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Autore: Water_wolf    16/02/2016    2 recensioni
ATTENZIONE: seguito di "Sangue del Nord", "Venti del Nord" e "Dispersi nel Nord".
Evitare la guerra tra Campo Giove e Campo Nord, impedire il risveglio di Gea, fermare l'avanzata di Ymir: normale routine per i semidei Alex, Astrid ed Einar. Eppure, è davvero così? La posta in gioco è sempre più alta. L'unica soluzione è una triplice allenza tra Greci, Nordici e Romani. Ma il compito è tutt'altro che semplice se braccati da quelli che pensavi alleati. E Roma nasconde molti più segreti di quanto si creda...
«Molto bene. In bocca al lupo, Lars. Mi fido di te. Che gli Dèi siano con te» mi augurò, sorridendomi. «Anche io mi fido di te… ma dubito che gli Dèi saranno con noi, visto quel che dobbiamo fare.» || «Perché sai che cosa succede ai personaggi secondari che provano a diventare degli eroi?» Non attese risposta. «Muoiono, Einar Larsen. Ecco, che cosa succede.»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Tributo a base di delfini pazzi (più o meno)
 

♦ Astrid ♦
 
Bussai piano alla porta e chiesi: «Posso entrare?», ma avevo già varcato la soglia prima che Alex mi rispondesse di sì. Dopotutto, sapevo che sarei sempre stata la benvenuta nella sua cabina.
Il figlio di Odino mi squadrò da capo a piedi e un sorriso pigro e divertito si distese sulle sue labbra.
«Che c’è?» lo ripresi, mentre chiudevo la porta dietro di me con il piede. Tra le braccia, tenevo tutto il cibo spazzatura che avevo trovato nella dispensa.
«Niente, niente» rispose lui, senza smettere di sorridere come un ebete. «Dicono che le fidanzate siano premurose, ma tu superi gli standard.»
«Ah-ah.»  Mi sedetti sul letto accanto a lui, che si tirò su e spostò le gambe per farmi spazio. Sistemai il pacco gigante di patatine e le due lattine di Coca-Cola tra me e lui, così da essere più comoda. «Grazie. Là in fondo, il mio ego sta facendo i salti di gioia per questo complimentone.»
«Non fare l’acida» mi rimbrottò bonariamente. «Io sono serio.»
Inarcai un sopracciglio. Ignorai la sua replica e gli chiesi: «Come ti senti?»
«Ora che mi hai portato tutto questo cibo, decisamente meglio» rispose. Prese il pacco di patatine tra le mani e lo aprì con reverenza, inalando ad occhi chiusi il loro odore. «Mmmh. Al pomodoro. Le mie preferite.»
Gli pungolai il ginocchio con il piede. «Conosco i tuoi gusti, ciccione.»
«Oddei, lo pensi davvero? Tutti mi hanno sempre detto che salvare il mondo aiuta a mantenere la linea!»
Alex mise il broncio e si finse offeso, ma il richiamo del cibo spazzatura era troppo forte per rendere la sua recita credibile.
L’angolo sinistro della mia bocca schizzò involontariamente verso l’alto, forzando un mezzo sorriso. «Sta’ zitto e mangia» ribattei. «Scegli sempre i momenti sbagliati per farti venire il senso dell’umorismo.»
Il figlio di Odino si ficcò una singola patatina in bocca e distolse lo sguardo. Improvvisamente, la parete davanti ai suoi occhi divenne oggetto di tutta la sua attenzione.
«Ehi» lo chiamai, addolcendo immediatamente il tono. «Stavo scherzando. Sicuro che ti sia ripreso completamente? So bene che usare le rune ti stanca molto di più di quello che vuoi ammettere.»
Alex si voltò verso di me, ma le sue iridi grigie erano ancora perse in un’altra dimensione. Inghiottì e si schiarì la voce, prima di rispondere alla mia domanda. «Sto bene, Astrid, davvero. Mi è solo ritornato in mente il sogno che ho fatto quando mi sono appisolato.»
