CAPITOLO
QUATTRO
“Living
in a Dark DreAm”
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ON BLACK HOOD:
Dopo
i funerali di
Anthony, fuori dalla chiesa, A manda
un nuovo messaggio ai quattro ragazzi, insinuando che il corpo nella
bara
appartenga davvero ad Anthony: un video, mostrava qualcuno che lo
uccideva.
Rider
convince i suoi
amici che A, stavolta, è
Anthony,
sostenendo che abbia contattato un amico per girare una sceneggiata e
far si
che loro tenessero la bocca chiusa sulla notte degli omicidi. Nathaniel
e Sam,
sembrano gli unici a pensare che si tratti, invece, di un amico di
Albert, in
cerca di vendetta.
Tornati
a casa, Sam e
Rider cominciano a fare i conti con i sensi di colpa, in seguito ai
commenti
trovati sulla bacheca della pagina della Rosewood high shool; molti
erano a favore
di Albert, dichiarato scomparso da qualche giorno, altri di odio nei
confronti
di Anthony e il suo gruppo.
Eric,
intanto, conosce
la nuova barista del Brew, Alexis, e deve fare i conti con la crisi che
sta
attraversando la sua famiglia, economicamente; lui e sua madre, vivono
nell’appartamento sopra al locale, tenendosi costantemente in
contatto con suo
padre, fuori città, in cerca di nuovo lavoro, dopo essere
stato licenziato
dalla società in cui lavorava.
Nathaniel,
alle prese
con una nuova visita medica di routine da suo cugino, morso ancora dal
dubbio
sollevato dal video ricevuto da A,
trova un escamotage per farsi portare nella stanza della
videosorveglianza
dell’ospedale. Tyler viene chiamato dal suo cercapersone e
Nathaniel rimase
solo, passando sulla sua pennetta, indisturbato, i filmati della
sorveglianza.
Subito dopo, irrompe nell’obitorio, dove con Rider, in
contatto telefonico,
scopre che il referto del medico legale non coincide con le ferite
riportate da
Albert nell’incidente: quindi il corpo nella bara
è di Anthony e A ha
scambiato i corpi.
Sam,
nel frattempo,
scopre da suo padre che la polizia ha un sospettato sicuro, segnalato
da una
deposizione fatta dalla signora Dimitri e l’altro suo figlio,
Clarke, in
centrale.
Rider,
non convinto dalla
storia dello scambio, passa a prendere Sam e vanno alla stazione di
Rosewood,
in cerca di un indizio in più. I due, però,
vengono attirati in una trappola,
all’interno dei tunnel, ritrovando il telefono di Anthony e
un messaggio di A. Un treno, subito
dopo, quasi li
investe.
Riuniti
a casa di Rider,
ancora sotto shock, il gruppo esamina i filmati della sorveglianza,
notando la
presenza di un loop, la ripetizione di uno stesso pezzo, nel corso del
filmato.
I ragazzi si convincono di avere una prova in mano, a quel punto,
assieme al
video dell’omicidio di Anthony, ricevuto da A,
e decidono di volerne parlare con il padre di Sam e porre fine a
questa storia, pur sapendo che si sarebbero esposti a determinate
conseguenze.
Fuori
dall’abitazione di
Sam, però, i quattro ricevono l’ennesimo messaggio
di A e questo li costringe a
passare dalla loro scuola, prima di fare
un’altra mossa: aveva qualcosa contro di loro.
Giunti
a scuola, Sam,
Nathaniel, Rider ed Eric, trovarono il computer di Anthony, una sola
cartella
al centro, con dentro un filmato: mostrava loro, complici
dell’omicidio del
Signor Dimitri e di Albert. Ora, non avevano altra scelta che tacere.
E,
stranamente, A, mise in chiaro loro
che non aveva intenzione di denunciarli.
AND
NOW…
“Buongiorno,
Bugiardi! Pronti per iniziare con me una nuova
giornata?”
-A
Fu
Sam a visualizzare per primo quel
messaggio, all’alba di quella mattina. Pensava ancora di
sognare, mentre si
strofinava gli occhi, i capelli scompigliati dal sonno. Pensava che A non fosse reale e che doveva
svegliarsi; sfortunatamente per lui, però, era
più che sveglio e A era
più reale che mai.
“Fottiti!”
esclamò, buttando il
telefono sul comodino, esasperato, sollevando, poi, le lenzuola, per
uscire dal
letto.
Si
diresse verso la finestra,
aprendola, facendo entrare in camera quella fredda brezza mattutina,
tipica dei
mesi autunnali, che lo investì, mentre teneva gli occhi
chiusi e si prendeva un
attimo per respirare quell’aria pura e distendere i nervi.
Subito
dopo, sopra un mobiletto lì
vicino, vi era poggiata una fotocamera digitale. La prese,
tornò alla finestra
e, con addosso il suo pigiama, strisciò fuori, sul tetto,
per poi rimettersi in
piedi e camminare più in alto, sopra le tegole, fredde.
Quando vide,
finalmente, il sole che sorgeva, si sedette a gambe incrociate e mise
l’obbiettivo davanti all’occhio destro, mentre il
sinistro era chiuso; dopo
qualche secondo, immortalò quell’alba. Rivedendola
sul display, però, non gli
sembrò bella come si vede ad occhio nudo, così
tornò a
guardarla, poggiando la fotocamera,
consapevole che quell’alba sarebbe stata l’unica
cosa positiva di quella
giornata.
*
Eric
fu il secondo a visualizzare
quel messaggio, riappoggiando il telefono, con indifferenza, sulla pila
di
scatole che c’era nella sua stanza e che sembravano quasi
fungere da mobili,
per come erano sistemati vicino alla parete.
Davanti
ad uno specchio, si stava
provando dei vestiti, ma non i soliti, quelli alla moda che usava
indossare;
erano semplici felpe e semplici jeans, molto trasandati. Alla fine, da
tutto il
mucchio che c’era sul letto, optò per dei normali
blu jeans, il cui colore era
parecchio sbiadito, e una felpa grigia, abbinate a delle scarpe bianche
da
ginnastica. Lasciata la stanza, dopo un’ultima occhiata, Eric
si sentì fiero di
sé stesso: apparire non era più una
priorità e i vestiti di Anthony, ormai, non
facevano più parte del suo guardaroba.
Alcune
abitudini, però, erano
difficili da dimenticare ed Eric, giunto in bagno, pensò che
mettersi addosso
un pò di profumo non significasse essere per forza vanitosi,
ma, semplicemente,
di gradevole odore; così, aprì lo sportellino
destro della specchiera, dove gli
aveva sistemati, per prenderne uno. Nel momento in cui prese in mano
quello
scelto, però, sentì un’improvvisa
sensazione glaciale lungo la pelle; tant’è
che lasciò cadere la bottiglietta di profumo dentro il
lavandino. Assunse
immediatamente un espressione di sconcerto, quando notò uno
strano alone sulla
superficie di quella bottiglietta: sembrava ghiaccio. Subito dopo, si
accorse
che anche le altre bottiglie di profumo avevano lo stesso aspetto e che
dietro
ad una di esse c’era un bigliettino, che prese, leggendone il
contenuto.
“L’unico
profumo che puoi avere addosso è quello della paura che
avrai presto di me.”
-A
Dopo
aver deglutito, seriamente
turbato da quel messaggio, prese tutte le bottigliette e le
gettò nel cestino,
mettendo il biglietto minaccioso in tasca, uscendo velocemente dal
bagno,
raggiungendo la finestra affacciata sulla scala antincendio. Come
pensava, era
socchiusa e questo significò che A
era
entrato nel suo appartamento. La cosa non lo lasciò
indifferente, infatti. Si
guardò attorno con apprensione.
*
Le
lezioni stavano quasi per
cominciare alla Rosewood high school e gli studenti giravano per la
scuola, in
attesa del suono della campanella. Rider, in particolare, con lo zaino
sulle
spalle, si stava dirigendo verso il suo armadietto, inserendo la
combinazione,
abbastanza assonnato e con i capelli leggermente in disordine. Aperto
lo
sportello, qualcosa cadde a terra. Rider guardò
giù, scorgendo quello che
sembrava essere un treno giocattolo, che si apprestò a
raccogliere; non prima
di essersi guardato attorno, assicurandosi che nessuno lo stesse
guardando. Con
in mano il treno, pronto a rimetterlo dentro, contrariato, dovette
bloccarsi,
notando un biglietto, incastrato dentro.
“Sei
pronto per un altro giro? Ciuff ciuff!”
-A
Roteando
gli occhi, davvero stufo,
Rider gettò il treno dentro l’armadietto,
sbattendo lo sportello, per poi
allontanarsi. Alle sue spalle, però, qualcuno lo
chiamò, constringendolo a
voltarsi.
“Ehi,
Rider, aspetta!” esclamò Eric,
in compagnia di Nathaniel e Sam, mentre lo raggiungevano a passo veloce.
“Uao,
che faccia!” fece un commento,
Nathaniel, in merito al suo viso.
Rider
alzò il bigliettino ricevuto:
“Già, devo ringraziare A
per questo
aspetto orrendo. Non fa che punzecchiarmi con messaggini e regalini.
– era a
dir poco isterico - Ho trovato un treno giocattolo nel mio
armadietto!”
Sam prese parola, subito
dopo: “E io ho
ricevuto il buongiorno!”
“Quello
lo abbiamo ricevuto tutti,
credo.” replicò Rider, con ovvietà.
Nathaniel
intervenne: “Io no! Sono
uscito a correre presto e ancora non ho accesso il telefono.”
“Bene,
non farlo. – gli suggerì Eric,
tirando fuori un bigliettino dalla tasca: quello che aveva ricevuto - I
suoi
messaggi sono a dir poco inquietanti.”
Sam
avvicinò la faccia al biglietto,
leggendo ad alta voce: “L’unico
profumo
che puoi avere addosso è quello della paura che avrai presto
di me? –
fissò Eric , preoccupato – Eric, questa
è una minaccia seria, sta attento!”
“Lo
so, stamattina ho trovato tutti i
miei profumi letteralmente congelati!” raccontò,
preoccupato a sua volta.
“Cosa?
– reagì Nathaniel, mentre
camminavano lungo il corridoio – Che significa
congelati?”
Fu
la volta di Sam, atterrito, gli
occhi sbarrati: “Oh mio Dio, - rabbrividì
– E’ entrato in casa tua?”
Eric
si sentì oppresso: “Significa
che li ha messi nel congelatore, come dei surgelati…
– rispose a Nathaniel, poi
a Sam – E sì, è entrato in casa
mia!”
Rider
scosse la testa, indignato da
questa storia: “Non lo accetto, mi sembra
incredibile!”
Sam
era a dir poco terrorizzato:
“Già, puoi dirlo forte, - fissò tutti,
poi – che cosa facciamo? Vogliamo
davvero che questa A invada la
nostra vita? E non lo dico solo perché ho quasi rischiato di
essere rinvenuto
dai binari della stazione di Rosewood con delle pinzette per le
sopracciglia!”
“Niente,
Sam. – commentò Nathaniel,
più pacato. – Sai perfettamente che non possiamo
fare niente. A ci tiene in pugno e
stiamo ancora
cercando di capire cosa vuole da noi.”
Rider,
però, aveva perfettamente
chiaro il quadro della situazione: “E invece no! Quello che
vuole A è chiaro come
il sole: vuole
torturarci e renderci la vita impossibile per quello che abbiamo fatto.
Anthony
ha già avuto quello che gli spettava e ora tocca a
noi!”
“Forse
è il caso che iniziassimo a
capire chi ci tormenta e mi sembra ovvio che si tratti di qualcuno che
odiava
Anthony e che teneva ad Albert a tal punto da vendicarlo.”
pensò Eric,
esternando le sue ipotesi.
“Già,
io la penso come Eric. – si
aggregò Sam, convinto. – Siamo praticamente
tornati alla mia teoria iniziale,
quella dell’amico segreto e psicopatico di Albert, che ora
vuole vendicarlo.”
Nathaniel,
però, trovava assurdi quei
discorsi: “Queste teorie sono inutili e anche il voler
stanare il tizio che si
nasconde dietro a questi messaggi. Ragazzi, avete pensato al fatto che
se
smascherassimo A, non potremmo
comunque farlo arrestare? Possiede dei filmati su di noi e siete dei
poveri
illusi se pensate che non li condividerà con la polizia per
farci affondare
assieme a lui. L’unica cosa che otterremmo, sarebbe dividere
la cella con A che ci scrive
messaggi inquietanti
sulle federe dei cuscini, mentre dormiamo.”
Rider
si fermò, a quel punto;
qualcosa gli venne in mente: “Potremmo
sottrarglieli!”
Quelli
si fermarono con lui, in mezzo
al corridoio.
“I
filmati, dici?” chiese Eric.
“Sì!
Chi crede ad un pazzo
psicopatico stalker, se non ha le prove di quello che dice? –
fece una pausa,
cercando di spiegarsi meglio – Ogni super cattivo che si
rispetti ha un covo
segreto, dove conserva i suoi trofei. Troviamo il covo, prendiamo i
nostri
video, smascheriamo il cattivo e lo consegnamo alla polizia con tutta
la
serenità del mondo.”
Nathaniel
non era molto convinto: “La
fai facile, Rider. Chi ti dice che A,
di quel filmato, non ne abbia fatto
un milione di copie?”
“Già!
– esclamò Sam, perfettamente
d’accordo – Una volta ho visto un film dove un
tizio diceva ad un altro tizio
che se avesse provato ad ucciderlo, qualcuno avrebbe spedito una busta
alla
polizia con dentro delle cose compromettenti.”
Rider
fece una faccia stranita,
cercando di interpretarlo: “Stai dicendo che se facessimo
arrestare A, un suo complice
sarebbe pronto a
spedire alla polizia il filmato che ci vede complici di Anthony nella
notte
degli omicidi?”
Sam
si stranì a sua volta, titubando:
“Ehm, no, questo lo stai dicendo tu!”
Eric
si innervosì, stressato di suo:
“Già, Rider, questo lo stai dicendo tu, mentre Sam
citava solo la trama di un
film per fare un esempio. Ci manca solo che A
abbia un complice!”
“Ok,
quindi come rimaniamo per la
faccenda A?”
cercò di arrivare al
dunque, Nathaniel, prima di giungere in classe.
“Io
dico di seguire il piano di
Rider, - suggerì Sam, per primo – sperando che A non abbia davvero fatto delle copie di
quel video.”
“NO!
