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Autore: nozomi08    14/02/2016    3 recensioni
Anno x791, regno di Fiore, città di Magnolia. Terminato il recente Dai Matou Enbu, e conclusa felicemente la vicenda di Eclypse, lo scalmanato gruppo di Fairy Tail rincasa nella nuova gilda, ritornando ai felici ritmi di sette anni fa. Tutto sembrava tornato alla normalità, se non fosse stato per l’arrivo di una figura misteriosa, proveniente da un mondo distorto chiamato Astral. Il suo passato misterioso, è pieno di sfaccettature.
Cosa c’entrerà mai con la gilda oscura di Gacrux, colei che detiene il primato degli affari sull’importo d’armi, principale alleata dell’alleanza Balam, che recentemente aveva aumentato i suoi traffici? Quale è il vero rapporto tra questo sconosciuto ed Loki, il master di Gacrux? Qual è il suo scopo, il motivo per cui è qui? E soprattutto, quale sarà il ruolo dei maghi degli Spiriti Stellari e delle 12 Chiavi d'Oro nel loro losco piano?
Starà al giovane e turbolento gruppo di Fairy Tail scoprirlo.
ATTENZIONE! CAPITOLI REVISIONATI!
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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PASSATO

-Niente da fare, è tutto inutile!-
Così sbraitava il povero Klaus, gettando via, sulla pila impolverata, l'ennesimo libro estratto dal mare di scaffali che costituivano la biblioteca reale.
Erano tre genjiki che erano chiusi lì dentro, cercando senza sosta. Ma anche senza pranzo e cena... quasi.
Come si potrebbe dedurre da "erano", a fargli compagnia in quelle serate di morbose quanto infruttuose ricerche c'era lei, la principessa, la quale, al contrario del capitano, si ostinava a non cedere alla noia e allo sconforto.
-Più lavoro e meno lamentele, Klaus!- sbuffò con rimprovero la fanciulla, chiudendo di scatto il libro che aveva sottomano, per poi gettarlo sulla pila di fronte. – Atlas si trova perduto chissà dove e non sappiamo nemmeno come poter rintracciarlo! Dobbiamo trovare il modo per riportarlo indietro, a tutti i costi!- continuò severa, afferrando un altro tomo.
"E per di più, il mio potere magico non è ancora abbastanza forte da poter entrare in contatto con la fonte della Chiave del Cielo ad una così grande distanza..." pensò tra sé, frustrata, mentre Klaus bofonchiava l'ennesima rinuncia al suo buon pasto.
Era vivo. Di questo ne era certa, glielo diceva il cuore; ma era preoccupata.
Solo, in un posto sconosciuto, al rischio della crudeltà di quella feccia di Gacrux, di lui. Forse, anche di quello stesso mondo in cui si trovava. Che gli sarebbe potuto accadere?
La distanza la uccideva.
Il dubbio la tormentava.
La paura la scuoteva.
Il desiderio la bruciava.
Lo voleva lì, con lei, al sicuro.
Avrebbe trovato il modo di farlo tornare a casa, di aiutarlo, proteggerlo per quello che avrebbe potuto.
Era una strada a senso unico: il suo obiettivo, prefissato dalla sua volontà.
"... luogo a cui appartengo..."
Erano le parole chiave.
Se era vero che il popolo di Astral aveva origini al di fuori di questo mondo, e che i portali erano il solo mezzo per ricondurlo ad esso... di conseguenza, dovevano esserci altri portali che conducevano da quel mondo ad Astral... Altrimenti, come avrebbe fatto?
Nel caso quella supposizione fosse stata esatta, riattivare il portale sarebbe stato inutile: non avrebbe fatto altro che condurli esclusivamente al di fuori di Astral. Inoltre, secondo quello che le aveva raccontato Atlas riguardo Gacrux, se erano veramente riusciti a tornare indietro, ciò comportava che gli altri portali non erano stati completamente distrutti.
C'era ancora speranza.
Doveva indagare, approfondire ancora.
C'era un'ala della biblioteca che non avevano ancora perquisito.
-Klaus, io andrò a vedere nei Reparti Ignoti- proferì, alzandosi dalla sedia con decisione. Klaus alzò un sopracciglio.
-Siete sicura? In quei scaffali non si trovano altro che scartoffie vecchie di chissà quanti anni!- disse.
-È proprio per questo che ritengo sia necessario controllare: magari lì si trova qualche documento che potrebbe aiutarci- spiegò lei.
-Vostra Maestà, se è per questo, potevano aiutarci anche questi- obiettò Klaus, afferrando a caso uno dei libri lasciati sulla pila –Ma tutto quello che hanno fatto è stato "aiutarci" a sprecare tempo!- commentò amareggiato, rigettandolo in malo modo.
-Questo perché tutti questi libri parlano dell'attuale popolo di Astral- disse Alhena. Klaus la guardò confuso, e lei sospirò. –Mi spiego: in questi libri che abbiamo consultato fino ad ora non si parla altro che delle origini di Astral, di come questo mondo si è evoluto fino a divenire quello dove viviamo oggi- disse.
-E allora?- chiese Klaus.
-E allora si parla delle origini del nostro pianeta e dello sviluppo del nostro popolo. I libri non citano nulla sulle nostre origini, perché tutti pensiamo di essere sempre stati abitanti di Astral- spiegò.
-In pratica, state dicendo che questi libri sono stati scritti con la certezza che siamo sempre vissuti qui?- chiese Klaus. La principessa annuì.
-Esattamente. Queste edizioni sono state scritte dopo la migrazione dei nostri antenati da loro vero luogo d'origine-
-Da come ne parlate, sembra che siate ormai certa di queste ipotesi- disse Klaus, guardandola negli occhi. Si stupì nel non vedervi alcuna traccia di sgomento, nonostante la scoperta dalla portata rivoluzionaria.
"Tutta suo padre" pensò con fierezza.
-Dopo quello a cui ho assistito, direi di sì- rispose Alhena, intrecciandosi le mani –Ma ritengo ugualmente che sia opportuno controllare, e credo che i Reparti Ignoti facciano proprio al caso nostro. Quei documenti sono antecedenti a questi; magari c'è la probabilità di trovare qualcosa che ci possa interessare- finì, incamminandosi a passo svelto.
-Ogni suo desiderio è un ordine!- proferì ironico Klaus, seguendo la principessa come se fosse un'ombra.
