5.
Deformazioni
-Mi spieghi come fai a
non aver ancora imparato?-
-Mi spieghi come fai a
non capire che non ti stavo proprio ascoltando?-
Lascio cadere la
guancia contro il palmo della mia mano, che tengo sollevata con un gomito puntellato
contro la superficie del tavolo.
-Quanti anni ti ci
vogliono per capire le regole di un semplice gioco?- Si interroga
il giovanissimo vampiro seduto proprio di fronte a me, dall’altro lato del
tavolo.
Lascio roteare gli
occhi.
-Sei con noi da trentotto
anni, non sono sufficienti?-
Mi raddrizzo e
nascondo un sorrisino. -Li hai contati? Sei uno dei
pochi a non arrotondare i miei anni addirittura a cinquanta!-
Anche lui sorride,
deliziato. -Sono uno dei pochi a fare attenzione a quello che dico!-
Scuto la testa. -Giocare
a scacchi non è semplice! Tanto meno quando il tuo avversario ha iniziato secoli
primi di te e conosce ogni strategia per arrivare alla vittoria!-
Il mio amico
ridacchia.
-A, dimenticavo,
l’avversario in questione non sa perdere!- Preciso.
-E come fai a dirlo,
hai mai vinto?-
Lancio un’occhiata
fugace alla pregiata scacchiera in mezzo a noi, prima di sollevare lo sguardo sul
ragazzino più vecchio della storia. È incredibile pensare che Alec abbia diversi
secoli più di me, abilmente nascosti dietro i suoi lineamenti da eterno bambino.
-Ti piace giocare
proprio contro di me perché sai di vincere facile.- Affermo.
Le sue labbra carnose
si arricciano. -Ma no, è che vorrei davvero insegnarti qualche trucchetto!-
-Potresti svelarmi
perché giochi sempre con i bianchi!-
Si stringe nelle
spalle. -Muovono per primi!-
Lo studio per un instante, attenta alla sue espressioni volutamente piatte
per passare inosservate.
-E per te è
indispensabile avere quel vantaggio, giusto?-
-Mi piace stabilire le
regole!-
-Vuoi solo vincere!-
Lo punzecchio.
Ma Alec si siede più comodamente sullo
sgabello, incrocia le braccia sul tavolo e ricambia il mio sguardo attento. -Applicati,
diventa brava e battimi!-
Guardo da un’altra
parte e torno ad appoggiare il mento al palmo della mano. -Ci sono più probabilità che scoppi un terremoto proprio
adesso!-
La camera sotterranea
in cui ci troviamo ha il soffitto a volta, strutturato
da travi in legno a vista. Ampie colonne di marmo sostengono gli archi
eleganti, a cui sono appesi vecchi lampadari di ferro
battuto neri con finte candele elettriche. Ovviamente non ci sono finestre, ma
diversi tavoli circolari con panche di legno attorno.
Chiamiamo scherzosamente
questa stanza la taverna, ed è quanto
di più simile abbiamo a una sala giochi, che usiamo come punto di ritrovo. Fra
una missione e l’altra, quando siamo liberi e abbiamo voglia di passare del
tempo con i nostri compagni senza nulla di particolare da fare, scendiamo qui
sotto.
A volte ci vengo anche
solo per starmene seduta in un angolo a leggere, ascoltando le chiacchere
sconclusionate dei miei colleghi, oppure mi intrattengo
con loro per ammazzare la noia quando la solitudine della mia camera non mi
alletta particolarmente.
-Magari ti
divertirebbe di più giocare con il tuo caro Demetri…- Esclama Alec, senza
preavviso.
Torno a prestargli
attenzione, cogliendo la sua smorfietta antipatica mentre rimette in ordine le
pedine sulla scacchiera.
Per sua fortuna, qui
dentro siamo quasi soli oggi, ed ha avuto almeno la gentilezza di usare un tono
di voce lieve. Se siamo fortunati, magari non lo avranno sentito in tutto il
castello.
-Non credo proprio!-
Chiarisco, anche se non capisco fino in fondo il senso della sua provocazione.
Quello che so è che,
il solo sentire il nome di Demetri, mi ha scombussolato e irritata più di
quanto vorrei.
