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Autore: WaterfallFromTheSky    17/02/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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-A domani!-
-A domani, cara!-. Haruko lasciò la panetteria, accompagnata dal sorriso allegro seppur stanco di Shizune. Una volta uscita, accanto alla porta, trovò la piccola Mina seduta su un gradino. Aveva il volto imbronciato.
-Ehi, piccola. Che brutta faccia. Qualcosa non va?-
-Oh, Haruko. No, niente-
-Non si direbbe. Ma se non vuoi parlarne non fa niente, non mi offendo. Però prendi uno di questi biscotti. Li ho fatti io stamattina e sono avanzati-. La giovane porse un grosso biscotto alla bimba, che non ci pensò due volte a prenderlo e ad addentarlo, ringraziandola subito dopo.
-Piaciuto?-
-Si! Sei brava!-
-E' bravo tuo padre a insegnarmi! Bè, piccola...se non hai nulla da dirmi, io vado-. Haruko scese i pochi gradini, ma si fermò quando la piccola borbottò:-Ho paura-
-Di che cosa?-
-Per...la mamma-. Haruko restò interdetta; preoccupata, si sedette accanto alla bimba e le chiese:-In che senso?-
-Non sta bene...si stanca subito. Quella panciona-. Haruko sorrise e replicò:-E' normale. Va tutto bene. Presto non avrà più quella panciona e starà meglio-
-Ma...com'è avere un fratellino? O una sorellina? Vedo i miei amici che litigano coi loro fratelli...-. Haruko deglutì; ricordare suo fratello non le fece piacere. Tuttavia disse:-E' normale litigare coi propri fratelli, soprattutto quando si è piccoli. Ci saranno momenti in cui lo odierai (o la odierai) perchè dovrai dividere tutto, perchè i tuoi genitori daranno meno attenzioni a te oppure perchè ti farà dispetti...ma non dura per sempre. Crescerete e vi vorrete bene-
-Dovrò aspettare di crescere? A che età devo arrivare?-. La ninja ridacchiò, intenerita, poi disse:-Non c'è un'età fissa. Dipende da voi. Tu cerca di essere sempre buona e paziente e vedrai che non dovrai aspettare molto. Potrebbe anche piacerti da subito. Di sicuro ti piacerà dopo-
-Se lo dici tu...ma tu come fai a sapere tutte queste cose?-
-Ehm, io...-
-Tu hai fratelli o sorelle?-. Haruko divenne triste tutto d'un tratto, ma si impegnò per non mostrarlo alla bambina; rispose, guardando la strada:-Avevo un fratello maggiore. Mi faceva un sacco di dispetti, litigavamo sempre, ma ci volevamo bene. A volte ci coprivamo l'un l'altra se combinavamo qualche marachella. Oppure capitava che io lo difendessi dagli altri bambini, che lo prendevano in giro perchè era un pò lento nei ragionamenti ed era grande e grosso e goffo-
-Ah, ho capito! E ora dov'è?-
-Lui...è partito. Non lo vedo da un bel pò di tempo-
-Ti manca?-. Haruko esitò nel rispondere. A primo acchito era portata a rispondere di si, ma poi ricordava la freddezza e la crudeltà con cui aveva eliminato Yoshi, con cui aveva messo da parte lei per servire Lady Kagami, scegliendo di ucciderla...
-Scusami piccola, devo andare. Ho un pò da fare-
-Ah, va bene. Ciao ciao!-
-Ciao!-. Le fece una carezza sul capo e si allontanò a passo svelto, cercando di scrollarsi di dosso il ricordo di suo fratello. Ci riuscì quando la sensazione di essere osservata, che non avvertiva da alcuni giorni, si rifece viva. Si guardò intorno...e trovò presto chi cercava, dato che balzò giù da un tetto, atterrandole accanto.
-Rikimaru!-. Esclamò il suo nome con più gioia di quanto pensasse; in effetti, era molto felice di vederlo. Finalmente era tornato e stava bene.
