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Autore: FatSalad    16/02/2016    5 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Capitolo 11 – Le Regole del Gioco

 

Quando Giulia guardava le partite di calcetto o qualsiasi altro sport, si concentrava più sul fisico dei giocatori che non sullo svolgimento del gioco. Giusto per non fare brutte figure con Nathan si era ripassata le basi del calcetto prima di arrivare alla partita, ma scoprì che non ce ne sarebbe stato bisogno, dal momento che Lorenzo la teneva occupata e le forniva un'ottima scusa per le volte in cui Nathan si girava verso di lei chiedendo:

«Hai visto?» con occhi sbarrati.

Giulia teneva Lorenzo in braccio, per tenerlo buono gli insegnava dei giochini, o delle canzoncine, ma ogni tanto si incantava a guardare Nathan, il suo entusiasmo, il suo nervosismo mentre incitava i compagni di squadra. Un paio di volte lo vide alzarsi dal posto accanto al proprio e appoggiarsi alla ringhiera che li separava dal campo di calcetto per gridare qualche consiglio concitato, mentre Giulia si scopriva a fissare il suo didietro, esibito esattamente ad altezza volto.

«Smettila! Non è tuo, è di Lilla» si mormorava allora, con la stessa intonazione con cui diceva a Lorenzo “Non si tocca” e “Si chiede per favore” e simili.

«Ehi, scusa,» chiamarlo “Nathan” le risultava ancora un po' difficile «hai dei fazzoletti di carta? Ho finito i miei»

«Oh, sì certo» disse il ragazzo tornando a sedersi accanto ai due, distogliendo l'attenzione dalla partita. «Sta spargendo moccio da giovedì, mi sa che al parco ha preso freddo» continuò facendo soffiare il naso al fratellino.

«Poverino, mi dispiace»

«Ma no, è un bambino, è normale che si ammali un po', no? Infatti, non te l'avevo detto, ma tra poco dovrebbe arrivare Melania per portarlo dal dottore»

«Ma è sabato»

«Lo so, conoscendola penso che lo porterà al pronto soccorso urlando come un'ossessa, fingendo che il suo bambino sia in fin di vita»

«Oh... non so se le crederanno dopo aver visto questo faccino sorridente» disse Giulia strizzando leggermente una guanciotta del bambino, che prontamente rise e si divincolò.

«Melania sa essere molto convincente» lo disse in modo scherzoso, ma forse celava una punta di amarezza, o forse fu solo nella mente di Giulia.

Melania tardò un po' rispetto a quanto aveva detto Nathan, ma si fece annunciare da una serie di messaggi, squilli e chiamate. All'ultima Nathan rispose mentre stava faticosamente scendendo le scale della tribuna.

«Sto arrivando, sto arrivando!» ripeteva, un po' alterato.

Giulia prese Lorenzo in braccio e seguì Nathan, non sapendo in che altro modo essere d'aiuto.

Quando furono fuori Giulia fu sorpresa dalla visione di una ragazza con i capelli rosso mogano a caschetto e degli occhiali da sole eccessivi. Si stava ripassando il rossetto dall'interno di un'auto decappottabile e per quanto Giulia non se ne intendesse affatto di automobili, era più che sicura che si trattasse di un oggetto molto costoso. La mamma di Lorenzo, però, dov'era?

«Finalmente, ci hai messo una vita!» disse la ragazza coi capelli rossi scendendo dall'auto e avvicinandosi a loro. Subito Lorenzo protese le braccia verso di lei, che invece lo bloccò.

«Non ora, Lorenzo, mi fa male la schiena. Vieni, entra in macchina» disse la ragazza conducendo in fretta e furia il bambino verso la vettura. Lorenzo diede un ultimo abbraccio a Giulia, strusciandosi contro il suo seno.

«Ehi! Furbastro!» lo ammonì Nathan accorgendosi del gesto del fratellino e punzecchiandolo con un dito.

