Amore mio,
nell’anniversario della tua nascita, il 25 di dicembre, come sempre sto venendo da te, e come sempre voglio farti un piccolo regalo. È questa lettera, che ho scritto sul quaderno di appunti che porto con me, incurante di chi mi circondava, immerso in un dialogo che avevo iniziato nei giorni precedenti. Eri tu il mio interlocutore, amore mio: sentivo la tua voce rispondere alle mie parole anche se spesso rimanevi silenziosa.
Questo, più di tutto, ho amato in te da quando hai preso a far parte della mia vita: la tua maniera di fissare i miei occhi senza pronunciare una sillaba.
Sono nati così i miei primi turbamenti, amore: davanti ai tuoi silenzi che mi lasciavano senza fiato, pieno di domande: chi eri, e come avrei fatto a scoprirti?
Una donna, superiore a me per nascita e grado, il cui servizio è diventato la mia missione, la mia scelta di vita, la mia vocazione: il punto estremo del non ritorno.
Quando ho cercato di liberarmi (e l’ho mai fatto davvero, amore?) ero già in trappola.
Mi sono accorto ogni giorno di più di sognarti tra le mie braccia, mentre ti curvavi su di me, alta, forte, nobile.
Tengo questo segreto occultato nelle pieghe dell’anima, temendo che altri possano scoprirlo.
Questo amore non detto è il mio tormento, vita mia, la mia condanna.
Adesso voglio incontrarti, non posso aspettare.
Cammino veloce, inseguito dall’ansia: voglio consegnarti queste righe senza senso.
La distanza sembra insormontabile, ma sono pochi oramai i passi che mi separano da te: non voglio arrivare in ritardo.
Il declivio è dolce, lo percorro senza fatica.
Pochi metri, oramai.
Tengo stretto nel pugno il tuo regalo, questa lettera che ho piegato e ripiegato più volte.
L’ho resa piccolissima, quasi non se ne percepisce lo spessore.
Perché accanto alla tua croce, Oscar, c’è soltanto una stretta fessura nel terreno.
Ed è lì dentro che io devo infilare, per te, questo mio disperato messaggio d’amore.
Ti amo, amore mio, per sempre.
Tuo
Alain



Arras, 25 dicembre 1799