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Autore: Stella cadente    15/02/2016    4 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Dedicato a Charlotte Prince, perché ho la vaga impressione che le piacerà... ;)
 



XXXIV.
La Riunione

 

Olympe
 
 
 
«Salve, Olympe.»
Una voce che conoscevo bene risuonò dalla porta aperta del mio studio, mentre ero intenta a trafficare con alcune pergamene. Quel pomeriggio, a quanto ne sapevo, si sarebbe tenuta una riunione importante; Frollo aveva sottolineato più volte quanto tenesse alla presenza di tutti, perciò stavo svolgendo il mio lavoro già da quel momento.
Quando sollevai gli occhi, vidi l’Inquisitore Supremo sulla soglia del mio studio, che mi guardava.
«Salve, Ministro» mi limitai a dire, smettendo di lavorare.
Lei mosse qualche passo all’interno della stanza.
«Devo farvi una comunicazione molto importante, signorina de Chateaupers» esordì. «La riunione da me annunciata – che doveva aver luogo tra circa un’ora – è stata annullata.»
«E per quale ragione la riunione è stata annull...»
«Avrete quindi il permesso di congedarvi una volta che avrete finito con quelle carte» mi interruppe, serafica. «Questo è quanto.»
Se ne andò, e di lei udii soltanto il rumore dei suoi passi calmi lungo le scale.
 
 
Avevo appena finito di controllare i verbali degli ultimi processi, ed ormai le luci del giorno si andavano spegnendo. Riordinai le pergamene, le misi impilate l’una sull’altra in un angolo dello scrittoio, e mi alzai, sgranchendomi un po’ le gambe.
Riflettei su quello che Frollo mi aveva detto. Che avesse davvero annullato la riunione? Non era da lei una cosa del genere; in più aveva ribadito non so quante volte l’importanza vitale di quella seduta in Tribunale, per “discutere di una questione fondamentale riguardo alla sicurezza di Parigi e di quanto avvenuto negli ultimi tempi”. Parole sue.
Non avevo capito dove volesse arrivare, ma quella premessa mi aveva fatto scattare tutti i sensi all’erta. Se Claudie Frollo aveva in mente un complotto, dovevo scoprirlo subito e stroncarlo sul nascere.
Non è che sei solo stanca, Olympe?
Forse era solo la stanchezza per il troppo lavoro – essere Giudice non era semplice – ma una parte di me era sicurissima del fatto che qualcosa non tornava. Frollo non me la raccontava giusta, lo sentivo. Controllai l’orologio: se, come aveva detto, la Riunione non aveva avuto luogo, non ci sarebbe stato nessuno, nemmeno l’Inquisitore Supremo. In caso contrario, avrebbe avuto termine entro circa dieci minuti.
Ed io avrei sentito che cosa avrebbero detto.
Mi decisi. Non mi sarei ritirata nella mia residenza. Mi sarei appostata alla Sala delle Riunioni ed avrei scoperto se l’annullamento era reale o se, più semplicemente, la Riunione mi era stata occultata. Avrei rischiato, ma la ricompensa era troppo alta per rinunciare: c’era in ballo la conferma di un’altra possibile rivolta.
O la va o la spacca.
Sapevo che stavo agendo di impulso e che era pericoloso per me e per la mia carica, ma non mi importava.
Ma, in fondo, quando mai non ho rischiato la vita per qualcosa?, pensai divertita.
Sorrisi tra me e me ed iniziai a scendere le scale.
C’erano delle informazioni decisamente importanti da scoprire, ed io non vedevo l’ora di farlo.
 
 
 
