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Autore: Spettrodanima    12/02/2016    1 recensioni
''Credo che le persone siano belle a prescindere.
A prescindere da tutto.
Dai loro errori, dai comportamenti strani, dalle parole senza senso, dai discorsi difficili e dagli sguardi incomprensibili.
Sono belle a priori, perché non hai assolutamente nulla da chiedergli e da loro non sai mai cosa aspettarti.
E' questione di coraggio stargli vicino.
Sono le stesse persone che somigliano a me, che oggi decidono di sentirsi belle ma si sentono principesse nel regno sbagliato.
E si sentono splendide, un giorno ogni tanto.
Sono belle perché non ci capirai mai nulla, ti diranno tutto e ti diranno niente, ti parleranno di utopie e dei loro sogni, senza sapere mai se moriranno con loro.
E se gli tendi la mano, l'afferrano senza troppi ringraziamenti, poi tentano di regalarti il mondo, ma è tanto grande, il mondo, così decidono di regalarti un sorriso, perché sanno che chi è riuscito a stargli accanto saprà apprezzarlo.''
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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''Ho un ricordo sbiadito della persona che ero prima, prima di conoscere lui. E credo che questo valga più di tutti i ''ti amo'' che non ho mai avuto il coraggio di dirgli. Lui, la mia salvezza.''

 

''Driiiiiin driiiiin", la sveglia delle 9.30 sta suonando ed è il 12 novembre 2012. Questa mattina aprendo le finestre, come è mio solito fare, ho fiutato nell'aria nonostante fosse gelida, un profumo di primavera con tanto calore sul viso. Da quel raggio di sole, che stava per riscaldare l'intero paese e dare il via ad una bella giornata. «Vera, la colazione è pronta!», sentì urlare mia madre in lontananza dalla cucina. Mi dirigo verso la cucina sapendo già di trovare la mia solita colazione, che sa di ''buon risveglio, buona mattina, buona vita''. La mattina, io, mi sveglio con l'idea di voler guarire, guarire dalle piccole ferite che mi provoco da sola la notte stessa. Tutti abbiamo qualcosa di dannato addosso, ed io voglio trovarlo. Abbiamo una ''malattia'', che non ammala niente, ma che ci rende tremendamente instabili. Così, questa mattina mi son svegliata con l'idea di voler guarire, di voler sorridere, per non doverci cadere dentro, di nuovo. Tutti abbiamo bisogno di una giornata perfetta, e credo che dovrebbe esserci un sorriso, appena svegli, neanche fuori dalle coperte, che già sorridi. Poi una passeggiata, un caffè al bar, qualche carezza, qualche scherzo. A metà mattina, quando ti guardi intorno e scopri che non hai niente da fare, e ti metti a gironzolare per la stanza, felice. Con la voglia di fare cambiamenti, di appendere un quadro nuovo o di spostare anche solo un mobile e osservare la camera con aria soddisfatta e pensare «Ora si che va meglio!». A pranzo, sguardi cari, nessun rimorso, nessun rancore. Il pomeriggio ci si veste bene e si va in giro, a zonzo, per ore, senza disturbare il mondo, senza disturbare neanche sé stessi. Poi si arriva alla sera, a orario di cena e qualche titubanza sul ''cosa mangiamo?'' così dopo aver messo a dormire chiunque ne abbia bisogno ancora, prendersi tra le braccia la persona che ami, sorridergli e dirgli che è stata una bella giornata. Fa bene dirselo, ogni tanto. Passare anche un solo giorno così, che se ce la faccio almeno una volta nella vita, magari mi considererei fortunata. Un giorno così, anche uno solo, mi basterebbe. La sera poi, non pretendo così tanto, se mi va bene esco e prendo un caffè al solito bar, altrimenti un libro davanti al camino, una tazza di thè, e va bene così. D'altronde, non sono mai stata il tipo di ragazza da far festa ad ogni occasione, ma non mi sono mai dispiaciute, lo ammetto. Per