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Autore: DelilahAndTheUnderdogs    14/02/2016    3 recensioni
Sono passati otto anni da quando Kibum ha lasciato la Corea per il Brasile e studiare lingue lì anziché a Seoul – pur di non avere altri guai.
Otto anni in cui G-Dragon la sogna e si interroga se ha fatto bene a lasciarsela scappare come se niente fosse, come una ladra che si dilegua con la refurtiva – il suo cuore.
Come reagiranno gli altri membri della band? E, soprattutto, riusciranno i due giovani a rivedersi?
***
Dal testo:
“La mente s’annebbia, perdi i sensi ma nel subconscio c’è lei – ci sarà sempre lei, anche quando non lo vorrai, quando farà abbastanza male da non reggerti in piedi, quando tutto sembra confuso e non desidererai essere in quella posizione.”
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio, Seungri, Taeyang, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Of Monsters and (Wo)Men'
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Your eyes are pretty like a deer
My princess
When you laugh at me it’s so chic
Are you crazy?
You’re a natural beauty, so unique, so unique.
- BigBang, “Bae Bae”

https://www.youtube.com/watch?v=le9rt7RXJog

 

I.

L’aeroporto di Rio de Janeiro è quasi del tutto deserto.
Sono le quattro e mezzo del mattino ma c’è qualcuno, se osservate bene: c’è una figura di donna seduta su una sedia, ha ventisei anni e il volto sfigurato dal pianto e dai lividi.
Fra le dita scarne regge un biglietto di sola andata per la Corea del Sud.
Vi ricordate di lei?
La riconoscete?
I capelli crespi ricadono disordinati sulle spalle, le labbra carnose sono schiuse e il fiato s’è fatto greve.
È scappata quando sembrava andare tutto per il verso giusto: ma la batosta era arrivata lo stesso.
Si chiamava João do Portos e all’inizio gli si era presentato dolce e attento: le regalava mazzi di rose, l’aspettava fuori dalle lezioni all’università, le preparava manicaretti sfiziosi, le dedicava canzoni con la chitarra smessa di suo fratello.
Non se n’era accorta, non ancora.
Per amore non aveva visto la violenza di lui irradiarsi in ogni suo nervo.
La soffocava: non puoi uscire conciata così, sei mia e di nessun altro, non devi vedere mai più le tue amiche, tu fai quello che dico io.
Kibum, la dolce Kibum, aveva ceduto a un’ubbidienza cieca, che non dava possibilità di uscita da quel calvario insostenibile: erano iniziati gli schiaffi, poi i pugni e infine i calci – e aveva taciuto.
Chiamava al telefono sua sorella Kiunseo negli orari più disparati, i sussulti di Kibum spezzati dalla voce incerta –scappa, le aveva ripetuto più volte, torna qui, da noi – e ci pensava veramente, intendo l’opzione di tornare in Corea una volta per tutte.
E ci sta andando per davvero, ha dato retta alla sorellina e fra meno di un ora parte e ha già lo stomaco sottosopra – e non è per il volo, certo che no.


II.

Sua sorella l’aspetta fuori dagli arrivi con un cartellone, sorride: Kibum affretta il passo e l’abbraccia con trasporto, sussurrando ‘Anyoung haseyo, Yodongseng*’.
“Mi sei mancata tantissimo, Onni* ” la voce è calda e affettuosa, il respiro contro il collo di Kibum e la sorella maggiore si commuove.
Si staccano e si asciuga gli occhi mentre dolcemente Kiunseo le dice: “Ehi, tesoro, non piangere. Ci sono qua io” fa una pausa guardando in basso, notando le valige “queste le porto io” fa per prenderle ma Kibum asserisce che non serve, ma Kiunseo insiste.
Alla fine la minore la spunta e le agguanta una per parte.
La conduce verso il parcheggio e mette i bagagli nel retro del SUV.
“Bella macchina” dice sinceramente stupita Kibum.
“Ringrazia il mio lavoro come assistente stilista alla YG. Non fare quella faccia: so cosa ne pensi di quella casa discografica”
“Mi sei scaduta, tesoro” mette su un broncio come se appena detto che arrivava l’apocalisse, mentre la sorellina cerca di rabbonirla il più possibile.
Quando era più piccola – più o meno verso i quattordici anni – Kibum guardava i video musicali - alla tv, magari - targati YG e ovunque c’erano ragazze bianche, sottolineatura sociale di quanto lei fosse repellente agli occhi di tutti.
Anche se magari le canzoni avevano significati profondi, lei detestava questa scelta insistente di uno standard che nessuno avrebbe saputo calzare alla perfezione.
Le sue compagne di classe si mettevano sempre il cerone pallido, tanto che parevano fantasmi terrestri: le considerava così ridicole da riderci su per ore con Kiunseo.
Quest’ultima accende la macchina e parte la radio a palla con una canzone sconosciuta alle orecchie digiune di Kibum: sta lì, immobile sul sedile ad assorbire ogni parola come acqua, gustandosele con un sapore dolciastro in bocca, trasudavano possessività e sensualità inaudite.
Sembrava scritta a posta per lei eppure rimaneva evasiva.
Sono per strada e la maggiore stenta a riconoscere Seoul – chissà se quel bar esiste ancora.
Nuovi palazzi, nuove strade, nuovi fast food: tuttavia quel caos l’era mancato – non che in Brasile non ci fosse il caos ma quello coreano aveva in lei un fascino tutto suo, così composto e concitato senza violenze né grida troppo acute.
“Quindi ti sei sistemata, immagino”
“Oh, sì” risponde distratta la più piccola, guardandola brevemente “vivo in un appartamentino tutto mio a cinque minuti da lavoro” fa una pausa continuando a fissare la strada davanti a sé “starai da me per un po’, ti troverai un lavoretto e contribuirai alle spese di casa”
“Hai già pianificato tutto, vedo” dice Kibum, ridacchiando.
“Dovrai pur contribuire all’affitto e all’uso dell’elettricità” ribatte caustica Kiunseo.
“Ovviamente” ride sotto i baffi la sorella.
“Che hai da ridere?”
“Uh, io? No, nulla”