– esclamò, Rider – Dobbiamo sederci
e ragionarci come matti. Qui non stiamo giocando contro una star di
Jersey
shore, ma con un vero e proprio mostro di intelligenza! –
pacò i toni, subito
dopo – Prima, però, ho bisogno di concentrarmi sui
test di oggi, TUTTI dovremmo
concentrarci. Poi, dopo, ci siederemo con calma e capiremo meglio cosa
fare.”
E
quelli furono d’accordo, mentre
svoltavano all’angolo del corridoio.
Improvvisamente,
però, dovettero bloccarsi,
riprendendo a camminare più lenti: il corridoio era
affollato e tutti gli occhi
erano puntati su di loro. Inoltre, c’era un silenzio tombale,
animato soltanto
da alcuni bisbigli.
Trovando strana
quella situazione, Nathaniel,
sfacciato, si rivolse ai presenti: “Beh, che succede? Che
avete da guardare?”
Una ragazza, tra
i tanti studenti che c’erano,
si avvicinò loro, mostrando il suo telefono. C’era
un video, aperto sul
display, che non appena partì, venne subito riconosciuto dai
quattro ragazzi,
che si guardarono tra di loro: si trattava del video di insulti girato
con
Anthony.
A quel punto, il
gruppo non ebbe il coraggio
di proferire parola, nemmeno riuscivano ad alzare lo sguardo, il loro
volto si
dipinse di vergogna e mortificazione: un disagio che non avevano mai
provato.
Improvvisamente, uno degli studenti, Morgan Patterson, soprannominato Rinoceronte marino da Anthony, si fece
avanti e non si fece scrupolo a tirare un pugno a Nathaniel, che
l’aveva
umiliato nel filmato, sparlando di lui e del suo peso. Il ragazzo
caddè a
terra, con un bel livido sulla guancia.
“Ehi!”
gridò Rider a Morgan, difendendo
l’amico.
“Ti si
è fuso il cervello, per caso?” aggiunse
Sam, alterandosi, mentre Eric aiutava Nathaniel a rialzarsi.
“Che
coraggio!” esclamò una ragazza, tra i
suoi compagni, sbigottita, facendosi avanti. Si chiamava Violet Rhimes
e non sembrava
somigliare ad uno degli sfigati che Anthony amava prendere in giro.
Attirata
l’attenzione dei ragazzi, Violet
continuò, furibonda: “Mio fratello non
è venuto a scuola per colpa di quel
video che avete girato. Avete idea di cosa significhi essere diverso
dagli
altri? Colton è albino e, ok, se n’è
fatto una ragione dalla nascita, ma
ricordarglielo ogni giorno con insulti, risate in sottofondo e, ora,
addirittura, con un video…Beh, è diabolico! E
Anthony non mancherà proprio a
nessuno, se devo dare voce al pensiero di tutti.”
Molti furono
d’accordo con lei, facendo
sentire la propria voce.
Eric si
sentì in colpa, naturalmente, nel
sentire quelle parole, mentre reggeva l’amico: “Mi
dispiace, ok? Anzi, CI
dispiace!”
Anche Rider era
dispiaciuto, ma aveva qualcos’altro
da aggiungere e non lo fece in maniera cordiale: “Sono
dispiaciuto anche io per
quel video orrendo che è stato Anthony a costringerci a
girare, ma chiedere
scusa non è un optional, miei cari studenti di Rosewood.
– fissò tutti; anche
Lindsay, sua sorella, era presente, più dietro - Anche voi
avete alimentato
quel potere che permetteva ad Anthony di essere quello che era e di
prendere in
giro chiunque non fosse alla sua altezza o che fosse goffo!”
Nathaniel,
nonostante lo zigomo dolorante e
livido, disse anche la sua: “Già,
perché le stesse persone prese di mira da
Anthony, sono le stesse persone che avete ignorato ed emarginato.
– si rivolse
poi a Violet – Non mi sembra che tu sia mai andata contro
Anthony quando
insultava tuo fratello, perciò… –
guardò tutti gli studenti, ora – non fate gli
ipocriti e riflettete su come questa scuola sia arrivata ad avere dei
mostri e
delle vittime. Non si sono di certo creati da soli.” e se ne
andò, nel silenzio
plateale, seguito a ruota dagli altri tre.
Sam
passò di fianco a Chloe, c’era anche lei.
I due si scambiarono un’occhiata, ma quello non si
fermò a parlarle, data la
situazione.
*
Il
gruppo, dopo l’accaduto, raggiunse
frettolosamente l’aula in cui la settimana prima avevano
girato il video con
Anthony. Rider fu il primo a spalancare la porta, entrando, seguito da
Eric. I
due, arrivati prima dei loro compagni, iniziarono a frugare dentro
l’armadietto, nervosamente.
“Ti
ricordi in quale scatola l’ha
rimessa apposto, Anthony?” chiese Rider, mettendo le mani
ovunque.
“Forse,
in questo ripiano in basso. –
si chinò Eric, più giù – Non
ricordo bene, volevo solo andarmene.”
“Già,
pure io!”
Subito
dopo, arrivò Nathaniel,
toccandosi ancora lo zigomo dolorante. Poi arrivò Sam, una
busta del ghiaccio
in mano.
“Ho
preso del ghiaccio in mensa… -
prese Nathaniel per il braccio, facendolo sedere su una delle sedie che
c’erano
in aula – Vieni, mettiti qui!” e gli mise il
ghiaccio sul livido, mentre con
l’altra mano gli teneva il mento.
Nathaniel
si imbarazzò, nel momento
in cui incontrò il suo sguardo, mantenuto per più
di qualche secondo;
l’imbarazzo fu tale, che Nathaniel dovette togliergli la
busta del ghiaccio
dalle mani, trovando strana quella scena.
“Ehm,
faccio da solo grazie.”
Sam
si scansò, intuendo il suo palese
disagio: “Oh, certo, - gli tremava la voce, il cuore in gola
- scusa. Stavo
solo…”
“Non
c’è, accidenti!” Rider tirò
un
colpo all’armadietto, furioso, attirando lo sguardo degli
altri due verso di
sé.
Eric,
che stava ancora frugando,
trovò un biglietto: “Ehi, ragazzi… - lo
mostrò – Un altro messaggio!”
Sam
si avvicinò, leggendolo: “Il
kArma
è davvero bastardo, vero stronzetti? A!”
“Se
A è il nostro karma, sta
facendo un ottimo lavoro!” commentò
Nathaniel, seccato.
Rider
scosse la testa, dopo aver
riflettuto in disparte: “No, questa non è opera di
A. Non ha rubato la telecamera che
c’era dentro questo armadietto,
ma l’ha fatto Albert!”
“Cosa
te lo fa credere?” gli domandò
Eric.
“Il
primo messaggio di A, quello
ricevuto da Anthony, parlava
di smascheramenti, no? Era chiaramente riferito a questi video. Poi,
dopo che
Anthony ha investito Albert, abbiamo scoperto che era stato lui a
mandare quel
messaggio, quindi Albert ci stava tenendo d’occhio, quel
giorno, ed è entrato
in quest’aula, non appena ce ne siamo andati.”
Sam
riflettè a lungo prima di dire
qualcosa, cercando di seguirlo: “Questo significa che la
nuova A sta continuando quello che
Albert non
ha potuto fare? Cioè smascherarci con questi
video?”
Eric
intervenne: “Aspettate, questo
vuol dire che Albert e A si sono
incontrati durante quella giornata?”
“Magari,
poco prima che lo
investissimo con la macchina.” aggiunse Nathaniel.
Sam
non aveva più dubbi: “Ma certo,
ecco perché Albert girava per Rosewood a
quell’ora. Si è incontrato con
A!”
“Albert
arrivava da destra, vero? –
chiese Rider, cercando di fare mente locale
- Quando è sputanto in mezzo alla strada,
dico.”
“Sì,
arrivava da destra!” confermò
Eric con certezza.
“Che
c’era nell’altra corsia? –
domandò, invece, Nathaniel - Quella da dove proveniva
Albert.”
“Negozi,
supermercati…perché?” si
incuriosì, Sam.
Rider
ci arrivò, prima che
rispondesse: “Telecamere!”
Eric
fece un pensiero: “Dite che A era
parcheggiato davanti al Wall mart, il
supermercato?”
“Per
forza! – esclamò, Rider – Il video
che A ci ha fatto, l’ha
fatto
dall’interno della sua auto e data l’inquadratura,
sembrava proprio che lo
stesse girando dalle parti del Wall mart!
Era in direzione.”
Sam,
a quel punto, intervenne con un
cinico sarcasmo: “E quindi? Cosa dovremmo fare, sfondare le
vetrate del Wall mart con un bidone della
spazzatura ed entrare a
rubare i filmati della sorveglianza?”
Rider
lo guardò con disappunto: “Sai,
Sam, mi deludi molto. Dico, hai mai visto il film Qui
dove batte il cuore?”
Sam
non solo l’aveva visto, ma intuì
cosa frullava nella sua mente: “Certo che l’ho
visto e ti rispondo
assolutamente NO, Rider!”
Nathaniel,
confuso quanto Eric,
spostava lo sguardo tra i due: “Che sta succedendo? Io non ho
visto quel film,
che ha capito Sam?”
Quest’ultimo
si voltò verso di lui,
spiegandoglielo: “Parla di una donna incinta che viene
abbandonata dal ragazzo
e che, senza un soldo, decide di nascondersi all’interno di
un supermercato. Ci
ha anche partorito lì dentro!”
Eric
e Nathaniel fecero una faccia
disgustata.
“Quindi
quello che sta suggerendo
Rider è di metterci un pancione finto e nasconderci nei
bagni del Wall mart,
finchè non chiude?” commentò
Eric.
“Ragazzi,
stiamo parlando di un
filmato che mostra l’auto di A
con
tanto di targa! A Sam basterà entrare nel database della
polizia, dal computer
di suo padre, per risalire a chi appartiene.”
cercò di convincerli, Rider,
intento a seguire proprio quel piano.
“Assolutamente no,
Rider! - si oppose, Sam –
Non lo pensare nemmeno! Che faccio, mi metto alla scrivania di mio
padre,
scontrando la mia tazza di caffè con quella del collega di
fianco?”
“Questo,
se non veniamo arrestati
prima, per esserci accampati dentro al supermercato!”
continuò Eric, ironico.
“Spiritoso,
Mister Tutina!” Nathaniel
notò il suo insolito look.
Rider,
invece, si infuriò: “Ma allora
come diavolo facciamo a scoprire chi è questo mostro? Me lo
dite?”
“Troveremo
un altro modo, ma non
questo!” ribadì, Sam.
Nathaniel
fu d’accordo: “Già, Rider,
troveremo un altro modo. Fare quello che dici tu è
oltrepassare il limite
consentito. Ragioni come se non esistesse un sistema
giudiziario.”
A
quel punto, Rider si arrese, ma non
si risparmiò: “Bene, ma non vi lamentate quando A se la prenderà con voi. E
non intendo un messaggino minaccioso!”
Improvvisamente,
l’altoparlante della
scuola, fece una comunicazione.
“Sam
Havery, Eric Longo, Rider Stuart e Nathaniel Blake sono pregati di
recarsi in presidenza...”
I
quattro alzarono la testa, in
direzione della voce.
“Che
altro c’è, adesso?” domandò
Eric, guardandosi con gli altri, scocciato.
E
quelli iniziarono ad avviarsi verso
la porta, cercando di non farsi attendere molto.
“Non
lo so, ma spero che i corridoi
siano deserti. – sospirò, Sam, nervoso - Non
riuscirei ad affrontare nuovamente
lo sguardo di tutti!”
E
si guardarono tra loro un’ultima
volta, prima di lasciare l’aula.
*
Seduti
in presidenza, davanti alla
scrivania del preside Ackett, i quattro erano in attesa di ascoltare
quale
fosse il motivo della loro convocazione. Egli li osservava con volto
serio, quasi
indispettito.
Quella
tensione, costrinse Nathaniel
a prendere parola: “Perché siamo qui, Preside
Ackett? Che succede?”
“Che
succede? Davvero, signor Blake? – rispose Ackett,
basito – Pensa che io sia
una sorta di totem che non vede, non sente e non parla?”
Il
ragazzo, allora, abbassò lo
sguardo, deglutendo: “No, non l’ho mai
pensato!”
“Bene,
signor Blake. Anzi, no, non va
bene per niente… - fissò tutti, per poi sbattere
le mani sulla scrivania,
furente, facendoli sobbalzare – Come avete osato saltare una
lezione intera per
girare un video così abominevole? Eh? Avete idea di cosa
avete fatto?”
Non
ebbero il coraggio di rispondere,
mantenendo lo sguardo con lui a tratti.
“Siete
la parte oscura di questa
scuola e sarete sospesi per due settimane intere. – quelli
sgranarono, mentre
continuava – E in più, quando ritornerete,
resterete qui anche di pomeriggio
per delle attività extra!”
“COSA?”
sussultarono.
“Pensavate
che i genitori non
sarebbero venuti a sapere di quel video a dir poco schifoso? Molti
studenti non
sono venuti a scuola, perché gli avete umiliati; quando
quelli che dovrebbero
vergognarsi siete voi!”
“Come
faccio con il nuoto, Signor
Ackett? La prego!” per Nathaniel era impensabile rinunciare
al nuoto.
“Non
è nella posizione, signor Blake.
Taccia!” replicò Ackett, severo.
Anche
Rider si mostrò contrario:
“Io-io sono uno studente modello, vado bene in tutte le
materie e…insomma…Ha
idea di quanto questo influirà sul mio curriculum
scolastico?”
Ackett
si voltò verso di lui:
“Infatti è lei quello che mi stupisce di
più, signor Stuart. Dovrebbe essere in
grado di distinguere le scelte giuste da quelle
stupide…Come, ad esempio,
seguire la scia del vostro Anthony Dimitri. Che Dio lo abbia in
gloria!”
Fu
Sam a scattare, ora: “Oh, ma per
favore, ci risparmi le sue frasette di compassione. Non gliene frega
niente di
Anthony Dimitri, come a tutti, del resto.”
“Giravate
per i corridoi con il
diavolo, signor Havery… - lo fissò a lungo,
disarmandolo - E questo che voleva
sentirmi dire?”
Eric
si alzò, concludendo con una
frecciatina: “Peccato che il diavolo era molto più
autoritario del padrone di
casa!” che lasciò il segno, mentre, con i suoi
amici, si dirigeva verso
la porta.
“Non
fatevi vedere all’interno di
questo edificio per due settimane. Intesi?” si fece sentire
Ackett, ancora.
Fuori
dalla presidenza, chiusa la
porta alle loro spalle, i quattro si fermarono lì davanti.