qualche anno consecutivo, il fine settimana le mie amiche non facevano che dirmi «Vera, stasera ci sono ospiti speciali, non puoi assolutamente mancare alla serata.», così come tutti gli altri giorni, per convincermi ad andarci. Andando di questo passo, non sono mai mancata neanche ad un evento in discoteca, organizzate da quelle persone, quelle che poi incontri anche al bar e saluti giusto perché la sera prima li hai visti ballare a ritmo di musica hip-hop ma coi passetti dei Chipmunks. Che alla fine neanche sai come si chiamano e ti limiti a dirgli «Ehi bella serata ieri››, con tanto di pollice all'insù. Con il passare del tempo ho iniziato a sentirmi totalmente estranea a questo mondo, da questa generazione. Iniziavo man mano a distaccarmi dalle persone, le stesse che si definivano amici e che non facevano altro che deludermi, parlarmi alle spalle e giudicarmi. Per motivi validi, voi penserete. Il motivo ero io, che non assumevo il loro stesso comportamento, che non ragionavo come loro, e che già dopo un'ora desideravo soltanto starmene a casa, nella mia stanza, stesa nel mio letto, con le mie tranquille abitudini. Ma al mondo intero, non va per niente giù la questione che tu non sia uguale a loro, e per questo giusto motivo, secondo i loro ragionamenti, tu sei costretta a rimanere sola, in disparte con le tue "strane" abitudini, così definite dai campioni del mondo. Ormai siamo la generazione interrotta, quella che non arriva più al finale, ma va di replay in replay pur di non sentirsi ripetere che devi andare avanti. La generazione interrotta, dei precariati, dei sovversivi, dei disarmati, dei disobbedienti e dei treni in ritardo. Abbiamo avuto il futuro in mano e ce lo hanno strappato, dicendoci «Non sai come si usa, posalo subito››, l'hanno usato per noi e stiamo ancora qui, a chiedere quale prezzo sia quello giusto per non pagare colpe altrui. La generazione interrotta, ma ogni film interrotto ha più finali e allora siamo vivi, ed io appartengo alla generazione dei vivi, che nei film di fantascienza non credono più, mettendo su una commedia delirante, ma reale. Oggi invece, posso dire che solo l'odore dei drink mi fa arricciare il naso e voltare lo sguardo dall'altro lato, scuotendo la testa pensando ''no, non fa proprio per me'', e a dire la verità non li ho mai buttati giù con tanto piacere, parliamoci chiaro, gli alcolici hanno tutti un gran sapore di schifo, anche quelli alla frutta. Per non parlare del genere musicale che ormai è diventata una specie di moda ascoltarla, uno dei motivi che mi porta a distinguermi dalla massa. Perché le persone di oggi stanno diventando la rovina della semplicità che un tempo esisteva in ogni gesto, di qualsiasi ragazzo o ragazza di una volta, trasformando qualsiasi forma di esistenza dal vestirsi all'ascoltare musica, in una moda esclusivamente firmata ''la famosa generazione del film interrotto''. La realtà è che viviamo in un mondo dove siamo patetici dittatori della nostra vita, che vogliamo perfetta e mai lo è. Siamo perfettamente capaci di odiare qualcuno in eterno, ma se si tratta di amarlo c'è la crisi del settimo anno. Tentiamo di sognare anche ad occhi aperti, ma è il cervello chiuso che ci frega. Tradiamo con estrema facilità, salvo poi aggredire e disonorare altri che tradiscono. Non abbiamo più tempo per fare l'amore, ma tempo per la guerra lo troviamo sempre. Continuo, imperterrita tra me e me pensando «dannata generazione!