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Autore: Stardust Revolution    17/02/2016    1 recensioni
Quando Kardia incontrò per la prima volta Degel capì fin da subito che non gli sarebbe stato affatto simpatico. Quello se ne stava sempre seduto da qualche parte a leggere tranquillo, mai una volta che alzasse la voce, che corresse, che infrangesse qualche regola. Kardia pensava che fosse davvero una persona noiosa.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Degel, Scorpion Kardia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Kardia incontrò per la prima volta Degel capì fin da subito che non gli sarebbe stato affatto simpatico. Quello se ne stava sempre seduto da qualche parte a leggere tranquillo, mai una volta che alzasse la voce, che corresse, che infrangesse qualche regola. Kardia pensava che fosse davvero una persona noiosa.                                        
 “Dove stai andando?”, una mattina Degel lo sorprese mentre se la stava filando dal Santuario, per l’ennesima volta. Kardia, nel sentire la sua voce alle sue spalle, si voltò sbuffando. Un ciuffo di capelli gli coprì il viso e se lo scostò con un gesto veloce.                
 “A te che importa? Vado dove mi pare.”, fu la sua risposta stizzita.                                                                                           “Non puoi andare dove ti pare. Devi restare qui al Santuario.”, gli disse Degel guardandolo male.                           
“Non sei la mia balia. Sei più irritante di quelli che volevano che non mettessi piedi fuori dal sanatorio per paura che ci restassi secco e, invece, guarda un po’, sono ancora vivo!”, disse allargando le braccia.                                                         “Se sei vivo lo devi al mio maestro, mi pare.”, sussurrò Degel, imbronciato.                                                                 
“Che hai detto?”.                                                                                                      “Niente.”.                                                                                                                                                                             “Allora vado a farmi un giretto.”, Kardia scrollò le spalle e si voltò, incamminandosi.                                                               Degel mise il broncio e si disse che non doveva seguirlo. Kardia si sarebbe di nuovo messo nei guai e sarebbe di nuovo stato rimproverato da tutti. Lo guardava mentre saltellava sotto il cielo assolato di quella mattina. Sembrava contento di sgattaiolare via chissà dove, per l’ennesima volta. Degel si chiedeva dove andasse. Se lo chiedeva spesso, veramente. Ogni volta che Kardia tornava lo faceva con qualche livido o graffio, a volte tornava ancora più malandato, sporco di fango. Ma tornava sempre contento e poco gli importava dei rimproveri. Dunque, dove si recava quando scappava via senza farsi beccare da nessuno? Degel oramai si era abituato ai suoi orari di fuga e sapeva quando Kardia attuava i suoi piani, ecco perché quella mattina lo aveva beccato.                                                            
I capelli ribelli di Kardia si mossero al vento, mentre le gambe di Degel si mossero nello stesso istante.                                  “Aspetta!”.                                                                                                                                                                                    Kardia si fermò e si voltò.                                                                                                                                                  
“Che diavolo vuoi ora? Lasciami stare, non mi convincerai a restare. E se scopro che spifferi qualcosa a qualcuno giuro che ti riempio di pugni!”, disse avvicinandosi a grandi passi e poggiandogli un dito sul petto. Degel lo guardò male per un secondo, poi abbassò gli occhi.                   
“Non è per quello. Vengo con te.”, disse.                                                 “Che?”.                                                                                                                                                                   
 “Vengo con te!”, disse stringendo i pugni.                                                                                                                                Kardia scoppiò a ridere all’improvviso.                                   
“Tu vuoi venire con me?”, disse ridendo, ma si coprì la bocca accorgendosi di star facendo troppo rumore.                         “Si. Lasciami venire stavolta. Te ne vai sempre in giro da solo e voglio capire dove te ne vai.”, disse.                  
“Oh … .”, fece Kardia, “Fai come ti pare.”, aggiunse infine voltandosi, “Non ti porto mica sulle spalle, se vuoi seguirmi fallo, sennò resta qui come sempre.”.                                                                                   
Degel odiava quei modi rozzi che aveva l’altro, ma non disse niente e lo seguì in silenzio, attraversando in fretta ogni anfratto del Santuario. Si rese conto che Kardia conosceva posti dove passare che nemmeno lui sapeva e che era molto veloce.                                                                                           
“Sei come gatto quando vuoi filartela.”, gli disse Degel ad un certo punto.                                                                
“Zitto. Se ci fai scoprire ti do un pugno.”, sussurrò Kardia digrignando i denti.                                                                      
Alla fine riuscirono a scappare via senza problemi. Kardia si stiracchiò bene bene.                                                        
“Adesso si che va meglio!”, disse cominciando a correre fuori dal sentiero che avevano preso e saltando nell’erba alta. Degel lo guardava. Che cosa mai aveva da divertirsi tanto proprio non lo capiva. Comunque lo seguì tra l'erba.                    “Senti … ma quindi dove vai quando scappi così?”, gli chiese cercando di non restare impigliato tra i rami degli arbusti più piccoli.          
