дЕло n°17
Steve
si svegliò di colpo, un urlo nella stanza adiacente aveva squarciato
l’apparente calma dell’appartamento, si alzò di scatto e corse nella camera
vicina, la scena che si ritrovò davanti agli occhi fu piuttosto sconvolgente,
il lenzuolo era del tuo attorcigliato alle gambe di Bucky e il corpo dell’amico
sudato e in preda agli spasmi, fendeva l’aria con i pugni come se stesse
combattendo con qualcuno o qualcosa, erano colpi diretti e decisi poi ritornò
ad urlare, quelle erano urla di dolore, di terrore. Steve corse al capezzale
del letto. “Ehi Buck, è tutto okay ci sono io qui.” Prese il suo volto tra le
mani cercando di tranquillizzarlo ma quello che ricevette fu soltanto un pugno
all’altezza delle costole, resistette e non si accasciò al pavimento come
avrebbe dovuto fare. Bucky continuava a dimenarsi come se quella stretta lo
stesse soffocando, lo volevano portare via un’altra volta, lo avevano trovato e
Steve non c’era, non questa volta, la sua mente gli mostrava ciò che temeva fin
da quando era scappato dall’Hydra. “Ehi guardami!” Bucky aprì gli occhi di
colpo, sbarrati e terrorizzati che fissavano intensamente il biondo in una
richiesta di aiuto. “Così, bravo è tutto finito Buck, ci sono io qui.” Il moro
quando capì che era Steve quello che gli lasciava dolci carezze sulla fronte
sudata si gettò tra le sue braccia affondando il naso nella sua maglietta
bianca e inspirando profondamente, terrorizzato che se andasse da un momento
all’altro. Steve lo cullò tra le sue braccia mentre gli lasciava piccoli baci
sull’attaccatura dei capelli. Restarono così per svariati minuti e poi quando
Steve si rese conto che il maggiore si era calmato, allentò la presa e osservò
il suo volto addormentato, i lineamenti rilassati e tranquilli come se non ci
fossero stati incubi poco fa. “Bucky…” sussurrò al suo orecchio. James aprì gli
occhi e lo guardò. “Che ne diresti di dormire con me per questa notte?” Per il
moro fu come una benedizione venuta dal Cielo ed in risposta fece un dolce
sorriso annuendo con la testa.
Quando
entrambi si rintanarono sotto le coperte del letto del biondo, ricercarono un
contatto con i loro corpi. Bucky affondò la testa nel petto di Steve e avvolse
le gambe con quelle del compagno che intanto aveva avvolto le sue braccia
intorno ai fianchi del moro. “Non te ne andare.” Furono sussurrate le parole
che Bucky pronunciò, ma Steve le sentì comunque, gli lasciò un piccolo bacio
sulle labbra e poi disse “Non me ne andrò, promesso.” Chiuse gli occhi, era
esausto e quella non era la prima volta, da quando aveva ritrovato James, gli
incubi si susseguivano per quasi tutta la settimana, Steve aveva supposto che
fossero perlopiù ricordi del suo passato, Bucky non ne aveva mai parlato con
nessuno e si era anche rifiutato di confidarsi con lui, all’inizio ne era
rimasto dispiaciuto ma poi, aveva capito e così aveva lasciato gli spazi che il
moro necessitava. Quella notte si sarebbe riaddormentato con fatica, non voleva
che Buck si risvegliasse di colpo senza che lui non ci fosse pronto per lui,
posò il suo sguardo sul suo volto, dormiva beatamente e pareva tranquillo ma
poi una smorfia di terrore si propagò per i suoi lineamenti come fuoco sulla
benzina. “миссия
выполнена,
цель убиты.” Sentire
Bucky parlare in russo lo colpì non poco, le sue labbra si muovevano con
velocità e l’accento era marcato e pulito, James era stato abituato a parlare
quella fin dal suo ritrovo da parte dei sovietici. Cominciò a tremare leggermente
ma non per il freddo, come se fosse terrorizzato, poi Steve la vide, una
lacrima che scendeva lungo il naso di Bucky. “Tranquillo Buck.” Portò via con
il pollice la goccia e poi lasciò un piccolo bacio su quella porzione di pelle
bagnata. James come risposta ricercò le mani di Steve e le portò al suo volto
beandosi di quella morbidezza e del loro calore.
