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Autore: lachatblanche    15/02/2016    1 recensioni
Dieci anni fa i detective Charles Xavier ed Erik Lehnsherr chiusero il caso di una grottesca serie di omicidi che tutt’ora continuano a inseguirli.
Quando vengono interrogati sugli avvenimenti, un decennio più tardi, trovano finalmente la conferma di qualcosa che entrambi avevano sospettato per un lungo periodo: vi è ancora del lavoro incompleto del quale si devono prendere cura, e il caso che pensavano di aver chiuso tempo fa in realtà è ancora aperto.
Una True Detective AU.
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Moira MacTaggert, Raven Darkholme/Mystica
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Note dell’autrice: È da diverso tempo che avevo questo in mente (ho incominciato a scrivere subito dopo che la prima serie di TD finisse), e finalmente posso postarla. Per favore, perdonate la mia scarsa conoscenza sul lavoro della polizia – spero che comunque abbia senso!

 

Il testo normale rappresenta la narrativa presente, mentre il testo in italic rappresenta la narrativa passata. Può aiutarvi immaginare Charles ed Erik come in DOFP nel presente e come in XMFC nel passato.

 

Spoiler per la serie di True Detective. 

 

Note personali: Ho amato il telefilm sopracitato e da tempo volevo scriverci qualcosa, poi, come una manna dal cielo, lachatblanche ha iniziato a scrivere questa meraviglia e perciò ho deciso di condividerla con tutto il fandom italiano.

 

È la mia prima traduzione e ho cercato di attenermi allo stile dell’autrice e di far trapelare il più possibile l’atmosfera descritta. Devo ammettere che questa sia una delle mie fanfic preferite, ultimamente, e semplicemente dovevo tradurla. Per qualunque gaffe, vi prego di correggermi.

 

Attenzione! La storia è ancora in corso. Per ora sono usciti 7 capitoli su 10 e l’autrice posta più o meno ogni mese. Io non sono velocissima a tradurre, causa scuola, ma cercherò di andare il più veloce possibile. Comunque, se sapete leggere l’inglese, vi consiglio caldamente di leggerla in lingua originale.

PS. Non avete bisogno di conoscere la serie tv per leggerla e gli spoiler non sono così tanto spoiler. Ho aggiunto il rating arancione solo perché così l’autrice potesse vedere la storia, ma in realtà è rating rosso. Più che altro per la descrizione di scene pesanti.

 

Detto questo, ecco i link:

Autrice

The Long Bright Dark

 

 

 

 

 

The Long Bright Dark

 

 

L’ufficio era quieto. Il ventilatore elettrico ronzava, le sue lame turbinavano compiendo un grazioso arco sul soffitto, spezzando il breve silenzio della stanza. L’unico ulteriore suono proveniva dai muti respiri degli occupanti dell’ufficio, che sedevano rivolgendosi sguardi colmi di riserbo e completa antipatia, due di loro separati dal terzo da una funzionale scrivania in metallo.

 

Il silenzio si prolungò per alcuni momenti, accrescendo maggiormente più i secondi trascorrevano. Un minuto più tardi, tuttavia, e la calma fu interrotta da una netta e tagliente osservazione.

 

“Questo è un completo spreco di tempo.”

 

I detective MacTaggert e Levine si girarono l’una verso l’altro, rivolgendosi uno sguardo vigile. “Signor Lehnsherr”, incominciò il detective Levine, “Ne abbiamo già parlato, noi-”

 

“Sì, detective, è corretto” arrivò una brusca replica. “Ne abbiamo già parlato. Ampiamente. Nel rapporto che scrissi dodici anni fa. Lo stesso rapporto, infatti, che si trova proprio di fronte a lei.”

 

Al tono ostile, sulla fronte del detective MacTaggert si creò un corrugamento, e dopodiché la donna s’incupì, osservando l’uomo davanti a lei.

“Per cortesia non renda tutto più difficile, Signor Lehnsherr,” disse piano. “Lei sa cosa c’è in gioco con tutto questo. Molto probabilmente più di chiunque altro. Lei sa che cosa abbiamo di fronte.”

 

La mascella dell’ex detective Erik Lehnsherr si contrasse, e le sue dita si strinsero tanto da far sbiancare le nocche. Dopo un momento di silenzio, ad ogni modo, le sue spalle si rilassarono piano piano e con la testa fece un brusco segno di assenso. “Sì,” disse infine. “Comprendo.” Dopodiché inclinò il capo e li esaminò con sguardo riflessivo. “… E, come sono sicuro che sappiate, anche Charles lo sa.” Poi lentamente indietreggiò contro lo schienale della propria sedia e alzò un sopracciglio. “Presumo che anche lui sia stato qui, no? Che anche lui abbia dovuto sopportare tutta questa…” si fermò, cercando di trovare l’esatta parola per descrivere la situazione, “Solfa?”