III.

“Eccoci arrivate” Kiunseo trasporta fino all’ascensore l’enormi valigie, riconsegnandole alla legittima proprietaria “allora, mamma verrà a trovarci verso le sette. Sì, gliel’ho detto ed, oltre ad essere preoccupatissima per la tua salute, ha intenzione di commettere l’omicidio del tuo ex ragazzo” esamina l’aria scompaginata della maggiore “e, tra parentesi, sarei più che d’accordo visto come t’ha ridotta” le indica il viso pieno di botte e non può fare a meno di abbracciarla di nuovo, con ancora più trasporto.
“E Kiuri?” interpella di sfuggita la gemella di Kiunseo.
“S’è sposata un mese fa con un ragazzo samoano, Ari”
“Non m’ha detto niente!”
“Sai che è molto riservata sul piano sentimentale”
Il silenzio incombe ancora un po’ in quell’ascensore e Kibum pensa – dov’è finito il ragazzo dai capelli rosa cicca?
Ricorda tante cose, per esempio l’odore penetrante dell’omija cha che s’impregnava  sui vestiti e i fogli di carta di riso in cui prendeva gli appunti delle lezioni – aveva uno sguardo perso, quel ragazzo, quasi da innamorato
((impossibile, semplicemente impossibile))

E lei cosa provava?
Cosa prova ora?
Prima di tutto, nostalgia per un’innocenza mai esistita: le mancano quei pomeriggi passati in febbrile studio, le passeggiate per Gangnam, lo shopping con le sue sorelline – che ha viziato di troppe coccole e attenzioni.
Secondo, quell’attaccamento strano, quell’infatuazione per il ragazzo così eccentrico, le fantasie che s’era costruita come castelli in aria.
Ora vorrebbe rincontrarlo, dirgli che è innamorata follemente di lui dall’età di diciotto anni, che ha sbagliato andandosene via – ma otto anni sono comunque passati, impossibile far finta di no.
Entra nell’appartamentino ed è proprio nello stile di Kiunseo: molto scricciolo e accogliente, il colore rosa confetto e cicca ovunque – perché quel colore la perseguita in qualunque posto lei vada?
“La stanza degli ospiti è per di qua” Kiunseo fa accomodare la sorella nella cameretta dallo stile infantile: mobili beige, pavimento in moquette altrettanto beige e il copriletto in tinta con le pareti confetto.
La minore si siede sul morbido materasso, invitando la più grande ad imitarla.
“Allora, ti sei concessa a quell’animale?” dice senza preamboli.
“Certo, Kiunseo-ssi*, lo amavo … o così credevo” sospira Kibum con tono sconfitto.
“Beh, ora sei con me e andrà tutto bene, te lo prometto” Kiunseo lo dice con tenerezza.
“Sei sempre stata dolce, tesoro mio” prende le mani della sorellina e gliele accarezza pianissimo per paura che scompaia da un momento all’altro “e ora che mangiamo?”
E Kiunseo ride di gusto e riflette che infondo Kibum è una benedizione che arriva direttamente dal cielo.
La sua piccola, grande e personale Onni-ssi: nessuno l’avrebbe mai superata, nessuno le avrebbe fatto male – finché c’è lei, Kibum non ha nulla di cui preoccuparsi.


IV.

“Ma io lo ammazzo! Dov’è il bastardo? Dimmelo Kibum-ssi, non rispondo di me in questo istante”
“Buonasera anche a te mamma: Onni-ssi è di là che cucina, tranquillizzati”
La signora Cho è un vulcano attivo, vorrebbe spaccare il mondo per la sua Kibum-ssi: la paragona spesso a un fiore che pian piano perde i fiori e che sta a lei conservarne ciò che rimane.
La madre sente canticchiare la figlia maggiore una vecchia nenia sui tre orsi e le sembra serena come non lo è mai stata prima.
“Amore di mamma, sei tornata” entra in cucina e la reazione della figlia è sorprendente: lascia le pentole sui fornelli e si lancia sul piccolo corpo della signora Cho.
L’odore di bruciato è inevitabile e inevitabili sono le lacrime della signora.
Sua figlia è a casa e spera con tutta sé stessa che nessuno la sminuisca come in precedenza: la sua Kibum-ssi è piena di talento, è così bella e, soprattutto, è la sua bambina.
“Finalmente sei a casa, cucciola mia”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note

*-ssi = è un vezzeggiativo
*Onni = sorella maggiore
*Anyoung haseyo, Yodongseng = Ciao, sorellina

   
 
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