Alcuni studenti,
lungo quel corridoio, li fissavano con la coda dell’occhio,
fingendo di non
farlo. A Nathaniel non gli andò giù, impuntandosi
su uno di loro, che stava
bevendo dalla fontanella.
“Se
non giri quella testa, giuro che
ti faccio bere un pugno!” lo minacciò, alterato,
mentre quello scappava via.
Sam
gli mise una mano sulla spalla:
“Calmati, Nat!”
Quello,
gettò via il suo braccio, aggressivo:
“La smetti di toccarmi sempre?”
Tutti
lo fissarono; Sam più degli
altri due, non aspettandosi quella reazione, che lo devastò
dentro.
Deglutì,
prima di calmarsi un attimo:
“Sentite, io me ne vado. – disse loro, Nathaniel -
Tanto che ci rimango a fare
qui!” e se ne andò per conto proprio.
Gli
altri tre rimasero ancora lì,
increduli di quanto accaduto.
“Due
settimane…” Rider era a dir poco
senza parole, mentre ci pensava ancora, lo sguardo perso nel vuoto.
A
Sam, intanto, gli si erano gonfiati
gli occhi di lacrime, ma cercò di non darlo a vedere:
“Ehm, me ne vado anche
io. Ci sentiamo, ok?” e percorse il corridoio opposto a
quello di Nathaniel,
seguito dallo sguardo degli altri due.
“Sbaglio
o Sam stava per piangere?”
se ne accorse Eric.
L’altro,
però, era distratto dai suoi
pensieri: “Ehm, non lo so, non ci ho fatto caso, ma sto
piangendo anche io!
Dovrebbe essere una reazione più che ovvia con tutto quello
che ci sta
accadendo.”
Eric
storse le sopracciglia: “E dove
sarebbero le lacrime?”
“Sto
piangendo dentro di me, ok? A ci
ha fatto sospendere, - presero a
camminare – in più sembra che, improvvisamente,
tutti si siano risvegliati dal coma in cui si trovavano.
Prima Violet e ora
il preside Ackett, che non hanno mai detto una parola durante
l’età Anthonyana,
mentre adesso sembrano avere una testa pensante.”
“Quindi
che si fa, adesso? Dobbiamo
tornare a casa?”
L’altro
gli lanciò una lunga occhiata
di ovvietà: “Non abbiamo altra scelta, Eric. Qui
non siamo al college, dove
anche i barboni possono infiltrarsi ad una lezione senza essere
notati.”
“Mi
dai un passaggio?” gli chiese, il
volto bisognoso.
Rider
stranì: “Ma dov’è la tua
auto?”
“Ehm,
si è rotto un cerchione,
ultimamente, e ho dovuto portarla in officina a farla
aggiustare.” inventò,
convincente.
Rider
non aggiunse altro e insieme
raggiunsero l’ingresso.
*
Qualche
corridoio più avanti, Sam
stava raggiungendo il suo armadietto, prima di lasciare anche lui la
scuola.
Mentre girava l’angolo, si scontrò con Chloe.
“Oh,
eccoti!” esclamò lei, riprendendosi
dal colpo.
“Scusa,
Chloe, ma me ne sto andando!”
e continuò a camminare, gli occhi rossi.
Quella
rimase impalata per qualche
secondo, prima di corrergli dietro: “Uo, uo, come sarebbe che
te ne stai
andando? – era a paripasso con lui, ora, ma con
difficoltà manteneva il suo
stesso ritmo – Il preside Ackett vi ha convocati,
cos’è successo?”
“Ci
ha sospesi, ok? – manteva lo
sguardo fisso davanti a sé, provato – Non ne
voglio parlare!”
L’altra,
però, fu insistente: “Ok, ma
per il video? A proposito, spiegazioni? Perché non me ne hai
mai parlato?
Pensavo ci dicessimo tutto, noi.”
Sam,
allora, si fermò, diretto e
coinciso: “CHLOE! – urlò, esasperato -
Ho detto che non ne voglio parlare, ok?
Voglio solo andarmene da questo schifo di posto!”
E
continuò a camminare, lasciandola
da sola, ferma nel corridoio, gli occhi sbarrati per il trattamento che
non si
aspettava.
“Almeno
mi accompagni alla Hollis
oggi pomeriggio? – quello non si voltò –
Sam?” e restò fissa lì a guardarlo
scomparire, alla fine di quel corridoio.
“Non
ha nemmeno notato come mi sta il
nuovo look di capelli…” dissè fra
sé e sé, sconsolata.
*
Nathaniel
rientrò a casa, gettando la
sua tracolla vicino alla rampa di scale che portava al piano superiore,
sbuffando. Ancora nervoso per la storia della sospensione, si diresse
in
cucina, verso il frigorifero, abbastanza scocciato. Nel tragitto,
ignorò le due
donne all’interno della stanza: una che era seduta, con della
plastica intorno
al collo e i capelli bagnati e l’altra, in piedi, con in mano
delle forbici,
alle sue spalle. Entrambe lo seguirono con lo sguardo: erano,
rispettivamente,
sua madre e sua zia.
“Ecco
il mio teppistello preferito!”
esclamò quella seduta, sua zia, ricevendo una sgridata
dall’altra, allibita.
“Courtney!
– dopo alzò lo sguardo su
Nathaniel, che stava bevendo un sorso d’acqua –
Nathaniel, ha chiamato la
scuola e ha detto che sei stato sospeso. E’ vero o me lo sono
immaginato?”
“Non
te lo sei immaginato, sorellona.
C’ero anch’io! – si rivolse al nipote,
poi, roteando il dito attorno alla
tempia – E’ pazza!”
“Ti
ho sentita!” esclamò l’altra,
irritata.
“E’
quello che volevo!” sorrise a
Nathaniel, dispettosa ; del resto, era la sorella minore,
più giovane, uno
spirito libero.
Nathaniel
chiuse la porta del frigo,
fermandosi a spiegare, oppresso: “Sono stato sospeso,
sì! Possiamo evitare la
ramanzina? Mi sento già abbastanza in colpa!”
“Bene!
– si arrabbiò, sua madre -
Gradirei che andassi a sentirti in colpa nella tua camera, adesso. Sono
molto
delusa e preoccupata. Il preside Ackett mi ha parlato di quel video, in
cui
insultate altri studenti, e io non riuscivo a crederci. – si
corresse – Anzi,
no, ci ho creduto, perché, in fondo, sapevo che
quell’Anthony era una cattiva
influenza e mi terrorizza sapere che frequenti ancora quegli altri tre!
Che
fine hanno fatto i tuoi amici della squadra di nuoto? –
cercò di ricordare
qualche nome – Quel Martin, ad esempio: un caro, carissimo
ragazzo e anche
molto educato.”
“Il
tipo biondino, dici? – Courtney
girò la testa verso di lei, straparlando - Quello che una
volta ho beccato sul
portico a farsi una canna?”
“COSA?”
sgranò gli occhi, l’altra.
Courtney non aggiunse altro, voltandosi di nuovo verso il nipote, che
le lanciò
un’occhiataccia.
Nathaniel,
poi, cercò di sorvolare:
“Mamma, loro non sono come Anthony, ok? Era solo lui la
cattiva influenza!”
Quella,
riprese a tagliare i capelli
alla sorella, più calma: “Beh, adesso vai in
camera tua… - riflettè ancora
sull’accaduto - DUE SETTIMANE! – urlò,
indignata – DUE! – impigliò le forbici
tra i capelli della sorella, facendole emettere un gridolino - Ma ci
rendiamo
conto?”
“Puoi
rendertene conto senza
strapparmi i capelli? – reagì infastidita -
Rilassati, Claire, non hanno mica
bruciato uno studentello sul rogo. Sono le solite cose da liceali!
– indicò il
ragazzo, scrutandolo da capo a piedi, giustificandolo - Insomma, hai
visto il
fisico di Nathaniel, no? Non ha altra scelta che essere un bullo.
E’
predisposto il ragazzo!”
“Zia
Courtney! Non sono un bullo!”
enfatizzò, Nathaniel, in disaccordo con le parole di sua zia.
“Già,
non lo è! Chiudi quella bocca!”
la riprese ancora, Claire.
Nathaniel,
a quel punto, si guardò
attorno, mentre quelle si lanciavano sguardi fulminei: “Hai
finito di fare la
parrucchiera abusiva? – tutte le sue cose in giro - C’è
parecchia confusione, qui.”
La
madre tornò a dargli retta:
“Finchè non ristruttureranno il mio salone, la
cucina sarà il mio nuovo posto
di lavoro per clienti che ne hanno bisogno. Immagina cosa accadrebbe se
i
lavori dovessero durare più di tre settimane. Le mie clienti
conoscerebbero
nuovi saloni, nuove parrucchiere che vogliono arruffianarsele e io
sarei
fregata!”
Courtney
intervenì: “Ecco perché ho
consigliato a tua madre di trasferire il suo salone a casa. Vedi?
– ammiccò -
Sono ancora una sua cliente!”
“Come
vi pare! – esclamò,
disinteressato - E papà?”
“E’
ancora al ristorante!” replicò
sua madre.
L’altro
se ne meravigliò, perplesso:
“Pensavo che dopo aver assunto quel Jamie, avrebbe avuto
più tempo per
riposarsi.”
“Mmm
quel Jamie… – fantasticò
Courtney, eccitata – Sono passata al ristorante,
l’altro giorno, e quasi
chiedevo a George di assumermi.”
Claire
la punzecchiò, sarcastica: “Ma
tu non sai fare né la cameriera, né la cuoca,
cara!”
“Come
se non sapessi tenere in mano
due piatti!” ribattè l’altra, sicura di
sé.
“Sì,
ma c’è Jamie al ristorante, no?
– si preoccupò della faccenda, Nathaniel
– L’abbiamo assunto come assistente
manager, affinchè Papà non vivesse dentro a quel
ristortorante 24 ore su 24!”
“Tesoro,
- sua madre si fermò nel
tagliare i capelli di sua sorella, nuovamente – Tuo padre sta
meglio, dopo
l’incidente. Ormai sono passati due mesi, si è
quasi ripreso del tutto. Jamie
sta facendo il suo lavoro, lui è lì solo per
controllarlo, nessuno sforzo.”
Courtney,
più attenta, notò che
qualcosa non andava nel ragazzo: “Nathaniel, stai bene?
Perché sei così
preoccupato? Non fai altro che scattare su ogni minima cosa.”
E
quello abbassò lo sguardo, cercando
di fingere che non abbia nulla di particolare: “Ehm, stress!
Immagino sia
quello. La morte di Anthony, il video, la sospensione…Solo
stress! – si
allontanò dal frigorifero – Credo che
andrò a riposarmi, adesso.”
E
sua madre annuì, seguendolo con lo
sguardo, assieme a Courtney.
Quest’ultima,
però, era assai
sospettosa: “Sento che c’è qualcosa di
più!”
L’altra
riflettè a lungo: “Droga?”
Courtney
le lanciò una lunga
occhiata, basita: “Da quando in qua la droga provoca
stress?”
“E
che diavolo ne so, - sbottò,
l’altra - non sono mai stata una drogata, tiravo solo ad
indovinare!”
La
sorella si limitò a scuotere la
testa, trovandola stupida, senza replicare, mentre si lasciava
finalmente
completare il taglio.
*
Nel
pomeriggio, in seguito ad un
messaggio ricevuto da Chloe, Sam era parcheggiato davanti casa sua,
aspettandola con il motore acceso.
Finalmente
uscì, raggiungendolo.
“Sei
la mia ancora di salvezza!”
esordì, aprendo la portiera.
“Dove
devi andare di così urgente?”
“Ho
un corso alla Hollis di montaggio
video e mio zio non mi ha potuto accompagnare.
E’ andato fuori città per comprare
alcuni pezzi di ricambio per la sua
stupida auto d’epoca. Fortuna che non sei
impegnato!”
L’altro
le lanciò un’occhiataccia:
“L’hai dato per scontato, perché sono
stato sospeso?”
“No!
– ribattè lei con tutt’altra
spiegazione - L’ho
dato per scontato,
perché sei gay. E i gay sono sempre disponibili verso le
loro migliori amiche
non-gay.”
“Sarebbe
un commento omofobo,
questo?” non capì Sam, mentre guidava.
“No,
per niente. – gli sorrise,
scherzosa - Sono la tua Rachel Berry, non potrei mai farti un commento
omofobo!”
Quello
accennò un sorriso, tornando
alla guida: “Sì, ma ne abbiamo già
parlato, io non sono il tuo Kurt. Siamo
completamente diversi, i suoi outfit sono gayosamente gay,
ma… - la fissò, più
calmo rispetto all’ultimo incontro avuto con lei - Un
commento alla Kurt lo
posso fare, cioè che stai benissimo con il nuovo
taglio!”
L’altra
ne fu gioiosa: “Oh, grazie… -
poi rise a crepapelle – e poi, quello su Kurt, era un
commento omofobo.
Parecchio omofobo!”
“Non
è un commento omofobo se fatto
da un altro gay!” si giustificò Sam, ironico.
Improvvisamente,
il suo telefono
vibrò, sopra la plancia dell’auto.
Chloe
lo prese subito: “Leggo io!”
Sam
cercò di riprenderselo, spostando
lo sguardo tra lei e la strada: “Ehi, forza,
ridammelo!”
Quella
si scansò, lanciandogli un’occhiata
perplessa: “Che ti prende? Leggo sempre i tuoi
messaggi!” e quello zittì, teso,
mentre l’amica leggeva.
Il
volto di Chloe, da divertito,
divenne serio.
“Ehm…
- gli mostrò il messaggio,
curiosa di un particolare notato – Chi è A?”
“Notiziario
locale: ore 17.00; non perdertelo!”
-A
Dopo
averlo letto, il volto
improvvisamente pallido, Sam tolse il telefono dalle sue mani,
bruscamente:
“Ehm, nessuno, un ragazzo che ho conosciuto su gagagaYO,
si chiama Aaron ed è fissato con i notiziari, -
inventò,
la risata isterica - non se ne perde uno!”
“Ah,
sì? – non sembrò molto convinta
– Come mai non mi hai parlato di lui?”
“Oh,
avanti, non possiamo raccontarci
sempre tutto. – sorrise istericamente – Mi
sarà sfuggito!”
Quella
scosse la testa, offesa: “No,
non è vero, a noi non sfugge mai nulla. Abbiamo organizzato
il funerale di Dora
l’esploratrice, comprando una bambola che le somigliasse,
ricordandoci
perfettamente quali erano i colori dei suoi vestiti orrendi!”