“Vado dove mi pare, ovvio!”, gli disse Kardia correndo via.                                                                                     
“Aspetta!”, Degel tentava di stargli dietro.                        
Il sole stava salendo oramai e veniva oscurato, ogni tanto, da qualche nuvola grigia. Arrivarono nei pressi di un frutteto dove gli alberi erano carichi ed emanavano un ottimo profumo.                                    
“Dove stai andando?”, Degel afferrò Kardia per la maglia, tirandolo indietro, “Questo è un terreno privato, non vedi il cancello?”, gli disse.                                                                                                           
“Dannazione, come sei odioso, lasciami!”, gli gridò scrollandoselo di dosso, “C’è un cancello? E allora? Ho fame, non ho mangiato ancora niente da stamattina, quindi il cancello lo salto e vado a fare colazione.”, disse ridacchiando e saltando il cancello e il muretto che recintava il frutteto.              
Degel restò per qualche istante immobile, senza sapere che fare. Incrociò le braccia, arrabbiato. Quel Kardia era davvero senza speranze. Ma aveva deciso comunque di seguirlo, perciò scavalcò anche lui ed entrò. Sicuramente Kardia era stato là altre volte, lo si vedeva dalla sicurezza con cui correva qua e là tra gli alberi. Sembrò sceglierne uno e iniziò ad arrampicarsi. Degel si chiese come facesse ad avere tutta quell’energia: sapeva del suo cuore malandato ma, ogni volta che lo guardava, si chiedeva se davvero fossi così tanto malato. Perché sembrava non stancarsi mai e sembrava avere un’energia infinita e impetuosa che non poteva essere domata.                                                                              
Mentre pensava queste cose gli arrivò qualcosa dritto sulla testa. Si portò le mani tra i capelli e vide che ai suoi piedi c’era una mela.                                                                                                                          
“Avrai fame anche tu, no?”, gli disse Kardia da sopra l’albero. Degel era perplesso, ma la raccolse e se la strofinò addosso per pulirla. Kardia saltò giù con il bordo della maglia pieno di mele.                                       
“Ecco qua!”, disse, “Queste ce le mangiamo tutte quante!”.                      
Una voce tuonò sopra la sua frase e si sentirono i passi di qualcuno arrivare di corsa. Kardia sobbalzò.                                  “Dannazione, è il proprietario! Di solito a quest’ora non è qui, che sfiga!”, esclamò.                                                               
“Quante altre volte sei venuto a rubargli le mele?!”, lo ammonì Degel.                                                             
“Non è il momento, sei ci prende sono guai! Vieni!”, disse lasciando cadere le mele che aveva raccolto e prese Degel per un braccio. Scapparono via mentre il proprietario del frutteto imprecava dietro di loro che furono, però, più veloci di lui e sparirono in fretta dalla sua vista.                    
Si erano allontanati nascondendosi sotto le grosse radici di un albero, dove c’era un grosso buco che permetteva loro di entrarci perfettamente. Degel era tutto accucciato che cercava di riprendere fiato, mentre cercava di capire se avessero davvero seminato quell’uomo, che pareva fosse anche armato di forcone.                          
 “Non devi rubare le cose degli altri, è ovvio che poi quelli si arrabbiano, Kardia!”, lo rimproverò non appena fu sicuro che potesse alzare un pò la voce.                                                                                                                                                       “Sei di una noia letale tu! Sei voluto venire? Allora niente prediche e tieni.”, disse frugandosi nelle tasche, “Ho salvato due mele. Prendi, l’altra l’hai lasciata cadere quando siamo scappati.”, aggiunse addentando una mela rossa. Degel non sapeva più cosa dirgli, così prese la sua mela e la mangiò anche lui. Era sorprendentemente dolce per essere una mela.                                                                                                                                                                  
 “E’ buona … .”, sussurrò Degel.                                                                                                                                               “Vero? Sono le migliori. “, confermò Kardia.                                                                                                                          
 “Vai sempre lì a rubarle?”.                                                                                                                                                 
 “Se ho fame si.”.                                                                                                                                                                          “E poi dove vai?”.  
“In giro. Non vado sempre negli stessi posti, mi piace variare.”.                                                                                
“Anche perché se rubi sempre negli stessi posti è più facile farti beccare.”.                                           
 “Sei simpatico come un’ortica.”.                                                                                                                         
“Anche tu, se per questo.”.                                                  
Kardia gli fece la linguaccia e finì la sua mela. Degel voltò la testa dall’altra parte, metà mela ancora tra le mani. Il cielo nel frattempo si era fatto grigio e un tuono scosse entrambi.                                      
