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Autore: Mela Shapley    14/02/2016    0 recensioni
Certe colpe, una volta causate, non si possono cancellare… a meno di tornare indietro ed evitare che accadano.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Luna Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Titolo: Incancellabile
FF a tema: "E se la Giratempo non facesse il suo dovere?"
Sito: Lumos.it

Note: Le storie sui viaggi del tempo in ambito potteriano mi sono sempre piaciute, e ho voluto contribuire anche io con queste breve storia.
Buona lettura, e ricordatevi di lasciare una recensione!

* * *



Le gocce di pioggia ruzzolavano per le finestre dell’ufficio.

Sembravano sfidarsi le une con le altre in una gara senza meta e senza vincitori. Scorrevano veloci giù per il vetro, in basso, sempre più in basso. Poi cadevano nel vuoto e sparivano dalla vista, solo per essere sostituite da decine di altre gocce simili a loro.

Harry Potter non le sentiva scivolare giù dal vetro, ma riusciva a immaginare nella sua testa il suono soffocante della pioggia. Sapeva che quelle gocce non esistevano davvero: il paesaggio che si intravedeva dalle finestre del Ministero della Magia non era altro che una finzione, un’illusione voluta per dare ai dipendenti l’impressione di non essere davvero rinchiusi in una gabbia senza via d’uscita. Ma era comunque più facile fissare quei fantasmi d’acqua che non le lacrime vere che scorrevano sulle guance di Hermione.

“Mi dispiace così tanto,” sussurrò la donna. Il ronzio della pioggia nella testa di Harry si affievolì appena mentre lui registrava quelle parole.

“Hermione…” sentì dire faticosamente a Ron. “Hermione, no. Ne sei sicura? Ci deve essere qualcosa…”

Gli occhi sempre fissi sulla finestra, i pensieri che vorticavano su ciò che l’amica aveva appena terminato di comunicargli, Harry capì dal cupo silenzio che Hermione aveva semplicemente scosso la testa. Un altro soffice no che andava a sommarsi alle migliaia di rifiuti che Harry aveva subito nella sua vita. Ma anche sommati insieme, tutti gli altri non avevano fatto così male come questo.

“Ci stai dicendo…” disse piano Ginny. “Ci stai dicendo che non tornerà?”

Al suono della voce della moglie, Harry distolse finalmente gli occhi dalla finestra. Ginny era in piedi vicino alla porta, come se si tenesse pronta per fuggire non appena tutto fosse diventato troppo doloroso. I capelli rossi erano spettinati e annodati, il viso pallido e smunto. Non piangeva, ma non perchè si stesse sforzando di essere forte: aveva gli occhi di chi dentro di sè non ha altro che deserto.

“Non abbiamo potuto eseguire analisi approfondite. Non c’è modo di comprendere appieno tutte le conseguenze,” rispose Hermione con voce appena tremante. “Ma abbiamo esaminato a fondo tutti i rapporti, tutti gli studi fatti negli ultimi sei anni. Non… non c’è modo di tornare indietro.”

La voce di Hermione si abbassò fino a spegnersi.

“Cos’era?”

Tutti gli sguardi si fissarono su Harry, che osservava Hermione con implacabili occhi verdi. Nessuno parlò, e la donna si morse un labbro, incerta.

“Hermione. Sappiamo che ci sono degli incantesimi di segretezza… e in altre circostanze non metterei mai a rischio la tua carriera. Ma…” la voce di Harry divenne ancora più rauca. “Ma tu ci devi dire cos’è successo esattamente.”

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, e poi esitò.
 



Due giorni prima…

“Al, sei proprio un cretino.”

Albus Potter spalancò gli occhi in segno di oltraggio. L’effetto sarebbe risultato ancora migliore se avesse potuto appoggiarsi una mano sul petto a sottolineare lo shock, ma quel genere di movimento gli risultava difficile, avendo braccia e gambe fasciate strette neanche fosse stato una mummia egizia. A quanto pareva, dolore e scomodità erano conseguenze quasi certe quando ci si cimentava in una Mossa Lebowski sul campo da Quidditch senza mai averla provata prima. Sospeso su una scopa in corsa a 150 chilometri orari. E finendo addosso ad un solido palo.

“Le tue parole mi fanno molto più male di queste ferite,” proclamò offeso. “Da te mi aspetto cure e compassione, non certo insulti, sorella!”

