a conclusioni.”

“Io, invece… - Nathaniel sentì che era il suo turno, mentre Sam lo fissava, teso, sapendo di dover essere il prossimo – Ho uno scopenso cardiaco che mio cugino Tyler mi aiuta a tenere sotto controllo con un farmaco. E’ grazie a lui che sono entrato nella squadra di nuoto, ha scritto lui il certificato medico; rischia molto, insomma. I miei genitori non lo sanno.”

Rider lo fissò, per niente sorpreso: “Quel giorno, quando sono venuto a casa tua per aiutarti con biologia, sapevo che quella ricetta era tua.”

“E io sapevo che tu l’avevi capito, ma ho preferito fingere che non fosse così… - gli accennò un sorriso – Grazie per non aver detto niente.”
Sam spostò lo sguardo fra i due, letteralmente sconvolto e furibondo: “Grazie per non aver detto niente?  - si alzò in piedi, vaneggiando – Questo-questo è pericoloso, potresti morire, Nathaniel, lo sai questo? Sei impazzito, forse? – si voltò verso Rider, aggressivo – E TU? Perché non gli hai detto qualcosa? Eppure dovresti essere il più sveglio tra noi!”

“Ehm, - cercò di difendersi, Rider - saranno anche fatti suoi? Ho solo rispettato la sua scelta.”

“Scusa, ma il tuo problema quale sarebbe? STO BENE, ok?” ribattè Nathaniel con lo stesso tono.

“Nessuno, Nat. – passò in mezzo a loro – Nessuno!” e uscì dalla stanza.

A Nathaniel non andò giù, però, questa sua reazione: “Eh no, così non vale…” e lo inseguì.

Fuori dall’abitazione, Sam iniziò a camminare velocemente verso il molo, stringendo la sua giacca, nervoso.

Nathaniel spuntò alle sue spalle, rincorrendolo: “Aspetta, Sam! – lo raggiunse, prendendolo per il braccio e voltandolo - EHI!”

“Che vuoi?” rispose in malomodo.

“Non puoi fare così, ok? Lì dentro ci siamo aperti tutti quanti, non puoi tirartene fuori. Capisco che tu sia tanto scioccato per me, ma questo non ti da il diritto di svignartela. – fece una pausa, più calmo, prendendolo per le spalle – Anche io avevo paura a rivelare il mio segreto, sono continuamente sotto pressione, ma facevo male a tenermi tutto dentro. Questa storia di A ci collega tutti, in qualche modo, e mi ha dato la forza di aprirmi con voi. – lo fissò dritto negli occhi – Sam, puoi confidarti con noi. Nessuno ti giudicherà.”

L’altro, girovagando con lo sguardo, gli occhi lucidi, trovò finalmente il coraggio di confessare: “Sono gay, ok?”

Nathaniel mantenne lo sguardo fissò su di lui, per poi dire qualcosa in merito: “Lo so…”

“Lo sai?” sussultò, l’altro.

“Ti ho visto fissare Anthony, una volta. Molto intensamente. E, allora, ho capito… - Sam restò un attimo perplesso, lasciandolo parlare – Adesso, non so se anche lui…”

“No no, non lo era. Sapeva di me e io… - mentì – Sì, avevo una cotta per lui, ma non gliel’ho mai detto.”

“Spero che non te l’abbia fatto pesare in qualche modo, ultimamente non gli eri stato molto fedele e, infatti, a mensa, ha parlato di te con noi, il giorno in cui è morto. Non direttamente, ma lo stava insinuando.”

“Bastardo…” replicò Sam, volgendo lo sguardo da un'altra parte.

Improvvisamente, Nathaniel sembrò aver notato qualcosa, in corrispondenza del lago.

Sentendolo troppo silenzioso, Sam tornò a fissarlo, seguendo, poi, il suo sguardo: “Che c’è? Che stai guardando?”

“C’è qualcosa nel lago. – indicò – Là giù, lo vedi anche tu?”

Sam scrutò una piccola luce che si agitatava: “Ma è una persona? – si allarmò – Oh mio Dio, credo che sia qualcuno che sta annegando, non si vede molto bene.”

