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Autore: whiteangeljack    17/02/2016    1 recensioni
Emma Swan, poliziotta in servizio, sceglie di intraprendere la carriera di investigatore privato. Non ama essere coinvolta – né nei casi né con le persone. Ma nel momento in cui una losca società che basa i propri profitti sulla possibilità di mettere a posto le questioni lasciate irrisolte dai morti – o di conversarci- inizia a provocare pericolose conseguenze, potrebbe ritrovarsi ad esserlo contro ogni sua aspettativa.
[TRADUZIONE]
Genere: Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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The most wonderful time of the year
 
 



Emma sta scendendo dall’auto – ha parcheggiato ad un miglio buono dalla Gold Inc.: a quanto pare anche per far quello c’è bisogno di dar via un braccio o una gamba a quegli stronzi – quando avvista un viso familiare, i capelli biondi tagliati corti.
Sospira pesantemente. Sta venendo proprio verso di lei, ma forse se aggira l’edificio è ancora in tempo per andarsene prima che la veda. Il momento di pausa che si prende per decidere cosa fare è sufficiente.

“Emma,” la apostrofa seccamente l’uomo piazzandosi proprio di fronte a lei.


La sua replica è tesa almeno quanto il suo saluto. “David.”


“È un po’ che non ci si vede.”

Sta già cominciando ad andarsene. “Già.”

“Emma – aspetta,” la chiama venendole dietro e stavolta non riesce a trattenersi dallo sbuffare. “Possiamo parlare un attimo?”

“Possiamo? Certo.” Replica Emma. “Dovremmo farlo? Probabilmente no.”

“Invece dovremmo,” ribatte David laconico. “Scusami se voglio scambiare due parole con mia sorella e assicurarmi che stia bene.”

“La mia porta è sempre aperta,” commenta Emma, evasiva. “Puoi sempre venire a trovarmi.”

“Lo abbiamo fatto,” risponde piccato. “E tu hai deciso di promulgare un ordine restrittivo contro me e Mary Margaret.”

“Beh, questo è quello che succede quando non capite quando è il momento di lasciarmi dannatamente sola,” ribatte Emma sulla difensiva, incrociando le braccia al petto.

“È dalla morte di Graham che ti comporti così,” le fa notare David. “Hai escluso tutti. Hai lasciato il tuo lavoro. Ti comporti come se non te ne fregasse nulla di niente e di nessuno.”

“Non mi comporto così, è che non me ne importa davvero,” borbotta. “Taglio fuori le persone perché sono soffocanti e ho lasciato il mio lavoro perché faceva schifo.”

“Tu amavi fare il poliziotto, Emma.”

“Beh, sono l’unico giudice di me stessa ora. È molto meno limitante, dovresti provarlo anche tu qualche volta. All’inizio lavoravo solo su cauzione, ma da quando ho preso l’incarico di dete-“

“Siamo sempre qui se hai bisogno di noi, Emma,” aggiunge David, esasperato. “Sto organizzando una cena per martedì sera. Ci saranno anche Elsa ed Anna. Credo che Anna porterà anche il suo nuovo fidanzato per farcelo conoscere. Dovresti venire e-“

Accettare il suo invito è contro il più comune buon senso.

“Ci sarò," geme.


-/-


L’appartamento di David e Mary Margaret è uguale a come lo ricorda, solo che ora è pieno di decorazioni natalizie. Entrambi tendono ad esaltarsi fin troppo quando si tratta di queste stronzate – il Ringraziamento è passato da qualche settimana, e lei lo ha trascorso tutto il tempo rinchiusa in ufficio pur di non tornare a casa ed essere trascinata a cena fuori da Mary Margaret e David –  quindi la cosa non la sorprende affatto. Sono riusciti persino a superarsi rispetto allo scorso anno, qualora le luci a intermittenza che continuano ad accendersi e spegnersi intorno alla dannata porta non siano di per sé già un indizio sufficiente.

Emma bussa.  

Mary Margaret viene ad aprirle e le rivolge un sorriso stupito.

“Probabilmente la porta è sul punto di prendere fuoco,” commenta a mezza voce Emma, alludendo alle luminarie che incorniciano gli stipiti di legno verde mentre si fa strada all’interno della casa.

“È un piacere anche per me vederti, Emma,” replica Mary Margaret, senza suonare nemmeno lontanamente irritata.

È sempre stata brava in questo, a non lasciarsi innervosire dal modo di fare spavaldo di Emma.

“Emma!” Esclama David, entrando nel salotto con un sorriso sorpreso almeno tanto quanto il suo. “Sono contento che tu sia riuscita a farcela.”

“Dopo il Ringraziamento, avevo iniziato a temere le conseguenze,” replica Emma, sfilandosi la giacca, “Dove posso appoggiarla?”

“La giacca?” Domanda David, indicando il familiare indumento di pelle rossa. “Ci penso io a metterla nell’appendiabiti, non preoccupar-“

Emma alza gli occhi al cielo e apre il sopracitato appendiabiti per appendere la sua giacca. “Posso avervi evitato come la peste, ma so ancora dov’è l’appendiabiti.”

“Giusto,” replica David, un po’ teso. “Bene, Anna e Elsa dovrebbero arrivare a mome-“

Il campanello suona, come se fossero stati loro a chiamarle.

“Ci penso io,” si affretta a dire Mary Margaret.