«Mamma ce l'ha più grosse!» fece Lorenzo con una risata.

Giulia arrossì e ridacchiò imbarazzata, non riuscì a ribattere nemmeno con un “Lascia perdere, è solo un bambino” e posò Lorenzo a terra con una risatina acuta, lo seguì con lo sguardo mentre prendeva la mano della donna. Quest'ultima non spiccicò altra parola, fece un saluto sommario con la mano prima di partire e in un secondo uscì dal campo visivo di Giulia.

«Melania è... molto giovane» disse Giulia esitante, per rompere il silenzio imbarazzante.

«Sì, in effetti ha poco più di me»

«Oh» disse solo Giulia, non volendo apparire indiscreta.

«Torniamo a vedere la partita?» chiese Nathan dopo qualche istante.

Giulia annuì.

«Oh, no... le scale! Di nuovo!» Nathan roteò gli occhi. La prospettiva non doveva entusiasmarlo.

«Certo che oggi non fa per niente freddo...»

Nathan guardò Giulia con la fronte aggrottata in una muta domanda, ma un angolo della bocca era incurvato. Si allungò anche l'altro dopo l'alzatina di spalle che gli rivolse la ragazza, sorridendo a sua volta.

«C'è una panchina di lato alla palestra» disse Nathan precedendola e mostrandole la strada.

Durante il tragitto e appena seduti, non ancora abituati a parlare faccia a faccia, continuarono a parlare scherzosamente senza impegno di argomenti come fisioterapia per il ginocchio di Nathan, lo studio, la maturità, il tempo, giusto per riempire il silenzio.

«Oggi sarebbe un giorno perfetto per andare a studiare al parco» disse Giulia.

«Ci vai spesso?»

«Dall'anno scorso, quando fa caldo, ci vado abbastanza spesso, sì. Lorenzo però non l'avevo visto l'anno scorso»

«Non penso che ci sia mai andato prima di quest'anno, in effetti, ma Melania ci si è fermata una volta perché è vicino a non so cosa e da allora il pestifero non fa che chiedermi di portarcelo» Nathan parlava con un accenno di sorriso, pensando al fratellino, poi di colpo cambiò espressione «a dir la verità... una volta ti ho visto e... ti ho evitato. Ho lasciato che Lorenzo andasse a giocare con te e...» era decisamente a disagio. «La seconda volta che ti ho visto invece Lorenzo ha insistito e ha fatto talmente tante bizze che sono finito a sedere tra i bambini»

«E hai ascoltato la storia dell'orco... come si chiamava?»

«Già, tempo speso bene!» disse Nathan con la parodia di un sorriso.

I due risero, ma Giulia sentiva che c'era qualcosa che disturbava il ragazzo. Aveva paura a chiedere spiegazioni, non avrebbe saputo neanche cosa chiedere, o se ne aveva il diritto, ma fu Nathan a decidersi e a svuotare il sacco.

«In realtà Melania è anche... “il mio primo amore”, per così dire.»

Uh-oh.

Dunque era questo che lo turbava. Giulia ammutolì all'istante e attese.

«Sai, quando si è bambini i ragazzi più grandi sembrano tutti più belli, dei modelli da seguire, l'approvazione da conquistare. Per me Melania era così e quando fui grande abbastanza per fare certi ragionamenti cominciai anche a pensare che potesse succedere qualcosa tra noi, “quando sarò più grande”, dicevo.» qui Nathan si interruppe per scuotere il capo con una risata lieve «Ironia del destino: “quando sono diventato più grande” si è sposata mio padre. Voglio dire, forse è stato un bene, almeno ha stroncato definitivamente i residui di fantasie che avevo su di lei, però... forse avrei preferito ricordarmela come la bambina con le trecce, quella che decideva i giochi, che capitanava le squadre e odiava i broccoli, piuttosto che conoscerla come l'arrivista priva di scrupoli quale è. Senza contare che... cavoli! Il mio vecchio è stato tranquillo per tanti anni, doveva proprio risposarsi ora? Non poteva comprarsi una moto o farsi un tatuaggio come tutti gli altri uomini in crisi di mezza età? Che se ne fa di una moglie? Tanto non è mai a casa, è sempre a giro per lavoro... figuriamoci di un altro figlio!»