Chiusi la mano attorno alla lattina di Coca e diedi a lei la colpa della mia incapacità espressiva. Anche io sceglievo sempre i momenti sbagliati per menzionare i “momenti sbagliati”.
«Quanto era brutto da uno a dieci?» indagai.
Alex sospirò e si ficcò in bocca un’altra patatina, sovrappensiero. «Abbastanza» rispose. «Ho sognato mio padre. Ymir era di fronte a lui, forte e terrorizzante come il giorno del risveglio, e Odino era l’unico a fronteggiarlo. È inutile che ti dica che lo scontro era impari.»
Mi morsi l’interno della guancia. «Non riuscirà a fermarlo» dissi, perché era vero. «Ymir lo sconfiggerà» aggiunsi qualche istante dopo, perché era altrettanto vero.
Alex rimase in silenzio per un po’, pensando a una risposta adeguata. Il fatto che continuasse a ingurgitare patatine una dietro l’altra avrebbe dovuto alleggerire l’atmosfera, ma, evidentemente, l’argomento “fine del mondo” costituiva un’eccezione. Alla fine, si abbandonò contro la testata del letto ed emise un sospiro pesante.
«Questo potrebbe essere totalmente insensato o ingenuo» mi avvertì, «ma credo Odino vincerà Ymir. Non perché l’abbia già fatto una volta, né perché si tratta di mio padre, il Re degli Dèi e tutto il resto, ma perché in questo momento non è in lui.»
Corrugai la fronte. «Che cosa intendi?»
«Intendo che non è in pieno possesso dei suoi poteri. Odino è un re senza corona, letteralmente. La sua corona gli garantiva il completo controllo su se stesso e l’accesso alla sua conoscenza infinita. I Romani l’hanno trafugata, ma se noi riuscissimo a recuperarla e riconsegnargliela prima che sia troppo tardi…»
«…Odino riacquisterebbe potenza necessaria per rimettere Ymir a nanna» intuii. «Capito.»
«Esattamente» confermò Alex, facendomi l’occhiolino. «Adesso, è l’arroganza a muoverlo e a spingerlo a prendere decisioni non ben ponderate. Non so se gli Dèi possano avere un difetto fatale, in ogni caso quello di mio padre sarebbe l’hybris, la tracotanza che da sempre accompagna la sete di sapere. Ora come ora Odino non ha a disposizione la sua intera saggezza, perciò si sta facendo guidare dal lato ingannevole della sua conoscenza e questo non può continuare, per evitare che si verifichi un Ragnarok prematuro.»
Sgranocchiai lentamente una patatina, riflettendo sulle parole del mio ragazzo. Mi venne in mente Annabeth, non a caso figlia della dea della ragione greca, il cui difetto fatale era proprio l’hybris – anche se, a dirla tutta, si comportava più saggiamente del Re degli Dèi, in questi ultimi tempi. Quando arrivai a pensare “possono gli Dèi condividere i difetti degli uomini?”, decisi di troncare lì il ragionamento onde evitare un’improvvisa morte per autocombustione.
«Quindi, ritorniamo sempre allo stesso punto» dissi. «Trovare la Corona di Odino.»
«A qualunque costo e in qualunque modo» ribadì Alex. «O il mondo come lo conosciamo potrebbe finire. E io non posso tollerarlo.»
«Sai che novi…» Mi bloccai. «Cosa hai appena detto?»
Il figlio di Odino fissò i suoi occhi nei miei. Non c’era bisogno che ripetesse l’ultima frase. Avevamo entrambi capito benissimo. I sottointesi impliciti di quel “io non posso” mi invasero la mente, riempendola di immagini di separazione e sofferenza e paura.
«Astrid» iniziò lui, ma non gli permisi di andare avanti.