 

Levine e MacTaggert si scambiarono uno sguardo diffidente.

 

“Sì,” disse MacTaggert dopo una pausa. “È stato qui.”

 

Lehnsherr si lasciò sfuggire una risata priva di umorismo. “Allora sono sorpreso che in qualche modo voi abbiate bisogno di me. Sono sicuro che Charles non poteva essere più che disposto a raccontarvi tutto ciò che sa. È sempre stato il più gradevole fra noi due, nonostante tutti gli altri suoi difetti. Non ho dubbio sul fatto che lo abbiate trovato davvero molto servizievole.”

 

Levine e MacTaggert condivisero l’ennesimo sguardo.

 

“Il signor Xavier – il suo ex partner – è quel genere di persone sempre di aiuto, giusto?” chiese MacTaggert con noncuranza.

 

“Oh sì,” il sorriso di Lehnsherr si fece aspro. “Charles è sempre stato molto d’aiuto. Sempre curioso e interessato a tutto e tutti… Sempre impossibilitato a lasciare le cose come stavano.” Tentennò e rivolse ai detective Levine e MacTaggert un freddo e amaro sorriso. “Sempre così impaziente di aiutare.”

 

*

 

Tredici anni prima.

 

 

“Hai bisogno di aiuto con quello, Erik?”

 

“No,” replicò in breve Erik, senza alzare gli occhi dal suo lavoro. “Va’ via.”

 

Charles, naturalmente, prese la risposta come un invito per appollaiarsi sulla scrivania e guardare oltre le sue spalle. “Che cosa stai facendo, comunque?”

 

“Lavoro d’ufficio” grugnì Erik, senza distogliere lo sguardo dai fogli. “Qualcuno dovrà pur farlo.”

 

“E sono sicuro che tu lo fai in modo ammirevole,” disse Charles obiettivo, dandogli un colpo sulla spalla.

 

Erik grugnì nuovamente ma permise il tocco, prima di dirigere di nuovo la sua attenzione sul lavoro da fare.

 

Già due settimane di partnership e avevano solamente iniziato a comprendersi l'un con l’altro. Erik Lehnsherr era quel genere di persona che infilava il naso nel proprio incarico e si appuntava ogni pensiero e seguiva qualunque indizio e traccia, mentre il sistema di Charles era un po’ più… confuso. Erik era tentato di dire che Charles non lo avesse per nulla un sistema, ma aveva visto come si comportava se confrontato con una scena del crimine. Forse non prendeva appunti, e forse non archiviava rapporti o compiva qualcosa che avesse un merito tangibile, ma lo aveva un processo proprio. Ed era, semplicemente, di genere mentale, ecco tutto.

 

Ad Erik non importava più di quel tanto. In realtà preferiva essere quello che faceva tutti i compiti – in tal modo poteva essere sicuro che fossero stati fatti bene.

 

“Fammi sapere se ti servo per qualcosa,” disse Charles amabilmente, dandogli un ulteriore pacca sulla spalla, la quale iniziò a pizzicargli. “Sono ad una chiamata di distanza”.

 

“Charles, sei seduto a meno di cinque passi da me,” disse Erik seccamente. “Difficilmente ho bisogno di fare una telefonata.”

 

Charles sorrise. “Non stavo parlando solo di adesso,” disse con un sorriso, prima di alzarsi dal tavolo. “Beh, ti faccio le mie scuse ma ora ho un sospettato da interrogare.”

 

Erik lo guardò silenziosamente andar via, la propria fronte corrucciata. Poi, scuotendo la testa, tornò al proprio rapporto e iniziò a digitare al computer.

 

Non doveva preoccuparsi più di quel tanto di avere Xavier come partner ancora per molto, ne era certo. Se ne sarebbe andato molto presto.

 

Tutti lo facevano.

 

*

 

“Cosa mi sa dire sulla sua affidabilità?” chiese MacTaggert, chinandosi lievemente in avanti. “Direbbe che Xavier è qualcuno su cui contare?”

 

“Beh, quello dipende interamente dalle circostanze,” disse Lehnsherr seccamente, riportando la schiena contro la sedia. “Si poteva contare su di lui per scrivere un rapporto dopo aver finito un caso? No, non si poteva. Si poteva contare su di lui nel portare una dannatissima pistola quando andava a fare il proprio dovere? No, non si poteva. Ci si poteva affidare a lui nell’essere una rottura di palle per assolutamente ogni secondo di ogni giorno?” Lehnsherr inclinò la testa come se fosse assorto nei propri pensieri e dopodiché sorrise freddamente. “Ma ovviamente” fece una pausa. “Ma questo non è ciò che mi ha chiesto, ad ogni modo, giusto, detective MacTaggert? No – lei voleva sapere se Charles era un buon partner… un buon detective.”

