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Autore: edoardo811    16/02/2016    4 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 5: PIOGGIA

 

La pioggia si infrangeva contro di lei. Sferzava l’aria fredda, abbattendosi sull’oscuro rapace. Lampi e tuoni si susseguivano l’un l’altro, senza fine. Il cielo sembrava voler rigurgitare tutta la sua collera su di lei.

Ma a Rachel non importava.

Le parole di Tara continuavano a ronzarle in testa. Il fatto che il ponte forse smilitarizzato, il fatto che c’era una possibilità di fuga dalla città, il fatto che migliaia e migliaia di persone se ne stavano andando proprio in quel momento.

Il tutto si sommava a ciò che aveva scoperto quello stesso giorno, dalla bocca di quello Spazzino.

Non ci aveva messo molto a mettere insieme le cose e a capire che doveva sbrigarsi. Prima che fosse troppo tardi.

Aveva freddo, era fradicia a causa della pioggia, e non aveva ancora recuperato del tutto le forze. Era stanca, esausta, ma non si sarebbe fermata nemmeno se si sarebbe trovata sull’orlo di un collasso.

Mentre volava le ritornò in mente tutto quello che lei ed X avevano fatto in quelle settimane. Le persone che avevano affrontato, le domande che avevano fatto, le piste che avevano seguito, i luoghi che avevano visitato. Il tempo perso e la fatica fatta. Ora non poteva perdere tutto quanto, di nuovo.

Arrivò nel Neon. Al rumore della pioggia e al fragore dei tuoni si sommarono numerose e poderose voci sovrapposte, provenienti da più punti del distretto. Sembravano degli altoparlanti.

Le luci che un tempo caratterizzavano le strade sotto di lei, le insegne dei locali, i tabelloni, i neon, ora erano spenti, rimpiazzati da dei molto più sgradevoli lampeggianti blu e rossi. Erano ovunque, a perdita d’occhio. Sicuramente erano le volanti della polizia, che ancora cercava di mantenere l’ordine tra i palazzi grigi e neri. Un simile trambusto non si vedeva dai tempi dei primi tumulti.

Tutto ciò non fece altro che incitarla ulteriormente a sbrigarsi.

Finalmente la sua destinazione giunse nel suo campo visivo. Qui non c’erano lampeggianti, ma di tanto in tanto dei fasci di luce bianca e azzurra comparivano, per poi svanire rapidi com’erano arrivati. Forse era ancora in tempo.

Sorvolò infine la strada che portava all’ingresso del Jefferson Tunnel. Qui decine e decine di figuri armati stavano correndo, muovendosi  talmente veloce da far credere che si stessero teletrasportando. Erano proprio questi la causa dei fasci di luce.

I conduit uscivano dal tunnel, correvano per un breve tratto di strada, poi saltavano compiendo balzi alti decine di metri ed atterravano sui tetti dei palazzi, dove poi riprendevano a correre e a saltare. Rachel intuì immediatamente dove si stavano dirigendo: al South Bridge.

Devo sbrigarmi a trovarlo!

Scese in strada, tornando in forma umana. I Mietitori vestiti di bianco continuavano a correre, lasciandosi dietro le scie di luce, ignorandola bellamente. Probabilmente attaccarla non rientrava nei loro incarichi.

Rachel strinse i pugni; avrebbe dovuto fare da sola. «Richard!» gridò, a gran voce, rivolta al gruppo di criminali. «Richard! Lo so che sei lì in mezzo!»

Dal tunnel continuavano ad uscire volti incappucciati su volti incappucciati. Nessuno sembrava badare a lei. La ragazza cominciò ad irritarsi sul serio. Non aveva fatto tutta quella strada per essere ignorata in quel modo. Sollevò una mano, essa si illuminò di nero, pronta ad attaccare. «Giuro che se non ti fai vedere te ne farò pentire amaramente! Hai sentito?!»

La sgradevole idea che Richard si trovasse lì in mezzo a loro, ma che non potesse sentirla perché anche lui ormai era stato completamente soggiogato da quei maledetti liquami neri che controllavano la mente dei Mietitori, cominciò ad insinuarsi nella mente di Rachel. Rabbrividì, e non fu né per il freddo, né per la pioggia.

Gli ultimi Mietitori ormai erano usciti dal tunnel. La ragazza fece per chiamare di nuovo il ragazzo, ma fu interrotta da una voce che giunse alle sue spalle, una voce molto familiare: «Che diavolo vuoi, Rachel?»

