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Autore: NianLover_97    13/02/2016    1 recensioni
Louis con un figlio.
Harry con una vita sua.
Freddie e la verità.
Che cosa accadrà?
Quindici anni da oggi.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mio padre non era mai stato un uomo dolce, premuroso.

Non con me, almeno.

Con me era sempre stato duro e freddo.

No mi aveva mai detto un ti voglio bene.

Sapevo che me ne voleva, era mio padre, ma mai una volta lo avevo sentito davvero.

Avevo notato la distanza quando avevo solo cinque anni e, ora che ne avevo quindici, le cose non erano cambiate.

Anzi, forse erano peggiorate.

Ogni giorno che passava lo sentivo sempre più lontano e ostile.

Ormai non ci parlavamo neanche più.

Mia madre mi voleva bene, ma quando le chiedevo il perché del comportamento di mio padre, iniziava ad urlare per cose senza senso e mi metteva in punizione.

Dopo un po' smisi di chiedere.

 

I miei genitori non si amavano e non penso si fossero mai amati.

Non sono mai stati una coppia.

Non avevano certamente mai avuto niente.

Si odiavano.

Non mi avevano mai neanche detto come come fosse stato possibile il mio concepimento.

La storia dietro a tutto.

 

“Freddie!”

Mio padre urlava sempre il mio nome.

Non veniva mai su in camera mia a chiamarmi.

Neanche mi guardava in faccia.

“Arrivo, papà!”

Scesi di sotto ed uscii di casa.

Salii in macchina e trovai mio padre già impaziente e nervoso.

“Buongiorno, papà”

Non rispose.

Mise in moto e partì.

Io misi le cuffie e ascoltai la mia amata musica.

Iniziai a canticchiare una canzone della vecchia band di mio padre e, ad un certo punto, lui accostò e mi tolse una cuffia.

“Dove hai trovato questa canzone?”

Per la prima volta in anni ed anni mi stava guardando negli occhi.

I suoi erano di ghiaccio.

Rimasi incatenato al suo sguardo.

“Rispondi”

Si stava innervosendo.

“Me l'ha passata un amico”

(Mio padre non mi aveva mai permesso di cercare cose riguardanti la sua vecchia vita. Doveva rimanere nel passato, diceva).

Silenzio.

Stava fissando il vuoto di fronte a lui.

“Papà? Tutto okay?”

“Ormai sei in ritardo per la scuola. Vieni a lavoro con me”

Fece inversione e dieci minuti dopo eravamo alla casa discografica di possesso di mio padre.

 

 

Entrammo nell'imponente edificio e ci dirigemmo nel suo ufficio.

Io mi sistemai in un angolino.

“Papà, posso chiederti una cosa?”

“Cosa?”

Ovviamente neanche mi guardò.

Si limitò a leggere i suoi documenti.

“Perché sei sempre freddo con me?”

“Non sono freddo, sono severo come è giusto che sia”

“Non sei solo severo, papà. Alle volte sembra che tu non voglia neanche ricordare che io esista. Non mi vuoi bene, non davvero”

Scrollai le spalle e tornai al mio cellulare.

“Non devi pensare queste cose. Sei mio figlio, Freddie, è logico che ci tenga a te”

“Forse, ma non mi vuoi davvero bene. Non come un padre dovrebbe volerne al figlio, ma ormai ci ho fatto l'abitudine, papà”

 

Lo vidi, con la coda dell'occhio, alzare i suoi occhi da quei fogli.

Non parlò.

Si limitò a fissarmi e quello che vidi nel suo sguardo mi lasciò basito.

Tristezza, consapevolezza, odio, che ero sicuro fosse indirizzato a se stesso.

Dopo un po' si alzò e venne verso di me.

“Scusami”

Fu un attimo e mi ritrovai tra le sue braccia.

Non mi abbracciava da quando avevo sei anni.

Mi strinse forte e io mi ritrovai a ricambiare la stretta con egual forza.

Una lacrima rigò il mio viso.

“Scusami, piccolo. Sono stato un coglione e lo sono tutt'ora”

“Papà, non importa. Va bene. Voglio solo capire perché. Che ho fatto?”

“Ti dirò la verità, ma devi stare ad ascoltare molto attentamente”

Annuii.

“Tu non eri per nulla previsto. Non doveva capitare cosa è capitato quella notte. Stavo soffrendo. Tanto e ho perso il controllo. Ero giovane, avevo solo ventitré anni. Ho cercato di nascondere il dolore con alcol e fumo. Non ero in me quella notte e tua madre era una ragazza vivace che aveva attirato la mia attenzione. Mi sono maledetto per quello perché avevo tradito la fiducia della persona che amavo e amo più della mia stessa vita. Quando poi, dopo tre mesi, ho ricevuto la notizia di te, mi sono sentito morire. Ancora peggio è stato dirglielo”

“Lo?”