“Senti,
non mi piaceva e non gli
rispondo nemmeno più, a quei messaggi. Non mi è
sembrata una cosa rilevate, ok?
Chloe,
allora, annuì: “Capito…Poi mi
mostri una sua foto, magari ti costringo a ripescarlo!”
“Impresa
ardua, ha una personalità
abbastanza fuori dal comune!” accennò un sorriso,
tornando a guardare la
strada, silenzioso.
Chloe,
lo guardò con la coda
dell’occhio, sospettosa. Non convinta fino in fondo.
*
Eric
stava scendendo dal suo
appartamento, in mano dei soldi. Si stava dirigendo al bancone della
caffetteria, fermandosi poco prima. Davanti ad esso, in piedi,
c’era Lisa
Nelson alias Treccioline, che
prendeva la sua ordinazione da Alexis.
A
quel punto, il ragazzo prese fiato
e si fece coraggio, facendosi avanti.
“Lisa!”
la chiamò, facendola voltare.
Quella
lo squadrò, spiazzata, senza
dire una parola.
“Ehm…
– pensò che era suo dovere
rompere il ghiaccio – E’ stata una fortuna
incontrarti qui, ti cercavo!”
“Ah,
sì? – divenne nervosa,
arrossendo – E come mai?”
Osservato
da Alexis, che fingeva di
pulire il bancone per ascoltarli, quello si espresse, mortificato:
“Volevo
chiederti scusa per il video che abbiamo girato con Anthony. Sono
davvero,
profondamente, dispiaciuto, Lisa. Ti ho umiliata e non volevo
farlo…”
La
ragazza sembrò non essere
arrabbiata, ma soggetta a lui, timida: “Ehm, no, non ti
preoccupare. – accennò
un sorriso – Sto bene e poi hai ragione: -
ridacchiò, stupida – Chi mai
troverebbe attraente una ragazza che viene a scuola conciata come Pippi calzelunghe, no? –
tornò più seria
– Ma questa sono io e non ti darò più
fastidio…” e si voltò per andarsene.
Eric
la fermò per il braccio: “No,
Lisa, aspetta! – la fissò negli occhi, sincero e
premuroso – Non
sottovalutarti, non ascoltare quello che gli altri dicono di te. Ma
soprattutto, – le sorrise – non ascoltare le parole
dello stupido ragazzo che
ti è di fronte!”
Quella,
imbarazzata, tentennò con lo
sguardo, mentre un applauso si fece sentire alle sue spalle.
“Ma
che discorso strappalacrime,
Eric. – si complimentò Violet, cinica, quando si
voltarono a guardarla – Vedo
che hai una testa pensante, caro il mio Dottor Octopus, ora che le
braccia
meccaniche che ti manipolavano sono state amputate. – sorrise
- Quanto ti senti
leggero, ora, senza Anthony addosso?”
Eric
mantenne un atteggiamento
distaccato: “Che vuoi dire, scusa?”
Ancora
più cinica, quella replicò:
“Oh, andiamo, immagino la sensazione di smarrimento che
starete provando tu e i
tuoi amichetti. Ora vi odiano tutti, Anthony non
c’è più e l’unica cosa che
potete fare per recuperare è chiede scusa: mossa al quanto
disperata!”
“Non
è una mossa disperata, - si
difese, Eric – sto chiedendo scusa, perché
è giusto così!”
“Ma
certo! E la poverina, ingenua, ti
ha anche perdonato. – citata, Lisa abbassò lo
sguardo – Ma a scuola non tutti
hanno il perdono facile, mio caro. E lo vedrai con i tuoi stessi
occhi.”
Intervenne
Alexis, a quel punto: “E’
una minaccia, forse?”
Violet
si limitò a lanciarle una
lunga occhiata, perplessa dal suo intervento: “E tu che vuoi?
Non ti conosco
nemmeno!”
“Beh,
Eric è mio amico e se le ha
chiesto scusa, le ha scusa davvero, ok?”
“Immagino
tu non abbia visto il video
uscito sulla pagina della Rosewood high school. Al prossimo
caffè, verificherò
se sarai ancora della stessa opinione…”
“L’ho
visto, invece! – la spiazzò -
Non cambia niente, tutti meritano una seconda possibilità.
Le nostre cattive
azioni non dipendono sempre da noi, cara!”
Violet,
però, non si fece intimidire:
“Non sei molto perspicace, torna a sfornare Muffin, che a
giudicare dall’odore
che si sente nell’aria, stanno bruciando!”
Alexis,
annusando l’aria, si accorse
che aveva ragione, correndo sul retro, sentendosi patetica.
Un
sorriso compiaciuto, si dipinse
sul volto di Violet, che tornò a poggiare lo sguardo su
Eric: “Il perdono è una
lunga e tortuosa strada, Eric. Se vuoi davvero farti perdonare di
qualcosa,
pensaci prima di intraprenderla. Non sarà facile, - gli fece
un’occhiolino - ma
domani è un nuovo giorno, no?” e si
avvicinò all’ingresso, mantenendo un
sorriso che celava molto di più.
Prese
Lisa a braccetto, poi, non
badando più a lui.
Quello,
sorpreso, le fermò: “Ma siete
amiche, adesso?”
Violet
si voltò ancora una volta:
“Sì, adesso si. Non saranno più
commessi gli stessi errori che sono stati fatti
con Albert. La nostra scuola sarà molto più
unita, d’ora in poi. – fece una
pausa, enigmatica – E comunque, io e Lisa ci siamo date
appuntamento qui, non
ci siamo incontrate per caso!” e amiccò, poco
prima di andarsene con lei.
Eric
non potè aggiungere altro,
indispettito, ma, soprattutto, sospettoso.
Alexis,
intanto, tornò con la teglia
dei muffin, notando che le due ragazze erano sparite.
“Ehi,
se ne sono andate?”
L’altro,
nonostante pensieroso, le
rispose: “Ehm, sì, proprio adesso.”
“E’
davvero una stronza, quella! –
esclamò, sistemando i muffin sul vassoio – Si
può sapere perché ce l’ha con te?
E’ una di quelli che avete insultato nel video? Non sembra
una sfigata!”
Eric,
nel raccontare, si vergognò:
“No, suo fratello. E’ Albino e, quindi, ci abbiamo
scherzato sopra!”
Alexis
ebbe una curiosità, a quel
punto: “Ma…l’Anthony di cui parlava
quella ragazza è lo stesso Anthony uscito
sui giornali? Quello bruciato vivo insieme al padre?”
“Sì,
proprio lui. – annuì,
raccontando – Era mio amico e non era proprio un buon
soggetto. Ha lasciato me
e miei amici in un mare di guai. – uno sguardo sofferente -
Hai presente quando
passa un tornando e tu ti fermi a raccogliere le macerie, poco dopo?
Beh,
quelle macerie sembrano non finire mai.”
Quella,
fissandolo negli occhi, ebbe
un nodo alla gola: “Ehm, sì, ho presente. Tutti
abbiamo avuto macerie da
raccogliere nella nostra vita, ma sono sicura che tutto si
sistemerà. – cercò
di consolarlo con un sorriso - Insomma, nulla è per sempre,
no?”
“Peccato
che tutto questo stia
duranto talmente tanto da sembrarlo…”
“E’
solo una cosa tra adolescenti,
Eric. – pensò, lei - Il liceo finirà
prima o poi!”
Lui
accennò un sorriso, fingendo di
condividere il suo pensiero: “Già, lo spero tanto!
– si distanziò dal bancone –
Beh, io devo andare. Mi ha fatto piacere parlare con te, anche se
inizio ad
avere la sensazione che tu sia molto più grande di
me!”
“Cosa?
– sgranò gli occhi, fingendosi
sconvolta, ridendo – Non esageriamo, vado al college, secondo
anno!”
“Hollis,
vero?” aggiunse, mentre si
allontanava.
“Perspicace!”
ribattè, sarcastica.
“Ci
si vede, allora!” le fece un
cenno con la mano, uscendo.
Lei
rimase a fissarlo attraversare la
strada, come attratta, fra le nuvole, tornando al suo lavoro, subito
dopo.
*
Sam,
tornato dalla Hollis, dopo aver
accompagnato Chloe, parcheggiò davanti a casa sua, trovando
i suoi amici vicino
alla porta. Dopo aver chiuso l’auto, si avvicinò
loro.
“Nathaniel?”
domandò, non vedendolo.
Fu
Eric a rispondere: “Hai mandato a
tutti l’SOS?”
Quello
annuì, mentre Rider sembrava
su di giri.
“Ok,
possiamo smettere di parlare di
Nathaniel? – si rivolse a Sam – Eric ha incontrato
Violet al Brew ed è stata a
dir poco inquietante!”
L’amico
fece una smorfia con il viso,
smentendolo: “Non ho detto che è stata
inquietante, Rider. E’ stata solo un pò
stronza!”
“Stronza,
inquietante, chi se ne
importa: Violet è A!”
fu irruento,
Rider.
“Uo
uo, frena, mi sono un pò perso! –
esclamò Sam, confuso – Quando siamo arrivati a
questa conclusione?
“Mai!
– Eric lanciò un’occhiata a
Rider - Non ho mai
detto che Violet è A!”
“Sì,
ma da quello che mi hai
raccontato… - Rider cercò di costruire la teoria
– Insomma, ci sono state delle
parole chiave, no? Come:
Non
sarà
facile, ma domani è un nuovo giorno!
Questo
mi puzza di messaggio mandato da A,
questa mattina!”
Sam
intervenne, perplesso: “E
dovremmo pensare che Violet è A,
solo perché ha azzeccato qualche parola usata da A? E poi, secondo me, A
è
un uomo o un ragazzo…In ogni caso, di sesso
maschile!”
Rider
tentennò, confuso: “E’ una cosa
gay, questa? Hai il radar gay alla A?”
“Ma
no! – sussultò - Dico solo che
tutte le azioni compiute da A, fino
ad ora, non sono cose che riuscirebbe a fare una donna.”
“Beh,
anche le donne posso compiere
un omicidio!” pensò, Eric.
“Si,
ma tutto il resto? – pensò Sam,
convinto - Una donna non può aver scambiato due corpi
all’obitorio, da sola,
per poi trascinare via Albert fino al suo covo segreto!”
Rider,
vedendo uno dei vicini di Sam,
dall’altro lato della strada, che annafiava le piante,
suggerì di fermare la
conversazione: “Forse è meglio se
entriamo!”
Quelli
seguirono il suo sguardo, notando
la presenza dell’uomo, dall’altra parte.
Sam
si stoppò e aprì la porta.
“Che
ore sono?” chiese, mentre
raggiungevano la cucina.
Rider
controllò il suo orologio da
polso: “Quasi le 17.00!”
“Bene,
A ha detto che non dobbiamo perderci
il notiziario…”
Si
sedetterò, mentre Sam tirava fuori
qualcosa dal frigo: una torta.
“Ne
volete un pezzo?”
Eric
annuì: “Sì, perché no. Tanto
ci
odiano tutti!”
Sam
mise il piatto anche a Rider,
mentre quello continuava a parlare.
“Ti
ho già detto, Sam, che Violet è
andata via a braccetto con Treccioline?”
“Lisa
Nelson, Rider!” lo richiamò,
Eric, trovandolo irrispettoso.
“Sì,
lei. – scosse la testa, Rider,
disinteressato, continuando – Il punto è che
Violet potrebbe essere la mente,
Lisa il suo braccio destro e suo fratello, Colton,
il braccio sinistro. Insieme formano
l’inquietantissima A che
ci sta
perseguitando. Il movente ce l’hanno, no?”
Sam
rabbrividì: “Se la metti così
è
decisamente inquietante. – si rivolse ad Eric – Tu
riesci a vedere Violet, Lisa
e Colton dietro ad A?”
Ci
riflettè un pò, prima di
rispondere: “Colton inquieta anche me, ma non
perché è Albino…Non so, è
sempre
cupo, sulle sue, poi distribuisce il cibo alla mensa con quella
cuffietta
bianca in testa e ti fissa fin dentro il cranio… -
ingoiò, finalmente, il pezzo
di torta che stava masticando – Comunque, buona la
torta!”
Sam
sorrise: “Grazie…Dopo la
fotografia, la cucina è la mia seconda passione!”
“Da
piccolo ho partecipato ad alcune
gare di canto ed ero anche molto bravo… -
fantasticò, fissando il soffitto –
Forse dovrei riprendere, ero proprio bravo, sul serio!”
“Una
volta hai detto che il tuo sogno
nel cassetto era quello di fare il modello!” Sam
continuò la chiacchierata,
mentre Rider spostava lo sguardo fra i due, allibito.
“Seriamente?
– sbottò, battendo le
mani sul tavolo – Siamo stalkerati da chissà chi e
voi pensate ai vostri sogni
nel cassetto? Ragazzi, riprendetevi!”
Quelli
abbassarono lo sguardo,
cadendo dalle nuvole.
Subito
dopo, Eric notò che il notiziario
era cominciato, la televisione era accesa.
“Ehi,
prendi il telecomando, – disse
a Sam – alza il volume!”
E
l’altro eseguì, mentre si voltavano
per vedere e ascoltare attentamente.
“La
polizia di Rosewood è attualmente impegnata nelle ricerche
di Jasper
Laughlin, nel caso Dimitri. Secondo alcune dichiarazioni fatte dai
famigliari
delle vittime, in concomitanza con vari dettagli colti sulla scena del
crimine,
l’uomo è sospettato di omicidio e la sua
improvvisa scomparsa da Rosewood ha
fortificato le basi della sua colpevolezza. Per chiunque stesse
seguendo questo
notiziario, state in allerta, c’è un assassino a
piede libero. Ripeto, c’è…”
Sam
spense la televisione,
guardandosi con i due amici, spaesato.
Fu
Eric, però, ad aprire la
conversazione: “Ok, prima di capire ciò che
diavolo sta succedendo in questa
dannata città, qualcuno di voi ha idea di chi sia questo
Jasper Laughlin e di
come sia collegato alla famiglia Dimitri?”
Quelli
scossero la testa, entrambi.
“Un
fratello di Anthony di cui non
sapevamo nulla? O un cugino?” fu il turno di Sam, di iniziare
con le ipotesi.
“Un
fratello? – gli lanciò una lunga
occhiata, Rider – Il suo cognome è Laughlin, non
Dimitri. Non hai sentito?
“Esistono
le adozione!” ribattè,
l’altro.
Eric,
però, aggiunse: “Sì, ma avete
visto la foto sul notiziario, no? Avrà almeno una trentina
di anni o più!”