 

“E lo era?”

 

Lehnsherr incontrò i suoi occhi. “Era il migliore,” mormorò piano. “Charles non era forse il miglior agente di polizia, ma era il più eccellente detective nel quale mi sia mai imbattuto.” I suoi occhi vagabondarono su entrambi i detective MacTaggert e Levine. “Prima o dopo.”

 

“Quindi era una persona affidabile,” disse fermamente MacTaggert, prima che Levine potesse interrompere. “Era – generalmente parlando – onesto e leale?”

 

Lehnsherr si girò nella sua direzione, allora, le sopracciglia che gli si alzavano lentamente. “Oh, non direi così,” disse a tono basso. “Ma, ecco – essere affidabile non è la stessa cosa di essere leale, no?”

 

*

 

“Il signor Lehnsherr parla molto bene di lei nel file del caso.”

 

Xavier alzò lo sguardo dalla foto che stava osservando dei detective MacTaggert e Levine che stringevano le mani col sindaco. “Davvero?” chiese vagamente, reclinando il capo nella loro direzione. “In un rapporto di più di dieci anni fa? Com’è interessante.”

 

MacTaggert lo ignorò. “Ha scritto che fu essenziale per il caso e che le sue capacità e le sue intuizioni facevano di lei un detective insorpassabile,” continuò. “Ha detto che era uno degli uomini più intelligenti che lui avesse mai incontrato.”

 

Xavier appariva poco interessato alle sue parole. “È questo quel che ha detto?” disse con dolcezza, lasciando vagare gli occhi sulle pareti dell’ufficio. Poi alzò le spalle. “Oh beh, se Erik ha detto così allora deve essere vero.”

 

Levine strinse gli occhi. “Quello era sarcasmo?” domandò, guardando con sospetto Xavier.

 

Xavier alzò un sopracciglio. “Sarcasmo?” ripeté, la sua faccia completamente inespressiva. “Lungi da me.”

 

MacTaggert fece un sospiro impaziente mentre Levine si lasciò sfuggire un ringhio. “Non importa,” disse lei, scuotendo la testa. “Ma torniamo a parlare della relazione fra lei e l’ex detective Lehnsherr, signor Xavier. Andavate d’accordo?”

 

A quella domanda, Xavier si arrestò, sembrando per la prima volta da forse dopo l’inizio dell’interrogatorio coinvolto. “Se andavo d’accordo con Erik…” ripeté pensieroso, grattandosi la guancia non rasata mentre rimuginava sulla risposta. “Beh… penso che la risposta corta sia sì… perlomeno per quanto uno potesse andare d’accordo con lui, suppongo.” Agli sguardi interrogativi di MacTaggert e Levine fece un sorriso asciutto. “Probabilmente non lo sapete ancora, ma Erik – L’ex detective Erik Lehnsherr, come lo chiamate voi – lui non è la più… piacevole persona che si potrebbe incontrare. Sebbene ironicamente,” La bocca di Xavier si contrasse in un mezzo sorriso, “era parzialmente la sua misantropia che lo rendeva così tanto interessante. Senza menzionare le sue capacità da detective.”

 

“Lo ammirava, quindi?” chiese alla leggera MacTaggert.

 

“Erik è un uomo ammirevole,” rispose amabilmente Xavier.

 

“Quella non era una risposta.”

 

“Non lo era?” batté piano le palpebre Xavier. “Ah, beh. Allora mi scusi.”

 

MacTaggert sospirò. “Lei vuole essere cooperativo con noi, vero signor Xavier?”

 

“Ma ovviamente,” Xavier piegò la testa. “Perché? Non si capisce?”

 

MacTaggert fece un sorriso sottile. “Non particolarmente.”

 

“Le mie scuse,” disse affabilmente lui. “Non avevo realizzato. Questo è il problema con le interazioni umane, vede,” scosse le spalle. “Tutto è soggettivo. Quello che per lei può sembrare non cooperativo, per me può apparire premuroso e utile. Alla fin fine, abbiamo entrambi ragione – io sono simultaneamente cooperativo e non cooperativo. Affascinante, vero?” Xavier prese un sorso dal bicchiere di alcool, molto fuori luogo, di fronte a lui. “Ciò accende una luce sulle limitazioni della comunicazione umana.”