Elsa ed Anna fanno quindi la loro comparsa dall’altro lato della porta.

Quando vede Emma, Anna strabuzza gli occhi e improvvisamente se la salta addosso per stritolarla con un abbraccio.

“Emma! Non ci vediamo da una vita!” Chiosa allegra, la presa così stretta da stritolarle le costole. Emma le dà una pacca sulla schiena, insicura su cos’altro fare. “Mi sei mancata così tanto! David non mi aveva detto che saresti venuta!”

“A dire il vero, non sapevo nemmeno io se lo avrebbe fatto,” puntualizza David con un piccolo sorriso.

Emma alza le spalle, districandosi con gentilezza dalla stretta di Anna. “ Non sapevo nemmeno io se mi andasse o no di venire, ad essere sincera.”

“Beh, sono felice che alla fine tu sia venuta.” Dice Elsa allegra, andandole incontro per abbracciarla a sua volta.

Emma le rivolge un sospiro esasperato. “Per ora.”


-/-

La cena alla fine è molto meno tesa, che si riesca davvero a crederci o no.

Mary Margaret e David hanno preparato cinque portate. Suo fratello, a differenza sua, è in grado di cucinare qualcosa di commestibile anche senza microonde – è uno dei suoi difetti più superficiali. Anna è abbastanza loquace da rendere le cose meno imbarazzanti, Mary Margaret è abbastanza gentile da farla stare un po’ più a suo agio anche con se stessa, e sia David che Elsa si mostrano interessati a tutto senza essere troppo soffocanti.

Sarebbe potuta andare molto peggio.

“Quindi Anna,” inizia Emma, cercando di fare del suo meglio per mettere in piedi una conversazione. È meno scomodo per tutti, in questo modo. “Cosa vi ha spinto a tornare in città? Ho saputo che a Portland ve la state cavando bene.”

“Siamo tornati nella mia città natale per le vacanze,” dice Anna raggiante. “Sono venuta prima io, Elsa mi ospita per qualche giorno. Non appena riesce a liberarsi del lavoro, dovrebbe raggiungermi anche Kristoff. L’inverno è un periodo piuttosto intenso per lui. Non vedo l’ora che possiate conoscerlo!”

“A proposito di vacanze,” si intromette Mary Margaret con un sorriso, lanciando volutamente un’occhiata ad Emma. “Non dovresti startene sola, Emma. Non possiamo pretendere che la cena di oggi sostituisca quella del Ringraziamento, ma potresti venire per Natale.”

Emma apre la bocca per protestare, ma Mary Margaret non gliene lascia il tempo.

“Ti abbiamo già comprato un regalo. Devi venire per forza. Natale è fatto per stare insieme alle persone che ti amano e noi ti vogliamo bene, Emma. Cerca di abituarti all’idea.”

Emma sospira, la voglia di controbattere che andata beatamente a farsi fottere.  Mary Margaret è sempre stata una persona di quelle che hanno cercato di non escluderla, nonostante Emma si sforzasse di tenere gli altri ad una distanza di almeno un milione di campi da calcio. “E se dovessi nascondermi da qualche parte per evitare di venire?”

“Allora ti verremo a prendere di peso,” termina Mary Margaret.

David annuisce, “E io le darò una mano.”

Anna sembra fuori dalla pelle alla prospettiva. “Ti prego, Emma! Mi sei mancata davvero tanto. E poi così potrai conoscere Kristoff! E potenzialmente dissuaderlo da qualsiasi tentativo di…sto iniziando a chiedermi perché-“

Elsa interrompe sua sorella prima che inizi a divagare troppo. “Dovresti venire, Emma. Mary Margaret ha ragione, il Natale riguarda la famiglia.”

Emma emette un gemito irritato. “Che nome avete dato al piano stavolta? Tutti insieme contro Emma?”

“No, ma perché prendersela per qualcosa che funziona?” Ironizza Mary Margaret.

“Avete vinto,” nel dirlo allude all’intera tavolata. “Verrò.”

“Non aspettavo altro,” replica Mary Margaret con un sorriso radioso. “ Ora, Elsa, come va il lavoro? Stare a contatto con le persone è perfetto per te, sono eccitata al solo pensiero di-“


-/-


Anche da Gold ci sono i saldi. Un ribasso del 50%.

Emma storce il naso all’eccessiva generosità dell’annuncio.

Non c’è periodo dell’anno migliore per buttare i propri soldi per una fottuta e stupida simulazione. E che le piaccia o no, ad un certo punto dovrebbe provare anche lei se vuole davvero tirar fuori qualche informazione da quel buco. Quei fottuti ologrammi non sono affatto economici ma grazie al fatto che il suo ufficio impazzisce sotto le feste (Perché la gente se ne va in giro ad andare a letto con altri a Natale? Davvero non c’è più rispetto nemmeno per quello?), le sono rimasti in tasca un po’ di soldi extra.

E sì, ha già speso tutto il necessario in regali.


(Anche se in fondo in fondo Emma sta ancora decidendo se vale la pena o no andare da David domani. Un conto è la cena di una sera.
Ma Natale? Quello è tutto un altro paio di maniche).

Quindi questo è il modo in cui trascorre la sua Vigilia: da Gold a buttar via una cazzo di montagna di soldi per qualcosa che finirà sicuramente per causarle un trauma psicologico.