-Spero solo di non affogare nella polvere...- bofonchiò.

 
§ § § § §

Un lieve scroscio d'acqua accompagnava un canticchiare soave. Una nuvola di torpore accarezzava la rosea pelle d'un corpo dalle linee sinuose. Ed un Plue spennacchiato osservava tremante dal bordo d'una vasca. La tenda bianca, copriva lo scandalo.
Lucy si cullò dolcemente nelle acque calde del bagno, immergendosi fino alla punta dei suoi capelli biondi, in un'espressione rilassata. Si abbandonò al bordo freddo della vasca, appoggiandovi il capo. Sospirò.
Un'altra ardua, divertente giornata era passata, e l'incubo dell'affitto era temporaneamente scemato grazie a Natsu. Si era fatto perdonare a dovere, il rosato. Ora poteva pensare con calma a come pagare il prossimo. Nonostante ciò, la cosa non riuscì a consolarla a dovere.
Dalle labbra uscì un leggero sospiro, e si godette le acque calde che sommergevano il suo corpo. Pace assoluta, finalmente. Ma fu questione di un momento, prima che sentì bussare alla porta. Afferrò al volo un asciugamano, e se lo avvolse intorno al busto, dirigendosi curiosa in salone. Sicuramente non erano Natsu e Happy: loro entravano e basta. E dalla finestra, per giunta.
Un po' esitante, aprì la porta, parandosi dietro di essa. Sbarrò gli occhi di fronte all'inaspettato: Atlas.
-Disturbo?- chiese il giovane entrando con un'occhiata veloce. Lucy, ancora sbigottita, balbettò un "No figurati, nessun disturbo".
"Perché mai è qui?!" si chiese isterica, sistemandosi alla bella e meglio l'asciugamano indosso, arrossendo imbarazzata. Atlas si diede uno sguardo intorno alla stanza, per voltarsi poi verso la nuova (pseudo) nakama, che notò essere in preda a un lieve rossore alle guance.
-E' un appartamento davvero carino, i miei complimenti- disse, facendola arrossire ancora di più. E giusto per divertirsi ancora un po' con i suoi piccoli sadismi (dovuti ad un certo malumore), le lanciò un'attenta occhiata da capo a piedi, sfiorando con lo sguardo le provocanti curve di Lucy. La stoccata andò a segno: ora la sua faccia era come un peperone.
-A-allora, di cosa hai bisogno?- chiese intimidita, puntellandosi sui piedi.
-Oh, già, stavo per dimenticarmene. Vedi, il mio appartamento è al piano di sopra, e purtroppo la proprietaria mi ha rivelato la presenza di un guasto alle tubature e che deve ancora essere riparato. Siccome avevo proprio bisogno di fare una doccia, le ho chiesto consiglio, e lei mi ha suggerito di venire qui... però non mi ha detto che era l'appartamento di una ragazza-
-Quindi sei venuto per... una doccia?-
-Esatto. Ma se per te è un problema, posso andarmene al fiume-
-Al fiume?!- esclamò Lucy con gli occhi sgranati.
-Beh, non che mi piaccia l'acqua gelata della sera, ma dove potrei andare altrimenti?- oppugnò Atlas. Detestava i bagni freddi, a meno che non facesse un caldo assurdo come in quelle giornate. Quel mondo aveva un clima strano. Del tutto differente da quello di Astral, dove le giornate erano abbastanza miti e turbate solo da una lieve brezza fresca. Lucy si morse un labbro. Non aveva mai invitato un ragazzo a casa sua per farsi una doccia, fatta eccezione per i casi disperati di Natsu, che era sempre di casa (secondo lui). Però sarebbe stata scortese se lo avesse cacciato al fiume, e non sarebbe stato un buon inizio per il suo piano di approccio col giovane. E poi, si sarebbe persa un'occasione ghiotta per poterlo avvicinare e studiare. Lucy sospirò, accennando un lieve sorriso e invitando il ragazzo a fare come se fosse stato a casa sua.
-Non c'è alcun bisogno di andare al fiume. Prego, entra e fa come se fossi a casa tua!- disse la bionda. Atlas sorrise lievemente e la ringraziò, dirigendosi verso la porta del bagno indicata dalla maga. Nel frattempo che il ragazzo era occupato, Lucy ne approfittò per rivestirsi in fretta e furia, per poi adagiarsi turbata sul suo comodo letto. Il cuore le batteva all'impazzata: non sapeva che fare. Non era solita a credere a cose come il destino, ma il fatto che abbia come coinquilino proprio Atlas e che sia in casa sua proprio quella sera le fece venire dei dubbi. Forse esisteva, dopotutto. E se fosse, evidentemente lei non gli suscitava molte simpatie. Si massaggiò le tempie che le incominciavano a dolere in seguito ai suoi pensieri frenetici e allo stress. Aspettava il momento e l'occasione giusta per avvicinarsi a lui, ma mai si sarebbe immaginata che sarebbe successo così presto. Il ricordo di quello che aveva visto il giorno precedente era ancora fresco e prepotente nella sua mente e la paura le aveva lasciato molte tracce addosso. Cosa le sarebbe successo ora? L'avrebbe attaccata? O invece non sarebbe successo nulla? Guardò pensierosa il mazzo delle sue Chiavi degli Spiriti Stellari sulla scrivania. Quanto avrebbe voluto che Natsu fosse lì con lei a guardarle le spalle! Per la prima volta non avrebbe badato alle sue visite clandestine che la facevano tanto infuriare... e nel mentre che la bionda pensava e pensava in cerca di una strategia da attuare, il ragazzo sbucò dal bagno, vestito solo dei suoi comodi pantaloni neri di cotone e del suo asciugamano, adagiato sulla testa bagnata. Le goccioline d'acqua scendevano delicate e incolori lungo suo petto asciutto, scomparendo poi sotto il bordo dei pantaloni. Si diresse con passo disinvolto in salone, mentre involontariamente gli occhi di Lucy cercavano di catturare vogliosi ogni singolo dettaglio, fino a soffermarsi su uno strano particolare. All'altezza del cuore il giovane aveva incastonata nella pelle un frammento di una gemma nera, dalla quale partivano delle ramificazioni del raggio di tre o quattro centimetri lungo tutto il suo perimetro. Incuriosita dai riflessi minacciosi che emanava la pietra, si alzò e andò verso il giovane, fino a ritrovarsi a pochi centimetri da lui, e accarezzò delicatamente il profilo della gemma e quelle ramificazioni che, a toccarle, parevano cicatrici sulla pelle. E lo erano. Al contatto della pelle fresca e dolce della maga Atlas rabbrividì inconsapevolmente. Vederla così vicino lo metteva estremamente a disagio. Era bella da mozzare il fiato. I suoi bei capelli dorati profumavano di vaniglia. La pelle chiara emanava ancora il calore della doccia. Aveva gli occhi scuri e caldi come quelli dei cerbiatti, e lo stavano scrutando attenti. Eccezion fatta per Alhena, non aveva mai avuto una ragazza così vicino da poterne ammirare il profilo, senza poterla toccare. Deglutì, e gli occhi gli caddero sulla generosa scollatura. Sentendo il proprio desiderio ammontare, gli sfuggì una bella imprecazione, e scansò la ragazza prima che l'istinto possa seguire di nuovo le lezioni amorose di Klaus. E non erano lezioni adatte ai minori.