 
Quando arrivai al primo piano del Palazzo di Giustizia trattenni il fiato e rallentai il passo; non volevo che qualcuno mi sentisse.
Il grande corridoio vuoto sembrava immenso. Come immaginavo, il Palazzo era deserto. Ma questo poteva voler dire due cose: o i Giudici si erano ritirati nei loro appartamenti ai piani successivi, oppure erano tutti in Riunione a parte me.
E c’era solo un modo per scoprirlo.
Mi incamminai, silenziosa, verso la grande porta in legno massiccio che stava in fondo al corridoio: la Sala delle Riunioni. Un brivido mi scosse lievemente, ma mi ostinai ad andare avanti, pensando ad Eymeric, Nina e tutte le altre persone che potevo salvare con quel gesto. Ormai ero lì; non potevo tirarmi indietro proprio ora.
«Che cosa volete dire, Ministro Frollo?»
Una voce.
Una voce maschile solcò il silenzio, dall’interno della stanza. Mi bastò quello per capire che il Giudice mi aveva volutamente tenuta fuori dalla faccenda.
Lo sapevo!, mi dissi. E, potevo scommetterci, c’entrava qualcosa Eymeric.
Non fiatai comunque, aspettando di sentire una risposta.
«Voglio dire che se vi ho convocati qui c’è un motivo», la voce del Ministro, che risuonò lugubre e fredda. Mi ricordò vagamente quando l’avevo sentita al mio processo; sembrava che da quel momento fossero passati secoli.
«Sono stata alla Corte dei Miracoli, signor Lefevre... nel territorio nemico» proferì. «So a cosa stiamo andando incontro.»
Territorio nemico?
«Ma è una follia!» proruppe il Giudice. «Non avete forse ribaltato voi tutta la Corte di Giustizia, affinché gli zingari fossero lasciati in pace?»
Silenzio.
«A cosa pensate di arrivare, Ministro? Quali sono i vostri piani?»
Il Giudice Lefevre sembrava stizzito. Il silenzio era tesissimo; mi sembrava quasi di vedere il ghigno paziente di Frollo, mentre lo guardava sputare fuori tutto il suo disappunto.
«La Corte dei Miracoli è un luogo in cui si pratica magia nera, di cui io stessa, ahimè, sono caduta vittima» disse poi.
Cosa?
Che stava dicendo?
«Tuttavia, era mia premura far sì che gli zingari non divenissero anch’essi motivo di disordine; la situazione era già abbastanza complicata, se ben ricordate, e finora ci sono state fin troppe mansioni da svolgere.»
Quel tono subdolo che stava usando non mi piaceva. Era il tono di chi sa già che i suoi ordini verranno eseguiti senza troppe proteste, il tono di chi sa che coloro a cui si rivolge sono già manipolati dalle sue stesse parole, perché inferiori e più disorganizzati.
E forse era proprio così.
«Virgile Grenonat» continuò, alzando di poco la voce «ha creato ben più che semplice disordine, a Parigi. Ha perseguitato la nobiltà e la stessa Corte di Giustizia, uccidendo anche alcuni di noi. Persino il clero ha risentito del suo influsso negativo sulla nostra sacra Città.»
Qui fece una pausa; il silenzio si era caricato di un’elettricità tale che mi sentii anche io sotto il suo effetto.
«Adesso la Città ha riacquistato l’ordine, ma dobbiamo fermare gli invasori al più presto. Vi ho già detto che mi hanno corrotta, e non mancherà molto prima che facciano lo stesso a tutti noi, se diamo loro eccessive libertà.»
Pausa.
«Pertanto» concluse «presto sarà dato l’ordine di catturare lo zingaro Eymeric – non sarà difficile, a quel punto, prendere anche gli altri. Ma non subito» aggiunse. «Non voglio che entri in lui il seme del sospetto; qualora si presentasse qui, nessuno dovrà torcergli un capello. Almeno, non prima del momento opportuno.»
«Ministro, non pensate che Olympe de Chateaupers possa esserci di grande aiuto per questo? Contro Grenonat ha compiuto indubbiamente delle imprese mirabili» intervenne il Giudice Marchand, deciso.
Silenzio. Anche se non li vedevo, potevo immaginarmi gli occhi furiosi dell’Inquisitore Supremo, che come due tizzoni accesi avevano incenerito l’uomo.
«Olympe de Chateaupers è palesemente una loro alleata, signor Marchand. Sospetto, tra l’altro, che faccia da tramite alla Corte dei Miracoli riguardo a quello che succede qui; per questa ragione le ho occultato la riunione.»
«E come sapete che riuscirete a prendere il ragazzo, se vi è sempre sfuggito finora?» chiese una voce femminile, che riconobbi come quella di Inés Delacour.
«Fraternizzare col nemico ha i suoi vantaggi, Giudice Delacour» fu la risposta soddisfatta di Frollo. «Lo zingaro si fida di me.»
Spalancai gli occhi. Lo aveva detto davvero?
Non poteva essere. Eppure c’era da aspettarselo.
Un moto di rabbia mi investì; Eymeric teneva a lei... ma come poteva sperare che cambiasse? Certo, l’aveva aiutata a tornare in carica, ma a quanto pareva per lei il fatto non aveva avuto alcuna importanza.
Maledetta schifosa, pensai tra me e me.
«Se nessuno ha altre domande, ritengo che la Riunione si possa concludere qui» fece poi. Sentii, subito dopo, che tutti i Giudici si alzavano da seggi, e capii che era meglio svignarsela.
Corsi fino alla fine del corridoio e imboccai le scale per il piano terra con un unico, martellante pensiero nella testa: dovevo avvertire Eymeric.
 