Giulia osservava le spalle di Nathan correre in su e in giù, mentre il ragazzo cercava di calmarsi dopo il crescendo di emozioni e di rancore che gli aveva visto tirare fuori.

«Una moglie che non si degna nemmeno di portare il figlio dal pediatra, o di comprargli le medicine, perché è troppo occupata a fare la bella vita da mantenuta! Mamma non si sarebbe mai risposata con il primo ragazzino che gliel'avesse sbattuto davanti! Lei non mi avrebbe mai permesso di uscire di casa in motorino con le strade ghiacciate, non mi costringerebbe a prendere il suo posto con mio fratello invece di lascirmi studiare! Lei non pagherebbe una babysitter perché è sempre impegnata a fare shopping o una donna delle pulizie mentre va fuori per farsi le lampade!»

Giulia sentiva la gola secca e non aveva idea di come comportarsi, sapeva solo che voleva far cessare il tremore della schiena di Nathan e si accorse di aver inconsapevolmente poggiato una mano lieve tra le scapole del ragazzo. Lo vide voltarsi dopo qualche secondo nella sua direzione con un mezzo sorriso.

«Scusami per averti fatto sentire tutto questo» bisbigliò un po' imbarazzato «non sono cose che di solito mi piace sbandierare. Anzi, diciamo che sei la prima persona a cui lo dico»

«Scusami...» cominciò lei sentendosi vagamente in colpa.

«Ma che dici? Non mi hai chiesto tu di parlarne, anzi, non so cosa mi è preso. In un certo senso ora mi sento meglio, come se mi fossi tolto un peso dalle spalle» continuò con un sorriso mesto.

«Ma tua madre...» soffiò Giulia, maledicendosi per non essere riuscita a trattenersi.

«Sì, mia madre è morta. Non... non te l'avevo detto?» Giulia scosse la testa «Quando avevo 7 anni le diagnosticarono un tumore già in fase avanzata. La cosa terribile è che adesso mi ricordo così poco di lei. Episodi, sensazioni, più che altro, ma se non avessi le foto non potrei dare un volto a mia mamma.»

«Nathan...» sussurrò Giulia cercando la mano del ragazzo, desiderosa, ma spaventata, di sfiorargli l'anima.

«Lo so: non è colpa mia. Ero troppo piccolo per potermi ricordare ogni cosa. È solo che... Sono cresciuto senza che mio padre si risposasse per quasi 10 anni, non avevo nessuno quando potevo sentirne il bisogno e ora la mia “amichetta” d'infanzia diventa la mia matrigna? Potrei essere io il padre di Lorenzo!»

«Sì, capisco» disse Giulia sottovoce, ma decisa, guardandolo negli occhi e stringendogli la mano con una leggera pressione. Ed era vero: ora Giulia capiva molte cose. Aveva dato un nome e un perché allo sguardo malinconico di Nathan, alle sue tristi filosofie di vita, alla sua difficoltà nel fidarsi delle persone. Guardava il ragazzo negli occhi e tentava di mettersi nei suoi panni. Deluso, tradito, abbandonato. Ecco come doveva sentirsi Nathan, come doveva essersi sentito nell'ultimo decennio della sua vita.