“Se
la Signora Dimitri ha indicato
lui alla polizia, nelle dichiarazioni che ha fatto, -
continuò, Sam – significa
che quest’uomo non è estraneo alla
famiglia.”
“Questo
è vero… - fu d’accordo, Eric,
per poi riflettere sulla cosa – Quindi dobbiamo supporre che
la Signora Dimitri
abbia incastrato questo Jasper?”
“Forse
è minacciata da A anche
lei!” pensò, Sam.
“O
forse A è
lei!” ribattè, Rider, invece, inquietando i due.
Sam,
però, vacillò, perplesso:
“Perché la Signora Dimitri avrebbe dovuto uccidere
suo figlio per poi torturare
noi, se è A? Non ha
senso!”
“Cosa
sappiamo del divorzio dei
genitori di Anthony?” Eric
volle
soffermarsi su questo punto.
Rider
ci pensò: “Ehm, sappiamo quello
che Anthony ci ha detto, cioè che sua madre ha tradito suo
padre e quindi si
sono lasciati. Tutto qui. Passammo, poi, a parlare di una ragazza che
aveva un
sedere grosso come quello di Nicki Minaj.”
Eric
era pronto a trarre conclusioni:
“Quindi nella lista A,
aggiungiamo
anche la Signora Dimitri, oltre a Violet, Lisa e Colton?”
“E
Clarke, il fratello di Anthony! –
intervenne, Sam - Lui è andato in centrale con la madre e
lei non può aver
raccontato quello che ha raccontato, senza che il figlio ne sapesse
nulla.
Forse sono complici!”
Rider
sbottò, angosciato dal non
sapere: “Dobbiamo assolutamente scoprire quello che la madre
di Anthony ha
detto in centrale. Questo Jasper è stato incastrato,
altrimenti non sarebbe
fuggito!” e fissò Sam, a lungo.
“Che
c’è? – si accorse del suo
sguardo insistente, poi intuì – NO! Non
andrò in centrale a fare la Signora in
giallo, scordatelo!”
Eric
era d’accordo con Rider, però:
“Sei l’unico aggiancio che abbiamo con la polizia,
Sam. – cercò di convincerlo
– Non sei curioso anche tu di sapere cosa
c’è dietro?”
“Già!
– continuò Rider – Quello che
ha dichiarato la Signora Dimitri, potrebbe portarci avanti su chi sia A e capire meglio come
comportarci.”
L’altro
sospirò, voltando la testa da
un’altra parte, combattuto. Improvvisamente, si
udì un colpo di tosse provenire
dal piano di sopra.
Eric
e Rider sobbalzarono,
voltandosi, osservando la rampa di scale, che si vedeva dalla cucina,
agghiacciati.
“Avete
sentito?” Rider guardò
entrambi gli amici, inquieto, alzandosi.
Anche
Eric si agitò: “Dite che è A?”
Sam,
invece, rimase calmo, anzi,
smentì i loro pensieri: “Non è A,
ragazzi. E’ mio padre!”
“Non
dovrebbe essere in centrale?”
Rider osservò l’orologio.
“Non
è andato a lavoro oggi, non si
sentiva bene. – spiegò - Influenza!”
“Lo
sa che sei stato sospeso?” gli
domandò Eric.
Sam
si avvicinò ad una pila di fogli,
accanto al frigorifero, prendendone uno e mostrandolo ai compagni:
“Non credo
che mio padre abbia risposto al telefono, visto che il preside Ackett
ha
mandato un fax!”
“Beato
te, - lo invidiò Rider, con un
espressione angosciata - io
ho paura a
tornare a casa!”
Eric
sospettò il perché: “Ah,
già,
oggi torna tuo padre da Siracuse. Aspetto con ansia l’uscita
del suo prossimo libro!”
“Dio,
- si mise le mani sulla faccia,
piagnucolando - mi farà una ramanzina lunga quanto una
lettura di 400 pagine!”
Anche
Sam si demoralizzò: “E io dovrò
fingere di andare a scuola, ogni mattina, finchè non
troverò il coraggio di
dire a mio padre che sono stato sospeso.”
“Non
riesco a stare tranquillo,
ragazzi. Riesco solo a pensare a quello che A
potrebbe farci ancora. – esternò, Eric - E’ entrato in
casa mia, dalla finestra!”
Tutti
e tre si sentivano allo stesso
modo, restando in silenzio per qualche secondo. L’istante
seguende, Rider ebbe
un’idea.
“Ehi,
che ne dite se andiamo alla mia
casa sul lago? – fissò entrambi, dubbiosi
– Insomma, solo per una notte, giusto
per staccare un po’ la spina da questa storia. Solo noi
quattro.”
Sam
fu il primo a dare una risposta,
più convinto: “Ok, perché no.
– guardò Eric – Tu che ne
dici?”
“Ehm,
- annuì - va bene…”
“Lo
dite voi a Nathaniel? – domandò
Rider – Io ho lasciato il mio telefono
nell’armadietto della scuola e
francamente sono contento di averlo lasciato lì
dentro!”
“Io
l’ho spento questa mattina, poco
dopo il messaggio di A. –
spiegò,
Sam - Non mi va tanto di accenderlo.”
“Beh,
io l’ho lasciato in macchina di
Rider ed è acceso…Gli scriverò
io.” si offrì, Eric.
“Ma…
- Sam, azzardò una domanda – Hai
ricevuto qualcos altro da stamattina?”
“No,
niente. Forse A si sta facendo un
pisolino!” pensò
Eric, ironico.
Rider
intervenne, più serio: “Oppure
sta lavorando alla prossima mossa!” riportando cupi, i volti
dei suoi
amici.
CONTINUA
NELLA SECONDA PARTE (DOMANI)
*
Rientrato a
casa, Rider si annunciò, scrutando dentro le varie stanze
della casa, man mano che camminava. Sembrava non esserci nessuno, ma
volle
ugualmente controllare meglio; anche sul retro, in veranda. Come
pensava, c’era
suo padre, davanti al pc, a scrivere.
“Papà!”
L’altro
si voltò appena, tornando a ciò che stava
facendo, preso dal
suo lavoro: “Oh, ciao Rider. Sei a casa.”
“Si,
ero da un amico…” rimase impalato.
“Ah,
capisco…” fu di poche parole, l’altro,
impegnato.
Rider,
però, continuò, cercando un dialogo
più esteso:
“Ehm…Com’è
andata la promozione del libro a Siracuse? Stai già
lavorando al sequel?”
“Bene,
bene, c’erano molte persone… - rispose in maniera
distaccata,
gli occhi fissi sullo schermo del computer – E sì,
sto lavorando già lavorando
ad un nuovo libro, ma non al sequel di quello appena
pubblicato.”
Rider
accennò un sorriso, curioso: “Ah, sì?
E’ di cosa parla?”
“Parla
di come il mondo vada a rovescio, - raccontò, una nota
cinica -
mentre tutti preferiscono pensare che non sia così. Vengono
apprezzati i falsi,
i traditori, ma non chi contribuisce a renderlo migliore… -
lo fissò, serio -
Persino gli assassini la fanno franca, mentre gli innocenti
soccombono.”
Rider sorrise a
malapena, cercando di deglutire, dopo la sua ultima frase:
“Capisco, bella trama… Di solito mi fai trovare
una copia del tuo nuovo libro.
– scrutò la tavola -
Dov’è?”
“Oh,
perdonami, devo essermene dimenticato. – fu freddo, nel
rispondere - Dovrebbe
essercene una
copia nel mio studio, secondo cassetto.”
Rider a quel
punto non potè più tacere, davanti ad un tale
comportamento: “Papà, perché mi tratti
così?”
Quello si
voltò, fingendosi perplesso: “Così,
come?”
“Come
non mi hai mai parlato in vita tua! Cioè così, in
maniera
distaccata e…delusa, deduco.”
E
l’altro, sospirando, si sentì leggermente in colpa
e decise di
spostare una sedia, togliendosi gli occhiali: “Figliolo,
siediti…”
“So
cosa vuoi dirmi!” esclamò l’altro,
accomodandosi.
“Non
tutto, Rider. – contestò, suo padre - Nessuno
può sapere tutto.
Come io non sapevo che mio figlio potesse realizzare un video tanto
orrendo;
come quello che ho dovuto guardare sulla pagina della tua scuola.
– era
indignato, ora - Non sai la delusione che ho provato, nel vedere che
mio figlio
era il bullo della situazione e che lo faceva con altri quattro
studenti, di
cui uno morto.
Con lo sguardo
basso, Rider cercò di giustificarsi: “E’
stato Anthony
a costringermi a farlo. Ha costretto tutti noi… -
cercò di trovare le parole -
Era-era implacabile e crudele.”
“E che
razza di persona è mai questa? E che razza di persona sei
TU,
per esserli stato amico?”
Devastato dalle
parole forti di suo padre, gli lacrimavano gli occhi:
“Io-io… - riprese fiato - Hai ragione, quando dici
che non si può sapere tutto.
Ma voglio che tu sappia che quella persona che hai visto nel filmato,
non ero
io. Quella persona non ero io. E solo che…in quel momento ho
dovuto essere così
e mi vergogno di essere stato così. E ti chiedo scusa per
avermi visto così.”
L’altro
tentò di essere comprensivo: “Sai, Rider? Nelle
mie storie,
alcuni personaggi sono costretti a fare certe cose, perché
qualcuno costringe
loro a farle. Ci sono molti modi in cui la gente tiene in pugno altra
gente, ma
nella realtà è ben diverso. Nelle storie, i
personaggi cedono al ricatto e commettono
degli errori, perché è l’autore a
scrivere che le cose debbano andare così.
Nella realtà, però, l’autore del tuo
personaggio sei tu e puoi decidere di non
errare e di non cedere alle manie di grandezza di nessuno…Ma
immagino che io ti
abbia fatto questo discorso un po’ troppo tardi.”
Rider
aveva ancora gli occhi lucidi: “Hai ragione, avrei dovuto
scrivere una storia migliore per il mio personaggio e forse non sarebbe
andata
a finire così. Mi dispiace tanto di averti
deluso…”
“Rider,
non permettere mai più a nessuno di toccare la tua pagina
bianca. – gli raccomandò - La penna è
tua, e non di chiunque te la chieda in
prestito.”
Suo
figlio, a quel punto, si alzò.
“Grazie
per aver parlato con me. Ne avevo bisogno. A proposito, ero
venuto qui per dirti che io e i miei amici passeremo la notte alla casa
sul
lago. Sai, vorremmo distrarci da tutto quello che è successo
ultimamente…”
“Certo,
- annuì, nulla in contrario - ma…si tratta di
amici che rubano
le penne altrui?”
L’altro
sorrise: “No, papà. Sono brave persone, puoi
fidarti. Diciamo
che quella penna ci è stata rubata a tutti dalla stessa
persona.”
E
dopo aver chiarito con suo padre, lo lasciò al suo libro e
si
diresse in camera per preparare il suo borsone. Nel tragitto,
però, si fermò
davanti allo studio di suo padre e decise di prendere la copia del suo
libro,
nel cassetto della scrivania, per poterlo iniziare a leggere alla casa
sul
lago. Quando la prese in mano, sorrise, non vedendo l’ora, ma
c’era qualcosa di
strano: un segnalibro rosso proprio al centro della storia.
Rider
lo sfilò e sul cartoncino del segnalibro vi trovò
la lettera A stampata sopra.
Ciò che sconvolse
Rider, in seguito, fu la pagina che segnava.
“LA
tenevA
in mano, come se gli piAcesse
filmAre
per Rosewood-riservAto.
Come può stAre
lì in piedi a guArdAre?
E’ suo complice nel crimine, Ancora
unA
voltA; non
lo seguirebbe fino fondo, Altrimenti.
E’ colpevole quAnto lui, vediAmo
se riesco A indovinAre
chi è di loro quAttro.
Le nAscondo
dietro lA
bAmbolA,
hA
una cernierA
sullA
schienA e lì dentro sArAnno
Al
sicuro. Se morirÀ,
magAri
l’altro si sentirÀ
in
colpA
e confesserÀ o, mAgAri,
è proprio lui e io avrò AssAporAto
lA
vendettA Al
primo colpo.”
Rider,
confuso da questo strano testo, richiuse immediatamente il
libro, pronto a prepararsi a raggiungere i suoi amici alla casa sul
lago e
mostrare loro cosa aveva trovato.
*
Sdraiato
sul suo letto, Nathaniel stava ascoltando alcune canzoni sul
suo ipod, mentre tra le mani aveva il suo telefono. Continuava a
scorrere su e
giù la sua rubrica, con i vari contatti; si
soffermò in particolare su quelli
dei suoi compagni del nuoto, per poi tornare a guardare quelli di
Rider, Sam ed
Eric, indeciso su chi contattare per passare la serata.
Improvvisamente,
sull’ipod, partì una canzone che stranì
Nathaniel:
era di un gruppo Heavy metal, i metallica.
“Ma
che…???”
Subito
premette il tasto per cambiare brano, ma ecco che anche il
seguente apparteneva allo stesso gruppo. Nathaniel premette
più volte il tasto,
la playlist era completamente dedicata ai Metallica e la cosa lo
sconvolse a
tal punto che tirò via le cuffie dalle sue orecchie,
buttando l’ipod vicino
alle sue gambe, fissandolo, che riproduceva ancora.
Fu
lo squillo del telefono a catturare il suo sguardo, poi: era Eric.
“Pronto?”
“Ehi,
ciao, volevo farti sapere che io e Sam siamo stati a casa di
Rider. Ci ha invitato alla sua casa sul lago, stasera, per distrarci un
po’,
sei dei nostri? Abbiamo delle novità.”
“Ah,
sì? – si interessò Nathaniel,
distrattamente, fissando ancora
l’ipod, inquieto – Che novità?”
“La
polizia cerca un certo Jasper Laughlin, pensano sia stato lui a
uccidere Anthony e suo padre. E’ stata la Signora Dimitri a
fare il suo nome.”
“Dio,
- sospirò, trovando tutto così assurdo
– c’è da uscire matti con
questa storia!”
“Già,
ti daremo maggiori dettagli quando ci vediamo. Allora, vieni?”
Nathaniel
si grattò la testa, tornando a guardare l’ipod:
“Ehm, sì, ci
vediamo lì!”
“Bene,
a dopo.” chiuse l’altro.
Subito
dopo, arrivò un messaggio.
“Hai
gradito i miei gusti musicali? Pensa un pò, sono gli stessi
che aveva Albert…”
-A
Nathaniel
sgranò gli occhi, correndo alla finestra. Guardò
fuori,
attentamente, cercando di scrutare qualcosa nel buio, ma non
c’era nessuno.