Ma, dannazione! Deve per forza spendere quei soldi se vuole ottenerne altri e Ingrid la pagherà solamente quando porterà a termine l’incarico. Emma ha tentato ogni strada pur di capire cosa succede dentro quell’edificio. Ora deve arrangiarsi e mettere la parola fine a
questo dannato caso.


(Riguardo al trauma psicologico, non è molto sicura che le cose possano peggiorare ulteriormente. Ad Emma non sono rimaste poi così tanti pesi da aggiungere alla bilancia del rancore prima di trasformarsi in un fottuto misantropo).


L’assistente di laboratorio si assicura di farle riempire una serie di questionari: sembra di fretta e ha un aspetto piuttosto tirato a causa del flusso di affari quella sera. Ad Emma vengono poste domande del tipo: come si chiamava? Qual era la sua data di nascita? Il tuo ricordo più bello con lui? Lei le fa vedere persino qualche foto e qualche video sul suo telefono.

Il meccanismo è anche fin troppo chiaro, ad essere onesti.

Emma non riesce a capire come gli altri facciano a sottoporsi ad un processo simile e a credere ancora alla storia della materia celebrale.
Ma ancora una volta, le persone disperate sono portate a credere a tutto. E se c’è qualcuno davvero in grado di saperlo, quella persona è lei.

 
Non che sia disperata.
 

(O almeno non più).
 

-/-
 

La prima volta che lo vede di nuovo (lui o qualsiasi cosa sia), si sente come se le avessero appena dato un pugno allo stomaco.
 
I suoi occhi hanno la stessa sfumatura di marrone. I suoi capelli sono ricci come li ricorda. Indossa persino gli stessi stivali che si rifiutava sempre di mettere a posto.
 
Ologramma o no, è davvero fottutamente realistico.
 
“Graham?” Prova, la voce spezzata nel pronunciare quella semplice parola.
 
“Emma,” prorompe lui con un sorriso luminoso. “ Mi sei mancata.”
 
Le dice che la ama, le dice che le dispiace di essersene andato senza prima dirle addio, le domanda che cosa sta facendo ora e come si sente.
 
Emma non riesce a rispondere a tutto come vorrebbe.
 
Graham continua a raccontarle di come abbia trovato pace, di come sia morto facendo la cosa giusta, di come spera che lei sia riuscita a cavarsela anche senza di lui. Le dice che non avrebbe mai voluto lasciarla, l’espressione sincera ed i gesti imploranti.
 
Le parole sono generiche, approssimative e un po’ scontate, ma dette con il modo di fare e il tono di voce di Graham  risultano comunque dannatamente convincenti.
 
Sa che è una messinscena. Che nulla di tutto ciò che vede è reale. Nella sua testa, Emma è consapevole di tutto questo. Ma lui sembra vivo e sembra essere veramente lì di fronte a lei e stavolta Emma non vuole lasciarlo andare di nuovo.
 
C’è davvero bisogno che sia reale, poi?
 
“Devo andare,” prorompe alla fine. La sua voce è tremante. Non sa nemmeno se lui sia riuscito a sentirla.
 
“Tornerai a trovarmi?” La supplica Graham, le mani tese verso di lei. C’è solo uno spazio argentato a dividere le loro mani, per quanto il suo corpo possa essere solo una proiezione.
 
Può quasi sentirlo.
 
Emma chiude gli occhi con forza, scuotendo la testa. “Non posso.”
 
“Perché non puoi?” La supplica ancora. “Non mi ami più? Non vuoi più vedermi?”
 
“Questo non sei tu.”
 
“Questa è la cosa più vicina a ne che puoi ottenere. Non è abbastanza?”
 
Graham la sta guardando, è così sincero con quegli stessi occhi marrone scuro e quei riccioli. Le fa venire in mente la prima volta che si sono baciati, quando lui si è preso cura delle sue ferite e l’ha guardata per la prima volta in quel modo, come se fosse davvero in grado di leggerla dentro.
 
Ma c’è qualcosa di sbagliato sotto tutto questo.
Ad un’analisi superficiale sembra veramente il solito di sempre – ma sotto sotto c’è in lui qualcosa di piatto. Il suo sguardo è espressivo come quello di una soap televisiva. Manca la profondità. È tutto bidimensionale. Lui è bidimensionale.
 
Quello non è Graham, non veramente.
 
È un ingegnosa trovata per far soldi, solo questo, è un modo per manipolare i propri clienti sfruttando i loro desideri più grandi e le loro sofferenze più profonde per assicurarsi un continuo ritorno di vendite. Una ragazzina con la propria pagella e un papà rimasto solo che continuano a venire ancora e ancora pur di non ritrovarsi faccia a faccia con una madre delusa che potrebbe traumatizzarli a vita. Una mamma non dovrà mai accettare la consapevolezza di essere sopravvissuta a suo figlio se può continuare a vederlo dando fondo alla sua carta di credito. Un’orfana a cui non è mai importato nulla non penserebbe mai di avere un modo per continuare a vedere l’unico uomo che l’abbia mai realmente amata senza doverlo lasciare andare per sempre.
 
Dopo tutto, quanto saresti disposto a pagare per tenere in vita le persone che ami di più?
 
Gold ha speculato sull’affetto delle altre persone pur di mantenere in piedi il proprio giro d’affari e vincere. Chiunque non impiegherebbe molto a scommettere con dei dadi truccati, ma se ti manca qualcosa come il rispetto per i sentimenti degli altri – sei un mostro.
 