-Lucy, si può sapere che ti è preso?- le chiese un po' irritato, anche se era più per il nervosismo che aveva provato e per quei pensieri poco casti che gli aleggiavano in testa che lo facevano imbestialire.
Lucy si riscosse solo in quel momento e guardò spaesata Atlas. Era stata talmente presa da quella pietra e da ciò che poteva significare che non si era accorta di essersi avvicinata così tanto a lui. Non appena se ne rese conto, arrossì violentemente.
-Scusami, non so cosa mi è preso- disse turbata, guardando altrove –Vedere quella pietra mi ha incuriosito e non ho più pensato a quello che facevo. E' qualcosa che mi accade spesso- rise nervosamente, e lo guardò di nuovo negli occhi –Senti, cosa vuol dire... quella?- gli chiese. Atlas si morse il labbro, aggrottando la fronte. Non aveva voglia di raccontarle il suo passato e ciò che si nascondeva dietro quella pietra, ne valeva della sua copertura. Al tempo stesso però non aveva pensato alla possibilità che vedesse la gemma e che avrebbe destato curiosità. Ma era ovvio che potesse accadere. Era stato incauto, e si diede dello stupido. Cosa le avrebbe detto ora? Scrutò le iridi cioccolato della ragazza che lo guardavano preoccupata sotto una fronte leggermente aggrottata. Così sinceri. Così puri.
-Una specie di... antica magia - gli sfuggì –Ma non ho voglia di parlarne. Sono affari miei, se non ti dispiace- disse in tono duro.
-Oh, si… certo... scusami- disse desolata Lucy, abbassando lo sguardo. Atlas pensò che l'espressione che aveva in volto in quel momento era adorabile. Gli ricordava una bambina. Dimentico di quello che era successo appena un attimo fa, si avvicinò alla bionda e con un sorriso le accarezzò la testa. Lucy si sorprese al contatto. Possibile che le mani che avevano dato vita a quelle cose atroci siano le stesse che ora l'avevano toccata così gentilmente?
-Non ci pensare. Grazie per la doccia- le disse.
-Oh figurati, non è nulla- rispose la maga con un timido sorriso, distogliendo lo sguardo. Atlas la scrutò un secondo, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Pensò che avrebbe tanto voluto stuzzicarla. Come faceva ad una certa persona...
"Ah, basta, non è il momento adatto per i miei sadismi" pensò.
-Senti...- proferì d'un tratto Lucy, catturando la sua attenzione –immagino che ci vorrà molto tempo per riparare al guasto, quindi... se vuoi, puoi venire da me ogni volta che avrai bisogno di... una doccia... ma non farti strane idee! È solo per evitare il bagno al fiume e non farti fare atti osceni in luogo pubblico come accade con Gray! Una volta è stato addirittura contattato dal Concilio per questo!- concluse imbarazzata, volgendo ancora una volta lo sguardo altrove.
Non era la prima volta che si trovava a che fare con un suo nakama mezzo nudo (basti solo pensare a Gray appunto), ma con lui sembrava tutta un'altra storia...
Atlas proruppe in una piccola risata. Era inaspettatamente bella... fresca come la brezza della sera al chiaro di luna.
-Ok, ok, ho capito quello che vuoi dire, non c'è bisogno che ti agiti tanto- disse.
"È così pura da dare quasi il voltastomaco. Che sia tutta finzione?" pensò "Prima però, devo sistemare una cosa..."
Con fare sospetto, si avvicinò di più alla turbata ragazza, che finse di guardare da tutt'altra parte. Ne osservò per un attimo i femminei lineamenti del viso, per poi prenderle delicatamente il mento, costringendola a guardarlo negli occhi.
Un tuffo in un seducente mare vermiglio.
Il cuore di Lucy martellava prepotente nel suo petto, mentre le guance le diventavano rosse. Sperò con tutta sé stessa che non avesse notato niente.
Atlas continuò a fissarla intensamente, mentre faceva appello a tutto il suo potere di persuasione. Si accostò lentamente all'orecchio della ragazza, solleticandole il collo con le punte ancora bagnate dei suoi capelli rossi e platino.
-Non parlare con nessuno della gemma che porto al petto. È questione di vita o di morte- le sussurrò, per poi scostarsi e scrutarla nuovamente in volto. Lucy era come stregata, ammaliata dal fascino di Atlas. Poteva ucciderti anche solo guardandoti, con quegli occhi. Sembravano come incantati, delle fiamme che danzano. Si chiese quante donne avesse messo ai suoi piedi, con quello sguardo.
-Posso fidarmi di te?- chiese lui. Lucy annuì debolmente, ancora succube dell'atmosfera che li circondava. L'etere era così pesante e ardente che pareva solido al tatto. Il cuore le batteva ancora più forte.
-Non dirò nulla a riguardo. Puoi fidarti di me- gli disse. Atlas la lasciò andare e si avviò verso l'uscio. Non era un granché come tattica per legarla a sé e ottenere il suo silenzio, ma non gli era venuto niente di meglio in mente. Era una delle poche tecniche di Klaus che riuscivano ad andare a segno.
Lucy strinse nervosa i pugni, cercando di dare un contegno al corpo che sembrava provare strani brividi.
Tutto quello che aveva provato alla vicinanza col ragazzo l'aveva intimorita. Molto.
