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Autore: Julsss_    16/02/2016    3 recensioni
[DESTIEL AU CHE PRETENDE DI ESSERE UN PO' DIVERSA]
Colui che scrive e racconta questa storia, è Castiel Novak, uno scrittore alle prime armi che, per coltivare il suo sogno, si rifugia nella vecchia casa di montagna, dove incontrerà quell'uomo misterioso e tormentato dagli occhi verde smeraldo che si aggira tra i boschi suonando la sua chitarra. E, da quel momento, la sua vita sarà completamente sconvolta.
[AVVERTENZE]
- Il Rating potrebbe variare in ROSSO;
- ANGST FINALE.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Hallelujah






























Chapter One:


Prologue


The eyes who changed my life


 








Mi rifugiai nella natura, quando capii che la città non era il mio posto. Troppe distrazioni, vizi, necessità. Le persone di cui mi circondavo, non riuscivano a capirmi, mi dicevano: “Smetti di sognare, Castiel. La vita vera è un’altra. Scrivere non ti metterà il pane in tavola”.
La mia vita, quella che mi ero scelto, che avevo deciso di intraprendere, era stata piena di sacrifici e di tante sconfitte susseguitesi nel corso degli anni, ma non mi sono mai arreso.
La vita da scrittore può essere difficile, è vero, ma io non ho mai smesso di credere nel mio sogno, nella mia vita. 
Lasciai il mio sudicio appartamento di New York, dove avevo creduto di poter avere una possibilità con un mio libro di poesie, ma non andò come speravo che sarebbe andata. Avevo riposto molta fiducia in quello che avevo scritto negli ultimi anni, ma quelli della casa editrice bocciarono completamente le mie idee.
Ero disperato, ero ad un punto morto, e forse lo ero anch’io.

Decisi che dovevo prendermi una pausa da tutto, avevo bisogno di pensare. Dovevo dare una svolta alla mia vita, riuscire in quello che credevo. Avevo solo bisogno di cambiare aria, di cambiare le mie amicizie.
La cambiai tornando nella mia vera casa, quella in cui ero cresciuto: Whitefish, Montana. Stare lontano da tutti, era la vera risposta.
Non avevo più nessuno al mondo, forse qualche parente lontano, ma preferivo starmene da solo. Avevo perso i contatti con tutti dalla morte dei miei genitori. Eravamo solo noi tre. Ormai erano passati dieci lunghi anni dalla loro morte e ancora non mi ci ero abituato del tutto.
La casa vuota era come la ricordavo: la tipica baita di montagna completamente in legno posta non molto in alto e per niente lontana dall’incantevole lago di Whitefish, racchiuso tra le alte montagne circostanti, e dall’immensità del cielo che si staglia su di esso facendoti sentire oltremodo insignificante.
Ero completamente solo immerso nella natura, quello di cui avevo bisogno. A volte andavo al pontile, mi sdraiavo a terra e ad occhi chiusi, ascoltavo tutto ciò che la natura aveva da raccontarmi; gli uccelli che cinguettavano, mi davano la pace, mi rilassavano coi loro canti, mentre il vento che sfrusciava tra le foglie verdi come gli smeraldi abbattendosi contro le acque del lago facendolo poi agitare, provocava in me una strana sensazione, come timore, ma tutto ciò che avevo con me adesso, era decisamente meglio che ascoltare inutili chiacchiere su come condurre la mia vita. Mi avevano sempre detto di continuare gli studi per diventare avvocato, e che quello era l’unico lavoro che poteva dare soldi e soddisfazioni, ma io avevo lasciato per studiare letteratura, la mia passione. Non avrei mai potuto aiutare qualcun altro, se prima non ero capace di aiutare me stesso.
Ero deciso a staccare la spina da chi non appoggiava le mie scelte, perché scrivere per me era l’unica cosa che contava, l’unica che mi teneva ancora in vita.

Una delle cose che mi dava la certezza che non fossi davvero solo in quel posto, era il vecchio e pietroso sentiero che portava alla baita, che avevo attraversato chiedendo un passaggio ad un contadino, che doveva recarsi alla sua fattoria più avanti. Ero a piedi e senz’auto.
Per i primi giorni fu un po’ difficile adattarmi. Avevo scelto uno stile di vita completamente diverso da quello che avevo a New York fino a poco tempo prima, ma quella che avevo deciso di riprendere, era stata la mia vita precedente, il mio passato a cui ero ancora legato. Ogni volta che posavo il mio sguardo su qualcosa, che fosse stato un sasso, un albero, una tazza, o il pontile in particolare, ricordavo la mia infanzia, di quando ero spensierato e l’unica necessità di cui avevo bisogno era essere felice. Ricordavo di quando mio padre mi portava in barca a pescare al lago, e di come non prendessi nemmeno un pesce, delle nostre scampagnate quando c’era la neve… ma tutto questo non potevo riviverlo se non nei miei ricordi.
Nonostante fossi nel posto più incantevole che avessi mai visto, la mia voglia di scrivere era completamente svanita. Ero circondato dal blu del lago e dall’immensità del verde come i suoi occhi.
La prima volta che lo ascoltai, fu indimenticabile e mi sentii meno solo.