-Ciao, Haruko-. Rikimaru aveva ascoltato la breve conversazione avuta tra la ragazza e la bimba poco prima, tuttavia decise di non farne parola per non importunare Haruko. I due si incamminarono verso la casa degli Azuma; Haruko porse un biscotto a Rikimaru dicendo:-Ti va?-. Il giovane non rifiutò, anche se prese il biscotto con una certa esitazione: Haruko pensò che non fosse abituato a ricevere doni di alcun tipo. Sembrò piacergli, dato che lo divorò all'istante.
-Piaciuto?-
-Si, molto buono-. La giovane pensò subito di prepararne altri appena possibile, solo per Rikimaru: gli era infinitamente grata per la possibilità che le aveva dato facendola restare lì e allenandola, era smaniosa di sdebitarsi in ogni modo. Gli disse:-Ce ne sono altri. A sufficienza per tutti. Ne farò degli altri a breve. E anche del pane-. Il giovane si limitò ad annuire. Haruko domandò scherzosamente:-Come mai mi osservavi? Hai ripreso la tua vecchia missione?-
-Certo. Non era conclusa. Ho solo dovuto interromperla temporaneamente-. Haruko scherzava ma Rikimaru no e lei se ne accorse. E ci restò male. Aveva pensato che, sotto sotto, ormai non fosse più solo una missione quella di tenerla d'occhio...invece si era sbagliata. Rikimaru, sebbene le avesse dato modo di riscattarsi, non si fidava ancora completamente di lei. Lei era ancora solo una missione per lui, null'altro. Haruko invece aveva finito per affezionarsi a lui, tanto da avvertire la sua mancanza mentre lui non c'era stato. Bè, aveva esagerato. Lui l'aveva salvata e l'aveva aiutata, ma nulla più. Doveva tenerlo a mente.
-Capisco- replicò.
***
Aveva i denti digrignati. Molto digrignati. Forse non le faceva bene stringere le mascelle a quel modo. Oppure avrebbe dovuto farle mettere qualcosa di morbido tra i denti. Bè, forse la prossima volta, non era certo il caso di interromperla, visti gli sforzi eccessivi che faceva per completare l'esercizio.
Percorreva la riva del piccolo fiume con un'asta di legno sulle spalle, alle cui estremità erano appesi due secchi pieni di pietre. Doveva camminare a passo svelto, meglio di corsa, ma per lei era troppo faticoso. Aveva il viso paonazzo e bagnato di sudore, la fronte corrugata, le mascelle contratte, gli occhi scuri puntati per terra.  Riusciva a fare una ventina di passi veloci, poi rallentava e riprendeva di nuovo, concentrata, caparbia sotto quel peso. Non era molto forte fisicamente, tuttavia non aveva una costituzione debole e Rikimaru era convinto che potesse migliorare presto. Alcuni progressi c'erano già stati. Ogni tanto lui la aiutava incoraggiandola a parole: il Maestro Shiunsai aveva fatto così in passato con lui e Ayame, e Rikimaru lo ricordava bene. Si chiese se il padre di Haruko avesse fatto altrettanto quando, in vita, aveva pensato lui agli allenamenti della figlia. Anzi, dei figli. Haruko aveva un fratello. Di cui non si sapeva nulla. Lei non lo aveva mai menzionato; anche quando gli aveva parlato in breve della sua famiglia, suo fratello non era stato nominato, come se non esistesse. Perchè? Rikimaru non sapeva se fosse giusto chiederglielo, nè se fosse importante. L'unica cosa certa era che la ragazza non aveva un buon ricordo di lui, a giudicare dal modo schivo con cui ne aveva parlato con Mina. Sicuramente gli aveva voluto bene, ma poi doveva essere successo qualcosa.