“Sono
qui Steve.” Il biondo riaprì gli occhi dopo pochi minuti che li aveva chiusi.
“Chi?” Bucky lo stava fissando con i suoi occhi chiari ed era visibilmente
terrorizzato. “Loro Steve, mi porteranno via da te.” Steve fece un dolce
sorriso e poi lasciò un bacio casto sulla fronte del moro. “Se arriveranno,
sono certo che gli farai il culo.” Bucky, però, non accennò a cambiare umore.
“Sanno come fermarmi.” La voce del moro di perse nella coltre di coperte mentre
giocava con i bordi della maglietta di Steve. “Allora sai che ti dico? Prima
che si avvicinino a te dovranno passare sul mio cadavere e prima che lo
facciano avranno già il culo a stelle e strisce.” Bucky rise dell’umorismo del
compagno. “E da quando in qua Rogers osa essere così?” Steve lo guardò confuso.
“Così come?” “Beh… queste battute non sono da te Capitano.” Lo provocò
maliziosamente e gli fece un sorriso pestifero al suo sguardo confuso. “Barnes
ti rispedisco in camera tua.” Il moro rise a quella minaccia e continuò a
guardarlo negli occhi imbambolato dalle iridi cristalline di Steve e dalle sue
labbra rosse e gonfie. “Abbiamo perso così tanto tempo.” Lo sguardo adorante
del biondo era posto sul volto di Bucky e non aveva intenzione a spostarsi. “Lo
recupereremo Buck.” Passò una mano sui capelli mori giocando con le sue ciocche
e poi ebbe l’impellente necessità di baciarlo. Le labbra di Bucky erano
morbide, dolci e sapevano ancora della birra che avevano bevuto per cena. Le lingue
si scontrarono timide assaporando le proprie bocche. “Penso di amarti Steve.”
Le parole scivolarono dalla bocca con facilità e Steve sorrise mentre il
battito del suo cuore accelerava. “Io so già di amarti da molto tempo.” Era
impossibile non aver amato Buck durante i tempi della Guerra, Steve non poteva
reprimere quei sentimenti che lo schiacciavano e lo consumavano per farlo
sentire errato, era stato così semplice amarlo.
“E’
sempre lo stesso sogno.” La voce del moro a un tratto cambiò, s’incrinò leggermente
e lasciò che le parole uscissero di getto come se si volesse togliere quel
peso il prima possibile. “Buck non sei costretto…” Il no secco che arrivò alle
orecchie di Steve gli fece intuire che James aveva bisogno di quel confronto,
che ormai non ci sarebbe stato più nulla da nascondere, stavano insieme e per
la prima volta dopo tanto tempo erano felici, nascondere la cosiddetta polvere
sotto il tappeto non sarebbe servito a mantenere l’armonia di squadra che c’era
tra i due. Bucky proseguì col suo racconto. “Non ricordo l’anno ma credo che
fosse uno dei primi, Zola non aveva ancora quell’orrenda cicatrice sulla testa
e non si parlava ancora della sua malattia, sai all’inizio stava bene ed era in
prima linea per modificare il mio braccio e ad operarmi. Ma poi, la malattia
l’ha ridotto ad un misero vegetale e ha passato i suoi ultimi anni di vita su
una polverosa sedia a rotelle. Comunque… la missione era direzionata verso
Mosca, c’era un persona di spicco di una delle società che collaboravano con Teschio
Rosso, c’erano stati dei problemi riguardo al traffico di armi e l’uomo si era
rifiutato di ripagare il debito impostogli, così avevano mandato me, dovevo
farla finita con quella storia, mi sarei dovuto introdurre nella sua abitazione
ed uccidere tutti i presenti. Ero stordito dai sedativi e la mia era appannata,
ancora sapevo quale era la via giusta ma il mio corpo continuava a rifiutarsi
di reagire…” Un attimo di silenzio e Steve notò lo sforzo con cui Bucky
raccontava la storia. “Lo schiaffo che mi arrivò fu cos’ forte che mi fece
vedere le stelle ma almeno mi risvegliò di colpo. Mi dissero ‘Spara a qualsiasi persona che ostacoli
questa missione!’ Io rifilai un’occhiataccia a Zola ma poi annuì, deciso a
compiere quella missione per loro. Steve io… ti giuro che non ne avevo
intenzione ma loro avevano il potere…” La voce si spezzò leggermente e Steve
accarezzò la sua guancia per tranquillizzarlo. “Era freddo… così freddo che
credo di aver rischiato di perdere le dita dell’unico braccio sano che era rimasto.