Seduta di fianco al letto di Albus in Infermeria, Lily roteò gli occhi. Figuriamoci se Al si sarebbe lasciato scappare la possibilità di fare del buon vecchio melodramma, proprio ora che ne aveva l’occasione. E in effetti la mossa che l’aveva ridotto così aveva distratto con successo quasi tutti i partecipanti della partita di Quidditch: l’arbitro, impanicato, si era dimenticato di fischiare, i giocatori di Corvonero si erano fatti prendere dalla curiosità, e nel giro di poco il Boccino era finito nelle avide mani del Cercatore di Serpeverde, completamente disinteressato all’incidente accaduto al suo Cacciatore. Ah, il gioco di squadra.

Lily era convinta che quella di Albus fosse una strategia pensata apposta per distrarre tutti mentre Serpeverde vinceva la partita di soppiatto, ma non sarebbe mai riuscita a farlo confessare. E in ogni caso la sconfitta di Corvonero tornava molto utile per Grifondoro, la sua Casa, quindi decise magnanimamente di lasciar correre.

*

Lily aveva appena chiuso dietro di sè la porta dell’Infermeria, quando una figura scura apparve di fronte a lei.

Era un uomo alto, muscoloso. Il cappuccio della veste lasciava intravedere alcune ciocche di capelli biondi. Camminava verso l’Infermeria con passo audace, quasi arrogante. Le passò di fianco senza degnarla di un’occhiata.

Non avrebbe saputo spiegare perchè, ma qualcosa in quell’uomo attirava la sua attenzione. Non l’aveva mai visto ad Hogwarts, prima di allora. Di certo non era normale che un perfetto sconosciuto girasse per i corridoi a tarda sera, senza essere accompagnato da qualche Professore. E poi perchè teneva il cappuccio alzato all’interno del castello?

“Non può entrare lì dentro,” gli disse Lily senza quasi pensare. L’uomo fermò la sua andatura e si girò molto lentamente verso di lei.

“Prego?” chiese con calma, mentre la scrutava con occhi molto piccoli. Qualcosa di lui la innervosiva, ma Lily si scrollò di dosso quella sensazione.

“L’orario di visita dell’Infermeria è finito.”

“Oh, non me ne ero reso conto,” replicò l’uomo con tono insincero. “Stavo cercando Albus Potter.”

“E perchè mai?” domandò lei improvvisamente più aggressiva. “A quest’ora? E’ per caso un giornalista? Albus non ha tempo per lei, lo lasci riposare.”

“No, non sono un giornalista.” L’uomo aveva una luce divertita negli occhi. Non le piaceva il modo interessato con cui aveva cominciato a fissarla. “Tu sei sua sorella, vero? Sei Lily Potter?”

“Io non credo che lei si autorizzato a restare qui, quindi se ne vada subito oppure sarò costretta ad avvisare un Professore.”

Lily sperò di essere sembrata più coraggiosa di quanto si sentisse in realtà. Non era sua abitudine rimbeccare uno sconosciuto in quel modo, ma quell’uomo gridava pericolo da tutti i pori e non doveva assolutamente avvicinarsi ad Albus.

Lui sorrise.

“Ma certo. Me ne vado subito.”

Mentre le passava di fianco, non lo notò armeggiare con qualcosa in tasca, e non lo vide passarle improvvisamente un braccio attorno al collo e stringerla tanto da farle mancare il respiro. Nel panico e senza possibilità di gridare, Lily sentì solo qualcosa di freddo scivolarle sul braccio.

“Volevo tuo fratello, ma tu andrai bene uguale… o anche meglio. Tempus!”

La sensazione di gelo si propagò rapidamente per tutto il suo corpo, e un’oscurità illuminata da lampi colorati le riempì gli occhi. Sentì il suo assalitore lasciarla libera, ma non riuscì a riacquistare l’abilità di muoversi. Tutto intorno a lei girava come una trottola, e lei non capiva se era in piedi o seduta o sdraiata. Un rombo profondo le tuonò nel cervello. Poi, così com’era iniziato, tutto finì, e Lily cadde immobile su un freddo pavimento di pietra.
 



“L’uomo che abbiamo catturato, Anderson Avery, lavora nell’Ufficio Misteri da nove anni. Ha ammesso di aver eseguito degli studi sull’oggetto in questione,” stava ora dicendo Ron. I suoi occhi azzurri fissavano Harry e Ginny con preoccupazione.