 

“E cosa suggerirebbe?” disse impazientemente MacTaggert. “Che ci dovremmo evolvere nel leggere la mente?”

 

Il sorriso di Xavier si fece asimmetrico. “Questo sarebbe terribilmente utile, non pensa?”

 

“Oh certo,” disse Levine cupamente. “Se potessimo leggere nella mente, allora io e il detective MacTaggert non dovremmo stare qui seduti ad ascoltare queste cavolate.”

 

“Esattamente quel che pensavo io, detective,” mormorò Xavier, indirizzando deliberatamente verso Levine un sorriso dolce.

 

“Ora basta,” disse stancamente MacTaggert. “Signor Xavier, per cortesia si attenga alle domande che le vengono rivolte e pensi con accuratezza alle risposte che vuole dare. Questo è molto importante. Dobbiamo scrivere questo rapporto nel modo più completo e chiaro possibile.” Lei si fermò, allora, inclinando la testa di lato mentre guardava Xavier, la sua espressione leggermente diffidente. “Non credo che lei e Lehnsherr abbiate discusso del caso recentemente, esatto?”

 

“Se ne ho discusso con Erik?” ripeté con sorpresa Xavier. Sbatté una volta gli occhi e poi, lentamente, si portò il bicchiere di scotch alle labbra. “Detective MacTaggert,” fremette, scuotendo la testa. “Lei ha veramente bisogno di far meglio le proprie ricerche.”

 

MacTaggert alzò un sopracciglio. “Oh? E perché mai, signor Xavier?”

 

“Perché, detective,” disse freddamente Xavier, incontrando i suoi occhi, “Non parlo con Erik Lehnsherr da quasi dieci anni.”

 

*

 

“Puoi parlarmi, sai.”

 

“Posso?” il tono di Erik era asciutto. “E io che pensavo fosse un sistema unidirezionale.”

 

Charles lo guardò dal sedile del passeggero dove sedeva. “Stai per caso insinuando che parlo troppo?”

 

“Non stavo insinuando proprio un bel niente.”

 

“Sei un idiota.” Charles appariva abbastanza lieto del discorso.

 

“E tu parli troppo. Abbiamo entrambi le nostre colpe, sembra.”

 

Tutti hanno le proprie colpe, Erik. È solo che alcune sono più perdonabili di altre.”

 

Erik si girò e gli diede un’occhiata. “Stai assumendo che io trovi la tua colpa di parlare troppo una colpa perdonabile.”

 

Charles fece un sorrisetto all’osservazione. “Oh, ma io so che è così”

 

Le sopracciglia di Erik si alzarono. “Lo sai?”

 

Charles sorrise nuovamente. “Io penso che tu trovi difficile ammettere che non sono altro se non spaventosamente piacevole da ascoltare e meravigliosamente erudito.” Sorrise un poco all’espressione non impressionata di Erik, prima di alzare le spalle e tornare con la schiena contro il sedile. “La verità sta nel fatto che siamo agenti di polizia, Erik. Se qualcuno al mondo conosce quali siano le colpe umane, quelli siamo noi. Noi non facciamo altro se non trovarci faccia a faccia con le colpe umane e, più spesso che altro, queste colpe non sono scusabili.” Chiuse gli occhi, sembrando determinato e con ogni scopo a farsi una dormita lì, in macchina. “Davvero, se non lasciamo passare le piccole colpe, allora finiremo probabilmente in un manicomio. E per quanto affascinante saresti in una camicia di forza, Erik, io preferirei veramente che non ti accadesse.”

 

Erik fece silenzio per un momento. Dopodiché sospirò. “Mi farai un interrogatorio sulla mia sanità mentale ogni qualvolta chiederò un momento di pace?”

 

Il sorriso di Charles si allargò. “È possibile,” disse con fattibilità, i suoi occhi ancora chiusi mentre si allungava contro il sedile. “Perché, avevi in piano di chiederlo spesso?”

 

Erik gli fece un sorriso ironico. “Non più,” borbottò, prima di fare pressione sull’acceleratore e continuare la guida.

 

*

 

“Vede, questa è la questione con Charles,” disse freddamente Lehnsherr, facendo un tiro corto di sigaretta. I suoi occhi erano del colore dell’ardesia, e non facevano trapelare nulla. “Gli piaceva parlare. Poteva parlare di qualunque stramaledettissimo soggetto che esistesse – e spesso lo faceva, purtroppo.” Lehnsherr restò in silenzio per un momento. “C’era solo una cosa su cui non accennava parola,” disse infine. “Solo un argomento che non voleva mai toccare. Ed era quello su se stesso. Non parlava mai della sua vita personale e non parlava mai del suo passato. Non è che mi interessasse così tanto – e non è come se io fossi mai stato disposto a condividere la storia della mia vita con la gente – è solo che con Charles era veramente evidente. Poteva parlare per ore riguardo assolutamente tutto, ma cercare di estorcergli qualche racconto sulla sua famiglia era come cercare di cavar sangue da una rapa: senza senso e dannatamente frustrante.”