I pensieri del giovane furono interrotti proprio dalla ragazza, che inciampò e per poco non cadde sotto tutto quel peso; Rikimaru si allarmò, tuttavia lei restò in piedi e continuò come se nulla fosse. "Brava" pensò lui, soddisfatto. Quella ragazza gli ricordava un pò se stesso: Rikimaru era abituato a impegnarsi seriamente in tutto ciò che faceva, e così lei. Ricordava bene quanto aveva dovuto faticare durante gli allenamenti con il Maestro, quanto sudore e forze aveva perso, quanti lividi, graffi e ferite di ogni genere aveva riportato a casa pur di concludere gli allenamenti in modo soddisfacente. E così faceva lei. In tutto, anche nel lavoro. Ricordò il biscotto che lei gli aveva dato prima di pranzo; non sapeva quali fossero le competenze passate di Haruko, ma di certo non quelle di panettiera o cuoca, eppure era diventata indispensabile per il panettiere del villaggio ed era riuscita perfino a imparare a realizzare quei biscotti, che erano perfetti. L'impegno e la dedizione di Haruko avevano colpito Rikimaru fin dall'inizio, ogni giorno. Eppure, in quel momento, i suoi pensieri presero una piega diversa.
La seguì mentre procedeva coi secchi sulle spalle, e il suo sguardo finì su un piccolo fiorellino bianco con striature viola. Ricordò il biscotto che lei gli aveva dato. Rikimaru era sempre stato molto educato con tutti: il Maestro Shiunsai gli aveva insegnato anche quello, ancor prima degli allenamenti e delle arti marziali. Il giovane ninja sapeva che, se si riceve un regalo, bisogna ricambiare. Un biscotto non era gran che, ma Haruko era stata comunque molto cortese nei suoi riguardi e meritava altrettanto.
"Chissà se le piacciono i fiori...". Eppure, la cosa lo agitò senza che ne capisse il motivo. Forse perchè non aveva mai fatto regali a nessuno, men che meno ad una ragazza.
-Oh!-. Il filo dei pensieri di Rikimaru fu reciso da quel gemito: Haruko era in ginocchio, stremata. Ancora non aveva mollato l'asta coi secchi, però. Aprì la bocca per dirle che poteva bastare per quel giorno, ma preferì richiuderla mentre la osservava sollevare prima un ginocchio e poi l'altro...e quindi tornare in piedi e percorrere la sponda del fiume. La lasciò fare, tuttavia la seguì più da vicino per soccorrerla nel caso avesse avuto bisogno, per evitare che si facesse male.
***
Haruko era stanca morta e la notte non le donò il ristoro che sperava. La giornata che seguì fu parecchio impegnativa per lei, molto più del solito. Quando arrivò in panetteria, vide che era tutto chiuso; stranita, bussò alla porta di casa del panettiere. Venne ad aprire Mina: aveva gli occhi sbarrati ed era pallida.
-Ehi, che succede?-
-Haruko! Vieni, la mamma ha bisogno di aiuto!- quasi strillò la bimba, atterrita, prendendola per mano e tirandola dentro ancor prima che potesse replicare. La trascinò nella stanza dei suoi, ma Haruko capì di cosa si trattava ancor prima di arrivarvi per via dei gemiti che avvertiva.
-Papà! C'è Haruko!-
-Oh, grazie agli Dei!- esclamò l'uomo. E Haruko ebbe conferma di ciò che aveva immaginato. La stanza era angusta e poco illuminata; per terra, su un futon e tante coperte, era stesa Shizune, supina, ansimante, che si lamentava rumorosamente. Il futon era bagnato.
-Sta per nascere- asserì la ragazza, e l'espressione atterrita di Takao, ancor più di quella della figlia, lo confermava. La donna alzò la testa e mise a fuoco la ragazza, ma non riuscì a dire nulla, anzi la fece ricadere all'indietro. Seppur spaventata a sua volta -aveva assistito ad un parto una volta sola, e di certo non aveva dovuto pensarci interamente lei!- prese in mano le redini della situazione, sapendo che poteva farlo solo lei, e si precipitò al fianco della donna. Si rivolse al panettiere, concitata:-Dei cuscini! Almeno due!-. L'uomo obbedì e la aiutò a sistemarli dietro la testa della moglie, affinchè stesse più comoda.
-Mi servono dei canovacci puliti, o degli asciugamani. Insomma, qualcosa di pulito con cui poterla pulire-
-Subito!-. L'uomo si allontanò di nuovo. Haruko prese la donna per mano: era debole e aveva il volto sudato, i lunghi capelli neri appiccicati al viso pallido, gli occhi socchiusi.