E poi il calore del suo corpo, il suo respiro... l'avevano mandata in confusione.
Quanto avrebbe voluto avere Natsu lì con lei... era sicura che tutto le sarebbe stato più chiaro, se ci fosse stato lui accanto. Si portò una mano dove batteva ancora frenetico il cuore. Pensò di aver fatto un buon inizio quella sera. Se continuava così, presto si sarebbe fidato completamente di lei. O quasi almeno. Era importante che lo facesse, se voleva scoprire di più su di lui e capire cosa stia tramando. Intorno a lui aleggiavano troppi misteri, troppe domande senza risposta. A cominciare da quella strana gemma. Si appuntò di fare prossimamente delle ricerche a riguardo... magari in biblioteca.
Atlas si rigirò ad osservare la ragazza per un'ultima volta.
-Grazie ancora. Ci si becca in gilda allora- disse, seguito dal debole annuire della giovane, che, tuttavia, non lo guardava direttamente negli occhi. Era ancora rossa sulle guance.
E terribilmente carina.
Sospirò arreso –Beh, buonanotte, Lucy. E... sei molto carina quando arrossisci- proferì con un sorriso che lasciò stupita la ragazza, catturandone di nuovo l'attenzione. Si chiuse la porta alle spalle con un suono secco.
"Klaus, è inutile illudersi, le donne mi manderanno fuori di testa." pensò salendo le scale.
Entrato nella sua camera, si buttò a capofitto nel morbido letto. Sdraiato finalmente su qualcosa di comodo, si ritrovò a ripensare alla sua coinquilina, soffermandosi a lungo sulle sue curve formose. Si chiese cosa sarebbe successo se, lasciandosi guidare dai suoi istinti, le avesse tolto l’asciugamano di dosso. L’avrebbe baciata ovunque, mentre le mani accarezzavano il suo seducente corpo nudo. E lei… come avrebbe reagito alle sue attenzioni? A quei pensieri lascivi la sua coscienza si fece ben sentire, sotto le spoglie dell'austera voce di Alhena.
"Vergognati, razza di vlakas pervertito!" strillava indignata.
Chiuse gli occhi per un secondo, sorridendo all'immaginarsi la scena di lei che gli scoccava uno dei suoi migliori sguardi torvi con un bastone in mano pronto a gonfiarlo di botte.
Ma lei non c'era con lui, e quel pensiero smorzò il sorriso che si era designato sulle sue labbra.
Volse il capo verso la modesta finestra, immergendo lo sguardo nell'oscurità del cielo notturno. Come era strano, quel mondo: prima avvolto da una dorata luce accecante, dalla vita della gente e poi, tutto d'un tratto, così buio, così silenzioso, così... vuoto.
In quel posto si sentiva come un marinaio in balia di acque a lui ignote, ma quella vista... quella vista gli ricordava tanto il cielo di Astral...
Astral, la sua casa...
Aveva promesso ad Alhena che si sarebbe sbrigato a tornare. L'indomani, avrebbe dato inizio alle sue ricerche. Le cose si sarebbero presto sistemate.
O così sperava.
Scrutò le stelle una ad una, stampandosi nella memoria la loro posizione, la loro nivea brillantezza, ogni loro nota di luce.
E fu così che il marinaio sperduto, confortato dall'illusione di ciò che più a lui è caro e familiare, si addentrò nell'infinito mare dei sogni.

§ § § § §

Lucy fissava sognante il punto in cui il giovane era sparito. Era rimasta, in un certo senso, scioccata da quel dolce sorriso improvviso. Anzi, pensò, era proprio lui imprevedibile. Ti lasciava spiazzato ogni volta.
"Che tipo ambiguo..." commentò fra sé e sé, sedendosi alla sua scrivania.
Si poteva intuire a pelle che quel ragazzo nascondeva qualcosa che non voleva far sapere, ma pensava anche che non lo si conosceva abbastanza a fondo da poter trarre alcun tipo di conclusione.
In sostanza: il fatto che sia un tipo dall'aria misteriosa e che abbia fatto fuori tutta quella gente, non significa che sia altrettanto spietato di carattere (o almeno sperava). I tipi così imprevedibili e schivi sono difficili da decifrare. Non si sa mai cosa gli passa per la testa. E se ti aspetti che ti diano una risposta, un indizio ai tuoi dubbi sul loro stesso atteggiamento beh, tutta fatica sprecata. Non te lo diranno mai. Ti lasciano la sorpresa all'ultimo. E in quel momento scopri che potevi aspettarti di tutto, meno che quello. È peggio di una partita a scacchi. Atlas doveva essere un bravo giocatore.
Fatto sta che d'ora in poi, specialmente in sua presenza, avrebbe dovuto imparare a mascherare bene le sue emozioni e stare attenta alle parole e ai fatti. Sarà anche un tipo eccentrico, ma di certo era molto sveglio. Sarebbe stata dura.
Nonostante tutto, con lui era riuscita ad avere un primo contatto, ora non le restava che passare al secondo. Decise che sarebbe stato l'indomani stesso. Su Erza e Gray sapeva di poter contare, per non parlare di Wendy, Carla e Happy, ma Natsu... sarebbe stato il più difficile da tenere a bada.
Ma a questo avrebbe provveduto il giorno dopo. Per quanto riguarda quella strana pietra incastonata nel suo petto... non sapeva di preciso di cosa si trattasse, ma sentiva che non era nulla di buono. Aveva percepito un'aura oscura al suo interno. Doveva essere qualcosa di molto potente, dato che l'aveva sedotta così tanto da non accorgersi di quello che stava facendo. Aveva detto che si trattava di un'antica magia... Forse una qualche magia di Zeref? Finché non avesse scoperto di cosa si trattava, non poteva certo dir nulla ai suoi compagni. Decise di rispettare il patto con Atlas. Al momento sarebbe rimasto un segreto del quale solo lei sarebbe stata a conoscenza.
Si passò le mani sopra la testa, inarcando la schiena per stiracchiarsi, sciogliendo la tensione che i suoi muscoli avevano accumulato. Con la testa piena di pensieri, Lucy preparò carta e penna davanti a sé ed incominciò a scrivere, senza far caso al fatto che, al posto del solito inchiostro color seppia, stava usando quello scarlatto, come gli occhi di un certo qualcuno che, inaspettatamente, stava occupando gran parte dei suoi pensieri...