 
 
 
 
Al piano terra, proprio mentre ero ancora sulla rampa delle scale, sentii una voce che mi fece sobbalzare.
«Salve. Vorrei parlare con il Giudice Frollo.»
Una voce calda, leggermente roca e fin troppo familiare.
Oh Santo Dio. Eymeric.
Fui tentata di uscire allo scoperto ed avvertirlo immediatamente del pericolo, ma quel poco di ragione che mi era rimasto mi suggerì di non farlo, così restai dov’ero.
«La motivazione?» sentii dire una delle guardie del Palazzo, con il solito tono burbero.
«Un semplice colloquio in merito a ciò che ha promesso al mio popolo» replicò lui, sicuro e determinato.
Mi ritrovai a fremere dall’agitazione. Sperai che la guardia dicesse che no, che Frollo non era disponibile. Altrimenti chissà cosa sarebbe venuto fuori da quel colloquio.
Ti avevo detto di rimanere alla Corte dei Miracoli e non cacciarti in altri guai, idiota.
Dovevo immaginare che non mi avrebbe mai dato retta, comunque.
Restai ancora in ascolto.
«C’è qui un pezzente che vuole parlare con il Ministro Frollo. In questo momento la signora ha altri impegni, che tu sappia?» fece la guardia – probabilmente si rivolgeva a Vincent, il segretario.
Come mi aspettavo, la voce del giovane rispose alla domanda.
«C’è stata una riunione dei Giudici, a quanto pare molto importante... ma è appena terminata.»
«Vai subito a riferire allora» disse l’altro. «Io intanto resto qui a controllare che tutto vada bene. Non si sa mai quando si tratta degli zingari: è gente che ruba.»
Accidenti.
Avevo sperato che lasciasse da solo Eymeric. Chiusi la mano a pugno e me la morsi, frustrata.
Passò circa un minuto di silenzio, poi la voce di Vincent disse:
«Il Ministro Frollo ha accettato di avere un colloquio con voi. Si trova nel suo studio. E vi avverto: odia aspettare. Perciò sbrigatevi.»
Maledizione.
Poco dopo, sentii i passi del mio amico avvicinarsi sempre di più, fino a vedermelo passare davanti, scortato da Vincent. Non mi notò, diretto allo studio di Frollo, e salì l’altra scala.
Mi ripromisi di restare lì e di non muovermi di un centimetro.
Dovevo avvertirlo delle verità che erano venute fuori dalla Riunione, a costo della mia stessa vita.
 
 
 
****
 
 
 
Il colloquio durò anche meno di quel che mi aspettassi. Circa dieci minuti dopo, vidi Eymeric scendere la stessa rampa di scale che aveva salito prima. Ancora una volta, non mi notò.
Aspettai che fosse abbastanza lontano, poi scesi qualche gradino e guardai a destra e a sinistra per vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi.
Nessuno.
Era il momento perfetto.
Mi affrettai a scendere le scale e gli andai dietro, senza farmi vedere.
«Olympe» mi chiamò il Giudice Marchand. «Avete controllato i verbali degli ultimi processi?»
Mi fermai di botto.
Non posso perdere tempo con te, meschino farabutto.
«Beh» dissi invece, tentennando un po’. «Non ancora. Sono molto particolari. Ma sono a buon punto; Frollo comunque mi ha permesso di congedarmi, perciò stavo per...» mi ricordai solo in quel momento che la mia residenza era al Palazzo di Giustizia, quindi dovevo improvvisare un motivo per cui stavo uscendo.
«...per andare a fare una passeggiata a cavallo. È una cosa che mi rilassa molto» terminai il discorso, con un sorriso sulle labbra per enfatizzare di più la cosa.
«Oh» sorrise anche lui, cordiale. «Se volete vi accompagno... avrei bisogno anche io di rilassarmi un poco.»
Mi venne da ringhiare per la frustrazione, ma – seppur con molta fatica – mi trattenni.
«No» quasi urlai. «No, grazie» mi ripresi, abbassando il tono della voce. «Preferisco la solitudine.»
«Beh, se è così... buona passeggiata» fece il Giudice.
«Vi ringrazio, signor Marchand» risposi io.
Quando l’uomo si voltò, iniziai letteralmente a correre.
 