“Fa parte del mio team,” confermò Hermione in tono piatto. “I suoi genitori sono morti durante la Seconda Guerra Magica. Erano Mangiamorte. Anderson ha superato tutti i test psicofisici con voti altissimi. Non ha mai dato motivo di dubitare di lui, di pensare che volesse…”

“…che volesse vendetta,” terminò Harry amaramente. “Perchè di questo si tratta, vero? Non avrebbe avuto altro motivo. Per questo ha scelto Lily. Perchè è mia figlia. La mia bambina.”

La sua voce di spezzò, e Harry si passò una mano sugli occhi.

“Quell’uomo deve sapere dove si trova Lily,” disse Ginny con forza. “Interrogatelo di nuovo. Per l’amor del cielo, cosa le ha fatto esattamente?”

Hermione guardò tutti i presenti, uno ad uno, poi con un gesto rapido di bacchetta fece Materializzare un oggetto sulla scrivania.

“Ha usato questo.”
 



Potevano essere passati minuti, ore, o anche anni. Lily non pensava di aver perso conoscenza, ma sentiva la sua testa girare ancora all’impazzata, e un occasionale lampo colorato le copriva la visuale. Sentiva distintamente il freddo della pietra sotto di sè, e i capelli che le solleticavano le guance. Avvertiva anche l’assenza del suo aggressore, che apparentemente era svanito nel nulla. Dove diavolo era andato? Cos’era appena accaduto?
Restare ferma non la rendeva altro che una facile preda, questo era certo, ma non riusciva a muovere un muscolo.
Con estremo sforzo, finalmente le sue gambe decisero di darle retta. Lily si alzò faticosamente in piedi, tremante, tirandosi via la polvere dalla veste. Doveva cercare aiuto. Si girò verso la porta dell’Infermeria, e un pensiero agghiacciante la colpì. L’uomo aveva detto di cercare Albus; forse era riuscito a trovarlo.

Lily si trascinò di peso verso la porta dell’Infermeria e, dopo aver armeggiato con la maniglia, la aprì e si fiondò nella stanza. I suoi occhi guizzarono verso il letto dove Albus era stato disteso appena qualche minuto prima.

Era vuoto.

“Cara? Cosa succede?”

Lily ruotò su se stessa e mise a fuoco il resto della stanza. C’erano due persone in piedi, probabilmente immerse in una conversazione, ma nessuna di loro era Albus. In compenso, la voce che si era appena rivolta a lei apparteneva all’infermiera del castello.

“Madama Chips! Io… un uomo mai visto prima… proprio qui fuori, mi ha aggredita,” fu quello che Lily riuscì a dire. Si sentiva ancora confusa, e con una gran voglia di piangere. L’infermiera le si avvicinò e la scrutò.

“Cosa? Per Merlino, è terribile. Vieni qui, siediti.”

Lily registrò appena l’occhiata che Madama Chips rivolse all’altra persona nella stanza, che si era già diretta verso il corridoio da cui era appena arrivata per controllare se ci fosse ancora qualcuno. Con una mano rassicurante sulla schiena, Madama Chips la accompagnò proprio verso il letto di Albus, e la fece sedere. Lily voleva disperatamente chiederle notizie del fratello, ma non riusciva a mettere in piedi una frase sensata.

“Per questi tagli basta un piccolo incantesimo,” parlò l’infermiera in tono gentile. “Ma ora mi devi spiegare cos’è successo. Come ti chiami, cara? Non ricordo di averti mai vista prima d’ora.”

Quelle parole rimbombarono nella testa di Lily come un grido stonato.

“Come? Ma Madama Chips, sono Lily. Ero qui dentro pochi minuti fa. Ero venuta per salutare Albus…” rispose confusa.

“Per salutare… Albus?” Non fosse stato per la gravità della situazione, Madama Chips sarebbe sembrata quasi divertita. Ma non aveva importanza, perchè gli occhi di Lily erano caduti sulla seconda persona, che era appena rientrata nella stanza con uno sguardo cupo sul viso ed era rimasta in disparte ad osservare la scena.

Era un uomo di media statura, con capelli neri lisci e lunghi fino alle spalle. Era vestito completamente di scuro. Aveva occhi attenti incastonati su un viso molto magro, e un naso adunco che lei aveva visto decine di volte nei libri di storia e in un certo ritratto appeso nell’Ufficio della Preside McGranitt.