«Non dire niente» lo interruppi. «Non devi portare questo peso da solo—Tu—»
«Astrid» mi riprese, calmo ma incrollabile. Una frustata avrebbe fatto meno male del mio nome pronunciato in quel modo. «Sai bene anche tu che è una mia responsabilità. Se non io, chi?»
«Io e te ed Einar» sbottai. «Abbiamo già compiuto un’impresa insieme e l’abbiamo portata termine, guarda un po’, unendo le forze. Se non tu, saremo noi. Tutti noi. Che diamine, potresti muovere l’intera Orda del Drago, anzi, l’intero Campo Nord, se solo volessi farlo!»
Scattai in piedi, incapace di continuare a discutere tranquillamente seduta sul letto. Anche Alex seguì il mio esempio, alzandosi subito dopo di me. Lo odiai, perché era più alto di me di dieci centimetri buoni e la sua stazza mi metteva in una posizione di svantaggio.
«Non posso coinvolgere l’intera orda» obiettò. «Sono responsabile di quei ragazzi. Sono responsabile delle loro vite. Quanti non sono tornati a casa dalle loro famiglie, quando abbiamo combattuto contro Toante? Quanti non sono tornati a casa dalle loro famiglie, dopo la Battaglia di Manhattan? Quanti non sono tornati a casa dalle loro famiglie, dopo che mi sono lasciato guidare dalla mia superbia nella mia prima impresa? Quanti?»
Aveva alzato la voce senza volerlo, perdendo il controllo sulle sue emozioni, ma l’ultima domanda, l’ultimo appello, si era tramutato in un sussurro strozzato.
«Nessuno morirà più a causa mia. Il prezzo è troppo alto e io non voglio pagarlo col sangue degli altri.»
«Quindi cosa? Abbandonerai la missione e ti metterai a cercare, da solo, una corona dispersa più di mille anni fa?» ribattei, aspra. «Tuo padre potrà anche peccare di hybris, ma il tuo difetto fatale è il senso del dovere ed è altrettanto letale. Conosci le leggende. Odino si è impiccato a un ramo di Yggdrasil ed è rimasto in agonia giorni e notti in attesa che le rune gli si rivelassero completamente. Sei pronto a compiere lo stesso sacrificio, Alex? Sei pronto a stringere il cappio attorno al tuo collo? Così, almeno capirai cosa significa essere colui che non torna a casa dalla sua famiglia.»
Mi sentii meschina. Mi sentii sporca. E non potevo nasconderlo, perché io ero meschina e sporca, ed era per questo che gli parlavo in quel modo. Perché nella vita c’era chi se ne andava e chi rimaneva, e chi rimaneva si sentiva strappare via il cuore ad ogni partenza. Io ero stufa di recitare questa parte.
«Non puoi chiedermi…»
Colpi secchi alla porta impedirono ad Alex di ribattere.
Alzai gli occhi al cielo ed esclamai: «Per l’amor degli Dèi, andatevene via! Non importa se siamo arrivati a Roma, okay?»
Poi la porta venne sfondata e strane creature fecero irruzione nella stanza. Erano… delfini? No, non esattamente. Se un dottore pazzo avesse deciso di unire gli uomini ai delfini, ne sarebbero usciti quegli sgorbi: alcuni avevano il muso grigio, altri pinne al posto delle mani, alcuni i piedi uniti in una coda. Ad ogni modo, erano sgorbi armati e decisamente incazzati.
Alex si gettò destra, cercando di recuperare la spada, ma non riuscì nemmeno a sguainarla. Il branco di guerrieri-delfino lo assalì, muovendosi a un incredibile velocità per non possedere delle gambe.
«Fermatevi!» gridai – molto stupidamente, oserei dire, ma nelle situazioni caotiche si finisce sempre per parlare senza pensare.
Mi portai una mano agli orecchini, decisa a preparare sushi di delfino per pranzo, ma non riuscii a completare il movimento. L’elsa di una spada mi colpì in faccia e io crollai a terra. Assaporai il sangue sulla lingua, poi, semplicemente, svenni.