“Ah! Piove.”, fece Degel tirando fuori la testa dal nascondiglio e lasciando che alcune gocce di pioggia gli cadessero sui capelli.                                                                                                                                                
 “Non ci voleva. Questo è perché oggi sei voluto venire.”, sbuffò Kardia.                                                                         
“Stai dicendo che porto sfortuna?”, sbottò Degel.                                                                                       
“L’hai detto tu, mica io.”, ghignò Kardia stringendosi nelle spalle.                                                                                           
Degel decise che ne aveva abbastanza di lui e che sarebbe stato meglio non seguirlo in quelle assurde e inutili scorribande. Voltò la testa e disse che non appena smetteva di piovere se ne sarebbe tornato da solo al Santuario. Kardia mise il broncio e gli disse che poteva fare come gli pareva, non lo aveva costretto lui a venire.  La pioggia cadde più forte e i due si ritrovarono accucciati assieme in quello stretto buco nella terra. Erano riparati dalle grosse radici dell’albero, ma faceva freddo senza il sole che scaldava il terreno. A Degel non importava e non sentiva di certo il vento gelido, aveva preso a giocare con un filo d’erba da un po’, come se fosse la cosa più interessante del mondo. D’improvviso sentì il compagno che si stendeva accanto a se. Girò la testa e lo trovò steso con la schiena rivolta verso di lui, ma riusciva lo stesso a vedere le mani dell’altro che si stringevano attorno alla maglia.  
“Kardia … ?”, disse allungando la testa per guardarlo, ma l’altro gli tirò un calcio.                                          
“Fatti gli affari tuoi, hai detto che non mi avresti più rivolto la parola, no?”, disse scontroso, la voce tremolante. Degel schivò il suo piede.  “Che hai? Ti senti bene?”, gli chiese alzandosi per quello che poteva e scavalcandolo per guardarlo in faccia. Kardia si coprì il viso con una mano, l’altra stretta sul petto.                                                                                   
“Ah, ti senti male?”, Degel gli poggiò una mano sulla fronte che era calda e sudata.                                   
“Non dovevi andare via? Va via, allora!”, gli disse di nuovo il ragazzino afferrando la mano dell’altro. In quell’istante i loro occhi si incrociarono e Kardia lasciò la presa.                                                                     
“Non è niente … è solo il mio cuore.”, disse allora stringendo gli occhi e soffocando un gemito.                                
“Solo? Scotti da morire! Ti succede sempre così all’improvviso?”, Degel gli spostava i capelli dalla fronte mentre l’altro cominciava a tremare.                                                                                                                                  
“Si … certe volte succede e basta.”, rise col fiato corto.                                                                                          
“Che cosa hai da ridere?! E’ una cosa grave! Che … che posso fare?”.                                                                                  
“E che vuoi fare … .”, gemette, “Vedi? Eri curioso di vedere dove andavo e invece ti stai annoiando. E’ meglio che torni al Santuario.”.                                                                                                                                       
“Non ci penso nemmeno a lasciarti qui da solo in questo stato!”, esclamò Degel.                                                       
“Eh … se lo sapessero al Santuario punirebbero anche te … non si abbandonano gli altri in difficoltà.“.                                          
“Non è per quello.”, sussurrò Degel.                                                                               “Cosa?”.                                                                                                                                                                            
“Non potrei mai lasciarti qui, ma non perché altrimenti mi sgriderebbero. E non è nemmeno perché è una cosa immorale. Non potrei lasciare un compagno in difficoltà da solo.”.                             
“Compagno? Dicevi di odiarmi.”.                                        
Degel lo guardò per un attimo, poi annuì.                                                                                                                  
 “Ascolta.  Sei troppo irruento, non rispetti le regole, fai come vuoi e sei testardo e impertinente.”.                                                                                                                                      
“Piano con i complimenti … .”.                                                                                                                                              
“Però non è vero che non mi piaci. Non sopporto il tuo modo di fare, ma forse mi piace il tuo modo di essere. Fuggi via come un gatto e torni quando ti pare. Ho sempre voluto sapere dove andassi e cosa facessi. E ammetto che è divertente correre tra i campi come due bambini normali, senza sentire gli occhi degli altri addosso. Ogni volta che tentavi la fuga ti guardavo di nascosto ed era come se il sole ti illuminasse la via. Insomma: tu sei libero.”, disse mentre con una mano grattava il terreno accanto a se, nervoso.          
Kardia lo guardò per qualche istante, poi sorrise.