“No,” sussurrò Lily. No, non era possibile.
 



L’oggetto che Hermione aveva fatto comparire sulla scrivania era una clessidra completamente nera e quasi del tutto opaca; all’interno si intravedevano a stento dei granellini argentati. Sul bordo superiore erano state incise quelle che sembravano rune sbilenche. Era attaccata ad una catena lavorata, che sembrava essere stata spezzata.

“Quella è…?” biascicò Ginny, la voce piena di orrore.

“Sì. E’ una Giratempo. Una versione a lunga gittata, nata sei anni fa per mano degli Indicibili. E noi non abbiamo idea di dove abbia mandato Lily.”
 



Impietrita sul letto, Lily non riusciva a distogliere gli occhi da quella che era senza ombra di dubbio una versione viva e vegeta di Severus Piton, ex Mangiamorte, membro dell’Ordine della Fenice ed eroe di guerra.

“Ho insegnato a tutti gli studenti che attualmente frequentano questa scuola,” disse piano Piton. Non aveva riposto la bacchetta. “E tu non sei una di loro. Saresti così cortese da darci una spiegazione?”

Lily aprì e chiuse la bocca come un pesce.

“Credo che almeno uno di noi due dovrebbe essere morto,” si ritrovò a dire.

Incapace di sostenere lo sguardo raggelante di Piton, Lily abbassò la testa e intravide una copia de La Gazzetta del Profeta abbandonata sul comodino di fianco al letto. Guardò la data.

30 giugno 1997.

“E probabilmente si tratta di me,” bofonchiò tra sè.

*

Dopo essersi assicurato che la ragazza fosse guarita e in grado di camminare, nonostante la vivace protesta di Madama Chips, il Professore di Pozioni decise di scortarla verso l’Ufficio del Preside. Rassegnata, Lily lo seguì, cercando di non fare troppo caso alla bacchetta magica puntata con precisione contro di lei. Quell’uomo era passato alla storia per essere un eroe… di certo non avrebbe lanciato una maledizione contro una ragazzina indifesa, giusto? C’era anche da dire che tutte le immagini di lui che Lily aveva visto non erano riuscite neanche lontanamente a cogliere l’aura terrorizzante che emanava Piton dal vivo, nonostante tutte le storie che le avevano raccontato i suoi genitori. Inoltre, se l’era sempre immaginato più alto.

E ora la stava portando dal Preside. Anche ammesso che lei non fosse davvero morta ma avesse “semplicemente” viaggiato nel tempo – Silente era ancora vivo in quel momento? Non ricordava con precisione, ma credeva di sì. Non era morto proprio nell’estate del ‘97, un anno prima della Battaglia di Hogwarts? Merlino, quanto avrebbe voluto riuscire a ricordare le maledette date.

Negli ultimi dieci minuti, Lily si era rifiutata di proferire parola. Non conosceva la procedura corretta da seguire nel caso si avesse bisogno di non alterare la linea temporale, ma riteneva che dire il meno possibile fosse una scelta ragionevole. Non si poteva mai sapere: magari uno si limitava a chiedere una Cioccorana per poi scoprire che non erano ancora state inventate e BUM, l’universo collassava su se stesso per colpa del paradosso.
Merlino, adesso le era venuta voglia di una Cioccorana.

Non le piaceva affatto il modo in cui Piton la stava osservando. Sembrava quasi che la stesse scrutando alla ricerca di qualcosa di familiare, qualcosa di perduto da molto tempo. Forse aveva riconosciuto gli occhi scuri e i capelli rossi marca Weasley che aveva ereditato da sua madre, oppure il naso e la forma del viso che tanti dicevano ricordasse suo padre.

Proprio nell’istante in cui lei aveva iniziato a pensare a suo padre, una figura girò l’angolo del corridoio davanti a loro. Lily si immobilizzò, il cuore che le batteva forte.

Si trattava di uno studente sui sedici anni, dotato di straordinari occhi verdi e di un paio di occhiali che lei si divertiva a rubargli dal naso quando era più piccola. I capelli neri erano sparati da tutte le parti, ma lei sapeva che se li avesse scostati dalla fronte avrebbero rivelato una cicatrice a forma di saetta.