-Signora, mi sentite? Sono Haruko-
-Si...-
-State calma, va bene? State calma e andrà tutto bene-. Lei annuì una volta, poi contrasse il viso in una smorfia di dolore.
-Mina, apri le finestre! E' bene che ci sia luce e ricambio d'aria-. La bimba, che era terrorizzata e sull'orlo del pianto, obbedì; proprio in quel mentre, suo padre tornò con quanto Haruko gli aveva chiesto. Mentre lei asciugava il viso della donna dal sudore, gli chiese:-Dov'è la levatrice?-
-Non è al villaggio! Proprio ora che la sua presenza è necessaria!-. Stava diventando isterico.
-Non importa, ci penso io! Voi intanto uscite. Portate con voi Mina. Non entrate per nessun motivo e non fate venire nessuno-
-V-va bene!-
-Solo...chiamate Rikimaru. Dev'essere qua fuori da qualche parte. Chiamatelo e arriverà-. L'uomo non si pose domande e fece come gli era stato detto, difatti subito dopo Rikimaru fece il suo ingresso nell'abitazione e nella stanza, stranito.
-Haruko-. La moglie del panettiere lanciò un piccolo grido di dolore mentre stringeva fortissimo la mano di Haruko; Rikimaru, sebbene fosse dotato di una buona dose di sangue freddo, impallidì.
-Rikimaru, lei sta per partorire. Io so cosa fare, ma ho bisogno d'aiuto, la levatrice non c'è. Puoi aiutarmi tu? Se non te la senti, va a chiamare Ayame...o qualcuno che possa farlo-. Rikimaru restò impietrito. Aiutarla lui? A far partorire una donna?
-Rikimaru, decidi in fretta!-. La donna soffriva in modo evidente e Haruko le disse di respirare profondamente mentre le asciugava il volto.
Chiamare Ayame. Ma lei ne sarebbe stata capace? Se avesse rifiutato poi avrebbe dovuto cercare qualcun altro e la situazione era urgente...
-Rikimaru!-
-Resto io. Che devo fare?-
-Portami...oh, per tutti gli Dei!- esclamò Haruko, esasperata. Rikimaru si fissava i piedi, imbarazzato. Quelle erano cose da donne e lui non poteva minimamente esserne pratico.
-Rikimaru, lascia perdere i buoni costumi. Dobbiamo far nascere questo bambino. Te la senti o no?-
-Si-
-Allora non dare importanza a ciò che stai guardando. Mi hai capita?-. Rikimaru alzò lo sguardo, che finì per allacciarsi a quello della ragazza. I suoi occhi scuri erano più determinati che mai: non vi scorse nessuna traccia di paura o esitazione, sebbene lei ne avesse parecchia di paura, anche se non poteva lasciarlo trasparire per nessun motivo. Si vergognò di se stesso e si fece coraggio, quindi si impose di dimenticare che davanti a se aveva una donna che presto sarebbe rimasta quasi nuda; fece:-Che devo fare?-.
***
Fu un parto lungo, ma nessuno dei due ragazzi se ne rese conto. Il panettiere Takao era seduto sulle scale con la figlia: entrambi avevano gli occhi lucidi e sobbalzavano ogni volta che udivano i gemiti della donna, che poi divennero grida. Attorno alla casa si riunì un capannello di gente curiosa, ma nessuno si azzardò ad entrare, dato che Haruko aveva stabilito così. Alcune donne si offrirono di entrare per dare una mano, ma il panettiere preferì fidarsi della ragazza e di Rikimaru. Intanto, nella casa, Haruko e Rikimaru si impegnavano per alleviare quanto possibile le sofferenze della donna e per mantenere tutto pulito. Haruko la rassicurava a parole e le dava istruzioni, Rikimaru eseguiva gli ordini di lei in silenzio. Col passare delle ore, entrambi avevano perso la tensione, concentrati com'erano sul loro obiettivo. Nell'ultima fase, quando il bambino era in procinto di uscire, Haruko pregò mentalmente gli dei che andasse tutto liscio. Quando iniziò a vedere la testa del piccolo, si sistemò subito tra le cosce spalancate della donna per prenderlo, incoraggiandola a controllare il respiro e a spingere.