-Perché, non calcoli
ogni passo che fai in base a quelli che fa lui?-
Gli riservo un’occhiataccia
particolarmente ostile e lui mi ricambia con un sorrisetto. Continuo a non
capire cosa lo diverta tanto, ma d’altro canto si tratta di Alec, lui adora far
infuriare chi gli sta vicino. È il suo passatempo preferito.
Sorrido, mi avvicino a
lui appoggiando le braccia sul tavolo e decido di stare al suo gioco.
Ma a modo mio.
-Perché non ci giochi
tu con Demetri? So che ti batte sempre…-
I suoi lineamenti si
contraggono come se avesse assaggiato con la punta della lingua un frutto aspro
e amaro.
-Lui gioca con i neri!-
Appura, con tale disprezzo che penso abbia davvero qualcosa di acerbo in bocca.
-Allora siete una
coppia di sfidanti perfetti!- Canticchio, congiungendo i palmi delle mani per
rafforzare il concetto.
-Studia le mosse dell’avversario,
riflette, tipico di lui! Cacciatore fino al midollo!- Brontola, scuotendo la
mano come se stesse cacciando via una mosca.
-Abbiamo tutti le nostre
deformazioni professionali.-
Ruoto leggermente su
me stessa, faccio passare una gamba oltre la panca e mi ritrovo a guardare
Chelsea e Afton che amoreggiano in un angolo. Sono
seduti attorno ad un tavolino, abbracciati e troppo impegnati ad accoccolarsi
per badare a noi.
Mentre osservo la
ragazza dai lunghi capelli chiari, abilmente ondulati che le incorniciano il
grazioso viso a cuore, mi chiedo perché accidenti non riesca a farmi andare a
genio quei due.
Il potere di Chelsea dovrebbe
rimanere segreto ma è noto a tutti, preferiamo comunque non parlarne per non
dargli troppo peso, o forse per non ricordarci da soli che l’unione del nostro
gruppo non è del tutto casuale.
Il punto è che quella
vampira non mi piace, a pelle preferisco starle alla larga, forse perché temo
il suo talento più del dovuto. Certo, è strano che io abbia la possibilità di
esserle ostile, dato che potrebbe perfino farmi
innamorare di lei, se lo volesse. Probabilmente Aro non ritiene indispensabile
il mio affezionamento per Chelsea, anche se so che le ha chiesto di intervenire
su di me quando ero appena arrivata, per darmi un aiutino speciale a
integrarmi.
Non dovrebbe
dispiacermi, d'altronde il suo è uno dei poteri più nobili, ma non è forse il
più subdolo?
Il solo pensiero di
non essere libera di odiare e amare chi voglio, quanto voglio,
mi spaventa.
Per di più Chelsea è
la migliore amica di Heidi, si confidano e passano molto tempo insieme, come
due ragazzine che pensano solo al colore dello smalto per le unghie e agli
abiti di moda del momento. Mi si storce il naso al solo pensiero.
Afton poi, non lo sopporto proprio, parla
il meno possibile e fa di tutto per farmi sentire in
difetto ogni volta che apro la bocca in sua presenza. Abbiamo anche avuto degli
attriti abbastanza evidenti poco dopo il mio arrivo ma, forse grazie al potere
di Chelsea o per i rimproveri e consigli che Demetri e Felix mi hanno
impartito, ho imparato a considerarlo e a rispettarlo come mio collega, anche
se non saremo mai amici.
Magari è la sua
deformazione, tutti noi siamo influenzati dal nostro potere. Ogni nostro
singolo talento deriva da un’attitudine che avevamo sin da umani, dal nostro
stile di vita o da qualcosa che abbiamo subito.
Afton ha il potere di rendersi invisibile,
guarda caso passa molto tempo da solo ed è molto selettivo nei suoi rapporti
interpersonali.
Chelsea, invece,
instaura legami solidissimi, ovviamente. Se odia, lo fa in maniera profonda, ma
sa farsi voler bene da tutti ed è la beniamina del
gruppo anche senza attingere alla sua abilità.
O almeno così lei
dice.
-E tu che deformazione
hai? Quella di essere tutta occhioni per il segugio?-
Impreco mentalmente, oggi
Alec ha voglia di farmi saltare i nervi. Torno a guardarlo,
non potendo fare a meno di confermare i miei pensieri. Dato il suo talento,
dovrebbe essere noioso, apatico, invece irrita più di una pianta orticaria.