“Già. Lui”

Ero scioccato, triste e arrabbiato.

Avrei voluto piangere.

“Lui che era tutto. Lui per il quale avrei dato la mia vita e per il quale, in un certo senso, l'ho data. Lui con il quale ho imparato ad amare. Harry”

Si alzò e andò alla finestra.

Guardò fuori, ma non stava guardando davvero.

Si stava perdendo nei ricordi amari.

Nel suo dolore.

“E' stata colpa mia? Del mio arrivo? E' per questo che non riesci a volermi bene?”

La mia voce era rotta dalle lacrime trattenute a fatica.

“Non del tutto. Le cose andavano male già da tre anni circa. Volevo proteggerlo e invece l'ho distrutto. L'ho ferito e ferito e ferito fin quando non ha smesso di perdonarmi. Fin quando non l'ho rotto del tutto. Ho cercato di riaggiustare le cose tante volte, sai? Davvero tante, ma alla fine mi sono arreso. Ero completamente in balia di un me malato. Non stavo bene. Non sono mai più stato bene. Non sto bene tutt'ora”

Piangevo.

Non parlai.

Mi limitai solo a piangere in silenzio.

“Mi dispiace di aver scaricato la mia rabbia e la mia tristezza su di te. Non avrei dovuto, tu non c'entri nulla”

“Magari non è troppo tardi, papà. Magari potete aggiustare le cose”

“No, piccolo, non posso più aggiustare le cose. Non posso più sanargli le ferite”

Andai da lui e lo abbracciai.

Vidi che anche lui stava piangendo e mi si strinse il cuore.

“Mi dispiace così tanto, papà. Davvero tanto”

“Shh, è tutto okay. Ti prometto che le cose cambieranno tra te e me. Dammi solo ancora un po' di tempo”

Annuii, ma non mi staccai da lui.

 

La sera tornammo a casa e cenammo.

Passammo tutto il tempo in silenzio.

Lui era perso nei suoi ricordi e io cercavo di assimilare le nuove notizie.

“Papà?” dissi d'un tratto.

“Mmh?”

“Perché mi hai trapassato con lo sguardo per quella canzone?”

Sospirò.

“L'ho scritta io, quella canzone. Per lui”

“Oh”

Quella canzone diceva addio.

Quella canzone implorava di poter avere ancora una notte insieme.

Quella canzone era un grido che diceva 'ti prego non lasciarmi'.

Quella canzone era un ragazzo di ventitré anni che urlava di dolore e chiedeva perdono.

Tornammo ognuno ad essere perso nel proprio mondo.

Non ne parlammo più per giorni.

 

Una mattina, però, decisi di non andare a scuola e di cercare questo Harry.

Non fu troppo difficile scoprire dove abitava a LA, così mi recai alla sua casa.

Aveva un enorme giardino e una lunga strada, ma non vi erano particolari protezioni.

Il cancello era aperto, così entrai e, arrivato alla porta, suonai il campanello.

Mi aprì un ragazzo dagli occhi verdi e un po' segnati dalla consapevolezza di una vita vuota e solitaria.

Mi sorrise.

“Si, piccolo?”

“Scusi il disturbo. Sono Freddie e vorrei parlarle della persona che abbiamo in comune”

Il suo sorriso scomparve e apparve al suo posto una faccia sorpresa e malinconica.

“Non dovresti essere qui”

“Lo so, infatti mio padre non sa che sono qui. Mi ucciderebbe”

“Freddie, non c'è nulla di cui dobbiamo parlare”

“Voglio capire una cosa, Harry. Perché non riprovi? Lui ti ama ancora. Tanto anche”

A quel punto mi fece entrare in casa e ci sedemmo nel grande soggiorno.

“Sono passati quindici anni, Freddie”

“Non importa. Papà non ha smesso di amarti. E' sempre stato freddo e distante con me, ma l'altro giorno, quando mi ha raccontato di voi... Beh, per la prima volta l'ho sentito vicino. Per la prima volta ho visto la sua fragilità. Il suo punto debole. L'ho visto, il suo amore. Ho sempre pensato che non fosse capace di provare quel sentimento e invece l'ho visto invadere i suoi occhi parlando di te. Non potresti almeno parlarci? Magari guarite un po' entrambi”

La mia voce era carica di speranza e desiderio.

Di bisogno.

“Non è così semplice, Freddie. Non lo è per niente”

“Si che lo è. Viviamo a qualche isolato da qui. Vieni a casa, ti prego. Parlagli”

Sospirò e mise le mani nei suoi lunghi capelli castani.

Era indeciso.

Dopo qualche minuto sospirò ancora.