“No,” mormora, e sa che nessuna parola sarà in grado di fare la differenza per lui. Non per questo lui. Ma la farà per lei, e questo le basta. “Non è abbastanza.”
 
Emma spegne la simulazione con un pulsante, scacciando via le lacrime e rifiutando di arrendersi.
 
Graham se ne è andato.
 
In quell’istante tutto ciò che desidera è non averlo mai riportato indietro.
 
-/-
 
Chiude la porta della stanza e ci si appoggia contro, asciugandosi le lacrime che continuano a sgorgarle dagli occhi. Non ha riavuto indietro Graham, ha speso una barca di soldi e non ha scoperto nulla che possa aiutarla con il caso.
 
Non poteva avere idea peggiore che andare lì.
 
“Non piangere, è Natale,” prova a consolarla un ragazzino seduto su una panca mentre lascia ciondolare le gambe. Non può avere più di undici anni.
 
“Non sto… piangendo,” si difende Emma con poca convinzione. Il fatto che le parole le escano più nasalizzate di quanto vorrebbe, non depone a suo favore.
 
“Mia madre mi diceva sempre che non c’era nulla di male nel piangere,” aggiunge. “Tua madre non te lo diceva?”
 
Emma tira su col naso. Una gamba scorticata, il suo primo ragazzo, trovare il corpo di Graham nella fottuta scena del crimine insieme a sua madre in ginocchio. Stavano cenando quando è arrivata la notizia e il pavimento le ha riempito di tagli le ginocchia quando ci è caduta sopra. Ora… “È un po’ che non me lo dice più.”
 
“Cerca di consolarti con la famiglia che ti rimane,” le consiglia saggiamente il ragazzino. Detto ciò si gira come per andarsene.
 
Emma aggrotta le sopracciglia. “Buon Natale anche a te, allora.”
 
Si allontana dal corridoio riservato ai clienti – un vero e proprio cimitero tirato a lucido – dopo aver asciugato il resto delle lacrime di fronte allo specchio del bagno accanto ad una madre singhiozzante che non riesce a smettere di ripetere qualcosa riguardo il ‘suo bambino’. Quando Emma esce dalla porta e inizia a percorrere il miglio che la separa dall’auto, inizia a nevicare.
 
Sembra che sarà un Natale in bianco. Emma si immagina quale sarà la reazione entusiasta dell’ologramma di Bing Crosby alla notizia.
 
-/-
 
La mattina dopo Emma si materializza alla soglia della famiglia Blanchard-Nolan, nonostante il suo mezzo tentativo di declinare il loro invito. Ha già comprato i regali. Non presentarsi sarebbe uno spreco di denaro.
 
“Vedo che hai deciso di farti viva per le vacanze,” la accoglie Mary Margaret con un sorriso caloroso quando apre la porta.
 
“Non c’era nulla di interessante in TV,” si giustifica Emma.
 
Mary Margaret si limita ad alzare gli occhi al cielo e si fa avanti per abbracciarla. “Vieni dentro.”
 
Emma accetta l’invito, appoggiando tutti i regali che ha portato sotto l’albero di natale in salotto. Se possibile, l’intero appartamento è ancora più addobbato dell’ultima volta che Emma è stata lì. Ancora una volta, Emma considera il rischio che la casa vada a fuoco con tutte quelle luminarie.
 
David si affaccia dalla cucina, asciugandosi le mani con uno straccio. Quando individua Emma, la raggiunge di corsa e la abbraccia finendo quasi per sollevarla da terra. Anna e un ragazzo accanto a lei che presume essere il tanto declamato Kristoff, lo seguono a ruota.
 
“Buon Natale!” Esclama David contro i suoi capelli.
 
“Buon Natale anche a te,” replica ritornando con i piedi a terra e scivolando via dalla sua presa.
 
Anna fa eco alle parole di David, un uragano di capelli rossi la travolge e l’abbraccia. “Buon Natale! Sono così felice che tu sia venuta!!!”
 
Anche Emma è un po’ felice anche se non lo ammetterebbe mai. “ Buon Natale anna. Lui è il tuo fidanzato?”
 
“Kristoff,” si presenta lui, allungando una mano per stringere la sua. “Anna mi ha detto che avrei fatto meglio ad abbracciarti la prima volta, ma poi si è corretta e ha detto che avresti potuto uccidermi se lo avessi fatto.”
 
“La seconda ipotesi è forse più accurata,” replica Emma con un sorriso sulle labbra. Prende la mano di Kristoff per stringerla. “È un piacere conoscerti.”
 
“Anche per me,” si sbriga ad aggiungere Kristoff.
 
Sembra un ragazzo a posto.
 
“Voi due vi siete letteralmente superati,” commenta Emma, studiando l’aspetto della stanza.
 
Mary Margaret si schernisce con un’alzata di spalle. “Beh, è una delle nostre specialità. Non è così male rispetto allo scorso anno.”
 
“Ti riferisci a tutti quei fiocchi di neve fatti con la carta che avete impiegato ore a realizzare?” la punzecchia Emma, ridendo ancora al ricordo.
 
“L’unica cosa che ricordo è che abbiamo continuato a trovare pezzetti di carta in giro per la casa per mesi,” termina una voce, svoltando l’angolo dell’ingresso dopo aver fatto la sua entrata dalal porta rimasta aperta.
 
