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Autore: Umpa_lumpa    21/03/2009    5 recensioni
Se solo qualcuno avesse prestato maggiore attenzione alla sua figura rannicchiata in posizione quasi fetale in un angolo del cortile, avrebbe certamente notato due occhi curiosi, due gemme di carbone sfuggire da un angolo all’altro del giardino e rilasciare sorrisi appena accennati, intrappolati fra due labbra sottili e un’unghia torturata. La verità era che ad L non interessava far parte del mondo, ma solo osservarlo.
Piccolo scorcio dell'infanzia di L, senza alcuna pretesa. [4 capitoli previsti]. Per maggiori dettagli, guardare all'interno^^
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Temo che, come mio solito, finirò per fare un commento autore equivalente a circa il doppio della storia stessa. Ma visto che ho comunque alcune cose da dire, temo dovrete rassegnarvi ^^”.  Questo racconto era nato come il primo di una serie di mini storie, ognuna composta da 4 capitoli, che dovevano poi formare una raccolta. Tuttavia, essendo la raccolta una round roubin, ed essendo stata annullata, questa fic è rimasta sepolta nella mia pennetta. E’ la mia prima storia su death note ed è la mia prima storia su L, il che non semplifica le cose. Come se ciò non bastasse, è la prima long-fic che scrivo (e porto a termine  -___-‘’’’). Non ne sono per niente soddisfatta. Ma mi ci sono impegnata, ed è per questo che vi sto ammorbando con questo infinita premessa. Insomma, per chiarire le idee, vi ho avvisato su effetti collaterali che la lettura potrebbe causare e, nonostante tutto, vi sto invitando a leggere questa mini-storia e a commentare, sommergermi di critiche fino a soffocarmi e darmi, magari, qualche consiglio. Ho cercato di fare il personaggio di L (che qui ha 10-11 anni, pressappoco) più IC possibile, ma dubito di avercela fatta, quindi ho inserito la nota OOC.  Per finire, il titolo è un po’ strano, ma leggendo penso che sarà più chiaro.

 

Beh, non mi resta che dirvi, leggete e commentate ^_-

 

 

 

 

 

Pitagora

-capitolo 1-

 

Lui era strano.

 

 Per quanto ogni suo comportamento risultasse normale e perfettamente logico ai suoi occhi, si rendeva conto che, confrontato agli “altri” (quell’insieme di gesti e pensieri metodici), molti suoi aspetti potevano risultare bizzarri. Forse per questo motivo nessuno della WAMMY’S HOUSE sembrava nutrire un particolare interesse nel rivolgergli la parola.

 

L, così si faceva chiamare, d’altronde non faceva il minimo sforzo affinché ciò accadesse…. per tutti era uno scambio equivalente: indifferenza reciproca.

 

Eppure, nonostante nessuno se ne rendesse conto, non era affatto così. Se solo qualcuno avesse prestato maggiore attenzione alla sua figura rannicchiata in posizione quasi fetale in un angolo del cortile, avrebbe certamente notato due occhi curiosi, due gemme di carbone sfuggire da un angolo all’altro del giardino e rilasciare sorrisi appena accennati, intrappolati fra due labbra sottili e un’unghia torturata.

La verità era che ad L non interessava far parte del mondo, ma solo osservarlo.

 

Si ricordava ancora quando, appena qualche anno prima, durante una lezione di filosofia, il suo professore accennò ad un aneddoto alquanto interessante: un giorno, un uomo chiese a Pitagora cosa facesse nella vita ed egli rispose dicendo di essere un filosofo.

L’altro, allora, domandò cosa facesse di preciso un filosofo, e Pitagora rispose: “Quando c’è un banchetto in città, c’è chi vi si reca per mangiare, chi per divertirsi e chi per fare affari. Ed infine c’è colui che va soltanto per osservare l’umanità nel suo pieno svolgimento: ecco, quello è un filosofo”.