La ragazza sussultò e si voltò, abbassando la mano. «Richard...»

Il suo vecchio amico d’infanzia era lì, di fronte a lei. Vestito proprio come l’ultima volta che lo aveva visto, con un lungo cappotto bianco e nero, con pantaloni neri, i sandali e le garze. La pioggia si infrangeva sul suo volto incappucciato, e da sotto la visiera raffigurante un teschio con i denti affilati riusciva solo a scorgere parte della sua bocca e del suo mento. Rabbrividì. Non riusciva a vederlo in faccia, ma era chiaro che il suo aspetto doveva essere peggiorato ulteriormente.

«Richard non esiste più, Rachel. Te l’ho già detto» rantolò il Mietitore, apatico.

«Cosa... cos’hai intenzione di fare... Robin?» domandò allora Rachel, titubante. Osservò gli ultimi Mietitori lasciare il tunnel, per poi saltare via, lontani da loro. Deglutì, poi riportò lo sguardo su di lui. «Vuoi lasciare Empire?»

«Non abbiamo molta scelta...» ribatté lui, stringendo i pugni. Sollevò lo sguardo, i suoi occhi azzurri brillarono sotto la luce dell’ennesimo lampo. «Tu e il tuo amico avete eliminato tutti i miei compagni umani. Solamente noi Conduit siamo sopravvissuti. Nemmeno Sasha ce l’ha fatta.»

«Sasha? Chi è Sasha?!»

«Colei che ci ha creati. Colei che ci dice cosa è giusto e cosa è sbagliato» rispose Richard, quasi come se stesse cantilenando. Come se lo avessero obbligato ad imparare quelle parole e a ripeterle testualmente se necessario.

«Il Neon non è più posto per noi, così come non lo è Empire. Ce ne andremo, e io prenderò il controllo della fazione. Ricostruirò i Mietitori da cima a fondo.»

Rachel non credette alle proprie orecchie. «Cosa?! Non puoi farlo!»

«Posso invece. E lo farò. Sentirai presto parlare di noi, Rachel. I Neo Mietitori rinasceranno dalle ceneri dei Mietitori di Sasha. Usciremo da Empire e ci espanderemo, città dopo città. Uccideremo chiunque si opporrà al nostro passaggio. Troveremo un modo di riutilizzare i poteri di Sasha ed eserciteremo il nostro controllo mentale su milioni e milioni di persone.»

La corvina deglutì. Quello di fronte a lei non era Richard. Non lui, non il ragazzo che amava. «Ma... e Kori?» domandò, disperata a tal punto da cercare di farlo rinsavire parlando proprio della stessa ragazza per la quale aveva provato così tanta gelosia. «Non volevi vendicare la sua morte?»

«Anche lei fa parte del passato, ormai.»

Corvina rimase a bocca aperta. Tra tutte le rivelazioni di quel giorno, quella fu la più scioccante. A Richard non importava più niente nemmeno di Kori. Le parole che si erano scambiati mesi prima, ora non avevano più valore alcuno. Possibile che i liquami che lo controllavano lo avessero portato a cambiare idea in quel modo? O forse era proprio lui ad essere cambiato?

Sinceramente, la conduit non sapeva quale delle due opzioni fosse la migliore. «Ma... credevo che tu l’amassi...»

«L’amore... che emozione stupida» replicò il Mietitore, quasi disgustato. Rachel ammutolì.

«Cos’è l’amore, se non una delle tante cause della sofferenza che imperversa questo mondo? Niente di niente. Cosa siamo tutti noi, se non schiavi di quell’inutile sentimento? L’amore che in passato nutrivo per Kori ora per me non significa più nulla. Così come quello che anche tu provi nei miei confronti. Le emozioni, per me non significano più nulla.»

Rachel si sentì morire. Quelle parole furono più dolorose di qualsiasi ferita avesse mai subito. Richard sapeva. Sapeva che lei lo amava ancora, nonostante tutto quello che era successo. E ora glielo aveva detto apertamente, lui non la ricambiava. Per lui, lei non significava nulla. E probabilmente non avrebbe mai più significato qualcosa.

Qualcosa si incrinò dentro di lei. E fece male. Ne fece parecchio.

Credeva che sarebbe stata pronta, nel caso in cui quest’eventualità si fosse verificata. Credeva che sarebbe riuscita ad accettare il fatto che Richard potesse non amarla. Si era sbagliata.