-Forza, signora! Spingete!-. La donna, che aveva i capelli raccolti in una crocchia disordinata e aveva un pezzo di cuoio tra i denti, contrasse le mascelle e spinse forte, gemendo senza remore; Rikimaru, attento, si teneva in disparte in silenzio, osservando la scena.
-Avanti, ancora!-. Il gemito che seguì fu più forte e prolungato; Haruko vedeva il piccolo scivolare fuori man mano e incitava la donna, senza lasciarsi impressionare dal sangue e dal suo dolore.
-Dai! DAI!!-. L'ultimo gemito fu quasi un urlo. Haruko si ritrovò il bimbo tra le mani, una creaturina lercia di sangue e altri liquidi...che, un secondo dopo, lanciò il suo primo vagito, stridulo, che perforò i timpani dei due ragazzi. La donna si lasciò andare, piangendo di gioia e sollievo. Haruko rilasciò un profondo sospiro, sollevata che fosse andato tutto per il meglio, e quasi commossa. Non si lasciò intralciare da quelle emozioni, così ripulì il neonato con un panno e una bacinella piena d'acqua che Rikimaru le aveva precedentemente portato, dicendo alla signora:-E' un maschio. Complimenti. Siete stata bravissima-. La donna, che aveva sputato il pezzo di cuoio, aveva inclinato la testa quanto bastava per poter vedere il suo piccolo e pianse ridendo; Haruko lasciò andare una lacrima.
-Haruko...-. Rikimaru le fu vicino. Ora che il peggio era passato, era di nuovo titubante e fortemente imbarazzato, ma lì c'era ancora bisogno di lui e lo sapeva. Haruko avvolse il bambino in un panno pulito e glielo passò dicendo:-Tienilo un pò mentre ripulisco sua madre. Faccio in fretta-. Il bambino, che fortunatamente non piangeva, restò tranquillo tra le mani del ragazzo, anche se lo teneva goffamente; Haruko si occupò della signora il più velocemente possibile, anche perchè immaginava che lei volesse prendere il bambino. Quando ebbe finito, Rikimaru le passò il bambino, rapido,  come se fosse un cumulo di carboni ardenti, e lei lo mise tra le braccia della madre, che ancora piangeva di gioia.
-Grazie. Grazie mille, Haruko. Grazie agli Dei che ti hanno portata qui da noi-
-Ma no, cosa dite- replicò lei, imbarazzata; lanciò uno sguardo breve a Rikimaru e la donna disse:-Anche a te. Grazie mille, ragazzi. Troverò il modo per sdebitarmi-
-Non è necessario, signora. La nostra ricompensa è la salute vostra e di vostro figlio- rispose Rikimaru, gentile e pacato. Haruko sorrise, condividendo quella risposta, così come la donna, felice che fosse andato tutto bene.
***
Avevano richiamato il panettiere e sua figlia, che erano entrati in tutta fretta, dopo di che erano usciti da una finestra per non incontrare nessuno che facesse domande. Era quasi sera e, stremati, si accorsero solo in quel momento di avere fame. Seduti su un tetto, mangiarono avidamente dei panini che il panettiere aveva dato loro con piacere. Quando finirono, Haruko alzò il viso verso il cielo, beandosi del calore del sole morente.
-Hai fatto nascere altri bambini in passato?- le chiese Rikimaru.
-Si, ma non io. Mia madre. Era anche levatrice e mi ha insegnato qualcosa. Le feci da assistente una volta, come tu hai fatto con me oggi. E' stata una fortuna. Ed è stata una fortuna anche che sia andato tutto liscio, altrimenti non avrei saputo cosa fare-
-Sei stata bravissima-
-Bè...anche tu-. I due si scambiarono una breve occhiata imbarazzata. Ora che erano tranquilli, la mente di Rikimaru portò in superficie immagini di quelle ore che lui non sapeva di aver registrato: Haruko determinata, paziente, concentrata su ciò che doveva fare; Haruko con il neonato tra le braccia, mentre gli tagliava il cordone ombelicale, lo ripuliva con delicatezza e amore quasi come se fosse suo, la commozione che regnava sul suo viso mentre lo porgeva a sua madre e li guardava insieme. E la fiducia che aveva riposto in lui chiedendogli aiuto, la sicurezza nella voce mentre gli impartiva ordini, il sollievo di averlo lì che aveva letto sul suo viso quando, a parto concluso, gli aveva passato il bambino per ripulire la madre, e la gratitudine per averla aiutata...