Giulia deglutì, era orribile venire a conoscenza di un'esistenza simile e non avere parole per confortare, non sentirsi in diritto di ascoltare, di abbracciare, di alleviare quel dolore. Avrebbe voluto aprire la bocca e proclamare la “Soluzione”, ma pensava di non possoderla e annaspava con la mente vuota sentendosi inadeguata. Giulia fece un respiro profondo e delegò i propri occhi per esprimere tutto ciò che la sua voce non sapeva o non poteva dire. Nathan fissò quegli occhi per qualche istante, Giulia si sentì persa come se il ragazzo le stesse grattando, scavando dentro, finchè non la interruppe e la spiazzò.

«Grazie» le disse stringendole a sua volta la mano.

«P-per cosa?»

«Per avermi fatto parlare. Per avermi ascoltato senza interrompermi. Per non aver provato a farmi ridere o consolarmi con delle frasi fatte. Ora ho capito cosa hai fatto ad Ale...!» concluse con un sorriso.

«Grazie a te» disse Giulia con un sorriso timido «per avermi dato fiducia»

I due si guardarono ancora un attimo, come se, intuendo che era successo qualcosa di grande, volessero imprimere nella memoria quel momento, prima che svanisse.

Nathan non ebbe bisogno di chiederle di non raccontare a nessuno ciò che le aveva confidato, perché era certo che non l'avrebbe mai fatto.

Ad un certo punto Nathan probabilmente ritenne impari il loro dialogo precedente e decise di passare la palla:

«Come... come va con...?» chiese, in evidente difficoltà.

«Oh, con Colombo?»

Nathan annuì.

«Non ci parlo da circa una settimana. Una volta ha provato a... non so, diciamo chiedermi scusa, ma dopo quella volta non si è rifatto vivo. Anzi, ho il sospetto che mi eviti... tu non ne sai niente, vero?» aggiunse, dopo un'improvvisa illuminazione.

«Io? Che c'entro io?» disse prontamente Nathan. Sarebbe stato convincente, se solo l'avesse guardata negli occhi.

«Non lo so, era così per dire» disse Giulia con noncuranza «Quella sera ho chiesto a Paolo di non raccontare nulla a Spartaco, pensavo di potermi fidare, forse mi sbagliavo...»

«Ok, ok, non prendertela con Paolo, non è colpa sua. Però c'era anche lui quando la squadra ha “teso un'imboscata” a Colombo!» concluse ridacchiando.

«Cosa??? Un'imboscata?» Giulia si era irrigidita, preoccupata. Non voleva più vedere Andrea, ma non auspicava nemmeno che gli succedesse qualcosa di veramente brutto.

«Tranquilla, era solo un modo di dire, sai, che era come “un uccellino in trappola”» ridacchiò di nuovo e Giulia si immaginò i 12 ragazzi con la maglia della squadra addosso e le braccia incrociate per incutere più timore al malcapitato accerchiato «Spartaco ha semplicemente convocato la squadra per fargli un po' di paura, ma ti giuro che non l'hanno toccato nemmeno con un dito! Gli hanno solo detto di stare alla larga, tutto qui»

«Davvero?» chiese Giulia cauta.

«Davvero»

Gli occhi di Nathan erano fermi, sinceri, la luce del sole li rendeva luminosi come due pezzi di vetro e Giulia ebbe paura di cedere all'istinto che le chiedeva di avvicinarsi di più, di staccare il cervello e dedicarsi al nobile atto della contemplazione. Solo a quel punto smise di agitarsi per Andrea, più per la distrazione che non per le rassicurazioni ricevute.

«Perché continui a difenderlo? Guarda che lui ha ricominciato ad diffamarti, dall'altro estremo, ora. So che siete stati insieme, ma tu meriti...»

«Non siamo stati insime!» Si affrettò a dire Giulia, senza nemmeno fargli finire la frase «E ci tengo a precisare che sono uscita con lui solo perché mi sono lasciata convincere dalle mie amiche! Lui... non mi interessava, ma dato che ha insistito tanto alla fine ho pensato “Vediamo come va”, tutto qui»

«Ok, ok, ricevuto!» disse Nathan accennando un saluto militaresco «In ogni caso meriti di meglio»

Oddio, l'aveva detto di nuovo, con quel tono serio.