Entra dalla finestra del solaio dell’abitazione, era una di quelle stile russo
con la bandiera comunista e i ritratti di Stalin abbandonati lì a prendere
polvere. Scesi di soppiatto le scale, non facevo alcun rumore, erano due rampe
e poi sarei arrivato alla porta dell’appartamento, diedi un colpo secco al
legno scuro e quella si aprì di colpo lasciando intravedere l’interno. L’uomo
che dovevo uccidere si voltò di scatto consapevole che sarei stato il suo
mietitore personale, tentò di scappare ma bastò un colpo alla testa e vidi il
suo sangue riversarsi sul tappetto bianco opaco, le mani mi tremavano. Poi vidi
due bambini, precisamente un maschio e una femmina, mi fissavano terrorizzati e
il bambino era sul punto di una crisi di pianto. ‘Spara a qualsiasi persona che ostacoli questa missione!’ L’ordine
scaturì come una saetta nella mia mente, puntai la pistola contro la ragazzina
ma Steve… la mia mano tremava e l’indice non accennava ad avvicinarsi al
grilletto. Passarono infiniti secondi e poi abbassai il braccio, diedi uno
sguardo al padre, giaceva a terra inerme e ormai la pozza di sangue era giunta
oltre la stoffa del tappeto. Sparai due colpi per terra scalfendo il pavimento
facendo tremare di paura i bambini e poi scappai via.” Gli occhi di Buck divennero
leggermente lucidi e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stato
sbagliato aver tenuto tutto dentro per così tanto tempo. “Quando tornai
ovviamente non dissi dei bambini, mi limitai a informarli dell’avvenuta
missione. Fu quello che venne dopo che mi rese quello che sono ora. Pochi
giorni dopo su un giornale locale di Mosca c’era la dettagliata testimonianza
della morte dell’uomo rilasciata da due bambini, precisamente i figli. Teschio
Rosso non ci pensò due volte a punirmi, mi legò ad una sedia e…” Steve appoggiò
la mano sul suo braccio. “Bucky se vuoi puoi fermarti.” “No.” Gli occhi gelidi
di Buck incontrarono quelli di Steve e da quello sguardo il biondo intuì che
James non avrebbe osato fermarsi in quel momento. “Mi legarono in pochi
secondi, fu più semplice con i sedativi. Poi Teschio Rosso si avvicinò a me ‘Hai errato Soldato, ma non temere, sarà
l’ultima volta che accadrà.’ Mi piantò un coltellino nello spazio presente
tra due costole, fu un dolore lancinante Steve… urlai, mi morsi la lingua per
l’atroce punizione e dalla bocca cominciò a sgorgarmi un fiotto di sangue,
avevo il sapore di quel liquido su tutte le papille gustative ed era tremendo.
Poi arrivò un calcio sugli stinchi e sentì l’osso della gamba spezzarsi come un
ramoscello, piansi come non mai, mi assestò diversi pugni e finita l’opera non
si preoccupò di darmi le doverose cure. Mi abbandonò su quella sedia, segnato
al mio destino crudele. Da quel momento non ci pensai due volte ad uccidere chi
avevo davanti al mio cammino.”
Quando
il silenzio tornò ad essere padrone della stanza Steve non ci pensò due volte
ad avvolgere Bucky tra le sue braccia, si era confidato con lui e questo era un
grande passo per entrambi. “Non permetterò che ti succeda un’altra volta.” Gli
baciò il capo ripetutamente fino ad arrivare alle sue labbra che tremavano
ancora per quel segreto così intimo. “Sei così bello Buck, non lascerò che ti
tocchino un’altra volta. Tu sei mio, esclusivamente mio. Giuro che se provano a
toccarti si pentiranno di averlo fatto.” Bucky d’altro canto cercava di
rispondere a quelle attenzioni dimostrandogli il suo amore ma Steve era come se
fosse diventato un piovra. “Dormire con te credo che ora sia diventato una cosa
d’obbligo.” Steve si fermò un attimo solo per dire “Lo è stata fin da subito.”