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Autore: Andre Fly    21/03/2009    2 recensioni
Ogni tanto, quando mi capita di soffermarmi ad ascoltare la realtà, a percepire la sua profondità, non posso fare a meno di cercare di descrivere, per quanto mi è possibile, quel turbinio di sensazioni e di emozioni che, come scintille d'armonia, accendono e aprono il proprio cuore.
Genere: Poesia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Come avrete notato nell'ultimo capitolo ad un certo punto della narrazione della metafora dell'oceano, ho scritto poche righe sotto i trattini.
È mio desiderio chiarivi questo modo di scrivere.
Considerate questi spezzoni come recuperi di memoria, come bolle che vengono a galla mentre ancora mi trovo in quella situazione descritta nella prima parte di "The Same Deep Water As You".






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Come una lunga serie di fotogrammi, che posso far scorrere su un'asse temporale, non riesco a smettere di pensarci.
Piccoli sono i riquadri che dipingono momenti a colori, pochi e quasi tutti sono i più lontani; gli altri, in bianco e nero. Ogni volta che aggiungo un ritaglio, quest'ultimi si fanno più vividi a furia di essere rivisti e messi a fuoco. Innumerevoli volte mi sono soffermato su quel frammento...

...mobili di legno chiaro, muri bianchi, freddo e quelle montagne là fuori che oscuravano un sole ormai a lungo tramontato; quell'atmosfera così vuota di realtà, mi sembrava, così impossibile da accettare. La tua testa unicamente persa da te stessa, così occupata di trivialità, di frivolezza, aveva iniziato a farmi diventare invisibile. Prima la mia voce, il tuo squilli soffocante sovrastava le mie sempre più flebili affermazioni, i miei tentativi di rientrare in discussione, di essere parte concreta e attiva di quel gruppo. Poi il mio sorriso, svanì, minuto dopo minuto; tutto il mio corpo e per ultimi i miei occhi eri stata capace di far spegnere, un po' per volta, ma tutto in quella sera, una sera che si ripeterà ancora e ancora, che mi rapirà la mente, in ogni luogo.
Sono uscito, ho varcato il legno e il vetro e sotto quella quercia, mi sono seduto su quel terreno notturno; radi ed incolori fili d'erba, un fumo leggero diventava il mio respiro, calore che rapidamente si eclissava trascinato e disperso da quelle folate di vento invernale che schiarivano in alto la volta celeste sopra di me; un cielo cosparso di un finissimo strato di zucchero luminoso che in quel momento era come sale amaro che deglutivo.
Rientro di nuovo in casa, apro la porta preceduto da un soffio glaciale. Quel buio della modesta cucina però non riusciva ad oscurare i tuoi occhi, socchiusi, pensanti, che mi guardavano di traverso. Stavi lì in attesa di una spiegazione, di un chiarimento. Eri un'ombra con due iridi, piegata in avanti su quella seggiola. Pochi e brevi battute, stimolate solo dall'inerzia.



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