Osservò i suoi occhi, incapace di fare altro. Quegli occhi che un tempo la guardavano con affetto, con felicità, come per dire: "sono contento che tu sia qui", e che ora, invece, la scrutavano con indifferenza, come se lei non avesse mai infuso queste emozioni dentro di loro.

«Onoreró la memoria di Sasha»disse ancora lui, prima di darle le spalle. «E ora addio Rachel. Per sempre.»

Non appena finì di parlare, il suo corpo si caricò di energia e saltò.

Rachel lo osservò impotente, incapace di sopportare quella scena. Avrebbe voluto fermarlo, ma la verità era che ormai non poteva fare più nulla. Nonostante Sasha fosse morta, Richard era divenuto ugualmente un Mietitore a tutti gli effetti. Riportarlo indietro era impossibile.

Lo vide allontanarsi, sentì la sua presa scivolare via dalle sue mani. Le sembrò di perdere l’unica ragione per cui ancora combatteva in quel mondo infernale.

Ora non le era rimasto più niente, per davvero.

 Le sue parole erano state micidiali per lei. Dopo l’abbandono di sua madre, Richard era stata l’unica persona che per lei avesse mai rappresentato qualcosa. Lui per lei era tutto. Era il suo punto di riferimento, la sua ancora, la mano che la aiutava a salire quando rischiava di precipitare. Era il mondo, per lei. Ma lei non era niente per lui.

Cadde in ginocchio, inzuppandosi i pantaloni, ma non ci fece nemmeno caso.

Incapace ormai di trattenersi, scoppiò in lacrime.

Si sentì una stupida. Non avrebbe dovuto piangere in quel modo, non dopo tutto quello che aveva passato. Ma non riusciva comunque a fermarsi. Era disperata.

La sua vista appannata cadde sulle sue mani, ora immerse in una pozzanghera. Odiò quella vista. Odiò quelle mani, odiò ciò che da dopo il giorno dell’esplosione erano in grado di fare. Odiò il suo corpo, odiò i suoi poteri. Era tutta colpa loro. Non sarebbe stata li, se non fosse stato per loro. Non avrebbe mai dovuto trovarsi lì, poteva esserci chiunque altro, ma non lei. Il suo ruolo era altrove. Anche lei sarebbe dovuta morire nell’esplosione.

Strinse i pugni. Lacrime salate ed amare scivolarono lungo le sue guancie, insieme alla pioggia. Serrò la mascella, alzò lo sguardo al cielo, dove tuoni e lampi continuano a dominare incontrastati. Chiuse gli occhi ed urlò. Urlò con quanto fiato avesse in corpo, rivolta al mondo intero.

Lunghi, interminabili momenti dopo, una mano si appoggiò all’improvviso sulla sua spalla. Si volto lentamente, sorpresa. Lucas era lì, accanto a lei. La guardava, preoccupato, anche lui bagnato fradicio. Rachel non seppe spiegarsi come avesse fatto a trovarla, ma non le importò.

Singhiozzò di nuovo e si gettò tra le sue braccia. Lui ricambiò la stretta, avvolgendola con fare protettivo.

Appoggiò il mento sul suo capo e le accarezzò la schiena. Non disse una parola, e a lei andò bene così.

E poco prima che il resto di quella nottata si confondesse con l’oscurità della città, la corvina riuscì a realizzare che, infondo, qualcuno che ancora teneva a lei esisteva ancora.

 

***

 

Rachel si risvegliò in un letto. Per un attimo rimase sorpresa quando se ne accorse, notando le coperte nere e le lenzuola grigie. Non ricordava di essere andata a dormire. E, per finire, si trovava in una stanza che non era assolutamente la sua.

Dalla finestra filtravano i raggi del sole mattutino, illuminando le pareti bianche della camera da letto. Si mise a sedere, massaggiandosi la testa. Uno sbadiglio scivolò fuori dalla sua bocca, ma lo coprì con una mano.

Si sorprese di nuovo, per la seconda volta di fila, quando si accorse dei suoi abiti. Era vestita con una maglietta dalle maniche corte grigia che rimpiazzava la felpa con cappuccio, e un paio di pantaloni da ginnastica che sostituivano i jeans. Non ricordava nemmeno di essersi cambiata.

Confusa, stropicciò le proprie palpebre, cercando di destarsi. Provò a fare mente locale, a riordinare le idee e ricordare cos’era successo quella notte. E quando ci riuscì, in parte se ne pentì. Forse sarebbe stato meglio se non si fosse più ricordata l’accaduto.

