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Autore: arya87    22/03/2009    2 recensioni
"Ci sono momenti in cui vieni sorpreso da improvvisi ricordi o idee che poco o nulla hanno a che vedere con il frangente. Ma pure chiedendoti come diavolo sei arrivato a pensare tutto ciò, non puoi fare a meno di indugiarvi, anche solo per un breve istante." (attenzione: spoiler DH)
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccomi qua! Innanzitutto mi sento in dovere di rassicurarvi precisando che non ho abbandonato la traduzione di “Step Into the Night”, anzi il terzo capitolo è praticamente finito, devo solo revisionarlo per bene, quindi sarà pubblicato molto presto.

Per quanto riguarda questa breve fic, invece, è stata una sorpresa anche per me, in quanto è la prima volta che non scrivo dei miei amatissimi Remus e Tonks. Ma Piton è pur sempre uno dei miei personaggi preferiti, e quest'idea mi solleticava già da un po', dovevo metterla per iscritto... Chiedo perdono per il titolo, che non mi convince affatto, ma a quanto pare con i titoli sono una vera incapace. Beh, buona lettura!!!


Colours and Memories


Ci sono momenti in cui vieni sorpreso da improvvisi ricordi o idee che poco o nulla hanno a che vedere con il frangente. Ma pure chiedendoti come diavolo sei arrivato a pensare tutto ciò, non puoi fare a meno di indugiarvi, anche solo per un breve istante.

Era esattamente questa la situazione in cui si trovava Severus Piton, pozionista, Mangiamorte pentito, professore di Difesa contro le Arti Oscure e attualmente preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Di certo quello non era il momento ideale per rimuginare sul fatto che nessuno gli avesse mai domandato quale fosse il suo colore preferito.


Ma tralasciando il fatto che con ogni probabilità non avrebbe mai prestato attenzione ad una simile sciocca trivialità, si ritrovò a pensare che senza alcun dubbio la risposta sarebbe stata il verde.


“Scontato” avrebbe replicato l'ipotetico interlocutore, una volta riscossosi dallo stupore che, ebbene sì, un colore c'era, e non era il nero. “Un Serpeverde fatto e finito.”


Nulla di più stupido. Sicuramente il parto della mente di un Grifondoro. Associare un colore esclusivamente all'emblema di una Casa è oltremodo riduttivo. Esiste un'infinità di ragioni per cui un colore può diventare il proprio preferito. E il fatto che il verde sia proprio la tonalità del lampo prodotto dall'Anatema che Uccide non è certo tra di esse.

Per Merlino, in primis Severus era pur sempre un essere umano, non un Mangiamorte, per quanto spesso la gente lo dimenticasse, e sebbene egli avesse relegato quell'ultimo brandello di umanità nel più remoto angolo della sua anima per gran parte della vita.


Ma non divaghiamo. Il verde è il colore dei prati di Hogwarts in primavera, quando l'erba baciata dalla rugiada mattutina e dalle piogge copiose scintilla al contatto con le carezze dei timidi raggi di sole, come una distesa di preziosissimi smeraldi.


E' il colore dei riflessi vorticanti che le acque del Lago Nero proiettano sulle pareti della sala comune dei Serpeverde, conferendo loro un'altera eleganza che nessun'altra Casa potrà mai sperare di eguagliare.


E' il colore di gran parte degli ingredienti di cui il pozionista si è sempre circondato, di tutte le tonalità, dal verde muschiato della pelle di Girilacco alla tinta olivastra della radice di Artemisia, alla sfumatura brillante delle foglie di Aconito. Un'infinità di colori e odori penetranti dai quali mai avrebbe potuto separarsi.


Ed era il colore degli occhi di lei, così espressivi, capaci di scrutare fino in fondo all'anima, occhi a cui non era mai potuto sfuggire.

Occhi ridenti, colmi di affetto come quando, bambini, ancora ignari del mondo, giocavano fantasticando di magie, incantesimi e pozioni.

Occhi carichi di compassione nell'udire dell'ennesima bravata a spese dell'amico, o accesi di rabbia nel mezzo di un'invettiva contro Potter o Black.

Occhi che, impotente, osservò diventare sempre più freddi e distanti, talvolta con un guizzo di nostalgia e di dolore che gli trafiggevano il cuore come una moltitudine di aghi, con la consapevolezza che se la stava perdendo per sempre la colpa era esclusivamente sua.

Occhi irraggiungibili.


Gli stessi occhi in cui ora riconosceva il proprio riflesso, esangue, agonizzante. Occhi che aveva odiato fin dal primo istante in cui vi aveva posato lo sguardo, che lo avevano tormentato senza sosta rammentandogli tutti i suoi imperdonabili crimini.

Eppure in quel momento, nel rimirarli, gli parve di non aver mai visto nulla di più bello. Una visione celestiale prima di andarsene. Con un ultimo sforzo si sporse verso il Ragazzo Sopravvissuto, e verso gli occhi dell'unica donna che avesse mai amato.


Guar...da...mi”


E l'oscurità lo avvolse.

  
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