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Autore: Arya Tata Montrose    17/02/2016    2 recensioni
Anche quest'anno ritorno alla carica con la mia seconda Gajevy Week. L'anno scorso avevo tentato un approccio con delle storie slegate mentre queste avranno un filo conduttore e saranno in ordine cronologico. Hanno un contesto preciso: il loro viaggio fino a trovarsi al Concilio e il mutare delle loro sensazioni.
Buona lettura!
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✤ 31th Jan – Bonus Day One – Differences
✤ 14th Feb – Day One – Blanket
✤ 15th Feb – Day Two – I love you
✤ 16th Feb – Day Three – Childhood
✤ 17th Feb – Day Four – Forbidden
✤ 18th Feb – Day Five – Council
✤ 19th Beb – Day Six –
✤ 20th Feb – Day Seven –
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gajevy Week 2016
17th February
[ Day Four]

 
Forbidden
 




 
S'era cacciato davvero in un pasticcio enorme ed ora era bloccato in quella gabbia senza poter portare avanti la missione per cui era stato profumatamente pagato.
Ecco, forse non avrebbe dovuto accettare quell’incarico senza leggerlo, ma lui e Panther Lily avevano bisogno di soldi, se quella notte non la volevano passare coperti dalla neve e poi il committente era un riccone belloccio, se li avesse fregati lo avrebbero sistemato per le feste. Erano quindi partiti per raggiungere le rovine di Todona, un’antica città dalla quale avrebbero dovuto recuperare delle pergamene, protette da un golem magico. Lily si era fatto fregare subito, come aveva detto Gajeel, da una trappola di rune piazzata dal mostro. Gajeel ovviamente gli aveva riso dietro un po’ prima di partire di nuovo alla ricerca del loro obbiettivo – e magari tra quel mucchio di cartacce trovare un incantesimo che sciogliesse le rune, non aveva Levy a risolvere quel casino – ma, ad un passo da quelle maledette pergamene, si era fatto fregare pure lui, come un emerito idiota.
 
Ora se ne stava lì, a tamburellare il pavimento con le dita e sforzandosi di pensare ad un piano intelligente. Le rune l’avevano chiuso in una gabbia ampia, abbastanza perché potesse comodamente girare in tondo borbottando, ma coprivano sia il pavimento che il soffitto e aveva constatato con le sue mani che erano resistenti alla sua magia e alla sua forza fisica.
Aveva già provato a osservare le rune che componevano la sua prigione, ma per lui erano meno conprensibili degli scarabocchi di Levy quando analizzava e traduceva qualcosa – e quelli erano in lingua moderna. 
Accidenti a quelle cartacce e alla sua ignoranza in materia di alfabeti morti. Era quasi sicuro che su quella parete ci fosse scritto qualcosa tipo “vietato toccare, altrimenti verrete imprigionati” ma ovviamente, per lui erano solo incisioni senza senso su un muro, non poteva mica immaginarselo prima. Ora sì, dato che come aveva sfiorata le pergamene, era stato avvolto da una luce intensa e poi s’era ritrovato bloccato in quella gabbia.
Il golem ancora non si era palesato ma immaginò che lo facesse solo come misura ultima contro la sottrazione del tesoro di cui stava a guardia. Una cosa molto in stile “piuttosto che farle rubare, faccio saltare tutto”. I golem erano una cosa seria.
 
Nonostante riconoscesse di essere stato un cretino e non aver fatto abbastanza attenzione, ancora non si era arreso all'idea che se non fosse tornato entro tre giorni sarebbe stato inviato un altro mago ad aiutarlo.
E di giorni ne erano passati cinque.
Il suo “salvatore" sarebbe arrivato nel giro di qualche ora e l'ultima cosa che voleva era farsi salvare da una trappola in cui era caduto come un idiota. Non era sicuro di poterlo accogliere senza un pugno. Certo, era cambiato ma c’erano cose che proprio non gli andavano giù ed essere salvato da un qualunque mago cervellone era decisamente tra quelle. 
 