Probabilmente porta le sue vittime al punto di invocare la sua nebbia
soporifera. C’è anche da dire che Alec riflette molto e sa starsene ad
ascoltare per ore senza mai replicare.
In questo è molto
simile a Demetri, magari è per questo che non vanno
tanto d’accordo.
-E tu?- Ruoto
nuovamente il busto per tornare a sedermi dritta e lo fisso a testa alta,
sfacciata. -Il segugio ti sta tanto antipatico perché
è più bravo di te nel tuo gioco preferito? Vuoi che batta i miei occhioni e gli
chieda di insegnarti a non farti fare scacco matto?-
Lo sguardo di Alec si
assottiglia, mi trafigge, ma le sue labbra si sollevano e si curvano in un
ghignetto furbo.
Solleva una mano e
agita le dita, su chi appare una nebbiolina nera vorticante. -Vuoi farti un
sonnellino?-
Sventolo una mano
creando minuscole e invisibili spirali tra le mie dita. -Vuoi farti in giro per
aria?-
Rimaniamo a fissarci
attentamente per qualche secondo, intanto che il ghigno di Alce si amplia e un
sorriso sfugga al mio controllo. Non abbiamo realmente bisogno di sfidarci, ma
credo di essere l’unica qui dentro a poter tenere testa ad Alec, a parte Jane,
che ovviamente non farebbe mai nulla contro il suo adorato fratello.
Alec si abbandona a
una fragorosa risata, battendo addirittura una mano sul tavolo, e fa sparire la
sua nebbia anestetica.
-D’accordo! Niente scacchi.-
Mi concede, ricomponendosi, mentre sposta delicatamente via la scacchiera. -Allora
che facciamo?-
Non ho esitazioni e
punto dritto lo sguardo sul mega schermo incastonato nella parete. È nero
lucido, di ultima tecnologia digitale, ma in realtà fisso la scatoletta metallizzata
su di una mensolina poco sotto il televisore.
Alec scuote la testa. -Moderna!
Che cosa saresti senza la tecnologia!-
Nascondo un risolino e
scivolo via dalla panca prima che Alec cambi idea. -A differenza tua, so
divertirmi. E poi voglio poter fare un gioco dove
posso vederti perdere!-
-Non sei più brava!-
Sto già raggiungendo
la postazione, ma mi volto un attimo verso di lui. -Gioca allora, di che hai
paura?-
Non risponde, così
scrollo le spalle e vado a sedermi sul pavimento, davanti allo schermo.
-Apriti.- Bisbiglio
Al mio comando, la scatola
di metallo si illumina di azzurro, sputando fuori un
piccolo cassettino in cui sono contenuti due strani telecomandi, uno rosso e
uno blu. Li prendo e, quando Alec si accovaccia al mio fianco, gli passo quello blu.
-Puoi scegliere il
gioco!- Gli propongo.
Nel frattempo, sullo
schermo è apparsa una scheda colorata, divisa in reparti con le categorie di giochi
disponibili. I quadrati con le immagini indicative lampeggiano, ma Alec non gli
sta prestando molta attenzione.
-Per me è lo stesso!-
-Sfida di velocità?-
-Andata!-
Sollevo un braccio e
muovo il dito per aria per selezionare il riquadro che mi interessa,
la microcamera registra il mio movimento a distanza e fa partire il gioco deciso.
Si apre una nuova schermata che ci permette di scegliere un modello di auto
spaziale e un personaggio.
Striscio il dito sul
sensore del mio telecomando rosso senza tasti e, quando sono soddisfatta delle
mie scelte, disegno un cerchio con il pollice per dare conferma e una luce rosa
si accende in risposta.
Quando anche Alec ha
finito, parte un conto alla rovescia su di un panorama puramente
fantascientifico che ritrae un circuito da corsa tra le stelle.
Quando premiamo i
polpastrelli sul sensore per far partire le nostre vetture, Alec mi spintona, provando a farmi sbagliare già da subito.
Rido, gli do una spallata
e mi concentro sulle curve che deve imboccare la mia vettura, tenendo
saldamente il mio piccolo telecomando digitale.