 

Levine lo guardava mentre lui si portava la sigaretta alle labbra e ne prendeva una boccata. “È divertente,” disse, il suo viso sgombro di qualunque espressione. “È esattamente la stessa cosa che Xavier ha detto su di lei.”

 

La faccia di Lehnsherr si fece dura. “Sì, beh, Charles è un fottuto bugiardo,” disse aspramente, un bagliore di emozione gli attraversò il volto per la prima volta. “È meglio che lo aggiungete ai vostri punti nella lista delle cose che sapete su Charles Xavier. Può sembrare e parlare come un perfetto principe ma in realtà ha la lingua di uno stramaledetto serpente.”

 

“Lo sa a causa di un’esperienze personale?” chiese svogliatamente Levine.

 

Lehnsherr gli lanciò uno sguardo minaccioso. “Era il mio partner,” disse piattamente. “Ovviamente ne ero fottutamente consapevole.”

 

“Quindi non le ha mai raccontato della sua famiglia?” chiese MacTaggert, il suo tono neutrale. “Non si è mai aperto riguardo loro?”

 

Lehnsherr esitò. “Mi disse che tutta la sua famiglia era morta,” disse infine. “Ognuno di loro. Eccetto Raven. Raven Xavier.”

 

“Lei deve essere…” Levin consultò i propri fogli. “La sorella?”

 

“Sorellastra,” corresse Lehnsherr. “Difficile a dirsi, però. Erano attaccati come sanguisughe l’uno all’altra. Beh,” si fermò. “Lo erano, perlomeno.”

 

“Prima del suo arrivo,” aggiunse Levine.

 

Lehnsherr fece una risata indignata. “È quel che vi ha raccontato lui?”

 

“Ha detto che alcune cose cambiarono dopo la prima cena che avevate avuto insieme.”

 

“Oh sì, cambiarono,” disse Lehnsherr cupamente, schiacciando la sigaretta fra le dita, “Non mi chieda se in meglio.”

 

*

 

“Lo sai, non posso far altro che pensare che tu non mi voglia qui,” disse Erik con freddezza, guardando Charles con un’espressione di pigra curiosità. “E, davvero, mi sentirei insultato… se non per il fatto che neppure io vorrei essere qui.”

 

Charles fece un sorriso sardonico. “Non è che non ti voglia qui, Erik.” Disse, una nota di scuse nella voce. “È solo che…” la sua voce si affievolì, non completando la frase.

 

Erik lo osservò silenziosamente per un istante. “Le persone pensano che io sia riservato,” disse lui alla fine. “Ma tu – tu innalzi tutto ad un altro livello, Xavier.” Soffiò fuori una risata. “Siamo partner da – quanto? – tre mesi adesso? E non sapevo che tu avessi una sorella fino a quando non mi hai detto che mi stava invitando a cena.”

 

“Ti abbiamo invitato insieme per cena,” lo corresse Charles, sembrando leggermente esasperato. “L’invito veniva da entrambi.”

 

“Si noti che sta escludendo dal racconto la parte dove ho dovuto costringerlo a farlo!” li raggiunse una chiara voce femminile alle spalle, con una nota canzonatoria nell’accento.

 

Girandosi, gli uomini furono accolti dalla vista di Raven Xavier che camminava nella loro direzione in un’aura di capelli biondi, con un sorriso allegro stampato in volto. Si precipitò verso Erik, sempre sorridendo, e allungò una mano per stringere la sua.

 

“Ciao, tu devi essere Erik,” disse entusiasticamente, i suoi occhi scintillavano mentre lo osservava da capo a piedi. “Sono Raven, la sorella di Charles. Immagino che lui ti abbia raccontato assolutamente nulla su di me.”

 

“Immagini giusto,” disse Erik secco, stendendo il braccio per poi stringerle la mano.

 

“Lui mi ha detto tutto su di te, ovviamente,” disse Raven con disinvoltura, continuando a scuotergli la mano con vigore. Dopodiché si girò in direzione di Charles con un’occhiata subdola. “Sebbene pare che abbia dimenticato di raccontarmi quanto tu sia terribilmente affascinante.”

 

“Raven,” disse Charles laconico, guardandola severamente. “Stai facendo sentire Erik a disagio.”

