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Autore: Mannu    10/02/2016    0 recensioni
Un altro quando, un altro dove: in un mondo animato dalla forza del vapore Veruska è una giovane domestica accompagnatrice da poco diplomata in cerca del suo primo impiego. Non esita a salire a bordo di un bellissimo treno che la porta verso una movimentata avventura che non avrebbe mai sospettato di poter vivere.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Veruska'
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Schmeisser (Vollversion)
Der zweite Teil

A questo non era preparata.
La strada in collina, larga e ombreggiata da filari di alberi perfettamente curati, terminava di colpo con un grande spiazzo circolare e una sorta di arco di trionfo decorato da candide statue di dei greci e da bassorilievi di antiche battaglie. Era sbarrato da un enorme cancello in ferro battuto, decorato da fiori e foglie di metallo nero e difeso da aguzze punte e lance dorate. Intorno... nulla. Non una recinzione, un'inferriata, una siepe. Nulla.
L'auto a noleggio si fermò leggermente in disparte, come se la sua vernice blu cangiante fosse troppo vivace per quel severo monumento che pareva piantato nel bel mezzo della campagna. Scesa dalla vettura la giovane si guardò intorno ma non scorse altro che il delizioso paesaggio di collina: prati verdi e alberi, e la strada che spariva serpeggiando in salita. Della caotica città di polvere nera, mattoni rossi e treni non c'era la minima traccia. Si sentivano gli uccelli cinguettare.
- Ora vedremo se i tuoi cinque demark sono stati spesi bene o no. Se davvero sei attesa, quel cancello si aprirà per te. Altrimenti... beh, spero tu abbia altri cinque demark.
Ciò detto l'autista, rimasto vicino alla sua auto, posò un piede sulla ruota anteriore sterzata e ficcate le mani in tasca stette zitto ad aspettare.
Dapprincipio non accadde nulla. La borsa di nuovo appesa alle mani che le batteva sulle ginocchia, se ne stette in piedi rigida come un baccalà attendendo un cenno qualsiasi e pensando che no, non aveva altri cinque demark.
Poi il sibilo caratteristico di un veicolo a vapore. Intuì lo scintillio dei cristalli e della carrozzeria attraverso gli alberi, in lontananza. La vettura filava veloce e divorò le curve una dopo l'altra. Il cancello cominciò ad aprirsi senza che nessuno l'azionasse direttamente. Oltre l'arco uno spiazzo ampio come quello dove lei sostava in piedi. Il conducente della vettura che l'aveva portata lì non trattenne un fischio di ammirazione.
Poi apparve la vettura. Era un modello estremamente lussuoso: il lungo cofano terminava con un radiatore che sembrava un piccolo Partenone affiancato da tre paia di fanali cromati, trombe d'ottone a specchio e sormontato da una “S” d'oro grande come un piattino da caffè. Le quattro ruote anteriori sterzarono tutte ostentando mille raggi lucidissimi mentre l'auto faceva manovra per offrirle il fianco. Era così ben realizzata da non lasciar nemmeno intuire dove si trovasse la caldaia e il serbatoio dell'acqua, mentre un soffio e un modesto sbuffo di fumo tradiva la posizione delle valvole e dello scarico.
Lo sportello si aprì e l'autista in divisa scese. Agitò un guanto bianco all'indirizzo del conducente dell'auto elettrica che afferrò al volo il messaggio senza parole: salì sulla propria auto e usò il piazzale per invertire la marcia. Sparì presto, tra il frusciare delle gomme sull'asfalto e il lieve vibrare dei motori elettrici.
L'autista gallonato aprì con fare ossequioso la portiera dell'abitacolo e da esso scese una figura che lasciò la ragazza stupita.
- La signorina Veruska Meinhertz, suppongo.
Alto e allampanato, i pochi capelli superstiti palesemente tinti di nero e una discreta spocchia, stretto in una divisa grigia e nera dall'alto al basso la squadrava un maggiordomo.
- Onorata – rispose lei con una poco sentita ma impeccabile riverenza. Quello per risposta estrasse un orologio d'oro dalla tasca del panciotto grigio cenere e le contestò un ritardo prossimo alla mezzora.