Strinse con forza le lenzuola tra le sue mani. Le labbra tremolarono. Chiuse gli occhi e scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri, di allontanare per sempre dalla sua mente le parole che Richard le aveva rivolto, quelle stesse parole che ormai sembravano marchiate a fuoco nei suoi ricordi e che probabilmente mai sarebbe riuscita a dimenticare.

Uno scricchiolio le fece alzare improvvisamente lo sguardo. Di fronte a lei, accanto ad un armadio di legno, si trovava la porta. Questa stava venendo aperta, causando di conseguenza il rumore che aveva attirato la sua attenzione.

La testa mora di Lucas fece capolino nella stanza. Il ragazzo sorrise quando si accorse di Rachel. «Ehi! Sei sveglia!»

«Ehi...» Un abbozzo di sorriso si dipinse anche sul volto della corvina. Vederlo la fece sentire più tranquilla. Ovunque fosse, se non altro c’era anche lui insieme a lei. 

Red X entrò nella stanza, andando a sedersi su una sedia situata accanto al letto. Si accomodò, guardandola con attenzione. La ragazza lo seguì con lo sguardo, e notò che si era cambiato. Non aveva più la sua tuta attillata, i copri avambracci e tutta la sua classica bigiotteria. Era vestito con una giacca di pelle nera e dei jeans, come un comunissimo ragazzo. Non aveva nemmeno il trucco.

La sorprese vederlo così. Le uniche volte in cui aveva visto il suo volto era stato quando la pittura facciale si era prosciugata da sola, a causa del sudore o della pioggia. Questa volta no, era al naturale, davanti a lei.

Notò alcuni dettagli nel suo volto dapprima sempre sfuggiti alla sua attenzione. Graffietti, piccole cicatrici sparse qua e là, ed anche un lieve principio di barba, segno che si radeva soventemente.

Era così... normale. Era strano per lei, vederlo in quel modo. Fu solo in quel momento che realizzò che Lucas non era solo Red X, era anche... Lucas. Un ragazzo come tanti, con la barba, i brufoli, l’acne ed eccetera. L’aveva visto con indosso il suo travestimento talmente tante volte che ormai si era convinta che quello era il suo vero lui, quando la realtà, invece, era molto diversa.

Si rese conto solo dopo diversi istanti di essere rimasta immobile ad osservarlo senza dire una parola. Distolse lo sguardo di colpo, imbarazzata.

Improvvisamente, l’idea di essere sdraiata su un letto di fronte a lui, con indosso una maglietta molto più attillata di quanto si fosse resa conto, la mise a disagio.

«Stai bene?» domandò infine lui, inarcando un sopracciglio.

«Io... sì, credo di sì...» rispose lei, massaggiandosi la testa. Si appoggiò meglio con la schiena alla tastiera del letto, aiutandosi con i gomiti. Una volta messasi più comoda, domandò: «Ma... dove siamo?»

 «Siamo a casa di Amalia» spiegò il ragazzo, con un sorrisetto sarcastico. «È stata molto felice di farti dormire nel suo letto.»

Rachel si sentì in imbarazzo, nonostante Komand’r non fosse lì in quel momento. Più che altro, la fece sentire in colpa il fatto di avere di nuovo coinvolto nei suoi problemi la sorella di Kori. Doveva averne fin sopra ai capelli, di lei. «E... cos’è successo ieri notte? Dopo che... insomma...»

Dopo che ti sei gettata su di lui piangendo disperata?

Rachel sentì le goti arrossarsi e non concluse la frase.

«Sei svenuta.» Lucas scrollò le spalle, come se la cosa non lo avesse per nulla preoccupato o infastidito. «Così ti ho riportata qui, dove Tara si è presa cura di te.»

«Tara?!»

Il ragazzo annuì. «Lei e Amalia ti hanno cambiata e dato una ripulita. Non potevano coricarti altrimenti, i tuoi vestiti erano bagnati fradici.»

Corvina annuì, in parte ancora incredula. Se non altro, ora si spiegava i vestiti nuovi. E se non altro non era stato Lucas a svestirla. Un brivido le percorse la schiena all’improvviso, quando ebbe quel pensiero. Non seppe spiegarsi se era perché quell’idea la preoccupava, o se invece era l’esatto contrario.

«As... aspetta! Mi ha portata fino a qui dal Neon?!» La ragazza spalancò la bocca, quando si rese conto di quel dettaglio. «Sei impazzito?! Pioveva a dirotto!»