Suo padre aveva un’aria scossa, a metà tra l’agitazione e l’eccitazione. Non appena li vide si rabbuiò e rallentò vistosamente, ma sembrò fare il possibile per ignorarli e passare oltre. Lily cercò di guardare da tutt’altra parte, sperando che suo padre non facesse caso a lei.

“Potter,” strascicò Piton. “Dove credi di andare?”

Oh no. Harry si fermò di botto e si girò lentamente verso il Professore, e lei fece finta di essere estremamente interessata al soffitto.

“In Sala Comune, signore,” rispose gelidamente suo padre. “Il Preside mi ha ricevuto nel suo Ufficio.”

“Capisco. Mi sembra chiaro che alcuni di noi godano di privilegi speciali,” commentò Piton.

“Pare proprio di sì, signore,” replicò Harry. Lily gli lanciò un’occhiata. Non riconosceva quel tono e quell’atteggiamento in suo padre. Sembrava… sembrava trattenere una rabbia gelida. Per lei, che era abituata a un Harry talvolta severo ma sempre affettuoso e sereno, era quasi spaventoso.

Persa nei suoi pensieri, non aveva ascoltato parte della conversazione. Rientrò nel presente (o nel passato?) proprio nel momento in cui suo padre diceva in tono riluttante che il Preside non si trovava più nel suo Ufficio. Piton non sembrava contento.

Fu allora che avvenne: Harry sembrò finalmente notare la sua presenza, e i loro occhi si incrociarono.
 



“AAAHH!”

“Harry!”

Rotolandosi tra le lenzuola, con le mani sulla testa, Harry cadde dal letto senza smettere di urlare.

Nel giro di un secondo Ginny era al suo fianco cercando di tenerlo fermo.

“Harry, tesoro, cosa succede?”

Dopo un istante interminabile, Harry smise di urlare. Rimase sul pavimento, il respiro tremolante. Quando Ginny vide dove Harry premeva la mano, sentì il suo cuore perdere un colpo.

“E’… ti fa male la cicatrice?”

Lentamente, Harry lasciò cadere la mano e scosse la testa.

“Io mi ricordo…”

“Cosa?”

“Mi ricordo di Lily.”
 



“Ovviamente, se il nostro esimio Preside non ha voluto rivelare la sua destinazione al suo studente prediletto, non c’è alcun modo per noi comuni mortali di scoprirlo.”

Harry distolse gli occhi da lei e li puntò di nuovo su Piton. Passò un istante di silenzio, poi il ragazzo rispose.

“La Cooman me l’ha appena detto, sa.”

La voce di Harry era strana, come velata di minaccia.

“Detto cosa, signor Potter? Forse che anche il suo Occhio interiore ha un debole per te?”

“Mi ha detto che lei era lì, la sera della Profezia,” replicò Harry piano. “E’ stato lei ad ascoltare quella maledetta Profezia e a correre a dirla a Voldemort. Dev’essere stato il momento più appagante della sua vita, non è vero, Professore? Condannare a morte i miei genitori?”

Lily sentì la mascella cadere di sua spontanea volontà. Non aveva mai saputo questa parte della storia. Suo padre aveva scelto di oscurare tanti dei dettagli più terribili dei giorni di guerra… e questo doveva rientrare nella categoria.

“Non parlare di cose che non conosci, Potter,” sibilò Piton. La sua postura era irrigidita.

Per un attimo i due si limitarono a fissarsi con odio. Poi Harry scosse la testa, quasi a dirsi tra sè che in quel momento aveva di meglio da fare, e si allontanò senza dire un’altra parola.

In piedi in mezzo al corridoio, Lily sentiva Piton bollire di rabbia. Non restò sorpresa quando lui si girò di scatto e le intimò di seguirlo.

*

Piton sbattè la porta del suo ufficio dietro di sè. In piedi al centro della stanza, Lily osservò nervosamente la miriade di barattoli dall’aria viscida assiepati sugli scaffali.

“Il Preside non c’è, quindi mi incaricherò di andare a fondo di questa faccenda,” sibilò velenosamente il Professore. “Ragazzina. Nome, provenienza, motivo della tua presenza qui. Ora.”

Lily spostò il peso da un piede all’altro, incerta sul da farsi. Sarebbe riuscita a disarmarlo e costringerlo a lasciarla uscire da lì?