§ § § § §

-Oh! Buongiorno Lucy...-
La maga stava scendendo gli ultimi scalini, quando vide il suo nuovo inquilino al portone. Non riusciva ancora a metabolizzare il fatto che nel palazzo adesso abitava anche lui.
-Buongiorno Atlas- gli sorrise -Ti sei alzato parecchio presto per andare in gilda-
Atlas fece spallucce -Sono abituato a svegliarmi presto- disse. Ed era vero in parte. Ma la verità era che ancora non era abituato alla luce del sole, specialmente del primo mattino, anche se debole rispetto a quella che aveva avuto modo di vedere durante il giorno. Così si era svegliato colpito (letteralmente) dalle prime luci dell'alba, e non senza qualche imprecazione. Sperò che continuando così non gli sarebbe successo nulla alla sua vista. Andava piuttosto fiero della sua vista notturna. Lucy lo raggiunse al portone, accompagnata dal tintinnio delle sue Chiavi degli Spiriti Stellari. Quando le notò, ad Atlas per poco non venne un colpo.
-M-ma quelle sono...?- le indicò sorpreso. Lucy guardò interdetta il suo mazzo di Chiavi.
-Oh, queste? Si sono le Chiavi degli Spiriti Stellari, quelle d'oro. Ne posseggo 10, e le ultime due hanno un contratto con un'altra maga degli Spiriti che conosco- gli rivolse un sorriso, che però si spense piano piano nel vedere il volto di Atlas impallidire. -Ehi, tutto bene?- gli chiese preoccupata. Atlas si riscosse.
-S-si, sto bene scusami. E' solo che nel mio paese ci sono parecchie leggende sui maghi degli Spiriti Stellari. Non avevo mai visto le chiavi dal vivo- le confessò. A quelle parole Lucy non poté fermare un gran sorriso, e gli occhi le brillarono fieri e incuriositi.
-Davvero? E che genere di leggende?- chiese eccitata.
"Mah, solo che siete i nostri antenati e che per il popolo di Astral siete quasi come degli dei" fece per dire sarcastico, ma si morse la lingua prima che potesse dirlo sul serio.
-Beh, ecco...- iniziò a dire, uscendo dal portone. Lucy lo seguì, attendendo ansiosa la sua risposta. "Pensa in fretta Atlas, pensa in fretta!" si diceva il ragazzo intanto. Era rimasto seriamente scosso da quella scoperta. Nel suo mondo, erano veramente poche le persone in grado di maneggiare quel tipo di potere, e quelle che conosceva erano tutte alti esponenti del tempio dei Sacerdoti Celesti.
 Tuttavia, non appena fu fuori in strada, d'un tratto smise di pensare e si irrigidì, tenendosi allerta. Lucy notò il suo improvviso cambiamento e il volto farsi serio tutto d'un tratto. Aggrottando le sopracciglia gli si avvicinò cauta.
-Atlas... che succede?- gli chiese, ma lui continuando a guardare di fronte a sé alzò l'indice destro come ad intimarla a stare zitta. Dopodiché, sotto lo sguardo interdetto di Lucy, si accucciò a terra e posò un orecchio sulla strada mattonata. La serietà della sua espressione, unita a quella posa buffa, rendeva la situazione ancora più stramba. Atlas sgranò gli occhi e si rimise in fretta in piedi. Afferrò il braccio di Lucy e l'attrasse a sé scansandosi dal centro della strada, mentre dal nulla una carrozza sfrecciò accanto a loro ad una velocità paurosa. Ancora mezzi abbracciati sulla sponda del fiume, i due guardarono interdetti la corsa forsennata di quel mezzo che si allontanava sempre più in fretta verso il centro di Magnolia.
-Ma che diavolo era quello?- esclamò allarmata Lucy. Guardò Atlas, che la fissò intensamente con i suoi bellissimi occhi. Vederlo così da vicino le fece ricordare con enorme imbarazzo che gli stava quasi spalmata addosso. Incredibilmente per un attimo ebbe la piacevole sensazione di sentirsi protetta e al sicuro tra le sue braccia, il che la rese ancora più imbarazzata.
-Non ne ho idea, ma credo che sia meglio fermarlo prima che faccia del male a qualcuno- disse, lasciandola andare dalla stretta protettiva. La sensazione di freddo e vuoto che seguì non piacque affatto alla maga, che vide il giovane iniziare a correre verso il centro della città. Lucy fece per seguirlo, quando sentì gridare il proprio nome dall'altra parte della strada. Si girò di scatto, sgranando gli occhi per la sorpresa: Natsu, Happy, Gray, ed Erza in lontananza che correvano a perdifiato verso di loro, i volti preoccupati e accaldati.
-Ragazzi! Ma che è successo?- gridò la maga allarmata.
-La carrozza! Ha dentro Romeo e Asuka!- urlò Erza con il fiatone senza smettere di correre.
-Eeeeh?!- esclamò Lucy, girandosi verso la direzione opposta ai compagni –Vuoi dire che Asuka e Romeo erano tutti e due dentro a quella carrozza spericolata?!- strillò preoccupata. I suoi compagni la sorpassarono correndo senza risponderle, ma Lucy capì che per qualche strana ragione i due bambini erano finiti proprio lì dentro. Si unì anche lei alla corsa, sperando che Atlas, che li aveva preceduti da un bel po', riuscisse a fermarlo prima che succedesse qualcosa di brutto.
Intanto...