 
 
◊ Hazel ◊

 
Le corde che mi stringeva mani e piedi erano troppo strette per permettermi di liberarmi velocemente e aiutare gli altri. Piper era in condizioni peggiori delle mie, considerato il bavaglio che le impediva di aprire bocca, così come ad Einar. Astrid non aveva ancora ripreso i sensi. Jason era svenuto in seguito a una colluttazione, ma aveva la testa dura e sapevo si sarebbe ripreso presto.
Il guerriero con la maschera a forma di gorgone aveva appena dichiarato che noi ragazze saremmo state vedute come schiave o apprendiste di Circe, eppure ero più preoccupata per l’assenza di Frank che della situazione critica in cui ci trovavamo.
Sperai solo che i soldati-delfino non l’avessero ferito troppo gravemente. Se Percy riusciva a guadagnare tempo, ero certa che sarebbe ricomparso con in mente un piano in grado di farci uscire da questo pasticcio.
Al mio fianco, Alex grugnì e riprese a combattere contro le corde che gli stringevano i polsi, tentando inutilmente di allentarle. Quando notai che si stava scorticando la pelle, gli diedi un colpetto con la spalla e, ottenuta la sua attenzione, scossi la testa.
Il figlio di Odino mi guardò dritta negli occhi. Non ci fu bisogno di parole, perché il messaggio era chiaro e semplice: finché aveva forze in corpo, non si sarebbe arreso.
Gli rivolsi un piccolo sorriso di comprensione. «Frank arriverà ad aiutarci» sussurrai.
«Lo so» mi rispose lui. «Ma quel tizio continua a non piacermi per nulla. Ci serve un piano.»
Piper annuì, convinta, mentre Einar mugolava il suo assenso. Concordai con loto. Frank sarebbe certamente arrivato, ma non per questo saremmo rimasti immobili a fare nulla.
In quel momento, il comandate in questione schioccò la lingua in segno di disapprovazione e apostrofò la figlia di Atena: «Oh, Annabeth, purtroppo non resterai con me. Mi piacerebbe molto, ma tu e il tuo Percy siete già prenotati. Una certa dea paga una taglia molto alta per la vostra cattura. Vi vuole vivi, se possibile, anche se non ha specificato che dovete essere illesi.»
Piper sgranò gli occhi e iniziò a lamentarsi così forte che la si sentiva attraverso il bavaglio. Dopodiché, svenne sulla guardia più vicina, scaraventandola a terra. Quindi, questo era il piano.
Mi accasciai sul ponte, scalciando e dimenandomi come un’indemoniata, facendo del mio meglio per occupare interamente i pensieri dei guerrieri-delfino. Mi muovevo come se mi avessero arrotolato in un tappeto e la cosa sarebbe anche stata imbarazzante, se non ci fosse stata in palio la nostra salvezza e quella di mio fratello. E visto che non potevo contare sulla forza e la tecnica di Alex, che aveva ingaggiato un combattimento con i nostri aguzzini a discapito delle mani legate, non avrei considerato la vergogna una ragione sufficiente per non fare quello che andava fatto.
Intanto, Percy aveva colto l’occasione al volo e aveva sguainato Vortice. Il rumore delle due spade che cozzavano mi spinse a dimenarmi con ancora maggiore intensità. Percy è un eccellente spadaccino, pensai. Ma Frank, tu dove sei finito? Abbiamo bisogno di te!
I suoni del combattimento cessarono all’improvviso. Il figlio di Poseidone imprecò e io mi sentii gelare il sangue nelle vene.
«Ci hai provato» disse il guerriero mascherato. «Adesso, però, sarete incatenati e condotti dai servi di Gea. Non vedono l’ora di svegliare la dea versando il vostro sangue.»
«Sei un folle!» urlò Alex.
Cercò di scagliarsi contro di lui, ma venne riacciuffato dai suoi tirapiedi e sbattuto a terra. Un uomo con la coda da delfino si sedette sopra di lui, schiacciandolo sotto il suo peso e impedendogli qualsiasi movimento.