“Sto aspettando.”

“Lily Potter,” farfugliò.

Piton strabuzzò gli occhi, e il suo viso passò attraverso una gamma inaspettata di colori.

Come, prego?”

“E’ il mio nome,” protestò debolmente lei.

Con calma, Piton estrasse la bacchetta dalla veste e gliela puntò contro.

“Conoscevo Lily Potter,” rispose piano. “E tu certamente non sei lei.”

Lily guardò prima la bacchetta, poi l’uomo che gliela puntava addosso. Oh, al diavolo.

“Certo che non sono lei,” replicò piccata. “Ho detto Lily Potter. Non ho detto Lily Evans.”

Piton si limitò ad inarcare un sopracciglio, apparentemente perplesso.

“Senta, per favore, è tutto abbastanza difficile senza che lei mi minacci e mi tenga chiusa qui, Professore,” continuò lei, ormai partita per la tangente. “Onestamente. Io non ho fatto nulla di male. Forse avrei dovuto farmi gli affari miei, o chiamare un adulto, ma non credo di poter essere ritenuta responsabile di quanto sta succedendo. E se anche lo fossi, di sicuro incrociare il proprio genitore in versione adolescente rampante è una punizione sufficiente per qualunque crimine io abbia commesso. Ora sono stanca, sporca, dolorante, e da qualcuno che trovo regolarmente tra le figurine delle Cioccorane mi aspettavo un atteggiamento più comprensivo – oddio, un attimo, le Cioccorane sono già state inventate, vero?”

"Cosa," la interruppe Piton in tono completamente piatto. "Frena. Tu..."

Un lampo di comprensione gli saettò negli occhi.

“Non stai davvero sostenendo di essere…”

“Quello che sostengo è che il mio nome è Lily Potter,” commentò lei incrociando le braccia.

Piton la osservò stringendo gli occhi, poi si sedette alla scrivania e si mise una mano sulla fronte, come se tutto fosse stato troppo da sopportare.

“Un Potter alla volta,” lo sentì borbottare. “E’ tutto ciò che chiedo.”

Lily si limitò a scrollare le spalle. Non era la prima volta che se lo sentiva dire.
 



“Harry,” sussurrò Ginny, stringendogli forte la mano. “Ma quella è la sera in cui sei andato a recuperare l’Horcrux nella cava. E’ la sera in cui Silente è morto. C’è stata una battaglia, con i Mangiamorte a Hogwarts…”

Harry non riusciva a guardarla negli occhi.

“Le è… le è accaduto qualcosa, vero?”
 



Lily era stata svegliata di scatto dal rumore delle esplosioni. Si trovava in Infermeria, dove Piton l’aveva riportata la sera precedente. Lei non sapeva spiegare la sua presenza in quell’epoca, e probabilmente solo il ritorno di Silente avrebbe potuto aiutarla a trovare un senso e un modo per tornare a casa.

Ma ora, a notte fonda, sembrava che Hogwarts stesse crollando su se stessa, e lei doveva assolutamente uscire da lì.

Incurante del freddo che sentiva indossando solo la vestaglia, e stringendo forte la bacchetta in mano, Lily uscì in corridoio e si fece strada verso la fonte di tutto quel rumore. Quando distinse delle urla, iniziò a correre.

Provenivano dai piedi della Torre di Astronomia. C’era un grande gruppo di persone che duellava. Gli incantesimi saettavano da tutte le parti, verdi, rossi, e di tanto in tanto qualcuno gridava di dolore. Improvvisamente un pezzo di corridoio saltò in aria, e lei si spostò appena in tempo per evitare i massi scagliati dalla forza dell’esplosione.

Fu così che riuscì a intravedere una familiare figura dai capelli rossi.

Una giovane versione di sua madre duellava come se fosse nata solo per quello. Si muoveva veloce e rispondeva al fuoco nemico con rabbia evidente. Tuttavia, si fermò per una frazione di secondo quando intravide qualcuno scendere dalle scale della Torre.

“Harry!”

Lily lanciò un’occhiata verso suo padre, che sembrava fuori di sè, poi riportò lo sguardo sulla battaglia. Un Mangiamorte stava puntando la bacchetta contro Ginny.

Non c’era tempo per pensare. Lily corse avanti per avere una linea di tiro libera.

Stupeficium!”, e il Mangiamorte cadde a terra inerme. Lily tirò un sospiro di sollievo.