Si sentiva strano. Era qualcosa di nuovo. Appagamento. Ma c'era anche dell'altro: non era la semplice soddisfazione che provava quando portava a termine una missione o compieva il proprio dovere...
Si sentiva una persona migliore. Era così che ci si sentiva quando si contribuiva a far sbocciare una nuova vita? Ed era...si, era felice. Era stato il più bel giorno della sua vita. Lanciò inavvertitamente uno sguardo ad Haruko, forse perchè era per merito suo che lui si sentiva così bene.
-Cosa c'è?- chiese lei.
-Nulla. Pensavo-
-A cosa?-
-Niente-. Haruko scrollò le spalle e si stiracchiò, allungandosi tutta verso l'alto, dopo di che disse, guardando distrattamente il villaggio:-E' bello far nascere qualcuno. E' pericoloso perchè può andare storto qualcosa...ma, quando finisce tutto bene, è bellissimo. Io mi sento bene. Tu come ti senti?-
-Bene anch'io. Meglio di come mi sia mai sentito finora-. Haruko si voltò verso di lui, stupita...ma poi si limitò a sorridergli, lieta di quella risposta. E, contro ogni sua aspettativa, Rikimaru ricambiò il sorriso. Appena appena, ma lo fece. Ed era un cambiamento che si notava molto sul suo viso sempre serioso e impassibile. Era un evento straordinario: Haruko lo aveva visto sorridere solo a Semimaru, e comunque di rado. E ora aveva sorriso a lei, anche se poco. Caspita.
Tornò a guardare il villaggio, temendo di essere arrossita. Tuttavia tornò a guardarlo di sottecchi. E notò che il suo sorriso era già svanito. Non solo, sembrava quasi triste.
-Che c'è?- gli domandò.
-Niente. Io...-
-Stavi pensando, certo- replicò lei, sorridendo appena.
-Già-
-Nemmeno stavolta posso sapere a che cosa?-
-Pensavo che...-. Si guardò le mani.
-Cosa?-
-Forse è una cosa sciocca. Ma non posso fare a meno di avere la sensazione di aver come logorato quel bambino-. Haruko intuì cosa volesse dire: Rikimaru era un ninja. Aveva tenuto quel bambino puro e innocente tra le mani, quelle stesse mani con cui aveva ucciso e ucciso e ucciso...
Lo stesso valeva per lei. Il fatto che lei non si sporcasse mai di sangue in quanto si serviva di veleni non la rendeva meno sporca. Eppure, sapeva cosa dirgli.
-E' una sensazione che provo anch'io. Però...non lo abbiamo logorato. Gli abbiamo dato la vita. Insieme a sua madre. Noi...non siamo di certo puri, Rikimaru. Ma...non siamo nemmeno dei demoni. Facciamo ciò che dobbiamo fare e basta. A volte può essere buono, a volte può non esserlo...ma del resto è così per tutti. Nessuno è puro. Non solo quelli che uccidono sono impuri-
-Già-. I due si scambiarono un nuovo sguardo. Imbarazzata, Haruko fece:-Bè, torniamo a casa?-
-Direi di si-
-Niente allenamento oggi, però. Non ce la faccio-
-Ci meritiamo tutti e due una bella dormita. Ci penseremo domani-
-Perfetto direi!-. Haruko, ormai in piedi, gli sorrise e balzò sul tetto vicino. Rikimaru la seguì, vagamente conscio di apprezzare tutti i sorrisi che lei gli rivolgeva.
***
Erano trascorsi due giorni: il panettiere e la sua famiglia stavano benone. Mina sembrava aver preso bene la nascita del suo nuovo fratellino, Takao era felice come mai Haruko lo aveva visto e sua moglie era tutta concentrata sul nuovo arrivato, che sembrava essere un bimbo tranquillo. Haruko era davvero felice per loro: erano una bella famiglia, persone semplici e buone, e meritavano tutto il bene possibile.