*
Parcheggiato
davanti alla Hollis, Sam stava aspettando Chloe. Quella
arrivò
dopo alcuni minuti, correndo, in mano la borsa del computer e la giacca.
“Eccomi,
scusa, ho dato il mio numero ad una ragazza per aiutarla con
il suo lavoro!” esordì, col fiatone, chiudendo la
portiera, mettendosi comoda.
“Sono
il tuo autista personale, adesso?” ribattè
l’altro, per essere
accorso nuovamente ad un suo messaggio.
“Solo
per oggi, - spiegò, esausta - ho letteralmente licenziato
mio
zio con il pensiero. Quando l’ho chiamato, diceva di essere
bloccato nel
traffico!”
“Ok,
c’era qualche ragazzo carino al corso?”
domandò Sam, mentre
guidava, facendo conversazione.
“No,
solo un poster di Enrique
Iglesias sulla parete, che ho fissato per tutto il tempo,
mentre roteavo
gli occhi perplessa, sconvolta dal fatto che ero attratta da un pezzo
di carta.”
Sam
fece un commento ironico: “E io che pensavo che i ragazzi del
college fossero sexy!”
“Credimi,
- ribadì lei – trovo più attraente tuo
padre che uno
studente della Hollis… - ricevette smorfia disgustata
– A proposito, come sta?”
“Dorme
sotto quattro tonnellate di piumone e ha un campanellino sul
comodino per attirare la mia attenzione, quando vuole
qualcosa.”
Quella
scosse la testa in avanti, fingendosi colpita: “Mmmh,
interessante, io monto video di maratone fra le lepri in un boschetto e
tu fai
da Alfred Pennyworth a tuo padre.”
“Non
voglio essere nei miei panni quando
scoprirà della mia sospensione.”
replicò, angosciato.
Chloe
sobbalzò sul sedile: “Ancora non lo sa?”
“Già!
– confermò, sollevando le sopracciglia –
Dovrò vagabondare per Rosewood, fingendo di essere andato a
scuola…”
“Potresti
trovarti un lavoro, due settimane
sono tante… - ci riflettè sopra –
Magari il dogsitter; ho letto su una rivista
di attualità che secondo una ricerca, fatta da non so chi,
gli uomini al di
sopra dei 25 anni che possiedono un cane e vivono da soli, sono gay e
anche
molto affascinanti... – fece una pausa, riflettendo ancora,
amareggiata – La
stessa ricerca non vale per gli etero, credo. Il mio vicino di casa ha
27 anni,
ha un cane e fa davvero schifo. Sul serio, il vomito chiede di uscire
dalla
bocca, ogni volta che lo incontro per buttare la spazzatura.”
Sam,
però, non la stava ascoltando, troppo
impegnato a fissare la centrale di polizia. Ci stavano passando davanti.
“Sam,
mi hai sentita? – notò che non le stava dando
retta - Se hanno un cane, sono affascinanti e over
25, sono gay!”
Quello
parcheggiò, voltandosi finalmente verso
di lei.
Perplessa,
continuò: “Perché hai fermato la
macchina?”
“Ehm,
mio padre ha dimenticato un mazzo di
chiavi in ufficio, devo andarlo a prendere.”
“Bene,
vengo con te. – aprì la portiera - Devo
sgranchirmi le gambe e ripulire il mio nome!”
L’altro,
però, rimase fermo, restio al suo
accompagnamento: “Forse è meglio che vado da
solo.”
“Che
c’è? Hai paura che ci scambino per Bonnie
e Clayde? – fece una battuta
ironica, prima di scendere – Dai, facciamo presto, ho un
nuovo episodio di Shameless che mi
aspetta a casa. Guai
far aspettare i Gallagher!”
Sospirando,
Sam non potè insistere nel
trattenerla in macchina e scese anche lui, avvicinandosi alla centrale
con lei.
All’interno
del distretto, gli agenti facevano
avanti e indietro, impegnati; tant’è che nessuno
notò la loro presenza.
“Aspettami
qui, - le raccomando, tenendola
ferma per le spalle - vado alla scrivania di mio padre!”
“Ehm…
- il suo sguardo era perso fra i
poliziotti che le passavano di fianco – Si si, vai pure, io
ingannerò il
tempo…”
Sam
si allontanò da lei, incontrando uno dei
colleghi di suo padre.
“Ehi,
Sam!” lo salutò, quello, una ciambella
in mano, che masticava.
“Oh,
Ronnie, ciao… - fu colto di sorpresa –
Ehm, come stai?”
“Bene
e tuo padre?”
“Sempre
malato, probabilmente rientrerà
Mercoledì!”
Ronnie,
a quel punto, trovò strana la sua
presenza: “Capito... – diede un altro morso alla
ciambella - Comunque che ci
fai qui?”
“Papà
ha dimenticato un mazzo di chiavi e ha
mandato me. Le prendo e me ne vado.”
“Oh,
certo, fai pure… - qualcuno fece cenno a
Ronnie, lo stava chiamando – Ora vado, saluta Carson da parte
mia!” e Sam
annuì, dopo aver aspettato che si allontanasse.
Subito
dopo, si andò a sedere alla scrivania
di suo padre e iniziò ad aprire tutti i suoi cassetti,
mantenendo lo sguardo
vigile. Improvvisamente, Chloe gli fece cenno da lontano, agitando il
suo
telefono, muovendo le labbra.
“E’
mio zio, vado a rispondere fuori…”
Nonostante
la confusione, Sam riuscì a
sentirla e annuì. Quando la ragazza, però, si
voltò per uscire, andò a sbattere
contro un poliziotto, che si rovesciò il caffè
addosso, sui suoi pantaloni,
attirando l’attenzione e anche qualche risatina da parte dei
colleghi.
Chloe
sgranò gli occhi, imbarazzata: “Oh mio
Dio, mi scusi. Mi scusi tanto, non l’avevo vista…
- prese dei fazzolettini
dalla borsa – Ecco, ora la aiuto.”
Sam,
intanto, trovò delle chiavi, ma erano
dell’ufficio privato, quello dove si lavorava ai casi e dove
erano custoditi i
fascicoli. Richiuse immediatamente il cassetto, dopo averle prese, e, a
passo
felpato, si allontanò, indisturbato, approffittando della
distrazione dei
poliziotti.
Nell’altra
corridoio, meno trafficato,
raggiunse la porta, girando la chiave, puntando lo sguardo a destra e
sinistri,
cauto; l’attimo seguente, era dentro la sala, chiudendo la
porta alle sue
spalle e anche le tendine. La grande tavola che si prostrava
davanti ai suoi occhi, aveva molti fascicoli poggiati
sopra. Poco prima che potesse avvicinarsi a cercare quelli interessati,
un
messaggio arrivò al suo telefono.
“Come
siamo intraprendenti, Sam. Attento, però, a non
essere beccato, il tuo diversivo è appena uscito dal
distretto.”
-A
Sam,
agitato, rimise il telefono in tasca,
cercando in fretta il fascicolo che gli serviva; purtroppo,
però, ne erano
tanti. Improvvisamente, si fermò, voltandosi verso la
stanzina di fianco alla
sala: dentro vi erano degli scaffali con sopra delle scatole
etichettate.
Una
volta dentro, le squadrò tutte da cima a
fondo, finchè sembrò aver trovato ciò
che cercava, leggendo ad alta voce: “Caso
47B362: Dimitri! Eccolo!” e subito la trascinò
fuori, posandola a terra,
scoperchiandola.
Mentre
faceva uscire tutto il contenuto, teneva
d’occhio la porta, nell’altra stanza, teso. Tra le
mani, un fascicolo:
“Deposizione, Angela Dimitri…” lesse,
aprendolo velocemente.
Dopo
una rapida lettura, bastarono poche frasi
a sconvolgerlo, ma il tempo stringeva, così posò
il fascicolo a terra, prese il
telefono ed iniziò a scattare foto a tutte le pagine. Subito
dopo, richiuse
tutto dentro, rimettendo la scatola al suo posto. Passò
nella sala, pronto ad
uscire, ma una cartella, lì sul tavolo, attirò la
sua attenzione: “Albert
Pascali?” e una volta riconosciuto il nome, aprì
quella cartella, trovando
delle foto stampate, l’inchiostro sbiadito, prese dalle
videocamere di
sorveglianza di un supermercato: mostravano Albert, uscire da
un’auto. Anche in
quel caso, Sam fece delle fotografie e rimise tutto via, lasciando la
stanza,
richiudendo la porta.
Uscito
dal distretto, si guardò attorno,
mentre si dirigeva verso la sua auto.
“Ehi,
- esordì, entrandovi – hai visto
qualcuno quando sei uscita dalla centrale?”
“Qualcuno?
– non capì, Chloe – Di che stai
parlando?”
“Dico,
- farneticò – c’era qualcuno qui fuori?
Qualcuno che ti fissava?”
“Ehm,
no, non credo… - immediatamente, poi,
cambiò discorso, infuriandosi – Come hai potuto
lasciarmi da sola? Ho quasi
pulito per sbaglio le parti intime di quel poliziotto con un
fazzolettino, lo
sai?”
L’altro
finse un accenno di sorriso, mentre
metteva in moto: “Interessante, ti riaccompagno a
casa!”
Quella
lo fissò, seria: “Sei strano, lo sai?”
Sam
si limitò a darle una rapida occhiata,
troppo concentrato a guidare: “Voglio solo tornare a
casa!”
*
Nel
frattempo, Eric, rientrato a casa da un
pezzo, era vicino alla finestra, con un trapano in mano, che fissava
una
chiusura di metallo.
Sua
madre stava rientrando proprio in quel
momento, facendo subito caso al rumore.
“Ehi,
che sta succedendo, qui?” poggiò la
borsa e un sacchetto, avvicinandosi.
Eric
si fermò, volgendo la testa verso di lei:
“Sicurezza, Mamma!”
“Sicurezza
per cosa?” domandò, le braccia
conserte, in attesa di una risposta.
“Così
è chiusa. – spostò il pezzo,
orizzontalmente
– Così è aperta: sicurezza!”
L’altra
si lasciò scappare una risata,
perplessa: “Sì, però, non capisco
perché.”
“Questa
scala antincendio collega tutti gli
appartamenti, - spiegò - meglio essere previdenti.”
“Previdenti?
– si lasciò
scappare un’altra risata – Tesoro, al piano di
sopra non vive Robin hood!”
“Al
proprietario non
dispiacerà se facciamo qualche lavoretto, questa finestra
non si chiudeva
nemmeno bene, prima che ci mettessi mano… - si mosse verso
l’altra stanza,
seguito dalla madre – Hai preso da mangiare giù al
Brew?”
“No,
take away!”
Eric
si voltò verso di
lei, mortificato: “Mamma, un mio amico mi ha invitato a casa
sua a dormire. Ci
saranno anche altri due nostri amici, posso andare?”
“Un
piagiama party tutto
al maschile? – sgranò gli occhi, meravigliata e
sospettosa – Un pò insolito,
non credi?”
“Mamma,
tranquilla, non
sto coprendo una mega festa con tanti alcolici. Saremo solo in quattro,
davvero.”
“E
questi amici sono gli
stessi con cui sei stato sospeso?”
“Sì,
Mamma. – sospirò,
esausto – Vogliamo solo passare una serata tranquilla, sono
stati giorni
difficili. Prima la morte di Anthony, poi la sospensione, molte persone
ci
odiano. E io devo sopportare uno stress maggiore con quello che
è accaduto alla
nostra famiglia…”
Quella
si avvicinò,
intenerita, accarezzandogli la guancia: “Va’ pure,
tesoro. Ma niente alcol,
intesi?”
“L’alcol
è l’ultimo dei
miei pensieri, – le sorrise – credimi.”
*
Qualche
ora più tardi,
Rider era già alla casa sul lago, assieme a Nathaniel. I due
stavano camminando
lungo il pontile che si affacciava sul lago, di fronte alla casa,
illuminato
dalla luna. Rider, in particolare, aveva in mano un portatile, quello
di
Anthony, e anche un telefono, sempre di quest’ultimo.
L’altro, aveva in mano
una catena e un lucchetto.
“Sicuro
che…” cominciò
Nathaniel.
“Shhh!”
lo zittì,
subito, l’altro, indicandogli il telefono.
Arrivati
alla punta del
molo, Rider prese la catena dalle mani di Nathaniel e la avvolse
attorno al
portatile; non prima, però, di averci attaccato sopra il
telefono con il nastro
adesivo. Messo il lucchetto alla catena, ben stretta, gettò
tutto nel lago.
I
due rimasero a lungo
in silenzio.
“Ora,
però, possiamo
parlare!” esclamò, Rider, notando che
l’amico se ne stava ancora zitto.
“Ah,
beh, aspettavo una
parola di sicurezza. Come nel sadomaso.”
Rider
gli lanciò una
lunga occhiata, mentre tornavano indietro: “Spiritoso, siamo
sempre più nella
merda.”
“Ti
riferisci alla
misteriosa pagina messa da A, nel
libro di tuo padre?”
“Non
solo questo, Nat. –
reagì, l’altro, angosciato - A
potrebbe
incastrarci come sta facendo con questo Jasper Laughlin e non mi piace
per
niente la piega che sta prendendo questa situazione.”
“A ha già chiarito che non
intende denunciarci, Rider. Quello che
vuole è vederci camminare a testa in giù sul
soffitto, mentre usciamo fuori di
testa!”
“Dio,
ha davvero messo
le mani sul tuo ipod?”
“Già!
– esclamò,
sospirando - Prima entra a casa di Eric per congelare i suoi profumi e
ora in
casa mia per farmi amare un nuovo gruppo musicale. Che diavolo
facciamo?”
Rider,
però, non aveva
una risposta a quella domanda e l’arrivo di Sam ed Eric,
concluse la loro
conversazione.
“Ehi,
- esordì Sam,
camminando verso di loro con dei fogli in mano – sono stato
al distretto!”
Lo
sguardo di Rider si
fissò su quei fogli, incredulo: “Oh mio Dio, mi
hai ascoltato. Sono le
dichiarazioni della Signora Dimitri?”
Eric,
che già ne aveva
parlato con Sam durante il tragitto, rispose al posto suo:
“Sì, e c’è anche
dell’altro!”
“Sentite,
entriamo a
parlare dentro. – bisbigliò, poi, Sam – A
dev’essere qui in giro, era fuori dalla centrale,
me l’ha fatto capire con
un messaggio.”
“Ok,
entriamo!” esclamò
Rider, mentre si avviavano verso la porta.