“Va bene, piccolo”

Mi guardò e sorrise.

“Sei identico a tuo padre. Nell'aspetto e nel carattere”

Sorrisi di rimando.

“Già”

“Non è cambiato, vero?”

“Non molto, credo. Non da quando ne ho io memoria”

“Sorride?”

Scossi la testa.

“Non 'ho mai visto sorridere. Ha sempre mantenuto una facciata dura con me”

“Mi dispiace”

Harry sembrava davvero dispiaciuto.

Sentivo il suo dolore.

“Dai, vieni. Ti accompagno a casa mia”

Ci avviammo verso casa mia e per tutto il tragitto regnò il silenzio più totale.

Quando arrivammo praticamente davanti alla porta, Harry si bloccò.

“Harry?”

“Si, solo un secondo”

Lo vidi prendere un respiro profondo, poi si avvicinò alla porta.

Io mi stavo torturando le mani dal nervoso.

Infondo avevo saltato la scuola e avevo portato a casa la persona che mio padre aveva ferito.

Harry bussò alla porta e io trattenni il respiro.

Quando mio padre aprì, lo vidi diventare ancora più pallido del solito.

La bocca spalancata.

Gli occhi sgranati.

“Ha-Harry?”

Era un misto di incredulità, spavento, speranza, il suo tono.

“Hey, Louis. Ne è passato di tempo, eh?”

Anche Harry era nervoso.

Lo si capiva dal suo picchiettare l'indice sulla gamba.

“Già, quindi anni e questo mi ricorda...”

Puntò i suoi occhi ghiaccio su di me e il sangue mi si gelò nelle vene.

“Strane coincidenze, Freddie, non credi?”

“Che? No..Cioè, si, insomma, io non...”

Balbettai e abbassai gli occhi.

Non potevo sostenere il suo sguardo.

Era così da quindici anni e sarebbe rimasto così a vita.

“Louis, non te la prendere con lui”

“Ha saltato la scuola ed è venuto da te con il rischio di essere visto e di finire preda dei peggiori articoli. Si, me la prendo con mio figlio, Harry”

La sua voce tremò ancora una volta a pronunciare il suo nome.

I suoi occhi non incrociarono mai quelli del riccio.

“Sc-scusa, papà”

“Fila in camera tua. Dopo faremo i conti”

Non ribattei; corsi in casa, ma non salii in camera.

Mi nascosi in salotto e continuai ad ascoltare la conversazione tra i due.

Sapevo che non era giusto, ma avevo bisogno di vedere come sarebbe finita.

 

“Scusa, Harry, non avrebbe dovuto farlo. Puoi andare ora”

“Lui è venuto a cercarmi, Louis, ma non mi ha costretto a venire da te”

Mio padre non rispose.

Ero davvero agitato.

Volevo che mio padre fosse felice di nuovo.

Se lo meritava.

Dopo un po' sentii la voce di mio padre.

“Non saresti dovuto venire, Harold. Ora hai la tua vita, sei felice. Perché far tornare questi ricordi?”

“Non sono felice, Louis e non lo sei nemmeno tu. Potremmo parlare almeno, no?”

“Non dobbiamo parlare di nulla, Harry. Sono quindici anni che non dobbiamo”

“E invece dovremmo, Lou”

“Ti prego, non chiamarmi così”

Sentii il dolore di mio padre colpirmi come un fulmine a ciel sereno.

La sua voce era spezzata.

“Scusa”

“Harry, te ne prego, va a casa. Mi fa male averti qui”

“A me fa male non averti, Louis. Quindici anni fa tu te ne sei andato e lo so che io non volevo avere a che fare con tuo figlio, ma l'esatto secondo in cui hai varcato la solglia per lasciare la mia vita, me ne sono pentito”

“Mi hai chiesto in lacrime di lasciarti libero e, per quanto quella richiesta mi avesse strappato e lacerato il cuore, ti ho accontentato”

“Louis, ti chiedo perdono per quello. Non avrei mai dovuto chiedertelo. Avrei dovuto essere più forte e coraggioso”

Senza accorgermene iniziai a piangere.

Sentivo la forza del loro amore che reclamava appagamento, ma sentivo anche la forza del loro dolore.

Quanto avevano sofferto?

Quanto si erano feriti?

“Harry, non ce la faccio. Ho paura di ferirti ancora. Ho paura di spezzarmi ancora e questa volta non riuscirei a raccogliere i cocci”

“Non dovrai più raccogliere nulla. Questa volta andrà bene. Non siamo più dei ragazzini spaventati”

“Come puoi assicurarmi che non falliremo ancora? Che non ci feriremo a morte di nuovo?”