Ed erano ancora molto grati ad Haruko per quello che aveva fatto durante il parto, difatti la invitarono a cena entrambe le sere. La ragazza non seppe rifiutare, anzi le fece piacere poichè Shizune cucinava molto bene e nella famiglia regnava un clima allegro.
Haruko fu felice di constatare che Rikimaru non la seguisse più. Forse, finalmente, si fidava di lei.
***
-Un brindisi ad Haruko!-
-Caro, smettila! Stai bevendo troppo!-. La signora privò subito il marito del suo sakè mentre Haruko e Mina se la ridevano. In effetti, l'uomo era alquanto alticcio.
Proprio in quel momento bussarono alla porta; corse Mina ad aprire, ma Haruko la accompagnò perchè era sera, non si poteva mai sapere. Anche se era disarmata -ancora non aveva riavuto le sue armi- meglio che la bimba non fosse sola. Ma era solo Rikimaru.
-Ciao, Rikimaru!-
-Rikimaru! Che ci fai qui?- domandò invece la ninja, stupita. Il giovane replicò, succinto:-Il Maestro mi ha solo mandato a dirti che domani partiamo per una missione-
-Partiamo?-
-Si. Io, Ayame e te-. La notizia la colse alla sprovvista e le suscitò emozioni contrastanti: gioia, in quanto il Maestro Shiunsai aveva tenuto in considerazione la sua richiesta, ma anche timore e agitazione, tipiche di ogni volta che era in procinto di affrontare una missione. Si era anche un pò disabituata a considerarsi una ninja, vista la vita che conduceva da quasi due mesi a quella parte.
-Oh, va bene-
-Partiamo all'alba-
-Si, va bene-
-Si può sapere chi è?!- esclamò il panettiere, raggiungendo la ragazza e sua figlia. Vide Rikimaru e un sorrisone prese possesso del suo volto solitamente stanco e serio.
-Ragazzo! Ma guarda un pò! Vieni, vieni!-
-No, io...-
-Avanti, non stare sulla porta! Abbiamo ancora da mangiare e bere! Entra!-. Il giovane ninja era in evidente disagio e Haruko si voltò appena per celare un sorrisetto divertito. Avrebbe voluto aiutarlo ad andar via, ma che scusa poteva mai inventare? Rikimaru, d'altro canto, sempre fedele all'educazione impartitagli, non ebbe il cuore di rifiutare un invito, sebbene il giorno dopo sia lui che Haruko avrebbero dovuto svegliarsi molto presto; decise di accontentare l'uomo, con il proposito di andar via dopo un pò. Ma la sua educazione gli costò: non solo fu trattenuto più del dovuto, ma fu costretto a far compagnia al panettiere e ad accettare il sakè che gli veniva offerto. Rikimaru non era un grande bevitore per cui non reggeva bene l'alcol; presto la sua lucidità venne meno. Haruko se ne accorse subito: il ragazzo appariva stordito e lento nelle risposte e nei movimenti. Parecchie volte rise sotto i baffi. Iniziò tuttavia a farsi tardi, quindi salvò se stessa e il ragazzo congedandosi per via della missione che li attendeva il giorno dopo, cosa di cui Rikimaru le fu intimamente grato. In realtà non fu difficile per loro andar via, dato che Takao quasi si addormentò sul tavolo per quanto aveva bevuto. Haruko diede alla signora alcuni consigli per la sbornia del marito e andò via, augurando la buonanotte a tutti.
Rikimaru camminava lento e barcollava. Inciampò in un sasso e per poco non cadde, ma Haruko fu pronta a sorreggerlo. Le sfuggì una risatina.
-Che ridi?-
-Che non bevessi l'avevo capito, ma che fossi così deboluccio in fatto di alcol...-
-Non consumo mai di quella roba. Fa male alla salute e lede alla lucidità-
-Non hai tutti i torti-. Rikimaru si scostò da lei, ma riuscì a fare pochi passi in autonomia prima che la ragazza fosse costretta a sorreggerlo per il busto.