Sam
si trovò di fianco a
Nathaniel, dandogli una rapida occhiata: “Ehi, ciao, sei
venuto…”
“Ehm,
sì…” annuì,
distaccato, mentre entravano.
Poco
dopo, riuniti nel
salone, il camino accesso, Sam, spiegava ad alta voce il contenuto
delle
dichiarazioni, mentre Rider fissava i fogli.
“Il
padre di Anthony era
gay e Jasper Laughlin era il suo amante…”
“Quindi
Anthony ci ha
mentito? E’ stato il padre a tradire sua madre, non
viceversa. – pensò,
Nathaniel, perplesso – Perché?”
“Beh,
dire che tua madre
ha tradito tuo padre è una storia migliore di tuo
padre ha tradito tua madre con un altro uomo e si è preso
l’HIV!” ribattè
Sam, coinciso.
“Il
punto è che la
polizia pensa che Jasper abbia rubato i soldi dalla cassaforte per
pagarsi le
medicine e tutto il resto. – spiegò Eric a
Nathaniel - Aveva un negozio di
fiori e il giorno in cui il padre di Anthony scoprì di
essere positivo, lo
incendiò e con sé, anche la sua unica fonte di
reddito.”
“E
i soldi
dell’assicurazione?” replicò Nathaniel.
Fu
Sam a rispondere,
stavolta: “Pare che Jasper avesse un bel pò di
debiti…”
“Ok,
- Nat fece il punto
della situazione - quindi la Signora Dimitri ha fatto presente di
questa storia
alla polizia, perché pensa che sia Jasper
l’assassino?”
“Il
movente c’è, -
replicò Eric
- ma noi sappiamo
perfettamente che ad aver aperto quella cassaforte e a prendere i soldi
è stato
Anthony, quella notte. Voleva creare la scena di un finto furto in
casa, poco
prima di cambiare i suoi piani con Albert.”
“Io,
Rider ed Eric –
continuò Sam – pensiamo che A
possano
essere sua madre e Clarke, il fratello maggiore di Anthony.”
“Beh,
sì, - aggiunse
Eric - ci sarebbe anche Violet, però, ma…Direi
che loro sono i sospettati
numero uno, per ora.”
Nathaniel,
a quel punto,
si mise le mani nei capelli, incredulo, ridendo per
l’assurdo: “Quindi un tizio
andrà in galera, perché la scena del crimine gli
calza a pennello, mentre noi
sappiamo la verità?”
“Lo
so, - Sam deglutì,
angosciato - ci sto male anche io, ma non possiamo dire una parola, A ci rovinerebbe!”
“Jasper
è fuggito, a
proposito…” fece presente Eric.
“Fantastico,
- commentò
Nat - ora sembrerà più colpevole!”
“Beh,
ha fatto bene, non
c’è scappatoia in questa storia. –
intervenì Rider, spostando la sua attenzione
dai fogli – Direi che ha una bella sfortuna, è un
candidato perfetto, dati i
precedenti con la famiglia Dimitri.”
“Che
c’è di interessante
lì?” gli chiese Nathaniel, a proposito dei fogli
che stava leggendo.
“Le
indagini sulla
scomparsa di Albert. Avvicinatevi!”
E
quelli eseguirono,
sedendosi vicino a lui, mentre sistemava i fogli sul tavolo: erano foto
di
Albert.
“Albert
ha veramente
incontrato qualcuno, quella notte. – indicò con il
dito la parte superiore
dell’immagine - Guardate l’orario.”
“Alle
23.12? – prese
parola, Nathaniel - Sbaglio o stavamo accompagnando Anthony in
stazione, a
quell’ora?”
“Sì,
- confermò Rider –
e cinque minuti dopo abbiamo investito Albert. Il video è
preso dalle
telecamere del Wall mart, avevamo
ragione.”
“Ed
è stato lì che A ha
iniziato a seguirci e ci ha
filmati!” esclamò Sam.
“Quindi
quell’auto blu
nella foto è…” Eric fissò
tutti, cercando di finire la frase.
Fu
Rider, però, a
completarla: “Sì, quella è
l’auto di A.
Peccato, però, che non si veda la targa; potrebbe possederla
chiunque, non è un
auto particolare o costosa.”
Nathaniel,
a quel punto,
si alzò e prese un libro, poggiato sulle mattonelle del
camino.
“Veniamo
al problema
numero due, - mostrò il libro -
io e
Rider ne stavamo parlando poco prima che arrivaste.”
Sam
aguzzò la vista,
osservando la copertina: “Richard
Stuart:
La rosa dalle spine d’oro… - si
voltò verso Rider – Ma è il libro di
tuo
padre: allora?”
Quello
si alzò,
prendendolo dalle mani di Nathaniel. Lo aprì e lo mise
davanti agli occhi di
Eric e Sam, che notarono immediatamente il paragrafo tempestato di
lettere A in rosso. Rimasero
agghiacciati.
Fu
Sam ad azzardare
qualcosa, dopo aver letto, confuso: “Complice
nel crimine, ancora una volta? Che
diavolo significa? E che cos’è Rosewood-riservato?”
“A conosce qualcosa di Anthony, qualcosa
di grave, evidentemente,
che noi non conosciamo. Pensa, però, che uno di noi sia
coinvolto con lui.”
“Ehm,
- intervenne
Nathaniel - io so quello che sapete voi. Di chiunque parli A, non sono io.”
“Nemmeno
io! – esclamò,
Sam, a gran voce, paranoico – Se qui c’è
qualcuno che conosce Anthony meno di
tutti, quello sono io. Ho sempre avuto Chloe per passare il mio tempo,
dopo la
scuola. Non so di cosa A stia
parlando.”
“Ok,
non ti agitare!”
aggiunse Rider.
“NO,
- urlò – mi agito,
invece, perché qui parliamo di un crimine in più,
Rider. E di A che ci minaccia di
morte! – andò nel
panico – Vuole ucciderci, adesso? I piani sono
cambiati?”
Nathaniel,
intanto,
stava osservando Eric, pensieroso.
“Eric,
che hai?”
Quello
alzò lo sguardo:
“Non so cosa voglia dire il resto del testo, ma so
cos’è Rosewood-riservato!”
FLASHBACK
“Torno
subito, allora, vado a
prenderti qualche paio di scarpe.” Anthony si
assentò dalla stanza, procurando
altro da indossare per il suo amico.
“Ok!”
esclamò Eric, restando lì,
da solo.
Camminando
avanti e indietro,
aspettandolo, si sedette alla sua scrivania, davanti al suo PC.
C’erano molte
cartelle sul desktop e alcune di queste lo incuriosirono;
tant’è che provò a
sbirciarci dentro. Subito, puntò la freccia del mouse su una
delle cartelle:
una dal nome particolare e misterioso. Quando fu sul punto di aprirla,
ecco che
Anthony ritornò. Vedendolo, venne preso dal panico ed ebbe
una strana reazione.
“No,
non toccare!” gli tolse via
il mouse dalle mani, bruscamente
Eric
si alzò dalla sedia,
mortificato: “Scusa, non volevo. Mi dispiace.”
L’altro,
riprendendo il
controllo che aveva perso in quell’attimo,
esclamò: “No, scusami tu, non dovevo
essere così aggressivo. E’ che non mi piace che la
gente guardi le mie cose.
Hai presente quando uno scrittore scrive una storia, ma non gli piace e
quindi
non vuole che nessuno la legga? Beh, io sono un po’
così!”
Eric,
ora, era perplesso:
“Scrivi storie?”
“Ehm,
non esattamente… - fu vago
- Scrivo cose che vanno ben oltre le storie inventate. Cose
interessanti che
condivido solo con me stesso.”
L’altro
rimase colpito da quelle
parole, non sapeva cosa intendesse esattamente e per questo rimase
immobile a
guardarlo. Anthony, poi, gli diede tutto quello che gli aveva procurato
dall’armadio, non aggiungendo altro.
“Quindi
Rosewood-riservato
è una cartella con dentro qualcosa di
privato, che Anthony custodiva gelosamente?” riassunse Sam.
“A deve aver sbirciato in quella
cartella, prima di cancellare tutto dal suo computer e farcelo
trovare.”
Commentò, Nathaniel, subito dopo.
“Mi
gioco
tutto quello che volete che gli altri scheletri nell’armadio
di Anthony erano
in quella cartella! – esclamò, Rider – E
ora A pensa che uno di noi sia
appeso lì dentro.”
“Dio,
- Sam
si morse le labbra, preoccupato – cos’altro
c’è, ancora? Chi diavolo era
Anthony, veramente?”
Eric,
lo
sguardo basso, una vena di rabbia, lo disse a bassa voce: “Un
mostro travestito
da ragazzo, ecco cos’era!”
“Eric,
che ci
facevi a casa sua, quel giorno?” pensò di
chiedere, Rider.
L’amico
sospirò, evitando lo sguardo dei compagni, poi ebbe il
coraggio di guardarli
negli occhi, finalmente: “Anthony conosceva qualcosa su di
me, probabilmente
era dentro Rosewood-riservato.
–
tutti si guardarono, sapendo perfettamente di cosa parlasse,
perché anche loro
avevano un segreto che Anthony conosceva – E credo che, a
questo punto, A lo sappia, quindi
tanto vale
confessare… - nessuno proferì parola,
così potè iniziare –
C’è un motivo se
invento continuamente scuse per avere un passaggio o per il fatto che
sono
continuamente al Brew. Vivo lì, adesso. Al piano di sopra,
in un piccolo
appartamento. – quelli ascoltarono, incantati –
Circa un anno fa, mio padre ha
preso in mano la società del suo capo per qualche mese, il
Signor Lincoln
dovette subire un intervento e i tempi di riabilitazione erano quelli
erano,
così si fidò di mio padre e affidò a
lui la società. Sfortunatamente, però,
qualcosa andò storto e, mio padre, fu costretto a fare delle
manovre finazierie
piuttosto illecite per salvare la situazione, ma non ci
riuscì. Il danno fatto
era talmente evidente che quando tornò il Signor Lincoln, lo
cacciò senza
battere ciglio e fece in modo che nessuno potesse assumerlo, in tutto
lo stato.
Abbiamo perso la casa e abbiamo dovuto vedere gioelli, macchine,
qualsiasi cosa
potesse aiutarci a tirare avanti. Ora mio padre ha trovato lavoro, a
Riverton.
– gli vennero le lacrime agli occhi - Anthony
scoprì tutto e, inizialmente, mi
aiutò, prestandomi i suoi vestiti, le sue
scarpe…Ben presto, però, mi resi
conto di aver fatto un patto con il diavolo e da allora non ho fatto
che
compiacere Anthony, apoggiandolo in tutto e per tutto, insultando gli
altri
studenti e trasformandomi in un'altra persona.”
Sam,
con una
mano sul petto, commosso, si sedette accanto a lui, mettendogli una
mano sulla
spalla.
“Dovevi
dircelo, Eric. Non avevi motivo di nascondere una cosa del
genere…”
Anche
Rider,
poi, si sentì di vuotare il sacco: “Mia sorella ha
una relazione intima con il
Professor Brakner!”
Nathaniel
sgranò gli occhi, come Sam: “COSA?”
“Rimanevo
fedele ad Anthony solo per questo, - raccontò ancora, a
braccia conserte, lo
sguardo basso - lo aiutavo con i compiti, anzi, glieli facevo io,
mentre lui se
ne andava chissà dove, dopo avermi scaricato il suo
zaino…”
Nathaniel
sembrò preoccupato, insinuando qualcosa: “Ma il
Professor Brakner…???”
“NO!
–
esclamò, Rider, intuendo – No no, credo che si
amino davvero, lui non è un
pervertito; non saltiamo a conclusioni.”
“Io,
invece…
- Nathaniel sentì che era il suo turno, mentre Sam lo
fissava, teso, sapendo di
dover essere il prossimo – Ho uno scopenso cardiaco che mio
cugino Tyler mi
aiuta a tenere sotto controllo con un farmaco. E’ grazie a
lui che sono entrato
nella squadra di nuoto, ha scritto lui il certificato medico; rischia
molto,
insomma. I miei genitori non lo sanno.”
Rider
lo fissò,
per niente sorpreso: “Quel giorno, quando sono venuto a casa
tua per aiutarti
con biologia, sapevo che quella ricetta era tua.”
“E
io sapevo
che tu l’avevi capito, ma ho preferito fingere che non fosse
così… - gli
accennò un sorriso – Grazie per non aver detto
niente.”
Sam spostò lo sguardo fra i due, letteralmente sconvolto e
furibondo: “Grazie per non aver
detto niente? -
si alzò in piedi, vaneggiando –
Questo-questo è pericoloso, potresti morire, Nathaniel, lo
sai questo? Sei
impazzito, forse? – si voltò verso Rider,
aggressivo – E TU? Perché non gli hai
detto qualcosa? Eppure dovresti essere il più sveglio tra
noi!”
“Ehm,
- cercò
di difendersi, Rider - saranno anche fatti suoi? Ho solo rispettato la
sua
scelta.”
“Scusa,
ma il
tuo problema quale sarebbe? STO BENE, ok?” ribattè
Nathaniel con lo stesso
tono.
“Nessuno,
Nat. – passò in mezzo a loro –
Nessuno!” e uscì dalla stanza.
A
Nathaniel
non andò giù, però, questa sua
reazione: “Eh no, così non
vale…” e lo inseguì.
Fuori
dall’abitazione, Sam iniziò a camminare
velocemente verso il molo, stringendo
la sua giacca, nervoso.
Nathaniel
spuntò alle sue spalle, rincorrendolo: “Aspetta,
Sam! – lo raggiunse,
prendendolo per il braccio e voltandolo - EHI!”
“Che
vuoi?”
rispose in malomodo.
“Non
puoi
fare così, ok? Lì dentro ci siamo aperti tutti
quanti, non puoi tirartene
fuori. Capisco che tu sia tanto scioccato per me, ma questo non ti da
il
diritto di svignartela. – fece una pausa, più
calmo, prendendolo per le spalle
– Anche io avevo paura a rivelare il mio segreto, sono
continuamente sotto
pressione, ma facevo male a tenermi tutto dentro. Questa storia di A ci collega tutti, in qualche modo, e
mi ha dato la forza di aprirmi con voi. – lo fissò
dritto negli occhi – Sam,
puoi confidarti con noi. Nessuno ti giudicherà.”
L’altro,
girovagando con lo sguardo, gli occhi lucidi, trovò
finalmente il coraggio di
confessare: “Sono gay, ok?”
Nathaniel
mantenne lo sguardo fissò su di lui, per poi dire qualcosa
in merito: “Lo so…”
“Lo
sai?”
sussultò, l’altro.