Emma non sa perché non è riuscita a prevederlo in anticipo.
Dopotutto era ovvio che ci sarebbe stata anche Ingrid. O si aspettava forse che passasse il Natale sulle Alpi a convincere qualche psicopatico a ritrattare la sua versione?
 
Mary Margaret e David le rivolgono uno sguardo desolato.
 
“Ti avremmo detto che avevamo invitato anche lei, ma-“ inizia Mary Margaret.
 
Davide finisce la frase per lei. “Ma allora tu non saresti venuta.”
 
“È tutto a posto,” li rassicura.
 
No, non lo è affatto.
 
“Ti avrei portato un regalo, ma da Target avevano finito le loro scorte di male assoluto,” commenta Emma all’indirizzo di Ingrid, astiosa.
 
Ingrid sorride, un suono volutamente ilare. “Devo aver ripulito tutti gli scaffali l’ultima che ci sono stata.”
 
“Ma fammi il piacere,” la riprende Emma. “ Come se avessi il coraggio di andare in un posto così plebeo come Target.”
 
Un minuto piuttosto teso passa tra di loro.
 
“È stato veramente un piacere incontrare tutti voi,” dice Kristoff, un po’ a disagio.
 
Anna gli dà una gomitata. Lui sobbalza.
 
Emma prende un respiro profondo. “Perdona la mia presentazione un po’ tesa della famiglia, Kristoff.”
 
“Come?” Kristoff gesticola verso di loro, sollevando un sopracciglio. “Intendi questo? Figurati. Dovresti vedere i nostri litigi, specialmente sotto le feste. Immagino che tu e tua madre vi vogliate un bene immenso al di là di tutte queste frecciati-“
 
“Oh, no. Io la odio sul serio con ogni fibra del mio essere,” precisa Emma con cura, togliendosi la giacca. “Berrò solo qualche sorso in meno se la cosa ti mette a disagio.”
 
Ingrid sospira, incrociando le braccia e unendosi a David in cucina senza aggiungere altro.
 
“Oh,” si limita a commentare Kristoff, un po’ spiazzato. “Beh… allora dovresti essere più gentile con lei almeno sotto le feste.”
 
“Non glielo hai detto, vero?” Domanda Emma all’indirizzo di Anna.
 
“Ad essere sincera, non credevo vi odiaste fino a questo punto,” commenta Anna. “ Pensavo fosse più una cosa da ‘ sono furiosa ma ti voglio bene comunque’ e non ‘ non posso tollerare nemmeno di condividere con te il mio ossigeno’”.
 
“Posso ancora respirare pur sapendo che l’aria è inquinata dalla sua più completa mancanza di decenza. Il punto è, Kristoff, che le mie ragioni sono più che giustificate.” Dice Emma, spostando la sua attenzione su di lui. “Se Anna vorrà parlarti dei nostri trascorsi più tardi, è affar suo.”
 
“Io-“ fa per dire Kristoff, balbettando un po’.
 
“E se non la tratti come si deve, ti uso come decorazione per il prossimo Natale.”
 
“Sei stata…chiarissima,”riesce a dire alla fine, aggiustandosi il colletto della camicia. “Non sentite anche voi un po’ caldo? Penso proprio che faccia troppo caldo. Probabilmente è colpa del camino… che non avete. Perché dovreste avere un camino? Le calze possono essere appese anche alle pareti, oltre che al camino. Credo proprio che mi sposterò in un posto un po’ più fresco. Forse in cucina. Non sopporto proprio il caldo, quindi vado in cuci- Sto andando. Ora.”
 
Dopo aver preso un percorso insolito, si unisce anche lui al resto della famiglia. Il che lascia Anna ed  Emma da sole in salotto.
 
Anna la guarda a braccia conserte.
 
“Seriamente?”
 
Emma alza le spalle, indifferente. “Sembra più intelligente di quanto non dia a vedere. Può farcela. Prendila come uno stimolo a formare meglio il suo carattere.”
 
“E io che pensavo che Elsa stesse esagerando con le intimidazioni,” mormora Anna, spostandosi per sedersi di fronte ad Emma. “Almeno sono riuscita a portare a termine la mia missione.”
 
“Quale missione?” le fa eco lei, perplessa.
 
“Ero la persona preposta ad evitare che tu zia Ingrid finiste con l’uccidervi l’un l’altra,” dice Anna a mo’ di spiegazione. Sta parlando troppo velocemente, ciò significa che si sente a suo agio al di là delle tensioni di poco prima. C’è solo che da preoccuparsi quando Anna inizia a parlare a velocità normale. “E visto il modo in cui sono andate le cose, la considero una vittoria.”
 
“Beh, insomma,” commenta Emma, cupa, prendendo un lungo sorso di liquore allo zabaione. “ La serata non è ancora finita.”
 
“Diciamo che voglio essere…ottimista,” dice Anna. Dal tono di voce sembra quasi essere seria.
 
Emma ridacchia. “Bentornata a casa per le vacanze, Anna. Scommetto che ti mancava tutto questo delirio quando eri a Portland.”
 
Anna sta aprendo la bocca per replicare quando qualcuno bussa alla porta.
 
Emma lascia si concede un sospiro di sollievo. “Questa deve essere Elsa.”
 
Anna salta in piedi all’annuncio in un gesto fin troppo entusiasta.
 
Aprono la porta e beh, non poteva che trattarsi di lei.
 