Tuttavia, mentre la
nostra gara di corsa va avanti, mi accorgo dell’eccessivo silenzio che ci
circonda, e non è solo dovuto all’uscita di Chelsea e Afton,
sembra che l’intera residenza sotterranea si sia addormenta.
Acuisco i sensi e mi
sforzo, intanto che guido la mia macchinina spaziale, di rintracciare ogni
possibile movimento. Gli allievi, tristemente chiusi nelle loro celle, lottano
fra loro. Marcus è nel suo studio, lo sento spiegazzare delle pagine.
Aro e Caius sono con
le loro mogli, di cui sento l’eco lieve delle risatine appagate.
Qualche guardia è
ferma immobile in qualche angolo, di sorveglianza, altri sono nelle proprie
camere e, chi non ne ha una, passeggia silenziosamente per i corridoi. Heidi si
sta spazzolando i capelli, da circa mezz’ora, Santiago è in palestra ad
allenarsi per conto suo.
Eppure, non percepisco
la minima traccia di coloro che mi interessano di più.
Per questo mi sembra
che manchi qualcosa, qualcosa di indispensabile.
-Cos’è tutta questa
calma?- Indago, fingendo di essere attenta al gioco.
Alec non scolla gli
occhi dallo schermo, l’unica cosa che muove sono i polpastrelli sul sensore.
-Sì… sai…- Sospira,
disegnando un cerchio per far eseguire alla sua macchina un salto. -E che…-
Sembra tropo
concentrato per formulare una risposta ma io, anche se mi fingo indifferente,
sto iniziando a essere sempre più allerta.
-Niente, sono andati
in ricognizione.-
Se credeva di dare
meno peso alla sua spiegazione, tirandola per le lunghe, ha sbagliato di grosso.
Mi sforzo di non tradire emozioni, ma la mia macchinina ha avuto un brusco
rallentamento.
-Chi?- Mi limito a
chiedere.
Dentro di me qualcosa
scatta, come se un campanello d’allarme avesse iniziato a strimpellare.
Lui sembra
indifferente. -Felix, Demetri e mia sorella.-
La mia vettura imbocca
una curva, per deviare un asteroide, andando a sbattere contro le sbarre di
protezione laterali.
-E tu lo sapevi?-
-Certo.-
-E perché io no?-
La macchina azzurra di
Alec taglia la linea del traguardo per prima. Lui sogghigna.
-Si vede che avevi
altro per la testa!- Mi bacchetta, poi gli cade l’occhio sulla mia espressione
e sospira. -Era una faccenda da poco, volevano essere discreti perciò non
potevano mandare tutta la prima squadra al completo, non ti pare?-
Mentre i nostri
personaggi virtuali salgono sul podio, Alec blocca l’animazione virtuale
pigiando con un dito contro il suo telecomando, sceglie rapidamente la prossima
pista e si prepara a ripartire.
-Perciò siamo rimasti
fuori solo noi due?- Borbotto, premendo con le dita sul sensore per dare gas.
-Bastava che andassero
Demetri e Felix, ma lo sai com’è fatta Jane! Ha voluto
andare anche lei per forza!-
-Sarei voluta andare
anch’io…-
Sì, conosco le manie
di protagonismo di Jane e so benissimo che non perde mai occasione di imporsi
come leder, partecipando e orchestrando ogni missione disponibile. Ma, con
maggiore intensità, so cosa vuol dire prendere parte a un incarico, poter
uscire, impegnarsi verso un obbiettivo, il sostegno
della squadra, il senso di libertà e responsabilità che da la carica.
E so com’è uscire con
Demetri, che mi tiene sempre sotto controllo come se temesse che qualcosa possa
aggredirmi solo perché sono fuori dal castello. So com’è aiutarlo a scovare i
trasgressori, cosa vuol dire lavorare insieme, tra momenti delicati e attimi
liberatori.
Penso a Felix,
spietato quando serve, ma trascinante.
Probabilmente, se
fossi stata assegnata a una missione con Demetri proprio oggi, non ci saremo
neanche parlati, ma sarebbe stato un modo per costringerci a passare del tempo
insieme e magari lui avrebbe fatto lo scemo per farsi
perdonare.