“Non posso assicurarti nulla, Louis, ma la vita va così. La vita non è tutta rosa e fiori, lo sai bene”

“Harry, vai a casa, per favore. Non posso lasciarti rientrare nella mia vita come se nulla fosse. Dopo quindici anni non voglio che tu rientri così nella mia vita e basta. Non è giusto”

Sentii Harry sospirare.

“Va bene, Louis. Come vuoi tu. Sappi solo che non ho mai smesso di amarti”

Passarono alcuni minuti dove sentii Harry andarsene, mio padre chiudere la porta e poi silenzio.

“Anche io, Harry e mai smetterò”

Sussurrò ad un tratto mio papà.

 

“Papà?”

“Fila via, Freddie. Veloce”

“Papà, perché non vuoi riprovarci? Non siete più dei bambini. Siete uomini, la vita la sapete affrontare”

Era seduto per terra con la schiena alla porta e la testa tra le ginocchia.

“Perché lo hai cercato? Perché lo hai portato qui?”

“Perché voglio vederti felice, papà. Perché non lo sei mai stato con me! Perché voglio un padre in grado di amarmi e non uno che continui a vedere in me un errore che gli ha strappato l'amore dalle mani!”

“Vattene”

“No”

“Freddie, per l'amor del cielo, vattene!”

“No, vaffanculo, papà, okay? Forse è meglio così per Harry. Lui non mi sembra uno stronzo colossale come lo sei tu e non si merita di averne uno nella sua vita”

Non gli diedi neanche il tempo di ribattere.

Corsi di sopra e mi chiusi in camera fino a sera.

All'ora di cena scesi di sotto per mangiare qualcosa e trovai mio padre seduto sul divano con una bottiglia di whisky in mano.

“Freddie”

La sua voce biascicava le parole.

“Sei ubriaco, papà”

Andai in cucina, mi feci un panino e tornai in salotto.

“Vuoi qualcosa o pensi di svenire con quella bottiglia tra le mani?”

“Sono un casino, scusami”

“Si, sei un disastro”

“Lo so, ma mi dispiace davvero, piccolo”

Mi andai a sedere vicino a lui e gli porsi il mio panino.

“Mangia papà. Io intanto ti faccio un bel caffè forte”

Presi la bottiglia e tornai in cucina a preparare un altro sandwich e il caffè.

Tornai di là con una tazza fumante in mano e la porsi a mio padre.

“Grazie, piccolo”

Dopo un'oretta si era abbastanza ripreso.

“Come ti senti, papà?”

“Mi sento un coglione”

“Magari lo sei. Solo un po', però”

Gli sorrisi e lui mi scompigliò i capelli.

“Ecco, perché non possiamo essere sempre così?”

“Non lo so, Freddie, non lo so davvero. Mi dispiace essere un padre così. Non avrei mai voluto. E mi dispiace per come ho reagito prima. Stavi solo cercando di migliorare la vita ad entrambi”

“Voglio solo vederti sorridere così, papà”

Tirai fuori il telefono e gli mostrai una sua foto dove guardava Harry e sorrideva con il cuore.

“Hai disobbedito. Non puoi cercare cose sul mio passato”

Scrollai le spalle.

“L'hai messa come sfondo? Davvero?”

“Certo papà. Almeno da qualche parte ti vedo felice”

Abbassai lo sguardo sullo schermo.

“Qui stavi bene. Avevi diciannove anni, vero?”

“Mmh, forse ne avevo già venti”

“Beh, eri ancora felice”

Sorrisi.

“Freddie, ci proverò. L'ho chiamato prima. Sono sicuro che riusciremo a tonare amici. Non penso succederà altro, è tardi per sanare quelle ferite, ma va bene anche l'amicizia. E ti prometto una cosa: sorriderò di nuovo e sarò un buon padre”

“Papà, voglio solo che tu sia felice. Promettimi che proverai ad esserlo”

“Te lo prometto, piccolo. Ci proverò davvero”

 

Passarono anni da quella sera.

Anni dove mio padre finalmente sorrideva e si comportava come un padre vero.

Non tornò con Harry, non come coppia, ma tornarono ad essere amici e a frequentarsi.

Harry lo aiutava molto per qualunque cosa potesse aver bisogno.

Finalmente era tutto giusto.

Eravamo felici.

Mio padre era felice ed io di conseguenza.

 

Ora ho sessant'anni e mio padre non c'è più.

Mi manca da morire, ma vive nel mio cuore.

Vive nei ricordi più profondi.

Specialmente in quel giorno dove tutto cambiò.

Un giorno che porterò per sempre con me, fino alla fine dei miei giorni.





ANGOLO AUTRICE

Questa storia è dedicata alla mia Lou del cuore.
Alla ragazza più forte che conosco che è entrata a far parte della mia quotidianetà e che ormai è parte della mia vita.
A te, Lila.

  
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