L’amico non perse altro tempo, si tolse la maglietta: “Se è qualcuno che sta annegando, dobbiamo salvarlo. C’è una piccola barca in mezzo al lago, chiunque sia, dev’essere caduto…” e percorse il molo, inseguito da Sam.

“Aspetta, - cercò di fermarlo, preoccupato - forse non è una persona. Non ne sono sicuro, non andare!”

“Non è lontano, ci metterò pochi minuti ad arrivare fin lì!” e si gettò in acqua, iniziando la bracciata.

“Nathaniel, NO! – tentò di fermarlo ancora, urlando, invano - L’acqua è troppo fredda!”

Gli altri due compagni, sentendo le grida, uscirono.

“Ma che succede?” esordì Rider, mentre con Eric raggiungevano Sam, lungo il pontile.

“Credo di aver visto una persona, - si affrettò quello a spiegare, con lo sguardo fisso su Nathaniel, la voce tremante, cercando di non perderlo di vista -  al centro del lago. Nathaniel si è tuffato per andare a vedere.”

Rider affinò lo sguardo: “Sembra che ci sia una barca…”

“Che ci fa una barca in mezzo al lago, a quest’ora, in pieno Ottobre?” lo trovò strano, Eric.

“NATHANIEEEL!” gridò Sam a squarcia gola, avvicinandosi alla punta del molo. Quasi cadeva.

“Ehi, - lo avvertì, Rider - stai attento o così cadrai.”

“Chi abita dall’altra parte del lago?” gli chiese Sam, indietreggiando accanto a lui.

“Non so, persone che vengono qui d’estate. Conosco i miei vicini, ma non quelli che abitano dall’altra parte del lago.”

Eric trovò la faccenda sempre più strana, avvicinandosi a loro: “Se le case sono disabitate, allora chi sta annegando?”

E tutti rimasero a fissare il lago, inquieti ed ignari di cosa stesse accadendo.

Nathaniel, nel frattempo, stava ancora nuotando. Bracciata dopo bracciata. Ormai sentiva freddo fino alle ossa. Finalmente, poi, arrivò a quella luce, che altro non era che una torcia. La cosa sconcertante, però, fu che la torcia era nelle mani di una bambola gonfiabile a cui Nathaniel si appoggiò, incredulo ed esausto.

“Ma che diavolo…??”

Non aveva più fiato, eppure riuscì a scorgere un biglietto attaccato al petto della bambola.

“Sapevo che saresti venuto tu. Ce la farai a tornare indietro con quel piccolo problemino che hai appena condiviso con i tuoi amici?”

-A

“Figlio di puttana!” commentò, quasi senza fiato per il freddo e la lunga nuotata.

Subito, il ragazzo, raccolse le poche forze rimaste e iniziò a tornare indietro.

Poco dopo, gli altri lo videro arrivare in lontananza e Sam gridò subito ai suoi compagni: “Sta tornando! Presto, prendetegli qualcosa per asciugarsi!”

Eric corse subito in casa, mentre Rider e Sam si tenevano pronti a soccorerlo. Nathaniel toccò il molo con una mano, stremato, e Sam si gettò letteralmente accanto a lui per sollevarlo,mentre Rider lo tirava da sopra.

Eric arrivò con un paio di asciugamani, che Sam gli strappò dalle mani per asciugare Nathaniel.

“Ma che è successo? - voleva sapere Rider - Allora?”

L’altro stava riprendendo ancora fiato e Sam glielo ricordò severamente: “E’ appena uscito dall’acqua gelata, dagli un secondo!” 

Finalmente, poi, Nathaniel riuscì a parlare, steso a terra, tremante: “Non c’era nessuno. Era una bambola…Una bambola gonfiabile. – allungò il biglietto che stringeva fra le mani – Con questo!”

 

Rider lo lesse ad alta voce, prendendoglielo: “Sapevo che saresti venuto tu. Ce la farai a tornare indietro con quel piccolo problemino che hai appena condiviso con i tuoi amici? A!”

Eric, sconcertato, si domandò: “Oh mio Dio, ci ha sentiti? – si rivolse a Rider – Ma non l’avevi buttato il telefono di Anthony?”

“L’ho fatto! – replicò – Assieme a Nathaniel, poco prima che tu e Sam arrivaste.”

“Ma allora era in casa con noi? – Eric, sbiancando, si voltò verso la casa – Dite che è ancora lì?”