“Anna! Emma!” Esclama Elsa, abbracciandole entrambe mentre cerca di stare attenta a bilanciare il peso dei pacchetti che ha in mano.
 
“Mi siete mancate terribilmente entrambe!” Esclama Anna, mentre lei e la sorella intrappolano Emma in un unico abbraccio.
 
“Dio, sembra quasi siate diventate più forzute dall’ultima volte in cui ci siamo viste,” commenta Emma, riuscendo a malapena a tirar fuori le parole vista la loro morsa serrata.
 
Elsa si tira indietro. “Grazie,  mi sono allenata un po’ in sala pesi. E Anna: mi sei mancata così tanto! Kristoff è qui?”
 
“Certo!” Esclama Anna, facendo da guida ad entrambe. “Emma ha appena smesso di terrorizzarlo a morte, ma è riuscito a non scappare via.”
 
A questo punto, Kristoff entra nella stanza. “Elsa, è così bello rivederti di nuovo! Tua cugina non è affatto spaventosa.”
 
Emma rimane a fissarlo solo per assistere alla sua reazione. Elsa prova (e fallisce) nel tentare di nascondere le risate. Anna sospira solo in esasperazione.
 
Kristoff si corregge: “Okay, magari solo un po’. Qualcosa come… rispetto la sua aura terrificante. Forse-“
 
“Rilassati,” lo rassicura Emma. “Ti sto prendendo per il culo.”
 
Kristoff lascia andare un profondo respiro. “Rassicurante.”
 
David entra nella stanza nel momento esatto in cui Kristoff smette di parlare. “Elsa! Avevo sentito bene allora!”
 
Elsa gli va incontro per dargli un abbraccio. “Già! È così bello vederti!”
 
Mary Margaret arriva solo poco dopo. Ingrid la segue a ruota e quando la vede, Elsa si irrigidisce.
 
Elsa è un po’ come lei. È meno incline a perdonare, è più cauta. E dato quello che si sono dette, non si fida più di Ingrid come prima. Emma e lei si scambiano uno sguardo.
 
“Ingrid,” la apostrofa, fredda.
 
Ingrid si altera un po’ di fronte alla sua reazione. “Vedo che tu ed Emma avete già parlato di me e che sei giunta alle sue stesse conclusioni.”
 
“Oh, ma ti prego-“ critica Emma, tirandosi indietro di un passo.
 
Elsa incrocia le braccia in risposta. “No, Ingrid. Sono giunta alle mie personali conclusioni e ho preso le mie decisioni allo stesso modo in cui tu hai preso le tue quando hai deciso di accettare il caso.”
 
Ingrid sospira.
 
Un silenzio teso si instaura tra di loro per un minuto. Lo sguardo di Kristoff sorvola nervoso da un lato all’altro della stanza, come alla ricerca di una via di fuga. Anna ha iniziato letteralmente a mordersi le unghie, rovinando lo smalto rosso che ha messo per l’occasione. Mary Margaret e David si stanno guardando l’un l’altra, cercando di decidere cosa fare tramite il loro modo di comunicare ai limiti della telepatia.
 
E poi ci sono Emma, Elsa ed Ingrid.
 
Il forno inizia a suonare.
 
“Me ne occupo io,” si affretta a dire David.
 
“Ti aiuto,” gli fa eco Mary Margaret.
 
E quasi corre per raggiungerlo in cucina. “Sapete che vi dico, mi offro anche io.”
 
“Credo che, insomma, stiamo andando a tirar fuori il maiale dal forno tutti insieme,” mormora Kristoff in direzione degli altri. “È piuttosto pesante. Non c’è altra spiegazione.”
 
E quindi rimangono solo loro tre.
 
“Senti,” prorompe Emma, tesa. “Non andiamo d’accordo.”
 
“Vorrei che lo facessimo,” biascica Ingrid.
 
“Non andiamo d’accordo,” ripete Emma un po’ più forte, appoggiandosi contro la parete. “Ma a rischio di far venire un colpo apoplettico a tutti e quattro, dovremmo cercare di evitare di interagire l’una con l’altra ad ogni costo.”
 
“Sono d’accordo,” annuisce Elsa.
 
“È davvero questo che vuoi?” Le domanda Ingrid, ticchettando con i tacchi sul parquet.
 
“Sì,” risponde seccamente Emma. “È davvero quello che voglio.”
 
Ingrid indossa un sorriso falso sul viso, uno di quello a cui orma si è abituata fin troppo. “Allora va bene, eviteremo di parlarci. E ora vado a dare una mano a quei quattro a sollevare quello che dev’essere il maiale più pesante del mondo.”
 
-/-
 
C’è un silenzio teso mentre sono seduti a tavola a mangiare.
 
Anna e Kristoff (quei due hanno davvero lo stesso carattere) provano a mettere in piedi una conversazione, aiutati nell’impresa dal contributo occasionale di Davide e Mary Margaret, ma dopo alcune repliche laconiche, anche il loro tentativo va a picco.
 
“Albert Spencer ha deciso di ritirarsi dalla carica di sceriffo,” prorompe a un certo punto David, cauto.
 
“Ma davvero?” Mormora Emma, versandosi nel piatto una consistente porzione di purè. “La sua anca l’ha finalmente tradito? O Satana lo ha chiamato per tornare a svolgere il suo vecchio lavoro giù all’Inferno?”
 
