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Autore: LostHope92    11/02/2016    1 recensioni
Una piccola Flashfic su Bellatrix Lestrange e la sua prigionia.
Spero di averle reso giustizia (essendo lei uno dei miei personaggi preferiti) :)
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il giorno è morto o almeno così mi è parso.

L'ombra delle sbarre della mia cella si è allungata e ha percorso tutto il pavimento, per poi sparire di nuovo.

Le mie gambe avrebbero voluto trascinarmi vicino all'unica finestra che era stata costruita in questo piccolo posto angusto, ma troppo deboli mi hanno lasciata là, sul pavimento lercio e putrido.

Le urla degli altri prigionieri mi arrivano come una melodia già sentita, ormai le mie orecchie le accolgono quasi con noia. Mi sembra di riconoscere quella di mio marito, bassa e rasposa, che maledice tutti, compresa me.

Me, perchè ho ceduto alla voglia di cambiare il mondo, perchè per farlo mi sono inginocchiata senza alcuna dignità ai Suoi piedi.

Sento la sua rabbia, si sprigiona come un conato, si abbatte prendendo di mira il mio nome, che risuona come un eco dall'aldilà.

-Bellatrix, sciocca puttana!- ora l'ho sentito chiaramente.

Sciocca perchè ho ceduto il cuore a qualcuno che non lo ha, puttana perchè ho tentato in tutti i modi di cedergli anche il mio corpo.

E lui lo sa, ma non ha mai smesso di amarmi.

Sento le mie labbra secche e screpolate distendersi dolorosamente in un sorriso.

Il mio caro maritino.

Che mi ucciderebbe con il suo amore e il suo odio. Si mescolano in una pozione letale, fatta di rabbia e pianti, di urla e sorrisi.

Perchè non posso amarlo?

Sarebbe tutto così facile, cedere all'amore di un essere come lui.

Prevedibile, come un sentiero già battuto.

Ma il mio sangue cerca la sfida, il mio cuore la anela con trasporto.

Se ci fosse un sentiero nella foresta lo lascerei di corsa, prenderei la mia gonna tra le mani e correrei, tra gli arbusti, senza guardarmi più indietro.

Mi stringo il braccio sinistro, accarezzo il marchio nero, sbiadito da anni, lo bacio.

E tutto ad un tratto lui...

Brucia.

Le gambe che prima mi ancoravano al terreno, ora fanno scattare il mio corpo in piedi.

E un suono si fa strada dolorosamente nella mia gola: una risata.

Non importa se le mie labbra sanguinano, se le corde vocali bruciano, continuo imperterrita a ridere e gridare:

-Finalmente mio Signore!-

E Azkaban cade, lasciandomi godere la visione del mare, che con urla rabbiose accoglie il ritorno del mio Signore.

   
 
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