“Ti
ho visto
fissare Anthony, una volta. Molto intensamente. E, allora, ho
capito… - Sam
restò un attimo perplesso, lasciandolo parlare –
Adesso, non so se anche lui…”
“No
no, non
lo era. Sapeva di me e io… - mentì –
Sì, avevo una cotta per lui, ma non
gliel’ho mai detto.”
“Spero
che
non te l’abbia fatto pesare in qualche modo, ultimamente non
gli eri stato
molto fedele e, infatti, a mensa, ha parlato di te con noi, il giorno
in cui è
morto. Non direttamente, ma lo stava insinuando.”
“Bastardo…”
replicò Sam, volgendo lo sguardo da un'altra parte.
Improvvisamente,
Nathaniel sembrò aver notato qualcosa, in corrispondenza del
lago.
Sentendolo
troppo silenzioso, Sam tornò a fissarlo, seguendo, poi, il
suo sguardo: “Che
c’è? Che stai guardando?”
“C’è
qualcosa
nel lago. – indicò – Là
giù, lo vedi anche tu?”
Sam
scrutò
una piccola luce che si agitatava: “Ma è una
persona? – si allarmò – Oh mio
Dio, credo che sia qualcuno che sta annegando, non si vede molto
bene.”
L’amico
non
perse altro tempo, si tolse la maglietta: “Se è
qualcuno che sta annegando,
dobbiamo salvarlo. C’è una piccola barca in mezzo
al lago, chiunque sia,
dev’essere caduto…” e percorse il molo,
inseguito da Sam.
“Aspetta,
-
cercò di fermarlo, preoccupato - forse non è una
persona. Non ne sono sicuro,
non andare!”
“Non
è
lontano, ci metterò pochi minuti ad arrivare fin
lì!” e si gettò in acqua,
iniziando la bracciata.
“Nathaniel,
NO! – tentò di fermarlo ancora, urlando, invano -
L’acqua è troppo fredda!”
Gli
altri due
compagni, sentendo le grida, uscirono.
“Ma
che
succede?” esordì Rider, mentre con Eric
raggiungevano Sam, lungo il pontile.
“Credo
di
aver visto una persona, - si affrettò quello a spiegare, con
lo sguardo fisso
su Nathaniel, la voce tremante, cercando di non perderlo di vista - al centro del lago.
Nathaniel si è tuffato
per andare a vedere.”
Rider
affinò
lo sguardo: “Sembra che ci sia una
barca…”
“Che
ci fa
una barca in mezzo al lago, a quest’ora, in pieno
Ottobre?” lo trovò strano,
Eric.
“NATHANIEEEL!”
gridò Sam a squarcia gola, avvicinandosi alla punta del
molo. Quasi cadeva.
“Ehi,
- lo
avvertì, Rider - stai attento o così
cadrai.”
“Chi
abita
dall’altra parte del lago?” gli chiese Sam,
indietreggiando accanto a lui.
“Non
so,
persone che vengono qui d’estate. Conosco i miei vicini, ma
non quelli che
abitano dall’altra parte del lago.”
Eric
trovò la
faccenda sempre più strana, avvicinandosi a loro:
“Se le case sono disabitate,
allora chi sta annegando?”
E
tutti
rimasero a fissare il lago, inquieti ed ignari di cosa stesse accadendo.
Nathaniel,
nel frattempo, stava ancora nuotando. Bracciata dopo bracciata. Ormai
sentiva
freddo fino alle ossa. Finalmente, poi, arrivò a quella
luce, che altro non era
che una torcia. La cosa sconcertante, però, fu che la torcia
era nelle mani di
una bambola gonfiabile a cui Nathaniel si appoggiò,
incredulo ed esausto.
“Ma
che
diavolo…??”
Non
aveva più
fiato, eppure riuscì a scorgere un biglietto attaccato al
petto della bambola.
“Sapevo
che saresti venuto tu. Ce la farai a tornare
indietro con quel piccolo problemino che hai appena condiviso con i
tuoi
amici?”
-A
“Figlio
di
puttana!” commentò, quasi senza fiato per il
freddo e la lunga nuotata.
Subito,
il
ragazzo, raccolse le poche forze rimaste e iniziò a tornare
indietro.
Poco
dopo,
gli altri lo videro arrivare in lontananza e Sam gridò
subito ai suoi compagni:
“Sta tornando! Presto, prendetegli qualcosa per
asciugarsi!”
Eric
corse
subito in casa, mentre Rider e Sam si tenevano pronti a soccorerlo.
Nathaniel
toccò il molo con una mano, stremato, e Sam si
gettò letteralmente accanto a
lui per sollevarlo,mentre Rider lo tirava da sopra.
Eric
arrivò
con un paio di asciugamani, che Sam gli strappò dalle mani
per asciugare
Nathaniel.
“Ma
che è
successo? - voleva sapere Rider - Allora?”
L’altro
stava
riprendendo ancora fiato e Sam glielo ricordò severamente:
“E’ appena uscito
dall’acqua gelata, dagli un secondo!”
Finalmente,
poi, Nathaniel riuscì a parlare, steso a terra, tremante:
“Non c’era nessuno.
Era una bambola…Una bambola gonfiabile. –
allungò il biglietto che stringeva
fra le mani – Con questo!”
Rider
lo
lesse ad alta voce, prendendoglielo: “Sapevo
che saresti venuto tu. Ce la farai a tornare indietro con quel piccolo
problemino che hai appena condiviso con i tuoi amici? A!”
Eric,
sconcertato, si domandò: “Oh mio Dio, ci ha
sentiti? – si rivolse a Rider – Ma
non l’avevi buttato il telefono di Anthony?”
“L’ho
fatto!
– replicò – Assieme a Nathaniel, poco
prima che tu e Sam arrivaste.”
“Ma
allora
era in casa con noi? – Eric, sbiancando, si voltò
verso la casa – Dite che è
ancora lì?”
“Non
credo…”
pensò Rider.
Improvvisamente,
le condizioni di Nathaniel peggiorarono.
Sam
tolse le
mani dal suo corpo, che fino ad un attimo prima stava strofinando, nel
tentativo di riscaldarlo: “Oh mio Dio, sta diventando
viola.”
“Le
mie…le
mie... – tossì, Nathaniel, gli occhi socchiusi,
una mano sul petto – medicine.
Tasca destra.”
Sam
ripetè
quello che aveva appena detto, standogli accanto: “Le sue
medicine! Sono nel
borsone, fare presto!”
Ed
Eric,
senza perdere un solo secondo, corse a prenderle, tornando dopo quasi
un minuto
con l’intero borsone in mano e con una nota di panico, che
avevano tutti, a
quel punto.
“Non
riesco a
trovarle, - frugò ancora, davanti a loro - non sono dove ha
detto lui.”
“Trovatele,
presto, sta morendo!” gridò Sam, in maniera
incontrollata, mentre
Rider si univa ad Eric, mettendo
sottosopra quel borsone. Ad un certo punto, però, Rider si
fermò.
“Oh
no… –
sgranò gli occhi – Non sono qui dentro, lo
erano!”
“E
dove sono,
allora?” gli chiese, Eric.
“Le ha prese A!” rispose, fissandosi con gli
altri due.
Sam
perse la
testa, a quel punto: “Mi state prendendo in giro? –
si alzò in piedi – Vado a
prendere il mio telefono, chiamo il 911. ORA!”
Rider
lo
fermò per un braccio.
“Sam,
aspetta, credo di sapere dove sono!”
L’altro
lo
fissò, basito, trovandolo assurdo: “TU, credi?
Rider, continuate pure a giocare
a Sherlock Holmes con A, io vado a chiamare
un’ambulanza e
poi la polizia. – tornò a camminare verso
l’abitazione, rapido -Questa storia è
già durata fin troppo!”
“Sono
nella
bambola gonfiabile!” aggiunse Rider, insistendo.
Sam
si fermò,
voltandosi.
“La
pagina
messa da A nel libro di mio padre,
parla di una bambola gonfiabile. Non è una coincidenza. Sam,
non possiamo
perdere tempo a chiamare un’ambulanza. Guardalo! –
indicò Nathaniel, steso sul
pavimento di legno del pontile, livido in volto e con il respiro corto
– Non ce
la farà mai, dobbiamo prendere quelle medicine!”
“Bene,
prendiamole allora!” si arrese Sam, fissando Rider.
“Io-io
non so
nuotare, - rispose quello, titubando - inutile che guardi
me.”
Sam
guardò
Eric per una frazione di secondo, anche lui impalato, così
decise subito di
prendere l’iniziativa, lasciandoli perdere, una smorfia di
delusione, prima di
voltarsi e correre lungo il molo.
Mentre
si tuffava,
Rider gli ricordò, avanzando: “Sono dietro la
schiena della bambola, c’è una
cerniera!”
Poi
si voltò
verso Eric, rimasto abbastanza provato e mortificato.
“Perché
hai
esitato? Hai più possibilità, rispetto a Sam.
Possibilità fisiche, intendo.”
L’altro,
a
disagio, rivelò: “Ho paura dell’acqua,
ho avuto un’esperienza quasi traumatica
quando ero piccolo e…Mi fa paura. MOLTA paura.”
Rider
si
avvicinò a Nathaniel, continuando a tenere
d’occhio Sam: “Fortuna che c’è
lui…”
Sam,
intanto,
infreddolito e affannato, arrivò alla bambola, cercando una
cerniera sotto di
essa; le mani tremavano e i denti battevano. Girò la bambola
verso la
superficie, rivelando la cerniera. Subito, dopo averla aperta,
estraette il
flacone, sorridendo sollevato, le labbra viola. Improvvisamente, le
luci del
molo attiguo si accesero in una luce abbagliante. Sam era molto vicino
a quel
molo, tant’è che dovette mettere una mano davanti
alla faccia, accecato.
Quando
quella
luce si attenuò, Sam riuscì a scorgere qualcuno
che camminava lungo quel molo;
qualcuno con
indosso un cappuccio nero,
i guanti neri, il volto coperto: un’ombra, nella luce. Sam
continuò a fissare
quella persona, si sentiva solo il rumore del suo respiro, mentre se ne
stava
aggrappato alla bambola. Dentro di lui, iniziò a crescere la
paura. Più
osservava quella figura, lì, ferma, a guardarlo,
più sentiva che quella figura
oscura era A. Ne fu certo, quando
quello alzò la mano e lo salutò. A quel punto,
Sam si staccò dalla bambola e
nuotò il più velocemente possibile, temendo che
l’avrebbe raggiunto per fargli
del male. Non aveva mai provato così tanta paura in vita sua
e l’adrenalina gli
permise di fare grandi bracciate.
Mentre
Rider
stava accanto a Nathaniel, nel tentativo di riscaldarlo e rassicurarlo
con
qualche parola, Eric si avvicinò
all’estremità del molo per aiutare Sam a
risalire, dato che stava tornando. Immediatamente, quando si
avvicinò, lo prese
per il braccio, tirandolo sopra con lui, notando la sua espressione di
terrore.
“Sam,
stai
bene?”
“Si
si, sto
bene. – Sam si accasciò sulle assi del pontile,
senza fiato, alzando solo il
braccio, nella mano stringeva il flacone del farmaco – Ora
dobbiamo dare le
pillole a Nathaniel, portarlo dentro e riscaldarlo”
Eric
glielo
prese dalle mani, aprendo immediatamente il flacone. Dentro,
però, trovò un
bigliettino.
“Che
gesto romantico, non trovi? Forse Nathaniel ti
ricompenserà con un bacio…”
-A
Eric,
ignorando quel che c’era scritto, si
mise il biglietto in tasca, visto soltanto da Rider, con cui si
scambiò un’occhiata;
Sam non si accorse di nulla, in quanto stremato, con la faccia a terra.
Rider
prese la pillola dalle mani di Eric e la
mise in bocca a Nathaniel. Dopo, cercò di farlo bere dalla
bottiglietta d’acqua
che trovò nel borsone, lì di fianco.
Qualche
secondo dopo, Nathaniel sembrò
respirare meglio.
“Bene,
sta funzionando. – Rider tirò un
sospiro di sollievo, assieme ad Eric e Sam, che aveva alzato la testa
– Ora
dobbiamo portarlo dentro e stabilizzare la sua temperatura
corporea.”
Prima
che potessero muoversi, però, Sam
riprese la parola, nonostante avesse ancora il fiato e il corpo che
tremava:
“Ho visto A! Era
dall’altra parte
del lago e mi ha salutato…E’ fuori di
testa…”
Rider
ed Eric, misero gli occhi sull’altro
molo, ancora acceso. Quest’ultimo, prese un altro asciugamano
e lo mise sopra
Sam.
“Andiamo
dentro, dai!”
Ma,
ancora una volta, furono fermati da
qualcosa: un messaggio. Il telefono di Nathaniel vibrò
all’interno del suo
borsone.
Rider
lo prese e mostrò a tutti il contenuto
del messaggio, il viso sconcertato.
“La
morte è un sogno, stronzetti. E io lo renderò
così
oscuro da trasformarlo in un incubo senza fine. Chi sarà il
prossimo a giocare
con me? Sembra che Nathaniel sia riuscito a sopravvivere al suo turno,
voi
farete altrettanto?”
-A
I
tre si guardarono, un brivido lungo la
schiena…
SCENA
FINALE
A
era
nuovamente nel suo covo, la sua scrivania libera completamente libera,
eccetto
la tazza di caffè e un contenitore di cercamica con dentro
delle penne. Le foto
dei quattro ragazzi e Albert, sempre attaccate sulla parete metallica,
i tubi
che gocciolavano. Una lampadina illuminava la superficie del tavolo;
verso il
bordo, un auto giocattolo con dentro quattro bambole di pezza, simili a
Nathaniel, Rider, Eric e Sam, nei dettagli, come gli abiti cuciti sopra
e i
diversi tagli di capelli, ricreati con dei fili di spago. Fu la bambola
di
quest’ultimo, Sam, ad essere presa da A, portata più vicina alla
luce. La
poggiò, aprendo uno dei cassetti, subito dopo, tirando fuori
un tubetto di
colla a fissaggio rapido. Fischiettando, riprese la bambola con una
mano,
mentre con l’altra stringeva il tubetto, facendo fuoriuscire
il liquido e
adagiandolo lungo la cucitura che simulava la bocca. Infine, ci
soffiò sopra,
nel tentativo di farlo asciugare. Dopo, portò il suo dito
davanti alla sua
bocca, emettendo un lieve suono.
“Shhhh…”
CONTINUA
NEL QUINTO CAPITOLO