Atlas correva a perdifiato all'inseguimento del carro pazzo, che come aveva previsto, stava lasciando una lunga scia di disastri dietro si sé: gente perplessa e spaventata, qualche ferito, carri e merci rovesciate. Sapeva anche che non avrebbe mai potuto stare dietro a un tale veicolo continuando a correre. Se voleva raggiungerlo, doveva procurarsene uno anche lui. Scrutando da una parte all'altra della strada, i suoi occhi si imbatterono in un carro di un mendicante. Si fiondò all'istante sul mezzo, al momento senza guidatore, e tastò qua e là alla ricerca di un tasto d'accensione. Proprio quando stava cominciando ad innervosirsi, notò due corde nere collegate al di sotto del volante, entrambi terminanti con un bracciale di metallo nero sul quale vi era raffigurato un disegno che faceva intendere come dovevano essere usati. Seguendo le indicazioni del disegno, Atlas agganciò i due bracciali ai polsi, mentre il proprietario del carro, uscito dal negozio, gli si lanciò incontro gridando al ladro. Non appena nella sua testa si formò l'idea di scappare via di lì, il carro scattò in avanti, buttandolo all'indietro contro lo schienale. Riscosso dallo scatto improvviso Atlas afferrò il volante e si rimise all'inseguimento, ignorando i giramenti di testa che stava iniziando ad avere. Suppose che il carro in qualche modo andasse ad energia magica, dato che sentiva la sua riserva di energia magica indebolirsi mano a mano che aumentava la velocità. Ignorando il pericolo di rimanere a secco, Atlas diede a tutto gas e riuscì ad affiancarsi alla carrozza, che aveva quasi raggiunto i confini di Magnolia, continuando a seminare il panico sulla via principale. Atlas non riusciva a capire come si potesse avere una guida così spericolata e pensò che il guidatore fosse un vero pazzo, ma tutto gli fu chiaro quando lanciò un'occhiata al posto del guidatore e con suo grande stupore vide che era vuoto. Alla guida non c'era nessuno, la carrozza andava alla deriva, ed era un miracolo che non si fosse ancora schiantata. L'unico modo per fermarla senza arrecare danni al veicolo o alle persone in strada era montarci sopra e prendere il posto del guidatore. Atlas gli si accostò il più possibile, spostandosi in piedi al lato del suo veicolo per poter effettuare il salto. Si liberò il polso da uno dei bracciali, mentre con l'altro ancora attaccato manteneva la velocità e teneva fermo il volante. Si arrampicò sul bordo del suo carro, tenendosi in equilibrio come un acrobata sulla fune. Dopodiché con uno strattone si liberò in fretta dell'altro bracciale e saltò sulla carrozza, mentre l'altro carro diminuiva di velocità fino a fermarsi. Una volta a bordo, tastò in fretta tutta la superficie del posto di guida alla ricerca di un qualsiasi tipo di freno, ma si accorse che non ve ne era alcuno. Per un attimo ne fu stupito: come faceva un carro senza cavalli a correre ad una tale velocità se non possedeva alcun pannello di comando? Imprecando, si aggrappò al tetto della carrozza e tenendosi saldamente scivolò di lato vicino alla porta. Una volta oltrepassata, la aprì e ci si fiondò dentro, e con un ulteriore stupore vi trovò sui sedili un bambino moro svenuto e una bambina con due lunghe trecce nere e un cappello da cowboy, entrambi legati e imbavagliati. La bambina lo guardava spaventata con le lacrime agli occhi, e mugugnava qualcosa. Atlas le tolse il bavaglio. Tra le lacrime, la bambina disse: -Il pavimento, c'è qualcosa sotto il pavimento!- Il giovane senza dir nulla si inginocchiò sul pavimento di legno e lo tastò, percependo un'energia a lui familiare. Evocò a sé una spada, e dopo aver avvertito la bambina di proteggersi gli occhi, cominciò a colpire il legno più e più volte, più in fretta che poteva. Una volta fatto il buco, vi ficcò la testa, notando che sotto alla carrozza vi era attaccato un dispositivo argentato sottile e circolare che conosceva fin troppo bene: un propulsore ad energia lunare, uno di quelli che venivano dal suo mondo. Il cristallo incastonato al centro brillava a intermittenza, e Atlas finalmente scoprì come faceva il carro a muoversi ad una tale velocità. Ignorando momentaneamente il perché un aggeggio simile si trovasse lì in quel mondo, evocò un pugnale e tentò di levare la pietra dal nucleo centrale, l'unico modo per fermare il mezzo. Infilò la lama in una fessura attorno alla pietra e fece leva più forte che poté, ma senza risultato. Spazientito, provò un tentativo disperato: allungò il braccio verso il dispositivo, chiudendo la mano sulla pietra. Allora Atlas chiuse gli occhi, concentrandosi, e ricorrendo al potere della gemma incastonata al petto, evocò delle fiamme blu notte tra le dita. La pietra del dispositivo incominciò a fumare al contatto con quelle fiamme, e con un ultimo, forte strattone riuscì a toglierla dal nucleo, provocando qualche scintilla. La carrozza tremò leggermente, perdendo visibilmente velocità e rallentando sempre più, come se fosse stata prosciugata di ogni tipo di energia. Atlas infilò la pietra in una delle sue tasche del mantello e liberò i due bambini. Si mise in spalla il bambino ancora inerme e prese in braccio la bambina, che aveva quasi  smesso di piangere, e con un salto balzò fuori dal carro ancora in movimento, atterrando in equilibrio sul suolo. Si guardò intorno e si accorse che oramai avevano superato il confine della città. Per fortuna Magnolia era attraversata da una strada principale che non aveva alcun genere di deviazioni, e la carrozza aveva corso proprio su quella. Era un miracolo che non avesse sbandato. Atlas mise giù la bambina e posò delicatamente a terra anche il bambino, al quale controllò il polso e la temperatura corporea. Pareva non avere traumi fisici.
-Gli hanno soffiato addosso un potente sonnifero, mentre tentavamo di scappare- spiegò la bambina al giovane, tirandosi su il naso -Ci eravamo quasi riusciti- singhiozzò -Se non fossi scappata da lui, Romeo non avrebbe mai combattuto con quei trafficanti per salvarmi, e non saremmo mai capitati in questa situazione!- pianse -E' colpa mia! E' tutta colpa mia!-
Atlas le sorrise, prendendo il suo cappello per posarselo sulla testa. La bambina lo guardò interdetta tra le lacrime.
-Beh, ma sono comunque arrivato io a salvarvi no?- disse, facendole l'occhiolino. Le rimise il cappello sulla testa -L'importante è che state entrambi bene. Che ne dici di tornare indietro ora? Mamma e papà saranno in pensiero per voi-
-Si!- rispose la piccola. Scrutò pensierosa Atlas per un attimo, aggrottando le sopracciglia -Ma tu come ti chiami? E perché hai quei capelli strani? Ti sei tinto? Perché hai gli occhi rossi? Sono delle lenti? Da dove vieni? Qual'è la tua gilda?- chiese a raffica. Il giovane rise.
-Ehi calma, una domanda alla volta. Mi chiamo Atlas, i miei occhi e i capelli sono autentici e vengo dalla gilda di Fairy Tail. Soddisfatta?- al nome di Fairy Tail la bambina lanciò un verso stupito.