 

Raven alzò gli occhi al cielo, ciò nondimeno lasciò andare la mano di Erik e fece un passo all’indietro. “Forza,” disse, battendo le ciglia e voltando il capo con uno scatto verso il salotto alle sue spalle. “Puoi sederti al mio fianco.”

 

Gettando uno sguardo verso Charles, che in risposta semplicemente scosse le spalle con impotenza, Erik raddrizzò la schiena e, rivolgendo a Raven un cenno di assenso, la seguì all’interno della sala da pranzo.

 

*

 

“Sapete, siete terribilmente pazienti riguardo tutto ciò.” Xavier poteva aver avuto più di un bicchiere, ma i suoi occhi erano limpidi e completamente concentrati. Chiaramente, lui era un uomo capace di sopportare i suoi drink. “Riguardo i miei ricordi sul mio partner.” Piegò il capo e studiò i due detective di fronte a lui. “Di sicuro preferireste se slittassi alla parte divertente…?”

 

“Parte divertente?” chiese bruscamente MacTaggert.

 

Xavier alzò un sopracciglio con stanchezza. “Era una semplice espressione, mia cara. Mi scusi – detective.” Sembrava e dava l’impressione di apparire dispiaciuto, sebbene ci fosse qualcosa nei suoi occhi che faceva trapelare un affilato diletto. Dopodiché si ricompose e si raddrizzò sulla sedia. “Ma sì, sicuramente preferireste continuare… sui punti salienti dell’investigazione?”

 

“A momenti arriveremo al ritrovamento del cadavere di Muñoz,” disse placidamente Levine. “Per ora vorremmo che lei continuasse su questa strada. Come ha reagito Lehnsherr all’invito a cena con sua sorella?”

 

Xavier sospirò. “Quella maledetta cena,” mormorò, i suoi occhi girovagarono verso un angolo abbandonato del freddo, grigio ufficio. “Lì fu dove le linee iniziarono a farsi confuse, sa. Quella maledetta cena…”

 

*

 

“Allora, Charles mi ha raccontato che non hai una famiglia?”

 

Erik incontrò gli occhi della padrona di casa e scrollò le spalle. “Ce l’avevo una volta,” disse sgarbatamente. “Ora non più.” I suoi occhi vagarono su una foto poggiata alla mensola del caminetto che ritraeva i fratelli Xavier stretti uno al fianco dell’altra, due grandi sorrisi sui loro volti. Loro erano gli unici che apparivano nelle dozzine di foto disseminate per tutta la casa.

 

“È triste,” disse simpateticamente Raven. Poi, “Ce l’hai una fidanzata?”

 

Charles sbuffò. “Discreta, Raven. Davvero discreta.”

 

Raven gli lanciò un’occhiataccia dall’altro lato del tavolo e con velocità ri-direzionò lo sguardo su Erik. “Allora?” chiese, rivestendosi con un sorriso.

 

Erik la osservò per un momento. Dopodiché scosse il capo. “No,” disse. “Nessuna fidanzata.” Rivolse lo sguardo verso Charles.

 

“Questo è un male,” disse Raven, nonostante il suo tono intendesse il contrario.

 

“Non davvero.” Erik alzò le spalle.

 

“Oh,” sbatté le palpebre lei. “Beh – immagino di no.”

 

“Puoi anche smetterla, Raven,” disse con delicatezza Charles. “Erik non è fatto per la compagnia umana. Preferisce covare i propri pensieri da solo.”

 

“E tu preferisci covarli in compagnia.” Rispose senza giri di parole Erik, veloce come una pallottola.

 

Ci fu una pausa.

 

Huh,” disse Raven pensierosa, guardando con attenzione fra loro due. “Solo pochi mesi e il tuo partner ti ha già compreso. Stai perdendo colpi, fratello.”

 

Charles lanciò uno sguardo di rimprovero ma Erik scrollò il capo.

 

“No,” disse, osservando le lame della propria forchetta toccare un singolo pisello nel piatto, “In qualche modo dubito che nessuno abbia mai compreso completamente Charles.”

 

Poteva sentire gli occhi di Charles perforargli il fianco del volto, ma non alzò lo sguardo.

 

Hmm,” Raven lo stava guardando con interesse. “Beh, forse non hai compreso completamente Charles, ma tu sei definitivamente colui che ci si sia avvicinato di più; non diresti, Charles?”

 

“Oh sì,” Charles alzò lo sguardo dal piatto e sorrise. “Gli ho permesso di incontrarti, no?”

 

“Solo perché ho insistito,” rise Raven. Si rivolse ad Erik. “Ho davvero dovuto scuotere Charles per questo, sai. Non gli piace invitare persone a casa, solo se proprio deve.”