«E sentiamo, cosa dice ora su di me?» chiese Giulia per darsi un contegno, notando l'espressione non più divertita di Nathan.

«Ehm... dice in giro che sei una ragazza... strana, ehm... sola, senza amici»

«Una sfigata, puoi dirlo» mormorò guardandosi i piedi che strusciavano distratti per terra. Non che fosse la prima volta che si sentiva rivolgere appellativi simili.

«Ehi, tanto chi gli crede più?» disse Nathan ammorbidendo la voce e dandogli un buffetto di conforto.

«No, no, lui... non è il primo a dire certe cose, anzi, potrebbe avere ragione. Io... ho difficoltà a farmi degli amici, ecco»

«Questo non è assolutamente vero!» disse lui e Giulia gli rivolse uno sguardo interrogativo per farlo andare avanti.

«Pensa a quanto ti vogliono bene Lorenzo e Maria e Mattia...» disse lui in tono scherzoso, nominando tutti i bambini del parco che conosceva.

«Ah. Ah. Spiritoso.»

«...e Aldo, e Ale. Anche se forse lei non conta: ha decisamente un debole per te!» concluse facendo una faccia buffa, che fece ridere Giulia.

«E poi ci sono Lilla e Selene, giusto? E Marta e, immagino, Emma, dico bene?» aggiunse il ragazzo con voce ora seria.

Aveva ragione, ma Giulia si sentì catapultare sul pianeta Terra dopo aver vagato per vari minuti in uno spazio interstellare non meglio definito. L'attrito col suolo non era piacevole. Le ricordò che Nathan stava con la sua migliore amica ed era stato con la ragazza più bella e ammirabile che avesse mai conosciuto. Le fece rendere conto che in quella lista Nathan non si era inserito, “Io sono solo il ragazzo della tua migliore amica” pareva dirgli. “Lilla e lo Scheggia”, era già una coppia perfetta dal nome.

«Perché ti chiamano Scheggia?» chiese giusto per cambiare l'argomento e distogliere l'attenzione da se stessa.

«Oddio! Non è un bel soprannome, lo so, e tutte le volte che provo a dire “perché sono veloce come una scheggia” pensano tutti male!» Nathan aveva assunto un atteggiamento esasperato, estremamente divertente, si vergognava e si agitava sul posto, sembrava che non vedesse l'ora di chiarire l'equivoco «In realtà mi piacerebbe che fosse perché corro veloce come una scheggia, ma temo che sia perché ho questo naso “tagliente”» disse indicando il naso, effettivamente un po' aguzzo e facendo ridere Giulia.

«Dai, non è così male!»

«Cosa? Questo rostro che ho al posto del naso? Certo, a volte è utile, per esempio quando mi giro di scatto e ferisco le persone antipatiche, senza che loro si rendano conto che sia stato io...»

«Ma che dici?! Intendevo il soprannome!»

«Ah, ecco, non parlavi del mio naso...»

«Che scemo! Anche il tuo naso non è così terribile come dici» sei bellissimo così, avrebbe voluto dirgli, ma riuscì a trattenersi e capendo che il ragazzo voleva solo scherzare stette al gioco «Diciamo che è un naso... importante!» disse con un movimento eloquente della mano.

«Perché non ce l'hai tu! Ora sì che mi sento meglio! Mi piacciono le persone oneste!» ribattè Nathan incrociando le braccia e fingendosi offeso.

«Nessuno mi ha mai dato un soprannome» disse lei, pendendo pericolosamente verso l'autocommiserazione.

«Come, mi hai mentito?»

Giulia guardò il ragazzo con un cipiglio incerto.

«Non sei la Fatina

«Oddio!» Giulia si coprì la faccia con le mani, tentando di nasconderne il rossore «Questo è imbarazzante, facciamo finta di avere un'improvvisa amnesia e torniamo a parlare di altro, ok?»