«La pioggia non ha mai ucciso nessuno, Roth.» Lucas incrociò le braccia, guardandola con un’espressione di superiorità. «E comunque non sei certo nella posizione di dirmi cosa dovevo o non dovevo fare.»

Rachel fece una smorfia e distolse lo sguardo da lui. Poi realizzò che comportarsi così non era affatto sinonimo di riconoscenza. Sospirò, poi gli sorrise, cordiale. «Beh... allora grazie, Lucas.»

«Nessun problema.»

«A proposito, come facevi a sapere che ieri notte ero...»

«Al Jefferson Tunnel?» la anticipò lui, sorridendo di nuovo beffardo. «Ti prego. E dove altro saresti mai potuta andare, in quel momento?»

La corvina non rispose. Sentì nuovamente le guancie in fiamme e, di nuovo, pensò di essere la ragazza più idiota di quell’universo. Chissà cos’avevano pensato gli altri, quando l’avevano vista scappare via in quel modo. Il suolo pensiero di rivedere Tara dopo tutto quello che era successo le faceva contorcere le viscere dall’imbarazzo.

«Eri davvero esausta, sai?» proseguì il ragazzo, interrompendo il breve silenzio che si era andato a creare. «Hai dormito tredici ore, circa...»

«C-Cosa?» Corvina spalancò le palpebre. «Così tanto?»

Lucas annuì. «Sì, ma non preoccuparti troppo. Mentre riposavi noi altri ci siamo organizzati. Io e Amalia siamo andati a controllare il West Bridge, per vedere se anche quello era stato smilitarizzato, mentre Tara e Ryan ti hanno tenuta d’occhio mentre dormivi. Hanno detto che ti sei agitata parecchio nel sonno.»

«Davvero?» domandò la ragazza, perplessa. Lei non ricordava di avere avuto incubi o altro. L’unica cosa che ricordava di aver sognato... era stranamente la baraccopoli che aveva visitato insieme ad Amalia e Lucas. Nessun incubo sulla partenza di Richard o altro.

Strano..., pensò. Ma forse era meglio così. Degli incubi sarebbero stata l’ultima cosa che avrebbe voluto.

«In ogni caso, proprio come il South Bridge, anche il West è libero. Ma lì non c’è traffico.» Lucas cominciò a dondolarsi sulla sedia, guardandola serio. «Dopo esserci riposati, questa mattina Tara ed io abbiamo deciso di andarcene dalla città, con quel ponte. Non abbiamo più nulla da fare qui, ormai. Vengono anche Amalia e Ryan, e naturalmente tu sei la benvenuta. Allora, che ne pensi? Vieni con noi?»

Quelle parole lasciarono la ragazza di stucco. Avevano davvero deciso di andarsene dalla città, così. Certo, era piuttosto prevedibile, ma fu comunque una sorpresa per lei. In effetti, avevano tutti i motivi per farlo. Lasciare Empire, probabilmente, era la cosa più saggia che si potesse fare ormai. C’erano troppi brutti ricordi legati a quella metropoli, e la cosa riguardava tutti loro. E, inoltre, ora che la zona non era più in quarantena, era probabile che il governo avrebbe smesso di sganciare del tutto le provviste. 

Eppure, la scelta di Lucas la sorprendeva. «Ma... credevo che volessi ancora vendicarti dei Mietitori per aver...»

«Sinceramente, lasciare la città per me ora ha la priorità.» Il ragazzo allargò le braccia, ritornando con le gambe della sedia a terra. «E comunque, i Mietitori sono scappati da Empire, ho visto con i miei occhi quei dannati fasci di luce che si lasciano dietro. Dubito che li rivedremo mai più.»

Rachel si mordicchiò l’interno della guancia, perplessa. Le parole di Richard le tornarono improvvisamente in mente. Non era davvero finita con i Mietitori. Avrebbero presto sentito di nuovo parlare di loro.

Guardò Lucas. Valutò se dirgli o no ciò che aveva scoperto, poi si interruppe. Al ragazzo non sembrava importare davvero la faccenda, ora che ci faceva caso non le aveva nemmeno chiesto cosa fosse successo con Richard prima che lui arrivasse. Forse lasciare Empire era davvero diventata per lui la cosa migliore da fare. E forse lo era davvero.

Andarsene, lasciarsi tutto alle spalle.

Ricominciare. In effetti Rachel ne aveva davvero, davvero bisogno. L’America era grande, e a dire il vero dubitava che avrebbe mai più avuto a che fare con Robin e i suoi pseudo Neo Mietitori.