 “Anche tu in fondo non sei male. Sei un po’ freddo nei modi, a volte. Ma ti guadagni la stima degli altri perché riesci ad essere retto e rispettoso. Io non ci riuscirei mai. Degel, io potrei morire da un giorno all’altro. Non pensi che tutti noi dovremmo vivere appieno ogni momento che abbiamo? La morte è sempre dietro l’angolo e io la vedo spesso arrivare a prendermi.”, rise tra le fitte di dolore.                                                                                               
 “Non dire queste cose.”, disse poggiandogli una mano sul petto, “Scotti come il fuoco.”.                                                        
Kardia, che aveva gli occhi chiusi nel tentativo di combattere il dolore, sentì all’improvviso uno spiffero gelido sfiorargli l’orecchio, ma non era il vento che stava soffiando fuori dal nascondiglio. Era più gelido, di un gelo puro e pulito, come se venisse direttamente dal lontano nord e gli sfiorava la pelle per poi attraversarla. Lo sentì entrargli dentro e avvolgergli il cuore.                                                 
Quando riaprì gli occhi si ritrovò a stringere la mano che Degel gli aveva poggiato sul petto. Non capiva come fosse possibile, ma quel gelo gli faceva sentire meno dolore, non sembrava più che stesse bruciando dentro.                                                                                                                                           
“Va … meglio.”, sussurrò guardando Degel.                            
“Davvero?”, fece l’altro.                                                                                                                                        
“Si … è strano, ma … il tuo gelo riesce ad abbassare la temperatura del mio corpo. Non fa più tanto male. Non era mai successo prima una cosa del genere. Grazie.”, disse tirandosi su e mettendosi a sedere.    
“Stai meglio, allora. Sono sollevato.”, sorrise Degel, “Ah. Guarda. Non piove più”.                                                                 
Il cielo si stava schiarendo in fretta e le nuvole scure stavano correndo via verso l’orizzonte, scacciate da chissà quale miracolo. Il sole tornò a brillare e a colorare d’oro tutto quanto. Kardia e Degel uscirono dal nascondiglio. Degel aiutò Kardia ad uscire, tenendolo per una mano.                           
“Sto bene adesso. Il tuo gelo mi è stato di grande aiuto! Buono a sapersi!”, rise sotto il sole.                                      
Degel sorrise. Aveva visto giusto: il sole brillava davvero su Kardia. Tornarono insieme al Santuario, dove cercarono di rientrare senza farsi scoprire, ma senza riuscirci. Vennero sgridati entrambi e messi in punizione.                                                                                                                                                                       
 Qualche giorno dopo Degel vide Kardia accovacciato su una roccia, mentre giocava con un gatto nero.         
 “Ah, sei tu! Puoi uscire allora!”, rise Kardia vedendolo arrivare.                              
 “Non ridere, idiota. Mi hanno sgridato per bene e mi hanno punito. Ma la mia punizione ora è finita perché io, al contrario di te, sono affidabile e me ne sto buono e in silenzio.”.                                      
“Vorrà dire che io prenderò punizioni a vita, una dopo l’altra.”, rise mentre sollevava il gatto.                                      
Degel sbuffò e gli si avvicinò. Poggiò accanto a lui una cesta di mele. Kardia si voltò e restò a guardare. Nel frattempo il gatto saltò via.                                                                                                                                   
 “Ma queste … sono mele?”, disse incredulo.                                                                                                     
“Mh. Sono tornato dal proprietario del frutteto. Gli ho chiesto scusa per quello che avevamo fatto. E ha detto che posso andare a prendere le sue mele quando voglio. Poi mi ha detto che le mele sono ottime per restare in buona salute. Quindi te ne ho presa una cesta e te l’ho portata. Se mangerai tante mele forse ti sentirai meglio … .”, gli spiegò spingendo verso di lui la cesta.              
  Kardia restò a fissare prima lui e dopo la cesta, a lungo. Poi scoppiò a ridere, felice. Prese una mela e la addentoò.             “Mh, sono sempre buone. Le mangerò tutte allora, così non dovrai più preoccuparti! Sei davvero premuroso.”, sorrise dandogli una pacca sulla schiena.                                                                                                                              
“Come ti pare, ma non dirlo in giro.”, sorrise Degel sedendogli accanto.                                             
“Va bene. A patto che tu non dica a nessuno dove vado quando scappo via.”, rise Kardia.                                                                  
“Certo. Non lo dirò a nessuno e non dirò nemmeno a  che orari te la svigni. E nemmeno cercherò più di fermarti. Basta che fai attenzione, devi prenderti cura del tuo cuore.”.                                                                                                            
 “Mh. Tanto se sarò in difficoltà so che potrò contare su di te da adesso in poi!”, sorrise.                                                        
Degel sospirò e guardò il cielo azzurro.                                          
 “Certamente.”.                                                      
  
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