-Non fare l'intrepido se vuoi tornare a casa tutto intero. Tranquillo, non dirò a nessuno di come ti sei ridotto-
-Mpf-
-Come prego?-. Rikimaru guardò di fronte a sè, stoico, ma aveva un'espressione buffa, come se il cervello si fosse spento e dormisse con gli occhi aperti. Haruko ridacchiò, non potè proprio farne a meno. Il ragazzo la rimproverò con lo sguardo e le lanciò una frecciatina:-Tu lo reggi bene l'alcol, invece-
-Io ne ho bevuto un bicchiere soltanto e ho mangiato molto. Non ci tengo a rimbambire-
-Mh-
-Tranquillo, non manca molto. E prima o poi smetterò di ridere di te, non preoccuparti-. Una ulteriore occhiataccia da parte di Rikimaru le suscitò una nuova risatina.
Finalmente arrivarono a casa; Haruko guidò Rikimaru fino alla sua stanza. Quando vi entrarono, Rikimaru si lamentò:-Mi gira la testa...-
-Stai buono qui e aspetta un attimo-. Haruko lo fece sedere cautamente per terra, quindi accese una candela, aprì il suo futon e gli sistemò due cuscini anzichè uno solo. Si allontanò per prendergli dell'acqua, quindi tornò e gliela fece bere tutta, anche se non gli andava. A quel punto, lo aiutò a rialzarsi, lo condusse verso il letto e, una volta che si fu seduto, lo aiutò a togliersi parte della tuta da ninja affinchè stesse più comodo, quindi lo fece stendere. Gli disse:-Ora dormi. Domani mattina ti sveglio io e ti darò qualcosa che possa farti sentire meglio-
-Va bene-. Haruko fece per dargli la buonanotte e andar via, ma disse, sorridendo:-Sai come hanno chiamato il bambino?-
-Come?-
-Harumaru-
-Che trovata...-
-Già. Idea di Mina-. Lo disse sorridendo divertita. Rikimaru, senza rendersene conto, la guardò senza nasconderlo. Haruko era molto carina e lui lo aveva sempre saputo, anche se mai vi aveva dato importanza. Aveva un viso dai lineamenti armoniosi, ogni cosa in lei era ben proporzionata e aveva il giusto colore. Ad esempio, quelle labbra rosse e non troppo carnose stavano bene sulla sua pelle color sabbia, sotto quegli occhi grandi e scuri e quei capelli neri come il carbone, acconciati sempre in quella moltitudine di treccine. Quella sera poi, con quel kimono bianco a fiori violetti e quei sorrisi sereni che permeavano il suo volto, era ancora più carina. Chissà se era solo una impressione dovuta all'eccesso di sakè...
-Ehi? Stai dormendo ad occhi aperti? -
-Mh...-
-Mh, mi sa che è meglio che vada. Bè, buonanotte. Se dovessi star male, non esitare a chiamarmi stanotte-
-Starò bene-
-Speriamo-. La ragazza fece per alzarsi, ma si fermò quando Rikimaru biascicò qualcosa; chiese:-Cosa? Non ho capito-
-Sei...molto bella-. Haruko restò interdetta e sentì improvvisamente caldo. Era arrossita vistosamente. Era molto che non le succedeva, ma non ebbe dubbi sul motivo di tutto quel calore sul viso.
-Uhm...grazie-. Dal canto suo, Rikimaru si maledisse subito, arrossendo a sua volta e chiudendo gli occhi dalla vergogna poichè non riusciva a guardarla. Che diavolo gli era saltato in mente? Maledetto sakè, che scioglieva la lingua!
Haruko sorrise, compiaciuta del complimento e comunque intenerita dalla vulnerabilità che Rikimaru mostrava in quel momento: lei sapeva molto bene che, se fosse stato lucido, non si sarebbe lasciato sfuggire nessuna parola. Forse non ci avrebbe nemmeno pensato, chissà.
-Vado. Buonanotte, a domani-. Il ragazzo non rispose; si era già addormentato. Haruko spense la candela e uscì in silenzio, con una felicità nel cuore che non provava da un tempo che le sembrava lontanissimo. 
  
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