Ma non si accorse della figura scura che era comparsa a pochi metri da lei, e non sentì nulla quando il mortale lampo verde la colpì in pieno, gettandola nel vuoto assoluto.
 



Ginny non riusciva più a trattenere le lacrime.

“Mi ricordo anche io… è come se mi si stesse sbloccando la memoria. Ma quella ragazza… In quel momento non l’avevo vista bene, e poi sembrava che nessuno ne volesse più parlare… ed era… era Lily? Per tutto questo tempo, è sempre stata Lily? Abbiamo assistito all’omicidio di nostra figlia ancora prima di averla?”

Ginny scoppiò in singhiozzi, mentre Harry rimase immobile, intorpidito. Poi gli tornò in mente un altro ricordo, e si tirò su di scatto.

“Piton,” sussurrò.

Sua moglie lo guardò, le lacrime che le scivolavano copiose dalle guance.

“Durante il nostro confronto… dopo che aveva ucciso Silente…” disse piano, mentre il cervello gli si snebbiava a fatica. “Lo avevo accusato di aver tradito l’unica persona che gli aveva dato una seconda possibilità dopo i suoi trascorsi come Mangiamorte. E lui mi rispose che certe colpe, una volta causate, non si potevano cancellare, a meno di tornare indietro ed evitare che accadessero.”

Harry e Ginny si fissarono per un lungo istante.

“Pensi che sapesse… che stesse cercando di dirti…”

Harry annuì.

“Mi serve Hermione.”

“No, Harry. Non posso lasciartelo fare.”

Hermione era in piedi nel suo ufficio, a braccia incrociate.

“Capisco che sei sconvolto, ma per il tuo bene e quello della tua famiglia, fermati per un secondo e pensa. E’ una follia.”

“E’ l’unica possibilità di Lily. Per favore, dimmi dove si trova quella Giratempo.”

“Harry, no, non lo farò. Anche se fosse la sua unica possibilità,” cercò di farlo ragionare Hermione. “quasi certamente non funzionerebbe. Non puoi scegliere con precisione il momento di arrivo. Non sono nemmeno sicura che ci sia un momento di arrivo. C’era un motivo per cui quell’oggetto era ancora sotto test da parte dell’Ufficio Misteri. E’ instabile. Potresti semplicemente scomparire nel nulla e non fare più ritorno.”

Harry non parlò. Era chiaro che a Hermione costava molto dire quelle parole.

“Harry,” continuò in tono più dolce. “Sono sconvolta anche io per la perdita di Lily, e come te sarei pronta a fare di tutto pur di salvarla. Ma questa non è un’opzione. Mi dispiace.”

“Hai ragione,” rispose Harry. “Hermione…”

L’amica, sollevata, lo guardò.

“Dispiace anche a me. Imperio!”

*

Harry si passò nervosamente tra le mani la catenella argentata. Aveva eseguito sulla clessidra tutti gli incantesimi che Hermione conosceva. Guardando le iridi spente dell’amica, Harry cercò di tenere a bada il senso di colpa. Lo stava facendo per Lily, e se tutto fosse andato come previsto, allora quel momento non sarebbe mai accaduto. Certe colpe, una volta causate, non si possono cancellare, a meno che…

“Augurami buona fortuna,” sussurrò.

“Buona fortuna,” rispose prontamente Hermione.

Harry chiuse gli occhi ed eseguì il movimento di bacchetta che aveva appena imparato.

Tempus.”

*

Harry riaprì gli occhi e si ritrovò al buio.

Per un momento temette di essersi perso nelle pieghe dello spaziotempo, ma poi riconobbe attorno a sè la stanza dell’Ufficio Misteri che aveva appena lasciato. Sentì una fitta alla mano, e vide che il vetro della clessidra si era rotto e gli aveva lacerato la pelle. Non avrebbe più potuto usare quella Giratempo.

Lanciò un incantesimo per visualizzare data e ora. Mancavano dieci minuti al momento in cui Albus aveva detto di aver sentito il trambusto fuori dall’Infermeria.

Aveva solo dieci minuti per lasciare il Ministero della Magia, arrivare a Hogwarts e impedire che sua figlia venisse mandata a morire nel passato.

Harry iniziò a correre.

*
 

“Ehi! Lei non può stare qui!”