 

Erik si guardò intorno ma, sorprendentemente, non chiese il perché. Invece alzò un sopracciglio. “Perché eri così entusiasta di incontrarmi?”

 

Raven alzò le spalle. “Sei il partner di Charles, giusto? Perciò sei colui che è responsabile per tenere in salvo mio fratello. Pensavo di dover incontrare quell’uomo.” Fece una pausa. “In più, Charles non riusciva a star zitto su di te negli ultimi-”

 

Raven!” farfugliò Charles, apparendo scandalizzato.

 

Raven sorrise semplicemente a Charles e poi virò nuovamente la propria attenzione verso Erik; Erik, ciononostante, stava osservando Charles con interesse.

 

“Cosa stavi dicendo su di me?” chiese lui curiosamente, corrucciato.

 

Charles lanciò uno sguardo truce a Raven, che gli sorrise con amore prima di alzarsi dal tavolo. “E questo è il mio segnale per alzarmi a prendere altro vino,” disse con un largo sorriso. Si fermò prima di lasciare la stanza. “Hai bisogno di nulla, Charles? Penso che abbiamo un po’ di succo d’arancia da qualche parte.”

 

Charles scosse il capo. “No, no, sto bene. Beh – tranne la parte dove mi hai appena imbarazzato.”

 

Raven semplicemente gli sorrise prima di voltarsi e fuggire dalla stanza.

 

“Succo d’arancia?” chiese Erik dopo un attimo.

 

Charles alzò le spalle. “Sei troppo acuto per non aver notato il fatto che non ho toccato vino questa sera, o in nessun punto durante le poche settimane in cui ci siamo conosciuti. Sono sicuro che lo hai già capito.”

 

Erik gli fece un piccolo cenno di assenso. “Problemi?” chiese senza pretese.

 

“Ce ne erano,” rispose Charles con tono simile. “Ma sono tutti cessati quando ho deciso di attaccarmi al succo d’arancia.”

 

Erik fece sì col capo. Dopodiché, come se si sentisse in una sorta di contrattazione e fosse in debito, offrì burberamente, “Recentemente ho smesso di fumare.”

 

Hmm,” Charles prese un sorso d’acqua. “Ho notato.”

 

Erik alzò un sopracciglio. “Niente ti sfugge, vero?” mormorò.

 

Charles inclinò la testa di lato, considerando. “No,” disse di seguito. “Non davvero.”

 

E continuarono in un piacevole silenzio finché Raven non tornò col vino.

 

*

 

“Sembra che i propositi di Xavier siano stati fatti a pezzi,” borbottò Levine, voltandosi e alzando un sopracciglio verso MacTaggert.

 

MacTaggert non volle rispondere, ma i suoi occhi slittarono sulla sigaretta nella mano di Lehnsherr.

 

Lehnsherr fece una piccola risata e deliberatamente se la portò alle labbra. “Immagino che alla fin fine abbiamo entrambi compreso che se qualcosa avrebbe dovuto farci cadere in basso, non sarebbero stati i nostri vizi,” disse seccamente. Dopodiché fece un cenno a Levine. “Cosa le ha fatto dire quello di Charles? Non posso dire di esserne sorpreso ma anche così dubito che si sia presentato all’interrogatorio puzzando d’alcool. A meno che non sia cambiato più di quanto io possa immaginare.”

 

MacTaggert lanciò un’occhiataccia a Levine, che semplicemente scosse le spalle. “Xavier era perfettamente presentabile,” disse lei infine, sospirando con un accenno di esasperazione. “Ma non avrebbe risposto alle nostre domande senza che prima gli avessimo dato – come lo ha chiamato?”

 

Un’adeguata libagione”, le arrivò in aiuto Levine.

 

“Oh sì,” il sorriso di MacTaggert era sottile. “Senza un’adeguata libagione.

 

Lehnsherr non si preoccupò di coprire il proprio sorriso ironico. “Beh, beh,” mormorò. “Guarda un po’. Ha creato un gioco di potere. Ben per lui.”

 

“Quasi,” MacTaggert non era evidentemente impressionata. “Ma stiamo divagando. Lei prima disse che Xavier era un uomo molto riservato sulla sua vita privata. Perché pensa che infine avesse deciso di invitarla a casa, quella sera?”

 

Lehnsherr alzò un sopracciglio. “Penso?” la derise. “Non penso. Lo so. Mi invitò perché sua sorella insistette. Se fosse stato per lui, sono sicuro che non avrei nemmeno saputo che lei esistesse.”

 

MacTaggert si piegò in avanti. “Era protettivo nei suoi confronti?”