“Sono in corsa per la candidatura a sceriffo,” annuncia David, guardandola dritta negli occhi. “Penso sia venuto il momento di far vedere a Storybrooke cosa significa davvero avere un corpo di polizia efficiente.”
 
Emma deve scusarsi e uscire da quella dannata stanza.
 
-/-
 
Quando torna a tavola (il posto che le hanno assegnato è tra Kristoff ed Elsa, una combinazione che sembra funzionare abbastanza bene), gli altri sembrano aver trovato un argomento decente di cui parlare. Sembra che senza la sua presenza, le cose si siano fatte più facili. David e Ingrid stanno discutendo della sua campagna (la sola parola le rovina l’appetito), Anna ed Elsa stanno parlando dell’ultimo caso con cui Elsa ha avuto a che fare per via del suo impegno nel sociale, e Mary Margaret e Kristoff stanno intrattenendo una vivace conversazione sulle vendite di gelato.
 
A quanto pare Kristoff si occupa di questo. Chi lo avrebbe mai detto.
 
Emma non dice una parola per tutto il resto del pranzo.
 
-/-
 
Purtroppo non è così fortunata anche al momento dello scambio dei doni.
 
Emma ha provato ad impegnarsi a scegliere i regali, che lo si voglia credere o no.
Mary Margaret riceve la stampa di uno di quei quadri idillici che Emma le ha visto osservare al centro commerciale mesi prima e David ottiene un nuovo orologio da polso (non è riuscito ancora a buttare il vecchio che si è rotto, sebbene abbia continuato a insistere per mesi). Ad Anna regala una tessera omaggio per la miglior pasticceria di Portland e a Kristoff una più generica giftcard di Amazon perché non ha idea di cosa possa piacergli.
 
Elsa le regala una custodia per la sua macchinetta fotografica, Mary Margaret una coperta di lana fatta a mano e Anna e Kristoff una giacca di pelle marrone chiaro. Ingrid, lei beh…
 
Il suo regalo è la prima edizione di Uno strano, vecchio orologio di Nancy Drew, datata 1930.
Deve esserle costata una fortuna.
 
Tipico di Ingrid.
 
“Ti piacevano un sacco questo tipo di libri quando erie piccola,” si giustifica, rivolgendole un piccolo sorriso che le restituisce colore alle labbra. “Il che ha senso, visto entrambi i tipi di carriera che hai scelto di portare avanti. Ho pensato che…”
 
“Potessi comprarmi con una trovata così costosa come questa,” sibila Emma, incrociando le braccia. “Sì, so bene a cosa hai pensato.”
 
“Non si tratta di questo. Io ho solo-“
 
Emma esce fuori dalla stanza prima che Ingrid riesca a finire la frase.
 
-/-
 
È seduta sul letto della stanza degli ospiti, che ringraziando il cielo è perpetuamente vuoto.
 
È stata un’idea pessima, dall’inizio alla fine.
 
“Non sono riuscito a darti il mio regalo,” dice David, bussando delicatamente alla porta mentre entra nella stanza. In mano ha un piccolo pacchetto.
 
“Scusami,” mormora Emma, alzando lo sguardo per incontrare i suoi occhi. “Ero più concentrata sul darmela a gambe prima.”
 
“L’ho notato,” ribatte gentilmente, spostandosi per sedersi accanto a lei. David le posa il regalo in grembo.
 
Emma prende un grosso respiro e lo apre. Scartata la carta, si ritrova a tenere in mano una piccola scatolina di legno inciso della dimensione del suo palmo. Aggrottando le sopracciglia, la apre per scoprire all’interno una collana con un ciondolo a forma di cigno che continua ad oscillare.
 
“L’hai persa quando avevi sedici anni,” spiega David rivolgendole un piccolo sorriso contemplativo. “Eri così triste. Dicevi che era qualcosa che avevi con te da più tempo di quanto riuscissi a ricordare. All’epoca ti presi in giro per il tuo essere sentimentale. Ma ad anni di distanza, continuavi a cercarla come se l’avessi ancora al collo.”
 
“Sei riuscito a ritrovarla?” Le chiede, alzando lo sguardo per incontrare il suo, perso nei ricordi.
 
“Non so se si tratta della stessa o solo di una simile,” risponde cauto. “Ho provato a cercarla in ogni antiquario o banco dei pegni ad un’ora di macchina da qui. Non preoccuparti, alla fine non era nel vecchio negozio di Gold.”
 
Emma prova a trattenersi ma fallisce, e alla fine le lacrime iniziano a bagnargli le guance. “Cristo, David. Stai facendo sembrare il mio regalo una merda.”
 
Lui alza gli occhi al cielo, additandosi il polso. “ma smettila, avevo davvero bisogno di un orologio nuovo. Avevi ragione, era ora di mandare in pensione quello vecchio.”
 
Emma ride un po’, prima che l’umore tra di loro si faccia più sobrio. Entrambi rimangono a fissare la parete, senza sapere che altro aggiungere.
 
“Perché vuoi candidarti a sceriffo?” domanda Emma, a disagio. “Dopo tutta la merda che abbiamo dovuto affrontare, perché vuoi farlo?”
 
“Hai ragione,” sospira David. “La situazione fa abbastanza schifo al momento, specialmente giù al dipartimento. Ma voglio rendere le cose migliori. Ho bisogno di renderle migliori. Non voglio più guardarmi allo specchio se tutto quello che continuerò a fare sarà starmene a guardare mentre tutto rimane uguale.”
 