Ed io ci sarei
cascata, come al solito.
Scuoto la testa, non
voglio più rivolgere la parola a quel segugio per un
bel pezzo, a prescindere da cosa farà.
Tuttavia, se fossi
uscita con loro, avrei potuto punzecchiare i nervi di Jane, ricordandole che il
mio potere uccide più del suo. Mi sarei goduta i suoi sguardi incolleriti
mentre, con la mia sola presenza, le toglievo importanza.
-Ci prenderemo la
prossima missione, e sarà anche più divertente.- Mi consola Alec.
Sospiro, leggermente
insospettita dalla sua accondiscendenza, mentre provo a concentrarmi sulla gara
di corsa.
Eppure qualcosa non
torna. Sembra la fine della pioggia quando, passata la tempesta, si sente
ancora il ticchettio delle gocce che cadono, imprigionate dalle foglie degli
alberi o nelle grondaie delle case.
-Davvero non ti importa di essere rimasto qui? Andiamo
sempre tutti insieme, e invece sta volta ci tengono fuori e per giunta non sapevo
nemmeno che uscissero.-
-Te l’ho detto, era
una sciocchezza! Non hanno neppure lasciato Volterra! Si trattava solo di un
piccolo clan che ha sconfinato e dovevano essere rimandati fuori. Non c’era
bisogno di andare in pompa magna, non c’era nemmeno bisogno che andassero in tre!- Taglia corto.
Intanto che parlava, la
mia vetturina sfreccia via e aumenta il distacco con la sua, guadagnandosi il
traguardo.
-Ho vinto io!-
Lui soffia,
infastidito, eppure non sono pienamente soddisfatta. Pigio freneticamente con
le dita sul sensore per far ripartire una nuova gara, ma c’è ancora qualcosa
che non quadra, è un dettaglio in bianco e nero in un paesaggio a colori.
-Allora perché non è andato Santiago? Serve il primo segugio per acciuffare un
gruppetto dentro il nostro stesso territorio?-
Quando colgo lo scatto
che attraversa le sopracciglia di Alec, so per certo che non mi servivano i sensi
sopra sviluppati da immotale per cogliere la sua micro espressione facciale,
considerandone l’evidenza. Ha avuto un fremito degli occhi, come se qualcosa lo
avesse colpito, ma penso che potrebbe trattarsi di un gesto di stizza, magari
l’ho colto in contro piede.
Magari non sa più cosa
dire.
E allora ride.
Mette addirittura in
pausa il giochino, sghignazza e mi posa una mano sulla testa, costringendomi faccia a faccia con lui.
-Certo che a te stare
al chiuso ti fa proprio dare i numeri!-
-Deformazione
professionale!- Ammetto candidamente.
Se controllo l’aria,
mi è inevitabile averne bisogno. Sono affetta da una curiosa forma di
claustrofobia vampiresca.
Guardo il rosso scintillante
dei suoi occhi, ed è così limpido e calmo che inizio a sentirmi una stupida.
-Lo vedo!- Sorride, mi
toglie la mano dai capelli e si raddrizza, riavviando la corsa. -Perché ti
agiti tanto? Sono faccende degli anziani, hanno deciso così perché avevano le
loro ragioni. E poi lo sai, non esce nessuno da un po’, perciò hanno dato questo onore ai più importanti.-
-Ma non a noi!- Protesto,
guidando la mia vettura a tutta velocità.
Voglio vincerla io
questa corsa.
-E piantala!
Tu puoi uscire quando vuoi, anzi, perché non vai a farti un giro? Non c’è
nemmeno un raggio di sole.-
In
effetti non ha
tutti i torti, non mi serve un consenso scritto per andare a prendere una
boccata d’aria e farmi due passi nella boscaglia. Potrei fingere di avere
ancora bisogno di nutrirmi, anche se non è così.
E devo davvero uscire
da qui.
-Vieni con me?-
Mi sento un po’ in
colpa, io posso andare via quando voglio, mentre nessuno dei miei compagni può
mettere piede fuori dal castello senza chiederlo agli anziani.
-Lo sai che non mi
piace stare in mezzo agli umani! Se non c’è niente di divertente, preferisco
starmene qui! -
Scrollo le spalle e
continuo a giocare, riesco a superare Alec a una curva stretta e mi concentro
per non perdere il vantaggio.