-Oh! Anche tu sei di Fairy Tail! Noi veniamo da lì! Anche mamma e papà!- disse entusiasta. Poi però parve come ricordarsi di qualcosa e assunse un cipiglio sospettoso -Aspetta però- bofonchiò -Fammi vedere il marchio- disse. Atlas sospirò, scostandosi la maglietta per farle vedere il marchio sulla spalla destra. Di fronte a quella prova la bambina parve rilassarsi.
-Allora, vi accompagno alla gilda?- propose Atlas. La piccola annuì, senza togliere lo sguardo dagli occhi e dai capelli del giovane -Bene. Quale è il tuo nome? E il ragazzo qui è Romeo giusto?-
-Si, lui è Romeo. Io mi chiamo Asuka- rispose la bambina, mentre Atlas si caricava Romeo sulle spalle. Incominciarono a camminare verso la città.
-Senti, ti va di dirmi come avete fatto a finire imbavagliati dentro quella carrozza?- le chiese. Asuka assunse un'espressione triste, e gli occhi le divennero di nuovo lucidi. Atlas si aspettava che scoppiasse a piangere o non rispondesse per niente alla sua domanda, ma la bambina parlò.
-Stavamo facendo un giro a vedere dei negozi. Ero arrabbiata perché volevo andarci da sola, ma mamma e papà non me l'avevano permesso. Avevano chiesto a Romeo di tenermi d'occhio, e quindi era venuto con me. Quando lui si è distratto, sono scappata via, ma quei brutti cattivoni mi hanno presa. Mi stavano legando, quando Romeo era arrivato a salvarmi. Vedendo che era un mago, uno di loro gli ha soffiato addosso una polvere che lo fece subito addormentare. Poi lo legarono e buttarono su quella carrozza con quello strano coso, pensando di sbarazzarsi di lui. Però io sono riuscita a scappare e a montare sulla carrozza prima che mi portassero via- raccontò tra un singhiozzo e l'altro. Atlas guardava dispiaciuto la bambina, gli ricordava sé stesso nel periodo in cui era morta sua madre, quando non faceva altro che rubare per sopravvivere e scappare dalla Guardia e dai brutti ceffi che gli davano la caccia. Un senso familiare di solitudine e dolore lo attanagliò, pensando a quei ricordi. Non sapendo cosa dire o come consolare Asuka dopo quella brutta esperienza, continuò a camminare in silenzio, guardandola di sottecchi di tanto in tanto. Poi però si ricordò delle parole che gli disse Alhena i primi giorni che si erano conosciuti: se guardare al passato ti annega, allora guarda al futuro che si spalanca sopra di te, e sopravviverai. Guardò di nuovo Asuka, cercando per un attimo le parole giuste, e le disse: -Asuka... non dovresti pensarci troppo. Non puoi cambiare quello che è successo, ma puoi sempre fare in modo che non accada più no?- la bambina, anche se ancora triste, lo guardava incuriosita, come se non riuscisse a capire bene le sue parole. Si schiarì la voce. A consolare con le parole era una vera frana, lo sapeva. -Voglio dire... va bene guardarsi indietro, ma l'importante è il tragitto che hai davanti. Mi capisci?- la bambina continuava a guardarlo senza proferir parola. Cominciando a sentirsi a disagio, distolse lo sguardo. -Ecco, ehm... -
 
-Sai Atlas, sei proprio strano- sentenziò Asuka. Atlas sospirò demoralizzato e piuttosto innervosito (insomma, possibile che lì lo considerino tutti così strano?), ma prima che potesse dire qualunque cosa la bambina continuò -Ma mi sei simpatico. Grazie per averci salvato- disse sorridendogli allegramente, con il naso un pò rosso per i pianti. Atlas le rivolse un lieve sorriso, godendosi della sensazione che si prova quando nella tua vita fai finalmente qualcosa di buono. Si gustò goccia per goccia quella calda sensazione che dolcemente sembrava lavargli via, anche se per poco, lo sporco che aveva dentro, quello che gli faceva pensare di essere meno umano, e più mostro. Quello per cui valeva la pena di mettere a rischio la propria vita in prima linea. Quello che lo faceva sentire come se avesse uno scopo ben preciso nella vita, come se avesse un posto tutto tuo. Ma non era forse quello il motivo per cui era entrato a far parte dell'Ordine dei Cavalieri della Corona? Anche se ad obbligarlo era stato la Regina per riscatto Atlas sapeva, anche se inconsapevolmente, di aver semplicemente colto l'occasione per soddisfare un desiderio più profondo a lungo celato e legato alla sua sopravvivenza. Forse anche la Regina lo sapeva già, allora.
"Proteggi la Casata Reale, e la tua vita verrà risparmiata. Proteggi mia figlia, e il tuo cuore vivrà. Proteggi il mio popolo, e la tua anima forse si salverà."
Non avrebbe mai dimenticato quelle parole. Uno degli incontri più importanti della sua vita. Uno di quegli incontri dove capisci che da quel momento in avanti, molte cose cambieranno definitivamente. Lo sai, te lo senti. E quello fu il momento in cui rinacque dalle ceneri del passato, ribattezzato sotto altre spoglie. La possibilità di un nuovo inizio. Non più Noctis, il figlio maltrattato, il ladro e l'orfano. Ma Atlas. Ripensando al passato e agli ultimi avvenimenti che gli erano capitati, il ragazzo capì che prima di tornare a casa, avrebbe dovuto sistemare al più presto i conti con Gacrux... e affrontare per l'ultima volta l'uomo dei suoi incubi. Sapeva che se non l'avrebbe fatto, il suo vecchio io avrebbe continuato a tormentarlo e a impedirgli di andare avanti e rispettare quella richiesta fino allo stremo delle forze. Nel mentre che continuava a camminare con Asuka e con Romeo in spalla verso la gilda, Atlas sentiva che presto sarebbe arrivato un altro di quei momenti che avrebbero lasciato il segno, una cicatrice. Nonostante il nodo allo stomaco e l'inquietudine, tutto quello che Atlas si ripeteva era una sola parola: "presto... presto...".