 

“Era iperprotettivo nei suoi confronti,” rispose schiettamente Lehnsherr. “Voleva tenerla rinchiusa in una campana di vetro e lontana dalla realtà. Ha cercato di fare del suo meglio, in ogni caso. Ma lei non era molto d’accordo, comunque.”

 

“Si è ribellata?” chiese curiosamente Levine.

 

“Non all’inizio,” disse Lehnsherr, alzando le spalle. “Amava suo fratello, vede. Erano da soli in quell’enorme casa e si attaccavano una all’altro. Non era qualcosa che si potesse rompere facilmente.”

 

“Ma poi arrivò lei.”

 

“Ma poi arrivai io,” ripeté Lehnsherr. Lentamente portò la sigaretta alla bocca. “Non che tutto ciò che successe in seguito fosse colpa mia. Suppongo che Charles abbia detto il contrario? Che tutto fosse colpa mia?” Quando né Levine né MacTaggert reagirono, lui sospirò. “Sì, beh – non lo fu. Fui più che altro… un catalizzatore. Semplicemente, velocizzai quel che sarebbe comunque successo.”

 

*

 

“Raven vuole diventare una poliziotta,” disse all’improvviso Charles mentre guidavano verso l’indirizzo dato dalla radio della polizia, le sue mani strette forti al volante. “Ha detto che lo ha sempre voluto e ora che è ventunenne vuole unirsi alla polizia.”

 

Erik gli lanciò uno sguardo. “Cosa le hai detto?”

 

“Le ho detto, «Ma certo, Raven, che puoi farti dipingere un tiro a segno sul petto e farti sparare come stile di vita.» Cosa cavolo pensi che le abbia detto?”

 

Erik alzò le spalle. “Sei un idiota.”

 

La mandibola di Charles si contrasse. “Perché? Perché non voglio che la mia sorellina sia confrontata col peggio dell’umanità quotidianamente?”

 

Tu lo fai.”

 

“Sì, lo faccio,” concordò Charles. “E questo è il perché io non voglia che lei si unisca alla polizia. Pensi che io voglia vederla faccia a faccia con le stesse cose di cui dobbiamo occuparci? Pensi che io voglia questo per lei?”

 

Erik scosse il capo. “Sei un ipocrita.”

 

“Siamo tutti degli ipocriti,” disse lui insipidamente. “Sono passato sopra quel difetto umano tanto tempo fa.”

 

Accostarono a lato della strada, esattamente dietro a quella che pareva una flotta di macchine della polizia. Uscirono dalla macchina nel momento in cui un agente correva nella loro direzione.

 

Detectives,” l’uomo fece un cenno del capo ad entrambi, un’espressione che pareva di sollievo gli decorava il volto. “Siamo lieti di avervi qui.”

 

Charles lo salutò di rimando. “Qual è il problema esattamente?”

 

“È-” l’uomo esitò, una strana espressione gli attraversò la faccia. “È… forse dovreste vedere con i vostri occhi?”

 

Erik e Charles si scambiarono uno sguardo.

 

“Ci incuriosisce,” disse Charles lievemente, sebbene la sua faccia si fosse oscurata. “È davvero qualcosa di così strano?”

 

Il poliziotto deglutì. “Questa è una città tranquilla, detectives,” disse, guardandoli seriamente. “Tranquilla e occupata da persone decenti. Il massimo che accade qui è qualche ladro, magari qualche incidente stradale causato da alcool o altre sostanze. Ma questo…” scosse il capo, il volto pallido come un lenzuolo. “Un semplice omicidio sarebbe orribile, ma questo-” vacillò. “Questo casino è una vera e propria merda, se me lo lasciate dire, signori.”

 

“Ma certo,” disse Charles. Poi guardò velocemente Erik. “Come ho già detto, m’incuriosisce. Adesso, se non le dispiace – ci faccia strada.”

 

Seguirono il poliziotto non molto lontano, verso uno spazio libero. Era facile notare perché il cadavere non era stato ritrovato prima – il luogo si trovava un po’ lontano dal sentiero battuto e non sarebbe stato visibile dalla strada. Solo qualcuno che fosse passato per quello sgombero avrebbe potuto vedere qualunque cosa che si trovasse là.

 

Superarono altri poliziotti, ed era chiaro il disconforto nei loro occhi. Continuarono a camminare, comunque, senza fermarsi, finché non arrivarono ad una curva del sentiero. La seguirono e procedettero fino a quando non fossero più circondati dagli alberi e fosse così possibile vedere, lì, di fronte a loro-

 

“Ecco, vedi,” disse Charles dopo un minuto, la sua espressione seria. “Questo è perché non voglio che mia sorella diventi un poliziotto.”

 

 

   
 
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