-Sei stressata perché
non prendi aria, o perché tu e il tuo amico avete litigato?-
Temo che Alec non
gradisca il rischio di perdere, vista la frecciatina appena lanciata.
-Hai sentito tutto?-
So che si riferisce
alla litigata tra me e Demetri, e non ho dubbi.
-Vi hanno sentito
anche le statue!- Esplicita, teatrale.
Alzo gli occhi al
cielo. -Comunque non sono stressata.-
-Non devi lasciarti
trattare in quel modo.-
Rimango talmente di
stucco per la sua uscita che lo guardo di scatto, dimenticandomi della partita
il corso. Era serio ma pacato, eppure non ha battuto
ciglio e continua a giocare.
Batto le palpebre,
sbigottita, e torno alla nostra partita, fermando appena in tempo il tentativo
di Alec di superarmi.
-Lo so, non ho bisogno
di un avvocato.-
-O scusa, dimenticavo che solo lui può insultarti!-
-E poi sarei io quella
stressata?- Replico, stizzita.
Metto il gioco in
pausa e mi volto, inchiodandolo con uno sguardo deciso.
Lui sospira e allarga
le braccia, forse in segno di resa oppure per spiegarsi meglio.
-Dico solo che
dovresti farti valere, vuoi passare i tuoi prossimi secoli a fare quello che
vuole lui?-
-No!- Sbotto,
riprendendo il gioco.
-Allora inizi a fare
quello che vuoi tu!-
-Lo faccio già!-
-A sì? E mentre lui se
la spassa con le altre, tu che fai?-
-Perché dovrei fare
quello che fa lui? Non penso solo a quello!-
Sono indignata, non
penserà davvero che nella mia testa ci sia solo il sesso come in quella di
Demetri?
Sta volta è lui a far
scattare la pausa e a voltarsi verso di me.
-Va bene, allora ti
pongo la domanda in modo diverso. Quando lui ti fa stare male dicendoti chi si
è appena fatto, tu cosa fai?-
Rimango in silenzio,
provo a cercare una risposta, ma di fatto non faccio
nulla per cui taccio.
-Appunto!-
Torna a guardare lo
schermo e riaziona il gioco ma, mentre le vetture saettano lungo il percorso
stellare, mi arriva il messaggio nascosto dietro le sue parole.
-Mi stai dicendo di
andare a letto con un altro solo per farlo ingelosire?- Chiedo, sbigottita.
Allora pensa davvero
che sia tutta una questione fisica!
L’occhiatina eloquente
che mi indirizza basta e avanza come chiarimento.
-Certo, aspetta che
scelgo un candidato e via!- Sbotto, sarcastica.
-A già, tu sei la
nostra santarellina moralista.- Attacca. -Allora, signorina “mangio solo animali perché
non voglio uccidere nessuno”, continua a farti umiliare da quell’idiota!-
La verità è che c’è un
velo di logica nella sua idea, e non posso negare di averla presa in
considerazione anch’io, ma so di aver fatto bene a scartarla a priori.
-Non vado con il primo
che capita!-
-Chi ha detto il primo
che capita?-
Scuoto la testa,
questa discussione sta rasentando il ridicolo. -Non ti ascolto più.-
-Santiago ha un debole
per te da un bel pezzo, e poi sai della rivalità tra lui e Demetri…- Si inclina leggermente per avvicinarsi alla mia spalla. -Sarebbe
perfetto.-
-Non ti sento.-
Certo, Santiago è il
secondo segugio in carica e, avendo lo stesso ruolo anche se con
caratteristiche nettamente diverse, tra lui e Demetri non è mai corso buon
sangue. Sarà sempre per la storia della deformazione professionale, ma loro due
non sono mai andati molto d’accordo, e credo che se non si sono ancora uccisi a
vicenda è solo per merito di Chelsea.
Per di più c’è di
mezzo Felix, il quale viene spesso affiancato ad uno
dei due litiganti, che perciò se ne contengono l’amicizia.
E poi sapevo da un
pezzo che Santiago stravede per me, con grande gioia di Demetri.