«Patetico» commentò, scoccando un’occhiata scocciata al figlio di Odino.
«Bene!» sbottò Percy, a voce talmente alta da far girare tutti. «Portaci via, se il nostro capitano te lo permette.»
Il comandante sembrava confuso, anche se non lo si sarebbe potuto dire, data la maschera. «Quale capitano? Oltre a voi, non c’è nessun altro a bordo.»
Il figlio di Poseidone sollevò le mani in modo teatrale. «Il dio appare solo quando vuole lui, però è il nostro capo. Dirige anche il nostro campo per semidei. Vero, Annabeth?»
Il volto della bionda si illuminò. Io facevo fatica a capire dove volessero andare a parare, ma qualcosa mi diceva che avrei dovuto intuirlo.
«Sì!» confermò lei con convinzione. «Mister D. Il grande Dioniso!»
I nostri aguzzini furono scossi da un fremito di inquietudine. Uno di loro lasciò persino cadere la spada.
«Non vi muovete!» ordinò il loro capo. «Non c’è nessun dio sulla nave. Cercano solo di spaventarvi.»
«Dovreste, invece!» ribatté Percy, squadrandoli uno a uno, quasi sfidandoli a contraddirlo. «Avete rallentato un viaggio voluto da Dionisio e lui sarà furioso con voi. Ci punirà tutti quanti. Non avete notato che le ragazze, prima, erano in preda all’euforia del vino?»
Io e Piper avevamo appena finito di ribellarci ai guerrieri-delfino. Visto dall’esterno, le nostre potevano tranquillamente apparire come convulsione. Il figlio di Poseidone ci scoccò un’occhiata molto significativa. E se facesse parte del piano? Oh. Prima ancora di terminare il pensiero, ripresi a tremare e dimenarmi, seguita a ruota da Piper.
«Bugiardi!» ci accusò il guerriero mascherato, ma non riuscì a impedire ai suoi sottoposti di darsela a gambe, sordi ai suoi ordini.
«Dionisio è il nostro direttore e il capo di questa missione» ribadì Percy. Corse verso il frigobar e non trovò nessuno a fermarlo. Ne tirò fuori una lattina di una bevanda gassata e la alzò verso il cielo. «Guardate! La bevanda preferita del dio! Tremate di fronte all’orrore della Diete Coke!»
Il sole colpì le bande rosse e argento, scatenando il panico nei guerrieri-delfino.
Percy continuò a tenere alzata la Diet Coke e proseguì con le sue minacce: «Il dio prenderà la vostra nave. Dopodiché, porterà a termine la vostra trasformazione in delfini, o vi farà impazzire, oppure vi trasformerà in delfini pazzi. La vostra unica speranza è fuggire! Svelti, scappate a nuoto!»
Il capo si girò a destra e a sinistra, incapace di controllare l’ammutinamento e non capacitandosi di quello che stava accadendo davanti ai suoi stessi occhi. «Ridicolo!» esclamò, ma la sua voce era diventata acuta.
Percy lo ignorò completamente. «Salvatevi!» continuò imperterrito. «Fatelo, finché siete in tempo! Per noi è già troppo tardi!» Poi restò a bocca aperta e indicò un punto dall’altra parte della nave. «Oh, no! Frank si sta trasformando in un delfino pazzo!»
Frank si sta trasformando in un delfino pazzo? pensai, confusa. Dopotutto, lui non si vedeva e non stava accadendo nulla.
«Ho detto: Frank si sta trasformando in un delfino pazzo!» ripeté Percy.
All’improvviso, Frank sbucò fuori e rischiò di inciampare nel sartiame dietro cui era nascosto. Mi rivolse una brevissima occhiata, che mi fece intendere che era tutto sotto controllo, poi si strinse la gola in gesto drammatico.
«Oh, no!» esclamò, come se stesse leggendo un copione. «Mi sto trasformando in un delfino pazzo!»