“Non credo…” pensò Rider.

Improvvisamente, le condizioni di Nathaniel peggiorarono.

Sam tolse le mani dal suo corpo, che fino ad un attimo prima stava strofinando, nel tentativo di riscaldarlo: “Oh mio Dio, sta diventando viola.”

“Le mie…le mie... – tossì, Nathaniel, gli occhi socchiusi, una mano sul petto – medicine. Tasca destra.”

Sam ripetè quello che aveva appena detto, standogli accanto: “Le sue medicine! Sono nel borsone, fare presto!”

Ed Eric, senza perdere un solo secondo, corse a prenderle, tornando dopo quasi un minuto con l’intero borsone in mano e con una nota di panico, che avevano tutti, a quel punto.

“Non riesco a trovarle, - frugò ancora, davanti a loro - non sono dove ha detto lui.”

“Trovatele, presto, sta morendo!” gridò Sam, in maniera incontrollata,  mentre Rider si univa ad Eric, mettendo sottosopra quel borsone. Ad un certo punto, però, Rider si fermò.

“Oh no… – sgranò gli occhi – Non sono qui dentro, lo erano!”

“E dove sono, allora?” gli chiese, Eric.

 “Le ha prese A!” rispose, fissandosi con gli altri due.

Sam perse la testa, a quel punto: “Mi state prendendo in giro? – si alzò in piedi – Vado a prendere il mio telefono, chiamo il 911. ORA!”

Rider lo fermò per un braccio.

“Sam, aspetta, credo di sapere dove sono!”

L’altro lo fissò, basito, trovandolo assurdo: “TU, credi? Rider, continuate pure a giocare a Sherlock Holmes con A, io vado a chiamare un’ambulanza e poi la polizia. – tornò a camminare verso l’abitazione, rapido -Questa storia è già durata fin troppo!”

“Sono nella bambola gonfiabile!” aggiunse Rider, insistendo.

Sam si fermò, voltandosi.

“La pagina messa da A nel libro di mio padre, parla di una bambola gonfiabile. Non è una coincidenza. Sam, non possiamo perdere tempo a chiamare un’ambulanza. Guardalo! – indicò Nathaniel, steso sul pavimento di legno del pontile, livido in volto e con il respiro corto – Non ce la farà mai, dobbiamo prendere quelle medicine!”

“Bene, prendiamole allora!” si arrese Sam, fissando Rider.

“Io-io non so nuotare, - rispose quello, titubando - inutile che guardi me.”

Sam guardò Eric per una frazione di secondo, anche lui impalato, così decise subito di prendere l’iniziativa, lasciandoli perdere, una smorfia di delusione, prima di voltarsi e correre lungo il molo.

Mentre si tuffava, Rider gli ricordò, avanzando: “Sono dietro la schiena della bambola, c’è una cerniera!”

Poi si voltò verso Eric, rimasto abbastanza provato e mortificato.

“Perché hai esitato? Hai più possibilità, rispetto a Sam. Possibilità fisiche, intendo.”

L’altro, a disagio, rivelò: “Ho paura dell’acqua, ho avuto un’esperienza quasi traumatica quando ero piccolo e…Mi fa paura. MOLTA paura.”

Rider si avvicinò a Nathaniel, continuando a tenere d’occhio Sam: “Fortuna che c’è lui…”

Sam, intanto, infreddolito e affannato, arrivò alla bambola, cercando una cerniera sotto di essa; le mani tremavano e i denti battevano. Girò la bambola verso la superficie, rivelando la cerniera. Subito, dopo averla aperta, estraette il flacone, sorridendo sollevato, le labbra viola. Improvvisamente, le luci del molo attiguo si accesero in una luce abbagliante. Sam era molto vicino a quel molo, tant’è che dovette mettere una mano davanti alla faccia, accecato.