Quei due sono rivali
in tutto, nel lavoro, in amicizia e anche in campo di donne. Se andassi davvero
a letto con Santiago, farei uno scacco matto a Demetri talmente crudele da
stenderlo per un paio di mesi.
Peccato io non sia una
facile come lui.
-Se non ti piace
scegli qualcun altro!- Consiglia Alec, con tanta tranquillità che pare mi abbia
suggerito di prendere l’ombrello prima di uscire.
Adesso stiamo davvero
esagerando.
-A sì, e chi? Con te di
certo non posso!-
Ho parlato senza
pensare, scherzosa. Ma la testa di Alec scatta rapida
contro di me e due rubini infuocati mi trapassano.
-È solo perché ho
l’aspetto di un ragazzino?-
La sua espressione è
un misto tra rancore e furia, mi fissa quasi con disgusto ed io mi sento
rimpicciolire.
-Io non volevo dire…-
Tento, ma fallisco ancor prima di iniziare.
-Lo sai da quanto sono
al mondo?- Abbaia, aspro. -Sei tu a essere solo una bambina per me!-
-Intendevo dire che
sei mio amico!- Mi affretto a precisare, agitando le mani per richiamare la sua
attenzione.
Pessano i secondi e,
rilevando che non stavamo più giocando, la partita si è messa in pausa da sola.
Alec assottiglia lo sguardo, piega il capo da un lato e solleva le
sopracciglia.
Alla fine scoppia di
nuovo a ridere.
-Ancora peggio!-
Schiamazza. -Ora capisco: tu non ci sai proprio fare con gli uomini!-
Rimango di sasso,
confusa e anche un po’ offesa.
-Mi hai appena detto
che sembro un bambino per poi rifilarmi il peggiore dei rifiuti: “ ti vedo solo
come un amico”.-
Non sono del tutto
d’accordo con la sua spiegazione, non mi pare di aver detto esattamente quello
che ha capito lui.
-Alec, io…-
-Sei proprio una
bambina!- Sentenzia, riprendendosi dall’attacco di risate.
-Sei tu a esserti
offeso per niente!- Sottolineo, mettendo il broncio.
Odio che mi trattino
come un moscerino appena venuto al mondo solo perché hanno tutti molti più
secoli di me.
-Non mi sono offeso,
ma tu sei ridicola!- Mi liquida, riprendendo in mano il controller e riavviando
la corsa.
-Che ho fatto adesso?-
La mia macchina è
ancora in testa, posso farcela.
-Vado a prendere Jane
all’ingresso, quando tornano. Perché non vieni pure tu
ad aspettare il tuo amato, magari puoi fargli le feste.-
-Ma che hai?- Sbotto,
lasciando per un secondo il sensore.
-Niente!-
-Non volevo
offenderti! Sei tu che mi hai consigliato di comportarmi da sgualdrina!-
Chiarisco a bassa
voce. Forse ho davvero detto qualcosa di sbagliato, ma nemmeno lui scherza.
Stira le labbra e
sospira. -Non era mia intenzione farlo, mi scuso!-
-Perdonato!-
-Perdonata!-
Potrebbe andarmi bene
questa conclusione, se non fosse che il maledetto ha
approfittato della mia distrazione per superarmi e aggiudicarsi la corsa.
-Tu guarda!- Mi
rivolge un sorriso a trentadue denti aguzzi. -Ho vinto!-
Guardo lo schermo,
dove i nostri omini sono di nuovo intrappolati in un’animazione virtuale su di
un podio dorato.
Le singole corse per
partita sono tre, e Alec ne ha vinte due.
Ha vinto davvero. Anche
sta volta.
Continua…
Ciao a tutti, scusate se
aggiorno a rilento, ma faccio quello che posso per trovare del tempo per
scrivere.
Questo capitolo è quasi di passaggio, diciamo che una semplice chiacchierata si
è trasformata in un intero capitolo, ma ho nascosto diversi indizi anche qui.
Avete notato niente di
sospetto? Vi viene in mente qualcosa?
Spero di aver accontentato
le amanti di Alec, visto l’importanza che ha in questo capitolo.
Per Demetri e tutti i chiarimenti necessari, pazientate ancora e presto
aggiornerò!
Grazie a tutti quelli che
leggono, ma soprattutto a chi trova il tempo per recensire :
)
Bacioni!