Oggi mi sono comportata in maniera orribile con diverse persone, e anche se questa storia non è un gran che, e io non merito di essere scusata nemmeno a pagare, volevo dedicarvela ragazzi, perchè mi dispiace da morire.
Tutta la raccolta partecipa alla challenge "Benvenuti al banco dei prompt!"
{Tabella “Genere libero”; Prompt 05 “Ti prego”}
{Roy Mustang e Riza Hawkeye}
DOPO L’INFERNO
-Ricordi tutto, vero?
Nelle quasi tenebre della stanza d’ospedale, Riza annuì.
-Bene, vi lascio soli allora. – il dottor Marchoc lo disse con una tenerezza tale che si sentì arrossire mentre l’uomo spariva nella luce del corridoio, richiudendosi dietro la porta.
-Posso aprire gli occhi ora? – domandò Roy, con il tono un po’ piagnucolante di un bambino che rivuole il suo giocattolo. Solo che, nel suo caso, non si trattava di un giocattolo ma della sua vista, e tutta l’attesa perché ci fosse la penombra adeguata a non ferire i suoi occhi ora sensibili lo stava snervando.
-Faccia pure. – e lui non se lo fece ripetere.
Per un attimo lo prese il terrore. Davanti agli occhi aveva il buio assoluto.
Poi ci fu un movimento, e la figura che nascondeva lo spiraglio di luce si mosse verso di lui, rassicurandolo con qualcosa che non fossero tenebre, finalmente.
-Come si sente? – solerte come sempre, Occhio di falco. O, come preferiva chiamarla ultimamente, “i suoi occhi”, non di falco, non letali o speciali. Solo il suo tramite con il mondo.
-Bene. – le prese la mano trovandola accanto a sé, e sorrise quando lei non si ritrasse – Molto bene.
-Adesso niente più balie. – commentò serafica Riza, e lui, come al solito, lesse il significato nascosto tra quelle parole.
Era più o meno la stessa sensazione che aveva provato quando era stata assegnata a King Bradley: dopo la simbiosi più assoluta, trovarsi improvvisamente soli.
In un silenzio imbarazzante, Roy avvertì la mano di Riza che tentava di scivolare fuori dalla sua e la strinse più forte.
-Siamo stati all’inferno già per la seconda volta però… Resta ancora con me. Ti prego. Promettimelo – le prese la mano e se la posò sulla guancia mal rasata – Ti prego. – lo ripeté un’altra volta, perché fosse chiaro che non era un ordine – Ti prego. – sussurrò un’ultima volta, nel silenzio.
Lasciò cadere la mano di lei, ma, contrariamente a quanto pensava, rimase premuta contro la sua pelle.
-Lo giuro. Sarò con te fino alla fine dei miei giorni. – “te” non “lei”.
Nell’aria al disinfettante di quella stanza d’ospedale, risuonò come un “sì, lo voglio”.