Dei passi rapidi lo riscossero dai suoi pensieri, che avevano pericolosamente cominciato a virare verso la possibilità del suo “ringraziamento” a suon di pugni per quel poveretto che l’avrebbe salvato – e si sarebbe intascato tre quarti del gruzzolo.
Non riuscì ad impedire che un basso ringhio gli salisse dalla gola al sentire quel rumore che, man mano che si faceva più vicino, diventava più chiaro; c’era qualcosa di strano, familiare, in quel passo. 
 
Non volle crederci fino a che non gli fu davanti in tutta la sua minuta e ridacchiante statura: il mago che avrebbe voluto prendere a pugni era in realtà una piccola, adorabile maga del Solid Script. 
Gli rivolse un cenno di saluto e ottenne in risposta solo un grugnito, ma Levy rise lo stesso. «Anche io sono felice di vederti.» 
Subito dopo, però, l’attenzione della maga fu attirata dalle incisioni sulla parete, che studiò attentamente per qualche secondo. «Tutto ciò che qui dentro è custodito, per chi al sol denaro auspica è un panorama proibito. Se questo è il tuo obbiettivo, toccalo e il giallo, né del sole né del denaro, sarà la tua cella.» tradusse sottovoce e sentì Gajeel borbottare un “fino a lì c’ero arrivato”. Poi Levy riprese a tradurre e comprese che se avesse provato a spezzare l’incantesimo, sia quello della gabbia sia quello che imprigionava Gajeel, sarebbe apparso il golem e se avesse toccato le pergamene sarebbe finita in gabbia anche lei.
Il ragazzo poté bearsi del viso corrucciato di Levy per la prima volta dopo quattro mesi di separazione e, non l’avrebbe mai ammesso, ma gli era mancato davvero tanto. Non quanto la sua proprietaria ma era tutto proporzionato.
Per la seconda volta in poco meno di un’ora, Levy distrasse Gajeel dai suoi pensieri, considerando le opzioni che poteva mettere in atto per concludere al meglio quella missione. «Se tocco quelle pergamene,» disse, «finisco in gabbia e il golem apparirebbe a farci fuori entrambi. Se tento di liberarti appare il golem ma non avrei tempo di decifrare le rune. In ogni caso, quindi dovrei combattere da sola.» 
«Quindi se cominci a liberarmi e appare il golem tu, combatti mentre io sto qui a fare nulla.» fece Gajeel, riflettendo. «Così però potresti sconfiggere quel coso…»
«Golem.» lo corresse Levy, con un sorriso. Il suo viso si era contratto in quella smorfia allegra quando lui aveva dato per scontato che lei avrebbe di certo sconfitto il golem e ne era intimamente felice. 
«Sì, sì, golem, come dici tu. Dicevo, se cominciassi a liberarmi e appena appare il golem lasci perdere e combatti, non avresti problemi.» finì la frase un pochetto scocciato. Levy però poteva capirlo, essere stato messo in trappola non doveva garbargli molto.
«Penso sia un buon piano, sì. Poi potrebbe darsi che, sconfitto il golem anche le rune svaniscano.» considerò, ancora, Levy. Ne sapeva abbastanza di incantesimi antichi da sapere che quella era la prassi comune, ma non sempre le cose venivano fatte seguendola, quindi avrebbe dovuto tenere in considerazione anche quell’eventualità, in modo da non essere troppo stanca per liberare Gajeel, Lily e l’incantesimo a guardia delle pergamene che avevano messo i suoi amici nei pasticci.  
 