Nathan non parve d'accordo.

«Perché? Io non ci trovo niente di male ad avere un lavoro part-time e fare sconti fedeltà ai clienti affezionati» disse praticamente citandola, mentre lei continuava a coprirsi il volto e implorarlo di smettere.

Cosa aveva pensato pochi giorni prima? Che passare del tempo a parlare con Nathan faccia a faccia era come un sogno che si avverava? Ritirava tutto quello che aveva pensato: preferiva mille volte mandargli dei messaggi senza dovergli mostrare la faccia completamente rossa che esibiva in momenti del genere.

«A proposito, mi sa che sono passati più di 19 minuti da quando parliamo... quanto mi costerà il resto del tempo?» chiese cercando nel portafogli il buono “Ti faccio compagnia per 19 minuti”.

«Hai ragione! Dopo 19 minuti... scomparirò magicamente, a meno che tu non smetta di parlarne!» minacciò Giulia intravedendo uno spiraglio di speranza.

«Ok, ok, ricevuto. Smetto di rendermi molesto.» disse alzando le mani in segno di resa «A proposito, non ti ho ancora detto grazie per il regalo: mi ha fatto ridere un sacco e... è stato utilissimo! Quand'è il tuo compleanno?»

«Era lunedì scorso»

«Oh» disse Nathan sorpreso e forse deluso, ma si riprese in fretta «Scusa, non lo sapevo, non ti ho fatto alcun regalo. Auguri, allora. Sei entrata nella maggiore età!»

«Grazie e... figurati, non ho nemmeno festeggiato»

«Cosa? Non hai festeggiato il diciottesimo? Perché?»

«Per... vari motivi» disse Giulia a disagio «Primo fra tutti perché non mi pareva il caso di invitare Aldo e i bambini e mi sarebbe dispiaciuto molto festeggiare senza di loro» scherzò, sperando che Nathan non insistesse. Non aveva voglia di spiegargli la propria asocialità.

«Ehi, penso che a quest'ora siano finite sia partita che docce. Andiamo ad aspettarli fuori?» chiese Nathan riferendosi ai compagni di squadra e Giulia ringraziò che non avesse fatto polemiche sulla sua festa di compleanno.

Istintivamente aiutò il ragazzo ad alzarsi e lo seguì per aspettare Spartaco all'uscita della palestra.

«Ehi, ti ho già detto grazie per oggi? Cioè, per aver badato a Lorenzo, non per...»

«Mmm... Mi sembra di sì» rispose Giulia tamburellando con l'indice sul mento, come se stesse cercando di ricordare qualcosa di lontano nel passato «e non proccuparti, è stato un piacere, davvero»

Nathan le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine e Giulia si costrinse a pensare a Lilla, a quanto fosse fortunata ad avere un ragazzo sensibile come lui e si arrabbiò perché forse lei non sapeva quanto era fortunata.

«Oops...» disse Nathan interrompendo i suoi pensieri, con un sorrisetto tra il malizioso e l'imbarazzato.

Giulia guardò verso l'ingresso della palestra e cercò con gli occhi il motivo di un'affermazione del genere, finchè non notò che seminascosto da un pilastro c'era quel rubacuori di Spartaco, intento a sbaciucchiare una...

«LILLA?!»

 

 

Il mio angolino:
_____________

Sono di nuovo in ritardo, scusate! Gli impegni mi sommergono, ultimamente e non posso più garantire aggiornamenti settimanali... ma farò il possibile, ve l'assicuro!
Dopo questo capitolo è ufficiale: odio i dialoghi!!!!!! Non mi riescono T___T
GRAZIE ancora a chi legge e segue,
STRA-GRAZIE a recensisce,
FatSalad che odia gli sport (ci sarà un motivo se sono un'insalata grassa, no? u.u)

   
 
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