 
 
 
Arrivai all’uscita del Palazzo proprio quando Eymeric aveva cominciato a scendere la lunga scalinata. Non ce l’avrei mai fatta a raggiungerlo. L’ansia cominciò ad impadronirsi di me, le mani cominciarono a tremarmi e mi sembrò che le gambe non fossero più in grado di sorreggere il mio corpo.
Fu in quel momento che accadde.
Fu in quel momento che feci quello che avrebbe cambiato tutto quanto.
«Eymeric!» lo chiamai a gran voce.
Lui si voltò, ed i suoi occhi color smeraldo si scontrarono con i miei. Risalì le scale di corsa, mi raggiunse e mi prese delicatamente per un braccio.
«Olympe» disse. «Che cosa c’è?»
Aveva quella sua caratteristica espressione di quando era preoccupato, la stessa faccia che aveva quando aveva visto fuggire Nina alla Festa dei Folli e che mi faceva venir voglia di abbracciarlo.
Avevo il fiatone.
«Eymeric» iniziai. «La Riunione. Frollo. Io...»
«Calmati» mi rassicurò lui, «con Frollo ci ho già parlato, e non farà...»
«No, ascoltami!» lo interruppi. «Lei...»
Non riuscii a finire la frase.
Un paio di braccia forti ammanettarono le mie in una stretta ferrea, e delle altre ancora bloccarono Eymeric. Fummo tirati indietro con forza, all’interno dell’atrio del Palazzo, ancor prima che ce ne accorgessimo.
«Chiudete le porte!» urlò una voce che riconobbi come quella di Lefevre, da un angolo della stanza.
Le porte si chiusero con un tonfo che suonò inquietante alle mie orecchie. Non potevamo scappare.
Il cuore cominciò a pomparmi la paura nel petto ad un ritmo allucinante. Persino Eymeric aveva un’aria allarmata, adesso. C’era lo smarrimento nei suoi occhi, e non mi sembrava di averlo mai visto.
«Bene. Finalmente l’occasione per eliminare gli invasori una volta per tutte è giunta» fece una voce familiare, riecheggiando tra le pareti dell’atrio. «Anche prima del previsto.»
Claudie Frollo, a poca distanza da noi, ci guardava.
«Preparate le pire» disse, gelida, rivolgendosi agli uomini.
Poi un ghigno sadico prese forma sulla sua faccia affilata e pallida.
«Domani sera ci sarà un piccolo falò, e siete tutti invitati ad assistervi» fece, guardando anche me ed Eymeric.
«Rinchiudeteli» concluse, prima di andarsene, facendo frusciare la toga nera.
Nessuno di noi due si oppose, né lottò.
Non ne avevamo la forza.

 
 
 

Eccoci qui, a questo capitolo ben saturo di colpi di scena.
Inutile dire che mi sia piaciuto da morire scriverlo: è dinamico, pieno di tensione. Ho sentito tutte le emozioni di Olympe mentre lo scrivevo, incredibile.
Comunque: la nostra neo-Giudice cerca di indagare con coraggio, come suo solito, su ciò che cela Frollo, e scopre tutto, ma ormai è troppo tardi.
Tutti i suoi sforzi sono stati vani, ed ora la situazione è alquanto critica, dal momento che l'Inquisitore Supremo sembra essere tornato al punto di partenza, quando il suo unico obiettivo era distruggere Eymeric.
Dato che questo capitolo è importantissimo, muoio dalla voglia di leggere le vostre recensioni. Lo so che lo ripeto ogni volta, ma a questo capitolo in particolare ci tengo veramente tanto. Come pensate che procederà adesso la storia?
Alla prossima, e grazie a tutti di cuore,
Stella cadente

 
  
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