E lo fece davvero. Il suo aspettò cominciò a cambiare: prima il naso si allungò a formare il muso della creatura marina, poi la pelle divenne lucida e grigia e infine gli spuntarono le pinne. Il mio ragazzo crollò sul ponte sotto forma di delfino, la coda che sbatteva contro le assi.
L’equipaggio di pirati, o almeno ciò che era rimasto di esso, si disperse terrorizzato emettendo grida stridule. In quella confusione, Annabeth venne lasciata libera dal suo aguzzino e si precipitò a tagliare le corde che ci tenevano legati. Alex si alzò in piedi con un sorriso a metà tra l’inquietante e il divertito. Io ero ancora frastornata, ma aiutai la figlia di Afrodite a mettersi in piedi e insieme avanzammo minacciose verso il guerriero mascherato.
Quest’ultimo indietreggiò fino a sbattere contro il bordo del parapetto. «Non è finita qui, Jackson» ringhiò. «Verrà un giorno…»
Le sue parole furono interrotte da Frank, ora sotto forma di un orso grigio del quintuplo del peso del suo avversario. Gli strappò la maschera a forma di gorgone, ma prima che potesse sferrare un’altra unghiata, il guerriero si era gettato in mare. Ci sporgemmo oltre al parapetto, ma di lui nessuna traccia. La minaccia, a quanto pareva, era stata sventata.
Sarei saltata al collo di Frank anche nella forma di orso, ma il figlio di Marte ebbe la gentilezza di ritornare umano e di accogliermi in un caldo abbraccio. Puzzava ancora un po’ di pesce, però non ci feci quasi caso, stretta la sue braccia. Erano – lui era – più forte di quanto si reputasse e non avrei smesso di adorare la sua modestia guerriera.
«Che cosa ne facciamo?» chiese la figlia di Atena, indicano la nave pirata. «La bruciamo?»
Percy guardò la Diet Coke che stringeva ancora in mano. «No. Ho un’altra idea.»
E fu così che facemmo affondare una nave carica di sei milioni di dollari in oro e pietre preziose per onorare un tributo richiesto dal dio del vino tra i campi di grano del Kansas.
«È legale?» indagai, prima che il figlio di Poseidone si accingesse a cominciare il rito.
Lui scrollò le spalle. «Non credo» rispose. Mi rivolse uno dei suoi sorrisi da combina guai. «In ogni caso, non lo verrà a sapere nessuno. A parte il diretto interessato, ovvio.»
Einar mise una mano sulla mia spalla e su quella di Percy. «Benvenuta nei meravigliosi anni duemila, dolce Hazel, dove le bravate si fanno in grande stile e sempre in compagnia» disse, sorridendo con l’aria di uno che si sta divertendo un mondo.
«Sarà» commentai, scettica, ma stavo sorridendo anch’io.

 
koala's corner.
Nonostante oggi non siamo nella nostra forma migliori, oggi - aka stiamo sclerando paurosamente e la sanità mentale è scappata via da un pezzo -, ma eccoci qui *musica di sottofondo incalzante*
Questa sera siamo davvero degli imbecilli e abbiamo scelto un titolo più aberrante
del solito. Vorrei anche raccontarvi una barzelletta, ma c'è un limite al peggio e quindi la lascerò dire ad Alex nei prossimi capitoli. Se non avete capito, è una minaccia.
E qui vale il consiglio di Percy: Scappate finché siete in tempo!
Parlando un po' più seriamente, possiamo dire che in questi capitoli stiamo ripercorrendo la trama di MoA finché non raggiungeremo il punto in cui la storia prenderà la sua propria strada e sarà nuova nuova.
Nel frattempo, approfondiamo un po' le personalità dei vari personaggi, in primis Alex per togliere un po' della sua aura di perfezione.
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

Soon on VdN: POV Percy e Lars, in cui i Dieci arrivano a Roma e Lars è Lars.
  
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