- Non accadrà più – lo rassicurò Veruska, certa di ciò che stava dicendo. Considerava ingiusta quell'accusa: era giunta col primo treno del mattino e aveva speso quasi tutto il denaro rimasto per noleggiare un'auto pubblica pur di fare presto.
- Sarà opportuno – rispose l'uomo con un tono affettato – Ora sbrighiamoci, su! A bordo!
La fece salire per prima, ma lasciò che la borsa da viaggio la impacciasse nei movimenti. Non le disse nulla ma Veruska si sentiva gli occhi di lui appuntati addosso che scandagliavano, soppesavano e valutavano ogni gesto, ogni movimento che lei faceva.
La vettura si mise in moto subito. C'era uno spesso e lindo cristallo che separava il posto di pilotaggio dal salottino dei passeggeri e un tubo di ottone chiuso da un grazioso coperchio incernierato consentiva di istruire l'autista. Non si percepiva alcun rumore del motore: se chiudeva gli occhi Veruska a stento aveva la sensazione di muoversi. Dal lato opposto del morbido e lussuoso divano il maggiordomo la squadrava cupo.
- Alla Villa l'etichetta è molto importante – disse senza preavviso alcuno – si rivolgerà a me con l'appellativo “signore” e vorrà sempre riferirsi a me come “signor Hirsch”. Parimenti si relazionerà con frau Besen, la responsabile di tutto il personale. La servitù, con la quale le suggerisco caldamente di non prendersi licenza alcuna, è composta da quattro giardinieri, due sguatteri, due cameriere e lavandaie, due cuochi, l'autista. E, a partire da oggi, lei signorina Meinhertz. Se si darà il caso.
Ci fu una breve pausa e Veruska ne approfittò per un lieve cenno d'assenso col capo. Come se fosse esattamente quello che stava aspettando, il maggiordomo riprese subito il severo monologo.
- L'ordine e la disciplina sono tenute nella massima considerazione. Non servirà Lord Schmeisser né il Signorino, quello è compito mio e di frau Besen. Dapprincipio affiancherà nel loro lavoro le cameriere. All'occorrenza darà una mano in cucina. Riceverà disposizioni esclusivamente da me e da frau Besen. La paga è di dieci demark a settimana al netto di ogni mancato servizio e di ogni eventuale danno arrecato, versati in contanti il trenta di ogni mese.
Veruska fu tentata di ribattere immediatamente e con vigore. Era stata assunta come domestica accompagnatrice, non come cameriera, sguattera e chissà cos'altro. Si ripropose di accantonare in fretta la cifra per un biglietto di ritorno a casa: qualora la situazione fosse diventata intollerabile, se ne sarebbe andata da lì a costo di scendere a piedi dalla collina.
Il signor Hirsch tacque, dandole modo di concentrarsi un poco sul panorama di rara bellezza che le si offriva agli occhi. L'auto stava scalando la collina seguendo la strada in salita che già un paio di volte si era arricciata in un vero e proprio tornante. Le curve sembravano non finire mai ed erano per lo più dolci: quando l'autista rallentò per affrontarne una più stretta delle altre Veruska poté gettare un lungo sguardo verso un panorama mozzafiato. Nessun albero le impedì di vedere lontane montagne turchesi, colline a perdita d'occhio, verdi di prati o cupe di boschi di aceri e sempreverdi. E una villa dalle dimensioni impressionanti.
Le pareti erano del color della crema e il tetto era nero d'ardesia, cosparso di cento comignoli. Le finestre erano tutte alte e decorate con archi e timpani, alcune avevano terrazzi fioriti. Era circondata da un giardino così grande da digradare assecondando la pendenza della collina in cima alla quale lo smisurato edificio era stato costruito. Ma soprattutto a colpire l'attenzione di Veruska fu che la villa aveva almeno tre piani ed era molto, molto estesa. Una voce le sussurrò all'orecchio che quella non poteva essere che Villa Schmeisser. Ci volle ancora un quarto d'ora a velocità sostenuta prima di arrivare alle scuderie.
   
 
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