››. Direi di averci proprio perso l'abitudine, o forse non è mai stata parte di me questo stile di vita da ribelle del venerdì e sabato sera. Ma ora sembra tutto così diverso, nuovo ed inaspettato, mentre penso di aver vissuto una vita che non è mai stata mia. Adesso mi sembra di tornare indietro nel tempo, percorrendo la stessa e identica strada, solo con un finale diverso. Fin da bambina, non ero mai stata ''popolare'', mi hanno sempre guardata con sospetto, ero quella coi sogni dentro gli occhi grandi. Il mio professore d'italiano, ricordo, conservò un mio compito in classe, e mi disse «tu farai grandi cose nella vita››. Ma i bambini s'avvicinavano poco, se non quando io ''cambiavo'' atteggiamento, smettevo di aver gli occhi bassi e iniziavo a far cose che facevano anche loro. Non amavo particolarmente stare lì a giocare con loro, a volte ero in un mondo totalmente mio, dove c'erano principesse e draghi, io ero sempre quella che andava salvata. E lì, caso strano, mi salvava sempre un principe. Da bambina, come ora, era raro che qualcuno capisse, fino in fondo, ciò che provavo. Sembravo solare ed aperta, ma avevo un mondo addosso che nessuno scopriva mai. Gli bastava ciò che dicevo. Sorridevo, ero contenta. Piangevo, era un capriccio. Allora da lì, ho imparato a tradirmi spesso, a far capire poco, a rendermi conto che, se qualcuno volesse o avesse voluto conoscermi, sarebbe bastato poco, ma nessuno se n'è mai accorto. E sin da bambina ho giocato con la mente a testa o croce. E non ho mai voluto la rivincita. Infondo sono sempre stata la tipa solitaria, quella che se ne sta in disparte, che odia stare tra la folla e che cammina a suon di spallate e sguardi pieni di noia. Io sono la ragazza che evita gli sguardi della gente, ma le osserva non appena nessuno la sta guardando. Quella che non si è seduta mai in fondo al pullman, solo per far casino insieme agli altri, sentendosi una massa di supereroi della Marvel, che poi chi ci si sente davvero non può esser altro che una fotocopia stampata male e stropicciata lasciata in un cestino. Quella, quella che, ai buffet, non s'avvicina mai, si vergogna e rimane senza mangiare, in silenzio. Quella che non dice mai niente, eppure ha un mondo dentro. Quella che ascolta, ascolta, ascolta, parla poco ma c'è, sai che c'è, è lì. Quella che ha paura, ma va avanti, come un carro armato. Quella che ha tesori nascosti negli occhi, ma li ha chiusi a chiave. Quella che si emoziona, piange e poi sembra che nulla sia successo. Sono quella che ha pensato di andarsene, di tornare, di capire, di scoprire. Quella che è tante cose, quella che sogna tanto e non dice mai cosa sogna, anche se quel che è successo nella notte è importante. Quella che ha avuto pochi amici e si è fidata di loro, quella innamorata persa, quella che sembra sempre più piccolina d'aspetto, quella che aspetta. Che poi aspetta non si sa cosa, ma si aspetta qualcosa. Quella che prende appuntamenti con se stessa, e non si presenta mai. Quella che, chissà cosa. Quella che. Non sono per niente una persona facile, io cambio idea, mobili, pensieri, io cambio rotte. Io non sono per niente una persona coerente, tengo stretto chi amo, tengo a me vicini i fantasmi sotto il letto. Io non sono per niente forte, mi si spezza l'universo con un inflessione di voce, mi tremano le mani, quando sento tempesta. Io non sono chissà che, ma qualcosa di buono ce l'ho, è solo che lo nascondo tra le parole che nessuno legge. Io son così, creo tragedie immani, mi maschero da asociale e tiro dritta. Ma tutto mi spezza, ogni cosa mi illude, qualsiasi parola mi fa rimanere a bocca aperta. Io non ci credo, dico. Poi credo a tutto, o almeno ci spero. Io creo storie, che poi rendo vere ed invento sogni, che sarebbe meglio non mantenere. Sono una favola, di quelle che non finiscono. E sono una storiella, di quelle che racconti davanti al camino, per far sorridere un po' chi ti sta a sentire. Volevo fare la principessa, un tempo, ma mi hanno detto d'esser guerriera.

   
 
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