Quando quella luce si attenuò, Sam riuscì a scorgere qualcuno che camminava lungo quel molo; qualcuno  con indosso un cappuccio nero, i guanti neri, il volto coperto: un’ombra, nella luce. Sam continuò a fissare quella persona, si sentiva solo il rumore del suo respiro, mentre se ne stava aggrappato alla bambola. Dentro di lui, iniziò a crescere la paura. Più osservava quella figura, lì, ferma, a guardarlo, più sentiva che quella figura oscura era A. Ne fu certo, quando quello alzò la mano e lo salutò. A quel punto, Sam si staccò dalla bambola e nuotò il più velocemente possibile, temendo che l’avrebbe raggiunto per fargli del male. Non aveva mai provato così tanta paura in vita sua e l’adrenalina gli permise di fare grandi bracciate.

Mentre Rider stava accanto a Nathaniel, nel tentativo di riscaldarlo e rassicurarlo con qualche parola, Eric si avvicinò all’estremità del molo per aiutare Sam a risalire, dato che stava tornando. Immediatamente, quando si avvicinò, lo prese per il braccio, tirandolo sopra con lui, notando la sua espressione di terrore.

“Sam, stai bene?”

“Si si, sto bene. – Sam si accasciò sulle assi del pontile, senza fiato, alzando solo il braccio, nella mano stringeva il flacone del farmaco – Ora dobbiamo dare le pillole a Nathaniel, portarlo dentro e riscaldarlo”

Eric glielo prese dalle mani, aprendo immediatamente il flacone. Dentro, però, trovò un bigliettino.

 

“Che gesto romantico, non trovi? Forse Nathaniel ti ricompenserà con un bacio…”

-A

Eric, ignorando quel che c’era scritto, si mise il biglietto in tasca, visto soltanto da Rider, con cui si scambiò un’occhiata; Sam non si accorse di nulla, in quanto stremato, con la faccia a terra.

Rider prese la pillola dalle mani di Eric e la mise in bocca a Nathaniel. Dopo, cercò di farlo bere dalla bottiglietta d’acqua che trovò nel borsone, lì di fianco.

Qualche secondo dopo, Nathaniel sembrò respirare meglio.

“Bene, sta funzionando. – Rider tirò un sospiro di sollievo, assieme ad Eric e Sam, che aveva alzato la testa – Ora dobbiamo portarlo dentro e stabilizzare la sua temperatura corporea.”

Prima che potessero muoversi, però, Sam riprese la parola, nonostante avesse ancora il fiato e il corpo che tremava: “Ho visto A! Era dall’altra parte del lago e mi ha salutato…E’ fuori di testa…”

Rider ed Eric, misero gli occhi sull’altro molo, ancora acceso. Quest’ultimo, prese un altro asciugamano e lo mise sopra Sam.

“Andiamo dentro, dai!”

Ma, ancora una volta, furono fermati da qualcosa: un messaggio. Il telefono di Nathaniel vibrò all’interno del suo borsone.

Rider lo prese e mostrò a tutti il contenuto del messaggio, il viso sconcertato.

“La morte è un sogno, stronzetti. E io lo renderò così oscuro da trasformarlo in un incubo senza fine. Chi sarà il prossimo a giocare con me? Sembra che Nathaniel sia riuscito a sopravvivere al suo turno, voi farete altrettanto?”

-A

I tre si guardarono, un brivido lungo la schiena…

 

SCENA FINALE

A era nuovamente nel suo covo, la sua scrivania libera completamente libera, eccetto la tazza di caffè e un contenitore di cercamica con dentro delle penne. Le foto dei quattro ragazzi e Albert, sempre attaccate sulla parete metallica, i tubi che gocciolavano. Una lampadina illuminava la superficie del tavolo; verso il bordo, un auto giocattolo con dentro quattro bambole di pezza, simili a Nathaniel, Rider, Eric e Sam, nei dettagli, come gli abiti cuciti sopra e i diversi tagli di capelli, ricreati con dei fili di spago. Fu la bambola di quest’ultimo, Sam, ad essere presa da A, portata più vicina alla luce. La poggiò, aprendo uno dei cassetti, subito dopo, tirando fuori un tubetto di colla a fissaggio rapido. Fischiettando, riprese la bambola con una mano, mentre con l’altra stringeva il tubetto, facendo fuoriuscire il liquido e adagiandolo lungo la cucitura che simulava la bocca. Infine, ci soffiò sopra, nel tentativo di farlo asciugare. Dopo, portò il suo dito davanti alla sua bocca, emettendo un lieve suono.

“Shhhh…”

 

CONTINUA NEL QUINTO CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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