Quella storia, suo malgrado, l’aveva colpito profondamente. Per quanto non si ritenesse affatto un filosofo, trovava dilettevole e sorprendente osservare “come si svolge l’umanità”.

 Le evoluzioni della mente umana, celate sotto anche solo il leggero fremere delle membra, avevano qualcosa d’incredibile, inquietante a livello umano eppure estremamente interessante.

 

Da allora, rubare un attimo al tempo per sbirciare fugacemente i pensieri e i comportamenti altrui era diventato più di un gioco, quasi una droga di cui non poter fare a meno.

 

Spesso, L si ritrovava steso sulla branda della sua camera a testa in giù, preso nell’osservazione di ogni minimo oggetto, dettaglio che la sua vista, così come il suo cervello potevano percepire. E così scopriva che il mondo altro non era che un insieme di tanti piccoli universi analizzabili e nascosti anche nell’angolo più remoto del cassetto.

 

Eppure quel giorno tutto era diverso: quella mattina, quando si era svegliato, aveva sentito un’apatia invaderlo totalmente e tutto attorno a lui aveva assunto una patina scontata, ripetitiva….già vista.  Era come se avesse scoperto e smembrato ogni singolo mondo che gli si era presentato davanti, tanto da essere rimasto nel vuoto più assoluto, intrappolato nella metodicità e nell’ inutilità di qualcosa visto già troppe volte.

Se solo non avesse avuto quella fetta di torta al cioccolato con glassa alla fragola, si sarebbe chiesto a che scopo alzarsi la mattina.

 

Il resto della giornata fu, se possibile, ancora peggio: il cortile, che sempre aveva costituito il suo punto di osservazione preferito, era diventato una sorta di gabbia.

Forse fu proprio questa sensazione opprimente a spingerlo a tirarsi su e dirigersi con falcate lente e studiate (eppure fluide) fino alla cucina. Aveva bisogno di un bel gelato….magari al cioccolato, pistacchio e fragola. Oppure si sarebbe accontentato di qualche biscotto alle mandorle. 

Ma proprio mentre stava riflettendo sulla bontà dei dolci, torturandosi amenamente il pollice, si ritrovò incuriosito da delle risatine sommesse provenienti dalla cucina.

 

Era piuttosto strano visto che, in teoria, non era permesso a nessuno di recarsi lì a quell’ora. Poggiandosi con le punte delle dita contro lo stipite della porta, cominciò a sbirciare all’interno: la cuoca, essere per cui L provava un certa ostilità, stava seduta di fronte al tavolo con una tazza di thè fumante e rideva.

 Davanti a lei, c’era un’altra donna, che aveva circa la stessa età. Ridacchiava anche quella, quasi di gusto mentre girava il cucchiaino nella tazzina e, con la mano destra, si allungava per prendere uno dei tanti dolcetti adagiati su un vassoio di pasticceria. Era certamente un incontro fra amiche…..ed L si ritrovò decisamente interessato a quella scena.

Non che non avesse mai visto due persone andare d’accordo. Solo che lo scenario, l’atmosfera che gli si presentava davanti agli occhi aveva un che di singolare: stando nel cortile, era sempre stato abituato a vedere l’amicizia come un passaggio di pallone o lo sbraitare di qualche ragazzino per cose futili, tanto da giungere alla conclusione che quel sentimento che in molteplici occasioni veniva osannato da tutti, altro non era che uno scarno scambio di favori fra due persone.

Estremamente infantile, tra l’altro.

Eppure, in quel semplice istante, si era ritrovato a rivalutarlo.

 

Quell’intesa complice e quella genuina gioia derivante da una risata insensata (che si protraeva ormai da qualche minuto), erano davvero interessanti….nonchè piacevoli. Si sentiva quasi partecipe del tutto. Senza contare che non riusciva a comprendere a pieno quella contentezza e quello strano calore che ne derivava. Sembrava illogico e costituiva, quindi, una piacevole sfida per lui.

 

Finalmente, aveva trovato un piccolo universo ancora sconosciuto.

 

   
 
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