Era notte fonda di una rovente estate. Lasciai alcune finestre aperte per far passare un po’ d’aria.
Ero alla mia vecchia scrivania, quella dov’era iniziato tutto; le avevo dato una pulita, era completamente piena di polvere e per me quello era un luogo sacro. Stavo cercando di scrivere una poesia, o almeno ci stavo provando.
Gettai l’ennesimo foglio di carta nel cestino dopo averlo strappato. Niente. Nessuna parola. Non provavo la necessità di farlo. Anche la mia più grande passione mi stava abbandonando… come tutti. Mi sentii più perso che mai.
Fissai per un attimo una vecchia foto di me e miei genitori. Era lì, sulla scrivania, da quando l’avevo fatta sviluppare; affiorò in me moltissimi ricordi sia tristi che felici e, fu proprio in quel momento, che udii una melodia. Sobbalzai. Mi affacciai subito alla finestra della stanza, ma non c’era nulla, il suono era lontano da me. Di notte non era affatto consigliabile andare a farsi una scampagnata, per cui non ci pensai più e andai a dormire.
La mattina seguente mi svegliai con un grande mal di testa. Non avevo quasi chiuso occhio a causa del caldo. Feci colazione con quel poco che avevo e più tardi sarei andato alla baita del contadino, Bobby si faceva chiamare, che mi aveva promesso di rifornirmi di ogni genere di alimentare in cambio di aiuto. Mi aveva raccontato che era rimasto solo da poco e non sapeva più come gestire la sua fattoria e, siccome io ne avevo assoluta necessità, gli risposi che ne sarei stato felice. Bobby abitava oltre la montagna, nella vallata, e per ogni mattina, si era offerto di venire a prendermi.
Quando tornai nel tardo pomeriggio, ero praticamente distrutto che mi buttai sul letto, ma poi udii di nuovo quella melodia. Proveniva da una chitarra acustica, n’ero certo. Ero curioso di sapere chi diavolo se ne andava a spasso suonando nei boschi. Doveva essere proprio fuori di testa.
Uscii, non vidi nulla, ma la melodia continuava. Mi feci trasportare da quel dolce suono, che mi portò in riva al lago. Non avevo percorso troppo, dopotutto ci abitavo a pochi passi.
Vidi un uomo. Era seduto al pontile e mi dava le spalle; stava suonando la sua chitarra e, proprio in quel momento, iniziò a cantare. La sua voce era penetrante, come una ventata d’aria fresca che non percepivo da quando era iniziata l’estate.


« Well I heard there was a secret chord
that David played and it pleased the Lord
But you don't really care for music, do ya?      
Well it goes like this:
The fourth, the fifth, the minor fall and the major lift  
The baffled king composing Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah... » 



La sua voce emetteva note di tristezza; cantava quella canzone come se gli appartenesse, quasi mi emozionò. Mi avvicinai di più, cercando di non fare rumore per non disturbarlo, ma poi inciampai in un ramo e mi sentì cadere. Il tizio si fermò all’istante e, preso dal panico, dissi la prima cosa che mi venne in mente.

« Ehi, tu! » esclamai.

Il giovane di fronte a me aveva smesso di suonare la sua chitarra e mi guardò.
Quella fu la prima volta che lo vidi: indossava una maglia grigia aderente al busto, pronunciando soprattutto i bicipiti; un jeans scuro semplice, e dei grossi stivali adatti per quel tipo di suolo. Aveva i capelli corti castano chiaro, viso segnato dal tempo e con lentiggini marcate intorno al naso; occhiaie profonde, labbra carnose, e quegli occhi tristi, ma penetranti, di un verde smeraldo che mi rapirono completamente. All’improvviso, tutta la mia agitazione svanì, mi calmai.

« Chi io? » mi chiese girandosi verso di me.
« Vedi qualcun altro per caso? »
« Tu e la tua goffaggine » mi rispose.
« Questa è proprietà privata! » gli dissi non sapendo come rispondergli.
« Questo sasso è tuo? » disse prendendone uno.
« Beh… no, ma hai oltrepassato il mio recinto » facendogli segno.
« Oh, chiedo scusa sua altezza, me ne vado altrove »

Il tizio fece per andarsene, ma notai la sua chitarra: nera ai bordi che andava sfumandosi nel marroncino chiaro, e una macchia dipinta simile ad una goccia che sembrava che fuoriuscisse dal rosone. Non era nuova ai miei occhi, così trovai una scusa per fermarlo.

« Ma quella è una Gibson? »
« Sì, ne capisci? » mi chiese fissando la sua chitarra.
« Oh, no… mia madre ne aveva una »
« Suonava? »
« Sì, molto tempo fa »
« Ho capito. Beh, io tolgo il disturbo, allora. Ci vediamo… o forse no »


Accennò ad un sorriso abbassando la testa, sembrava quasi imbarazzato. Poi si alzò, prese il suo zaino portandolo alla schiena e iniziò ad avviarsi.
Gli lessi chiaramente negli occhi che era perso, ma poteva benissimo fingere di essere quello che mostrava, e poteva essere un serial killer per quanto ne sapevo, ma aveva un viso talmente bello da non poter essere un mostro del genere.
Si fermò a guardare il tramonto, mentre io osservavo lui come se fosse stata la cosa più usuale per me. Non avevo mai visto qualcuno di così bello e, che allo stesso tempo, celasse qualcosa di misterioso dietro quegli occhi tristi.
L’acqua diventò sempre più scura ed arancione, finché non divenne completamente nera come il buio della notte. Fui troppo disattento ad osservare le sfumature del cielo, quando mi accorsi che lui non c’era più. 










Angolo Autrice:

Come promesso, sono tornata! 
Ringrazio tutte le persone che hanno dato una possibilità a questo mio nuovo progetto.
Questa vuole essere una storia diversa dalle altre, ci sto mettendo l'anima per fare un buon lavoro, e spero che la maggior parte apprezzi quello che sto facendo. 
Ero un pò scettica all'inizio, ma le mie amiche mi hanno dato molta speranza, e adesso sono qui e la condivido con voi.
Mi piacerebbe leggere i vostri pareri... attendo con ansia i vostri commenti :)
Spero vogliate conoscerne il seguito.
Alla prossima, 
Juls

 

   
 
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