“Non ho tempo,” borbottò Harry all’ufficiale nell’atrio del Ministero. Stava cercando di arrivare ai camini per trasportarsi a Hogwarts tramite Polvere Volante.

“Si fermi subito!”

“Sono l’Auror Potter e questa è un’emergenza, mi lasci passare!”

“Ho visto uscire l’Auror Potter un’ora fa, e da allora non è più rientrato,” gli urlò la guardia. Fece un movimento con le mani, e improvvisamente un suono acuto risuonò nell’aria. Harry imprecò. L’uomo aveva dato l’allarme.

Senza quasi pensare, Harry mosse la bacchetta.

StupeficiumBombardaAccio Polvere Volante!”

Tutti e tre gli incantesimi andarono a segno, e Harry si tuffò in uno dei camini sulle pareti.

“Hogwarts!”

*
 

“Al, sei proprio un cretino.”

“Le tue parole mi fanno molto più male di queste ferite. Da te mi aspetto cure e compassione, non certo insulti, sorella!”

Dopo pochi minuti, Lily uscì dall’Infermeria e chiuse la porta dietro di sè. Un’ombra le passò sul viso quando posò gli occhi su un uomo che camminava nella sua direzione.

“Non può entrare lì dentro.”

“Prego?”

“L’orario di visita dell’Infermeria è finito.”

“Oh, non me ne ero reso conto. Stavo cercando Albus Potter.”

“E perchè mai? A quest’ora? E’ per caso un giornalista? Albus non ha tempo per lei, lo lasci riposare.”

“No, non sono un giornalista. Tu sei sua sorella, vero? Sei Lily Potter?”

STUPEFICIUM!”

Il lampo rosso mancò la spalla dell’uomo di pochi centimetri. Avery si girò imprecando.

“Lily, scappa!”

“Papà?!”

Sectumsempra!”

Petrificus Totalus!”

L’uomo deviò ancora l’incantesimo e lanciò un’occhiata calcolatrice verso Lily, che si era appoggiata alla porta dell’Infermeria e cercava nervosamente la bacchetta nella tasca.

“Non ci pensare neanche,” ringhiò Harry. “Lily, entra in Infermeria, mettiti in salvo!”

“Giù le bacchette!”

Era stata una nuova voce a parlare. Cinque uomini vestiti di rosso tenevano tutti sotto tiro. Doveva essere la squadra di Auror richiamata durante la fuga di Harry al Ministero.

“Sono il vero Auror Potter, il vostro capo, e quest’uomo è l’Indicibile Anderson Avery,” alzò la voce Harry. “Ha fatto uscire illegalmente un pericoloso oggetto magico dall’Ufficio Misteri.”

“Abbiamo una segnalazione riguardando un sospetto che potrebbe cercare di farsi passare per lei, signore,” ribattè guardingo l’Auror Cattermole, che Harry conosceva bene.

“Allora arrestateci entrambi! Non mi interessa. Mi basta che prendiate lui,” scattò Harry.

In quel momento Avery balzò verso Lily, che era rimasta a guardare la scena con occhi spalancati. Sei bacchette lanciarono incantesimi all’unisono, e l’uomo cadde a terra immobile. Cautamente, Harry poggiò la bacchetta a terra per non provocare una reazione dai suoi uomini, e si avvicinò verso Avery.

“Signore, per favore, si fermi,” chiese nervosamente l’Auror Brittley, ma Harry li conosceva tutti, e sapeva che senza grosse provocazioni nessuno si sarebbe preso la responsabilità di colpire quello che forse non era l’Auror Capo, ma forse invece sì.

Harry tastò le tasche dell’Indicibile a terra ed estrasse la catenella della Giratempo. Mise la clessidra per terra e, senza tante cerimonie, la pestò rompendola in mille pezzi. Poi si girò e corse ad abbracciare la figlia. Non poteva credere di riaverla ancora lì, viva.

“Stai bene?” le chiese con voce tremante.

“Io sì, papà. Albus sarà là dentro a morire di rabbia perchè non può scendere dal letto per vedere cos’è successo… ma in effetti, cos’è successo esattamente?”

“Assolutamente nulla, tesoro,” rispose Harry. Sentiva una lacrima scivolargli giù dalla guancia. “Abbiamo solo evitato che accadesse qualcosa di incancellabile.”

Sorrise, e le accarezzò i capelli.




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