Emma scuote la testa. “Ma certo, vuoi farlo per un bene superiore. Sembra abbastanza da te.”
 
“La tua mente brillante potrebbe essermi d’aiuto.” Cerca di azzardare Davidi.
 
Emma ridacchia, stringendosi un po’ di più nel maglione che indossa. “Penso che il mio cervello ti causerebbe più danni che altro. Non godo esattamente di stima in polizia.”
 
“Non ho bisogno di qualcuno che goda di stima, ho bisogno di qualcuno che convinca le persone.”
 
“Come scusa?” Emma solleva un sopracciglio. “Ora ti preoccupi di loro? Mio caro David, allora sei davvero cambiato.”
 
David sospira, ha un aspetto esausto. “Non ho paura di loro, ma per come sembra che andranno le cose potrei aver bisogno del loro appoggio. Tutto non ha fatto altro che peggiorare da quando te ne sei andata.”
 
L’espressione di Emma si fa perplessa: “Che intendi?”
 
“Dopo quello che è successo con… Arthur sembra solo peggiorare. Si sente autorizzato a far tutto con chiunque, e forse a questo punto è davvero così. Ad Albert non frega nulla comunque, penso proprio che lo stia incoraggiando a continuare sulla sua strada.”
 
“Il volto nobile e veritiero del dipartimento di polizia di Storybrooke,” mormora.
 
“C’è stato un picco delle segnalazioni sull’uso eccessivo della violenza e sono tutte riconducibili a loro due, Emma…” David si passa una mano sul volto, appoggiando la schiena al pannello della testiera. “Qualcuno deve fare qualcosa.”
 
Emma annuisce, il pensiero rivolto a Graham e al ragazzino che è morto per salvare. “Parli da vero eroe.”
 
David si acciglia. “Non proprio. Voglio solo… Voglio che questo lavoro torni ad essere quello che sognavo da ragazzino. Salvare le persone. Dare la caccia ai cattivi. I nemici non dovrebbero essere le persone che lavorano al tuo fianco, ma quelle che devono ricevere un giusto processo e una pena adeguata.”
 
Emma annuisce, sovrappensiero.
 
“Perché non hai smesso di provarci con me?” Gli domanda, cingendosi le gambe con le braccia.
 
David alza le spalle.
 
“Qualcuno deve star loro dietro e impedire che Albert e Arthur mandino in rovina la città fino alle fondamenta.”
 
“Che è diverso dal tagliare i ponti con tutti e fuggire come ho fatto io,” mormora Emma, appoggiando il mento sulle ginocchia.
 
David scuote la testa. “Hai passato l’Inferno, Emma. Continuare a star loro intorno non ti sarebbe stato d’aiuto. A modo tuo stai continuando ad aiutare gli altri, adesso posso capirlo.”
 
Emma sbuffa, schernendolo. “Sì, sto  davvero aiutando l’intera comunità scattando quelle sporche foto.”
 
“Stai investigando sul conto di uno psicopatico per il bene di una bambina,” le fa notare David. “Mi sembra un’impresa abbastanza eroica.”
 
“Ingrid mi paga abbastanza bene. Mi piace avere uno stipendio fisso di tanto in tanto. Mi aiuta a pagare le bollette elettriche e Netflix.”
 
“No,” obietta David. “Puoi prendere in giro tutte le persone con vuoi con la storia che non te ne frega un cazzo, ma non puoi prendere in giro me. Ti interessa davvero, Emma. Ti è sempre interessato, solo che fingi che non te ne importi perché senti che te ne importa troppo.”
 
Emma rimane in silenzio per un istante, immobile, le braccia conserte e gli occhi fissi sui suoi stivali.
 
“Cos’è? Tu ed Elsa avete deciso di farmi da strizzacervelli?” borbotta dopo un momento.
 
David alza gli occhi al cielo. “Accetta il fatto che ci siano persone che ti amano e che vogliono solo il meglio per te. Non è così difficile, giuro.”
 
Emma sospira, esasperata.
 
“Non sono un granché con le campagne, lo sai.”
 
“Lo so,”ribatte David, tranquillo.
 
“Sono una merda a scrivere discorsi.”
 
“Credo di ricordarmi il tuo esame al college abbastanza bene, ti ringrazio,” ridacchia David, spintonandola con la spalla. “Non ti sto chiedendo di essere la mia organizzatrice, Emma. Voglio solo sapere che… che tu sarai dietro di me a sostenermi, tutto qua.”
 
“David,” sta quasi per rimproverarlo, perché dovrebbe sapere bene cosa ne pensa al riguardo. “Sono sempre con te a coprirti le spalle. Al cento percento.”
 
“E io sono sempre dietro di te,” replica lui, passandole un braccio sopra la spalla. “Al cento percento.”
 
Qualche giorno dopo David annuncia ufficialmente la sua candidatura.









Angolo della traduttrice:
Bonsoir! Mi scuso per il ritardo e per il commento laconico. Vi lascio solo il link all’originale (http://archiveofourown.org/works/5494874/chapters/12741035) e mi riservo di rispondere ai vostri commenti fra qualche giorno a esami finiti. Un bacione e un ringraziamento a speciale a chiunque avrà voglia di leggere e dirmi che pensa del capitolo.
Alla prossima!
 
Whiteangeljack
  
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