Eppure... c’era qualcosa di davvero strano sotto tutto quello. Perché i posti di blocco erano stati smantellati così, all’improvviso? Nessuno aveva detto niente. I notiziari non ne avevano parlato, non era circolata nessuna voce o notizia prima di tutto quello, niente di niente. Era davvero così sicuro andarsene?

Ed inoltre, sia il capo degli Spazzini che quello dei Mietitori erano morti, coincidenza, poco prima che la quarantena terminasse. Era davvero una combinazione, o le cose erano collegate?

Corvina sentiva una forte puzza di bruciato, riflettendoci meglio. Ma le alternative quali erano? Restare lì? Da sola, visto che Lucas e gli altri sembravano davvero intenzionati ad andarsene?

No di certo. Stranezze o meno, abbandonare Empire era l’unica cosa che le restava da fare. Prese la sua decisione: avrebbe tentato la sorte. La vita era come un’ enorme roulette, ormai lo aveva capito. Aveva sempre scelto i numeri sbagliati, questa volta invece, forse, avrebbe preso quelli giusti.

Cacciò tutti i suoi dubbi dalla testa. Annuì e si tolse le coperte di dosso, mettendosi a sedere sul bordo del materasso, davanti a Lucas. I loro sguardi si incrociarono e la ragazza sorrise determinata. «Beh, allora cosa stiamo aspettando?»

 

 

 

Di nuovo io, con un altro capitolo. Lo so, sono fastidioso. Sono sempre qui a rompere le scatole. Non posso far passare una settimana come fanno tutti? Bah...

Comunque, ho delle cose importanti da dire. Volevo avvisarvi che, per evitare di rovinarvi sorprese varie, dovreste evitare di spoilerarvi infamous su Wikipedia, se non lo avete mai giocato. So che io sono sempre stato il primo a dire che se volevate potevate farlo, ma ora mi rendo conto che ci sono alcuni punti in comune tra la mia storia e il videogioco che è meglio non approfondire, se siete estranei alla trilogia della Sucker Punch. 

D'ora in poi, ogni volta che ci sarà qualcosa che dovete sapere sul videogioco per aiutarvi a capire meglio la trama, sarò io a spiegarvela nelle note.

Per esempio ora posso parlare di Sasha. 

Sasha è il capo dei Mietitori, per l'appunto. Era una "merda" (così definita da Cole, il protagonista di Infamous) prima dell'esplosione, e dopo è diventata anche peggio. E' una conduit in grado di produrre questo liquame che è in grado di controllare le menti delle persone. Inoltre, sempre grazie a questo liquame, possiede anche capacità illusorie. 

L'unica persona in grado di resistere ai suoi poteri, nel videogioco, è Cole, ma io credo che tutti i conduit potrebbero resistere, eccetto quelli che decidono di lasciarsi soggiogare per diventare i famosi Mietitori vestiti di bianco.

Comunque sia, anche lei è morta, insieme al capo degli Spazzini, Alden. Coincidenza?

E no, purtroppo i nostri eroi non avranno a che fare con i Primogeniti e il loro capo, Kessler. Anzi, Kessler non verrà nemmeno mai nominato nella fic. Credo, magari forse sì, in futuro, ma dubito.

Ora, parlando del proseguimento della trama. Avvenimenti legati ad Empire in particolar modo non verranno più citati, visto anche che i protagonisti lasceranno la città. Buona parte di tutti gli elementi di Infamous saranno messi da parte, tranne alcune piccole ma fondamentali cose, quelle che, per l'appunto, fareste meglio a non spoilerarvi. 

Da adesso in poi sarà quasi tutta terra inesplorata. Se non si fosse capito, nel videogioco i posti di blocco non vengono smantellati e l'unico luogo visitabile è, appunto, la città. 

Un'altra cosa, nel capitolo di parla di un "West Bridge", ma nel gioco non esiste. Esistono due ponti, quello del Neon, a Sud, e quello del Centro Storico, ad Est. Il Dedalo non ha ponti che conducono fuori città, ma ho deciso di fare uno strappo alla regola, anche per rendere più credibile il tutto.

Per finire, Empire City in teoria è situata nello stato di New York, vicino al New Jersey. Ve lo dico ora, perché tanto ci ritorneremo su la prossima volta. 

Bene, ho finito! Grazie per non esservi tagliati le vene, ci becchiamo alla prossima!

   
 
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