§ § § § §

Lucy non sapeva dire per la precisione da quanto tempo stessero correndo. Tutto quello che voleva in quel momento era una bottiglia d'acqua e un bagno fresco dove rilassarsi. Era tutta sudata e appiccicosa per via della corsa e del caldo, e aveva la gola secca per lo sforzo e la preoccupazione. Di Atlas non vi era traccia, e sperò con tutto il cuore che fosse riuscito a fermare la carrozza e a salvare i due bambini. In città non c'erano stati danni ingenti, ma la gente che era per strada si era parecchio spaventata. Scrutando in lontananza davanti a sé alla ricerca di un qualsiasi segno, la maga scorse una chioma bionda e rossa che si avvicinava con una persona in spalla. A quella vista il cuore le si strinse per il sollievo e allo stesso tempo per la preoccupazione.
-Asuka!!- strillò Erza. La bambina iniziò a correre a perdifiato e raggiunse il gruppo, incontrandosi a metà strada. Erza si inginocchiò e la prese delicatamente per le spalle.
-Stai bene? E romeo? La carrozza?- chiese ansiosa, mentre Lucy, Gray e Natsu la guardavano preoccupati e con un pò di fiatone. Asuka scosse la testa sorridendo.
-Sto bene. E' tutto a posto- si girò indietro verso Atlas, che intanto li aveva raggiunti. Vedendolo, il cuore di Lucy perse un battito, e la maga capì che il ragazzo che portava in spalla era Romeo, apparentemente come svenuto. -Atlas ci ha salvato! E' stato fighissimo!- raccontò la bambina entusiasta e gesticolando -E' balzato come un gatto dal carro alla carrozza e l'ha fermata subito con una magia strana! Poi ci ha liberato e siamo saltati giù dalla carrozza ancora in corsa! Stavamo ritornando alla gilda ora-
Erza guardò interdetta Atlas, mentre Natsu e Gray lo guardavano sospettosi. O almeno Gray lo era, si disse Lucy, Natsu pareva volerlo incenerire vivo. La maga si chiese quale fosse la "magia strana" della quale parlava Asuka, ma non sapeva quanto potesse prendere seriamente quelle parole, essendo una bambina. Guardò ancora Atlas, che pareva tranquillo.
-E' andata così?- chiese Erza, guardando fermamente il mago. Atlas sostenne il suo sguardo, e Lucy giurò di vedere i suoi occhi rossi ardere come se fossero stati fatti di fuoco. Le venne da pensare agli avvenimenti dell'altra sera, e a come l'aveva protetta quella mattina, e il pensiero la fece arrossire. Sentendosi osservata, si girò verso Natsu, che la guardava intensamente con un sopracciglio alzato, come a chiederle se andasse tutto bene. Lei gli sorrise dolcemente e scosse la testa, sentendo un dolce calore al petto. Sapeva che l'autore era proprio lui, che si preoccupava sempre per lei. Sempre. Da quel lontano giorno in cui l'aveva salvata da Bora, lui l'aveva sempre protetta e aiutata. Senza Natsu, non sarebbe stata nulla.
-Sì, è come ha detto Asuka. Romeo ha combattuto valorosamente per salvare entrambi, ma gli hanno lanciato addosso un potente sonnifero. Non prendetevela con lui- disse Atlas, riscuotendo Lucy dai suoi stessi pensieri. Asuka annuì debolmente, a testa bassa.
-A dire la verità la colpa è mia...- cominciò, e raccontò agli altri tutta la storia dal principio. Non appena ebbe finito, Erza sospirò e le posò una mano sulla testa.
-Che storia...- commentò Gray grattandosi la nuca.
-Coraggio, ora non pensarci- le disse Erza con un sorriso un pò stanco. Atlas pensò che doveva essersi preoccupata parecchio. -L'importante è che tutte e due state bene. Ora non pensiamoci più e ritorniamo alla gilda, saranno tutti preoccupati, specie mamma e papà. Al Master non diremo nulla, ci inventeremo una scusa. Va bene?- Asuka annuì, dandole la mano. Erza guardò di nuovo Atlas.
-Ce la fai a portarlo in spalla?- gli chiese.  Atlas alzò un sopracciglio, mantenendosi inespressivo.
-Ovvio. Per chi mi hai preso?- ribatté guardandola in modo pungente, mentre si incamminava. Tutto il gruppo lo fissò pensieroso. Il ricordo di quello che gli avevano visto fare al porto era ancora fresco nelle loro menti.
-Beh, è ora di tornare in gilda...- sospirò Gray guardando Lucy e Natsu, mentre si metteva le mani in tasca.
-Lucy!! Ho fame! Dammi del pesce!- esclamò in volo Happy.
-Happy! Ma per chi mi hai preso?! Per una pescivendola?!- gli sbottò la maga, portandosi le mani ai fianchi. Poi notò la faccia di Atlas che guardava Happy e per poco non le venne da ridere. Aveva la bocca mezza aperta e sbatteva le palpebre incredulo. Poi chiuse gli occhi e scosse la testa, borbottando qualcosa che la maga non riuscì a capire e riprese a camminare.
-Non mi piace. Non mi piace per niente- borbottava accanto a lei Natsu. Non c'era bisogno di sforzarsi per capire a chi si riferisse.
-Lo so Natsu, ma dobbiamo portare pazienza. Ricordi quello che vi ho detto la sera scorsa?- gli rammentò la maga. Natsu la guardò in silenzio per un istante, poi distolse lo sguardo. Aveva la fronte leggermente aggrottata.
-Si, me lo ricordo- disse piano, tanto che pareva parlare più con sé stesso -Solo che... non voglio che tu rimanga coinvolta in qualcosa di pericoloso per colpa sua. Non riuscirei a perdonarmelo-
Lucy lo guardò con tanto d'occhi, il cuore che le iniziava a battere forte per l'emozione. Aveva proprio sentito quello che pensava di aver sentito? Era stato proprio Natsu a dirlo? O se lo era immaginato? Ma prima che riuscisse a dire o fare qualcosa, il ragazzo si avviò insieme agli altri, lasciandola indietro in un piccolo stato di shock. Con il sole splendente a dominare il cielo di quella giornata sopra di sé, Lucy spostò lo sguardo da Atlas a Natsu, da Natsu ad Atlas, sempre più confusa da tutti quei sentimenti che ultimamente la stavano scuotendo come in balia di una tempesta. Abbassando mestamente lo sguardo, si strinse le braccia al petto.

"Mamma... che mi sta succedendo?"
  
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