Levy quindi cominciò ad analizzare le rune a terra e, quando fece per sfiorarle con la magia, la stanza prese a brillare, come se fossero apparse mille lucciole. 
Una volta che fu solo la luce delle torce ad illuminarli, però, un’enorme ombra si proiettava su di loro. Quel golem era alto quanto la stanza e a prima vista sembrava un semplice agglomerato di roccia calcarea a forma antropomorfa. L’unica cosa per cui gli si attribuiva una sorta di vita erano gli occhi, cerchi di energia magica azzurra e luccicante, e le movenze, lente ma potenti. 
Levy lo studiò per qualche secondo, cercando di carpire eventuali punti deboli. Aveva letto da qualche parte che di solito erano proprio gli occhi che controllavano tutta la magia necessaria a farlo muovere, se colpiva quelli poteva dissiparla e far crollare a terra il mostro come un sacco di patate. Se poi non ci fosse riuscita, le bastava fargli utilizzare abbastanza magia da crollare ugualmente. Il problema era che probabilmente quel coso aveva più potere magico di Erza e Mirajane messe assieme. Levy quindi puntò alla soluzione più opportuna: gli occhi. 
Appena il golem fece per avanzare verso di loro, Levy gli corse incontro e, rapida, scrisse con la magia la parola “knife” diverse volte e, quando fu balzata all’altezza del volto del golem, glieli scagliò contro.
Non aveva però calcolato che anche il suo avversario disponesse della magia e dal suo corpo si dipanarono dei coni di roccia, che andarono a conficcarsi alle sue spalle. Uno, addirittura, prese Gajeel di striscio. 
Levy si girò per controllare come stesse il suo compagno, rassicurata quasi istantaneamente da un ghigno divertito di Gajeel. Quando si fu nuovamente voltata verso l’avversario, ci mise una frazione di secondo a capire che prima di passare agli attacchi fisici avrebbe raggiunto un livello di magia abbastanza basso da non consentirgli di attaccare a distanza. Si portò quindi davanti a Gajeel, in piedi, con una gamba davanti all’altra, il busto rivolto agli scaffali pieni di pergamene e il volto rivolto verso il golem.
Svelta, tracciò una serie di linee nell’aria che, allo schiocco delle sue dita, si trasformarono in un’arco lungo. Le bastò poi tendere la corda perché un’asta di magia verde si disegnasse una freccia. In pochi secondi, Levy scagliò una serie di frecce che centrarono il bersaglio in vari punti, facendo in modo che braccia e gambe si staccassero dal corpo principale, così da rallentarlo e prendere meglio la mira. 
 
Gajeel, dietro di lei, non poteva far altro che osservarla. Si muoveva in fretta, era davvero migliorata. Il cono di roccia, però, lo aveva costretto a scartare di lato, atterrando malamente sul sedere. Proprio non se l’aspettava. Come non si aspettava nemmeno che Levy si sarebbe frapposta tra lui e il golem, per proteggerlo meglio.
Mentre Levy si preparava a tirare la freccia, quindi, Gajeel aveva gli occhi puntati su di lei. E lo sapeva che non era assolutamente il momento ma i suoi occhi non potevano fare a meno di rimanere fissati sul sedere di Levy. Ghignò, pensando che, tutto sommato, quello fosse un “panorama proibito” decisamente migliore di quel mucchio di cartacce che era andato a cercare. Valeva decisamente di più e, non appena ne avesse avuta l’occasione, sarebbe diventato il golem di quel tesoro.
Gajeel sussultò, come se fosse stato colto in flagrante mentre pensava a voce alta – fortunatamente si era ben guardato dal farlo –, mentre le rocce che componevano il golem cadevano a terra prive della magia che le aveva fatte muovere e sparivano lentamente, assieme alle rune che lo imprigionavano. 
 
Levy si voltò e gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi. 
Lui scosse la testa e si tirò in piedi da solo, borbottando un ringraziamento a mezza voce. Levy sorrise lo stesso, oramai lo conosceva quel burbero drago. 
«Prendiamo le pergamene e andiamo a farci pagare?» chiese lei. 
«E poi recuperiamo pure il mio gatto.»
«Andata.» rise Levy.
 
[1662 words]
Angolo autrice
Buonasera! Oggi sarò molto breve perchè sono in ritardo e non sto nemmeno bene.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come al solito cerco di interpretare in modo abbastanza particolare ogni prompt. Eccoci però al giorno tanto atteso, in cui si riuniscono finalmente i nostri beneamini.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, mi farebbe davvero piacere. 
Come al solito, ringrazio tutti coloro che recensiscono: Shona, AlexiaLil e MaxB. Vi risponderò appena possibile!

A domani, 
Tata❤︎
   
 
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